MDCLXXXIX

MDCLXXXIXAnno diCristoMDCLXXXIX. Indiz.XII.Alessandro VIIIpapa 1.Leopoldoimperadore 32.Il bell'ascendente, in cui si trovavano l'armi cesaree e venete, di dare una scossa maggiore alla sbigottita e cadente potenza de' Turchi, cominciò a declinare per colpa (non si può già negare) della terribile invasione dell'armi franzesi nella Germania. Buona parte di quelle truppe e forze che l'Augusto Leopoldoavrebbe potuto impiegare contra de' Turchi, convenne rivolgerla alla difesa delle provincie germaniche. Nè i Veneti poterono far leve di gente in essa Germania, perchè ognun di quei principi pensava alla casa propria che ardeva, o pur temeva di un pari incendio. Erano venuti gli ambasciatori della Porta a Vienna per trattare di pace o di tregua, e colà ancora si portarono i plenipotenziarii di Polonia e della repubblica veneta; ma perchè troppo alte erano le pretensioni delle potenze cristiane, ad altro non servì il congresso che ad un mercato di parole. Per conto de' Veneziani, sì indebolito era l'esercito loro in Levante, che formarono bensì il blocco di Napoli di Malvasia, dove seguì qualche azion di valore, ma senza poterla soggiogare sino all'anno seguente. Sorpreso in questo mentre da febbre il dogeFrancesco Morosino, capitan generale dell'armata, impetrò di tornarsene a Venezia, e quivi sul finir dell'anno fu accolto con tutto l'onore, ma senza quegli applausi che pur erano dovuti a conquistatore sì glorioso, non per altro che per l'infelice esito dell'impresa di Negroponte: quasichè il merito di tante belle azioni si fosse perduto, per non averne fatta una di più. Quanto alle armi cesaree in Ungheria, comandate dal valoroso principeLuigi di Baden, non erano già esse molto vigorose; e pure tenne lor dietro la felicità con far conoscere quanto più si sarebbe potuto sperare, se non avesse dovuto Cesare accorrerein Germania per impedire i maggiori progressi del re Cristianissimo. Non avea il Baden più di venti in ventiquattro mila combattenti. Con questi, dopo un ostinato blocco, forzò l'importante fortezza di Zighet a rendersi. Quindi, senza far caso che il saraschiere si fosse inoltrato con poderoso esercito, per dar animo al quale era giunto sino a Sofia lo stesso gran signore col primo visire, marciò al fiume Morava. Dacchè l'ebbe valicato, venne alle mani coi nemici, e, data loro una gran rotta, s'impadronì de' lor padiglioni e bagagli, e almeno di cento pezzi di cannone. Gli restavano solamente sedici mila soldati, ma sì valorosi, che giunto egli alla città di Nissa, ne ordinò tosto l'assalto. Furono ivi di nuovo sbaragliati i Turchi, presa la città; fatti prigioni tre mila spahì coi loro cavalli; il ricco bottino divenne premio alla bravura di sì pochi Tedeschi. Anche la fortezza di Widdin sulla riva del Danubio, attorniata dall'esercito cristiano, non si fece pregare a rendersi. Appressatosi dipoi alla città d'Uscopia, posta ai confini della Macedonia, la ritrovò vota degli abitanti: tutte testimonianze della troppo allora infievolita possanza dei Turchi, e del credito con cui marciavano gli eserciti vittoriosi.Bolliva intanto la guerra al Reno.Carlo duca di Lorenae glielettori di BrandeburgoeBavieracomandavano le armi cesaree. Tutto ancora l'imperio, l'Olanda e l'Inghilterra si trovavano in lega per reprimere i Franzesi. Magonza e Bonna furono ricuperate, ma a costo di assaissimo sangue.Giacomo IIre cattolico della Gran Bretagna, assistito da una flotta franzese ben provveduta di munizioni, con uno sbarco in Irlanda tentò la sua fortuna; ma ritrovatala sul principio ridente, poco stette a provarla contraria. Fin qui avea passati felicemente i suoi giorni in RomaCristina reginacattolicadi Svezia, quando venne la morte a richiederle il tributo a cui son tenuti tutti i viventi. Passò all'altravita nel dì 19 d'aprile, lasciando una illustre memoria della vivacità del suo spirito, della sua magnificenza e religione: del che diede ancora un bell'attestato nell'ultimo suo testamento. L'insigne sua raccolta di manuscritti passò per la maggior parte nella Vaticana, cioè nella biblioteca la più celebre e ricca del mondo. Ordinò il buon papaInnocenzo XIche a questa principessa eroina si erigesse un convenevole sepolcro nella basilica Vaticana in faccia a quello della gloriosa contessa Matilda. Ma non tardò lo stesso pontefice a tenerle dietro nel viaggio dell'altra vita, dopo aver provata somma consolazione, perchè il re Cristianissimo avesse richiamato in Francia ilmarchese di Lavardinosuo ambasciatore. Si partì di Roma questo ministro nel dì ultimo d'aprile, con che cessarono in quella gran città le turbolenze da lui cagionate, ma con durar tuttavia il mare turbato nella corte di Parigi. Avea questo insigne pontefice con somma pazienza sofferto anche negli anni addietro molti penosi incomodi di sanità, per cagion dei quali poco si lasciava vedere in pubblico, senza che questi nulladimeno gl'impedissero punto le applicazioni al buon governo. Nel mese d'agosto divennero sì violenti le febbri, che si cominciò a perdere ogni speranza di sua salute. Restarono vacanti dieci cappelli cardinalizii; per quanto si studiassero i porporati e palatini d'indurlo alla promozione, adducendo anche apparenti motivi di obbligazione per questo, egli stette saldo in riserbare al suo successore la scelta de' soggetti, giacchè in quello stato non sembrava a lui di godere quella serenità di mente che si richiedeva per provedere la Chiesa di Dio di degni ministri. Senza aver potuto il nipotedon Liviovedere per cinquanta dì la faccia del languente pontefice, finalmente fu ammesso. Non ne riportò che saggi consigli di seguitar le pedate de' suoi maggiori in sollievo de' poverelli e degl'infermi, di non mischiarsi negli affari dellaChiesa, e molto meno nel futuro conclave, acciocchè restasse una piena libertà agli elettori. Gli ordinò ancora d'impegnare cento mila scudi per le opere pie, secondo la dichiarata sua mente, e il rimandò colla benedizione apostolica.Con ammirabil costanza fra i dolori del corpo e con singolar divozione spirò egli poscia l'anima, in età di sessantotto anni, nel dì 12 d'agosto, avendo corrisposto la sua morte santa alla riconosciuta santità della sua vita apostolica. Tali certamente furono le virtù e le piissime azioni di questo buon pontefice, che unironsi le voci ed acclamazioni di tutte le spassionate persone, e massimamente del popolo romano, per crederlo degno del sacro culto sugli altari. Essendosi a questo fine formati col tempo i convenevoli processi, giusta speranza rimane di vederlo un dì maggiormente glorioso in terra, dacchè tanti motivi abbiamo di tenerlo più glorioso in cielo. Gran tempo era che nella cattedra di san Pietro non era seduto un pontefice sì esente dal nepotismo, sì zelante della disciplina ecclesiastica, sì premuroso della giustizia e del bene della cristianità, nulla avendo egli mai cercato pel comodo proprio o dei suoi, ma bensì impiegati i suoi pensieri in bene del cristianesimo, e le rendite della Chiesa in aiuto de' potentati cristiani contra de' Turchi, e in sollievo ancora de' popoli suoi. Aveva un orrendo tremuoto quasi smantellata, siccome accennammo, la città sua di Benevento, sformate varie città della Romagna, recati immensi danni anche a Napoli e ad altre città di quel regno. Sovvenne a tutti il misericordioso padre con profusione d'oro; siccome ancora verso dei poverelli non venne mai meno la sua liberalità ed amore. Però non è da meravigliarsi se il popolo romano con incredibil concorso e divozione il venerò morto, e raccomandossi alla di lui intercessione, e fece a gara per ottenere qualche reliquia di lui. Chi non potè averne, quai pegni ben cari, tenne da lìinnanzi in venerazione i suoi Agnus-Dei. Si contano ancora assaissime grazie impetrate da Dio per mezzo di questo incomparabil pastore della sua Chiesa. Dopo varii dibattimenti nel conclave, appena giunti i cardinali franzesi, concordemente seguì l'elezione al pontificato delcardinale Pietro Ottoboni, patrizio veneto, personaggio dei più accreditati nel sacro collegio. Prese egli il nome di Alessandro VIII. L'età sua di settantanove anni non avea punto scemato il vigore della sua mente, con cui andava unita una rara prudenza ed accortezza, e una piena conoscenza degli affari del mondo. Perciò se ne sperò un buon governo, se non che sotto di lui tornò in campo il nepotismo, avendo egli senza perdere tempo creato generale di santa Chiesadon Antoniosuo nipote, e creato cardinalePietro Ottobonosuo pronipote, assai giovine, conferendogli il grado di vicecancelliere, e molte badie e benefizii vacati sotto il precedente pontefice, e poscia la legazione d'Avignone; di modo che fu creduta colata in lui una rendita di più di cinquanta mila scudi annui. Ornò eziandio della porpora e dichiarò segretario di StatoGiam-Batista Rubinivescovo di Vicenza, suo pronipote per sorella. Finalmente accasòdon Marco Ottobonialtro suo nipote condonna TarquiniaprincipessaAltieri. Non andò molto che la corte di Francia, ben affetta a questo nuovo pontefice, riconobbe la giustizia, non mai voluta riconoscere in addietro, delle pretensioni del santo pontefice Innocenzo XI, avendo il duca di Chaulne, già spedito ambasciatore del re Cristianissimo al conclave, rinunziato alle franchigie: punto di somma quiete ed allegrezza alla città di Roma e alla santa Sede. Avea in questi tempiFerdinando Carlo Gonzagaduca di Mantova preso a fortificar Guastalla, e fu creduto con danari della Francia. Comparve colà all'improvviso ilconte di Fuensalida, governator di Milano, con armata sufficiente a farsi ubbidire, e quelle fortificazionifurono demolite. Di gravi doglianze e schiamazzi fece il duca alle corti per questa violenza, ma senza riportarne altro che compatimento. Riparò egli in breve i suoi disgusti colla continuazion de' piaceri, dietro ai quali era perduto.

Il bell'ascendente, in cui si trovavano l'armi cesaree e venete, di dare una scossa maggiore alla sbigottita e cadente potenza de' Turchi, cominciò a declinare per colpa (non si può già negare) della terribile invasione dell'armi franzesi nella Germania. Buona parte di quelle truppe e forze che l'Augusto Leopoldoavrebbe potuto impiegare contra de' Turchi, convenne rivolgerla alla difesa delle provincie germaniche. Nè i Veneti poterono far leve di gente in essa Germania, perchè ognun di quei principi pensava alla casa propria che ardeva, o pur temeva di un pari incendio. Erano venuti gli ambasciatori della Porta a Vienna per trattare di pace o di tregua, e colà ancora si portarono i plenipotenziarii di Polonia e della repubblica veneta; ma perchè troppo alte erano le pretensioni delle potenze cristiane, ad altro non servì il congresso che ad un mercato di parole. Per conto de' Veneziani, sì indebolito era l'esercito loro in Levante, che formarono bensì il blocco di Napoli di Malvasia, dove seguì qualche azion di valore, ma senza poterla soggiogare sino all'anno seguente. Sorpreso in questo mentre da febbre il dogeFrancesco Morosino, capitan generale dell'armata, impetrò di tornarsene a Venezia, e quivi sul finir dell'anno fu accolto con tutto l'onore, ma senza quegli applausi che pur erano dovuti a conquistatore sì glorioso, non per altro che per l'infelice esito dell'impresa di Negroponte: quasichè il merito di tante belle azioni si fosse perduto, per non averne fatta una di più. Quanto alle armi cesaree in Ungheria, comandate dal valoroso principeLuigi di Baden, non erano già esse molto vigorose; e pure tenne lor dietro la felicità con far conoscere quanto più si sarebbe potuto sperare, se non avesse dovuto Cesare accorrerein Germania per impedire i maggiori progressi del re Cristianissimo. Non avea il Baden più di venti in ventiquattro mila combattenti. Con questi, dopo un ostinato blocco, forzò l'importante fortezza di Zighet a rendersi. Quindi, senza far caso che il saraschiere si fosse inoltrato con poderoso esercito, per dar animo al quale era giunto sino a Sofia lo stesso gran signore col primo visire, marciò al fiume Morava. Dacchè l'ebbe valicato, venne alle mani coi nemici, e, data loro una gran rotta, s'impadronì de' lor padiglioni e bagagli, e almeno di cento pezzi di cannone. Gli restavano solamente sedici mila soldati, ma sì valorosi, che giunto egli alla città di Nissa, ne ordinò tosto l'assalto. Furono ivi di nuovo sbaragliati i Turchi, presa la città; fatti prigioni tre mila spahì coi loro cavalli; il ricco bottino divenne premio alla bravura di sì pochi Tedeschi. Anche la fortezza di Widdin sulla riva del Danubio, attorniata dall'esercito cristiano, non si fece pregare a rendersi. Appressatosi dipoi alla città d'Uscopia, posta ai confini della Macedonia, la ritrovò vota degli abitanti: tutte testimonianze della troppo allora infievolita possanza dei Turchi, e del credito con cui marciavano gli eserciti vittoriosi.

Bolliva intanto la guerra al Reno.Carlo duca di Lorenae glielettori di BrandeburgoeBavieracomandavano le armi cesaree. Tutto ancora l'imperio, l'Olanda e l'Inghilterra si trovavano in lega per reprimere i Franzesi. Magonza e Bonna furono ricuperate, ma a costo di assaissimo sangue.Giacomo IIre cattolico della Gran Bretagna, assistito da una flotta franzese ben provveduta di munizioni, con uno sbarco in Irlanda tentò la sua fortuna; ma ritrovatala sul principio ridente, poco stette a provarla contraria. Fin qui avea passati felicemente i suoi giorni in RomaCristina reginacattolicadi Svezia, quando venne la morte a richiederle il tributo a cui son tenuti tutti i viventi. Passò all'altravita nel dì 19 d'aprile, lasciando una illustre memoria della vivacità del suo spirito, della sua magnificenza e religione: del che diede ancora un bell'attestato nell'ultimo suo testamento. L'insigne sua raccolta di manuscritti passò per la maggior parte nella Vaticana, cioè nella biblioteca la più celebre e ricca del mondo. Ordinò il buon papaInnocenzo XIche a questa principessa eroina si erigesse un convenevole sepolcro nella basilica Vaticana in faccia a quello della gloriosa contessa Matilda. Ma non tardò lo stesso pontefice a tenerle dietro nel viaggio dell'altra vita, dopo aver provata somma consolazione, perchè il re Cristianissimo avesse richiamato in Francia ilmarchese di Lavardinosuo ambasciatore. Si partì di Roma questo ministro nel dì ultimo d'aprile, con che cessarono in quella gran città le turbolenze da lui cagionate, ma con durar tuttavia il mare turbato nella corte di Parigi. Avea questo insigne pontefice con somma pazienza sofferto anche negli anni addietro molti penosi incomodi di sanità, per cagion dei quali poco si lasciava vedere in pubblico, senza che questi nulladimeno gl'impedissero punto le applicazioni al buon governo. Nel mese d'agosto divennero sì violenti le febbri, che si cominciò a perdere ogni speranza di sua salute. Restarono vacanti dieci cappelli cardinalizii; per quanto si studiassero i porporati e palatini d'indurlo alla promozione, adducendo anche apparenti motivi di obbligazione per questo, egli stette saldo in riserbare al suo successore la scelta de' soggetti, giacchè in quello stato non sembrava a lui di godere quella serenità di mente che si richiedeva per provedere la Chiesa di Dio di degni ministri. Senza aver potuto il nipotedon Liviovedere per cinquanta dì la faccia del languente pontefice, finalmente fu ammesso. Non ne riportò che saggi consigli di seguitar le pedate de' suoi maggiori in sollievo de' poverelli e degl'infermi, di non mischiarsi negli affari dellaChiesa, e molto meno nel futuro conclave, acciocchè restasse una piena libertà agli elettori. Gli ordinò ancora d'impegnare cento mila scudi per le opere pie, secondo la dichiarata sua mente, e il rimandò colla benedizione apostolica.

Con ammirabil costanza fra i dolori del corpo e con singolar divozione spirò egli poscia l'anima, in età di sessantotto anni, nel dì 12 d'agosto, avendo corrisposto la sua morte santa alla riconosciuta santità della sua vita apostolica. Tali certamente furono le virtù e le piissime azioni di questo buon pontefice, che unironsi le voci ed acclamazioni di tutte le spassionate persone, e massimamente del popolo romano, per crederlo degno del sacro culto sugli altari. Essendosi a questo fine formati col tempo i convenevoli processi, giusta speranza rimane di vederlo un dì maggiormente glorioso in terra, dacchè tanti motivi abbiamo di tenerlo più glorioso in cielo. Gran tempo era che nella cattedra di san Pietro non era seduto un pontefice sì esente dal nepotismo, sì zelante della disciplina ecclesiastica, sì premuroso della giustizia e del bene della cristianità, nulla avendo egli mai cercato pel comodo proprio o dei suoi, ma bensì impiegati i suoi pensieri in bene del cristianesimo, e le rendite della Chiesa in aiuto de' potentati cristiani contra de' Turchi, e in sollievo ancora de' popoli suoi. Aveva un orrendo tremuoto quasi smantellata, siccome accennammo, la città sua di Benevento, sformate varie città della Romagna, recati immensi danni anche a Napoli e ad altre città di quel regno. Sovvenne a tutti il misericordioso padre con profusione d'oro; siccome ancora verso dei poverelli non venne mai meno la sua liberalità ed amore. Però non è da meravigliarsi se il popolo romano con incredibil concorso e divozione il venerò morto, e raccomandossi alla di lui intercessione, e fece a gara per ottenere qualche reliquia di lui. Chi non potè averne, quai pegni ben cari, tenne da lìinnanzi in venerazione i suoi Agnus-Dei. Si contano ancora assaissime grazie impetrate da Dio per mezzo di questo incomparabil pastore della sua Chiesa. Dopo varii dibattimenti nel conclave, appena giunti i cardinali franzesi, concordemente seguì l'elezione al pontificato delcardinale Pietro Ottoboni, patrizio veneto, personaggio dei più accreditati nel sacro collegio. Prese egli il nome di Alessandro VIII. L'età sua di settantanove anni non avea punto scemato il vigore della sua mente, con cui andava unita una rara prudenza ed accortezza, e una piena conoscenza degli affari del mondo. Perciò se ne sperò un buon governo, se non che sotto di lui tornò in campo il nepotismo, avendo egli senza perdere tempo creato generale di santa Chiesadon Antoniosuo nipote, e creato cardinalePietro Ottobonosuo pronipote, assai giovine, conferendogli il grado di vicecancelliere, e molte badie e benefizii vacati sotto il precedente pontefice, e poscia la legazione d'Avignone; di modo che fu creduta colata in lui una rendita di più di cinquanta mila scudi annui. Ornò eziandio della porpora e dichiarò segretario di StatoGiam-Batista Rubinivescovo di Vicenza, suo pronipote per sorella. Finalmente accasòdon Marco Ottobonialtro suo nipote condonna TarquiniaprincipessaAltieri. Non andò molto che la corte di Francia, ben affetta a questo nuovo pontefice, riconobbe la giustizia, non mai voluta riconoscere in addietro, delle pretensioni del santo pontefice Innocenzo XI, avendo il duca di Chaulne, già spedito ambasciatore del re Cristianissimo al conclave, rinunziato alle franchigie: punto di somma quiete ed allegrezza alla città di Roma e alla santa Sede. Avea in questi tempiFerdinando Carlo Gonzagaduca di Mantova preso a fortificar Guastalla, e fu creduto con danari della Francia. Comparve colà all'improvviso ilconte di Fuensalida, governator di Milano, con armata sufficiente a farsi ubbidire, e quelle fortificazionifurono demolite. Di gravi doglianze e schiamazzi fece il duca alle corti per questa violenza, ma senza riportarne altro che compatimento. Riparò egli in breve i suoi disgusti colla continuazion de' piaceri, dietro ai quali era perduto.


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