CONTINUAZIONEAGLI ANNALI D'ITALIA

CONTINUAZIONEAGLI ANNALI D'ITALIADI LOD. ANT. MURATORI

DI LOD. ANT. MURATORI

Chiunque abbia letto sin qui gli Annali d'Italia compilati da Lodovico Antonio Muratori avrà veduto quale immensa tela sia venuto intessendo l'illustre autore per discorrere l'italiana istoria di questi dieciotto secoli, senza che dalla necessità di balzare ogni anno da un punto all'altro della penisola sia derivato al suo lavoro interrompimento o disordine; ed avrà insieme ammirato in che giudizioso modo sia egli riuscito a mettere in tutto il loro lume i veri motivi che preparato hanno i più notabili cambiamenti e le conseguenze che gli accompagnarono; a fissare i luoghi e i tempi precisi che sono stati il teatro, o l'epoca degli innumerevoli avvenimenti narrati; a disgombrare ogni incertezza dall'ignoranza, dalla malizia, dalla inavvertenza o precipitazione degli antichi scrittori passata negli scrittori susseguenti; a sceverare dalle favole la verità; a rendere la dovuta giustizia a quei personaggi che le passioni aveano indebitamente o encomiati o biasimati, e, se dato non era raggiugnere la certezza, ad accennarne almeno ciò che più alla probabilità ed alla verisimiglianza si atteneva; ad interessare infine i lettori con un quadro svariatissimo in cui i trionfi o i danni della virtù contrastano colle alternate vicende del vizio, talvolta fortunato, ma quasi sempre punito o almeno smascherato e fatto segno al dispregio ed all'odio universale.

Spesa la maggior parte della vita a scorrere il vasto campo della erudizione, indagando, discutendo ed illustrando le antichità dell'Italia, il Bibliotecario modonese, divenuto per tal guisa possessore d'immensi tesori, o sconosciuti o generalmente poco noti, si aprì la strada alla grande impresa, cui il fino suo discernimento giovò ad appianare e ad imprimere di quella profonda ragione storica che spicca in tutti gli altri suoi scritti.

Esattezza somma e precisione riguardo ai luoghi, ai tempi ed alle cose accadute principalmente dal cominciare del quinto secolo sino al principio del decimosesto; sagacità e gran fondo di sana critica per determinare la vera cronologia, nè ammettere ciecamente il maraviglioso d'una fantasia riscaldata, nè i pravi giudizii della malignità o i delirii d'una puerile superstizione; esposizione sincera delle più strepitose rivoluzioni, se pur non abbia a dirsi delle calamità dell'Italia, purificata da quella tinta bugiarda che il genio, il partito, il timore o la speranza, la disperazione o il dolore aveano consigliato agli scrittori contemporanei; ecco il frutto delle estesissime cognizioni in fatto di storia acquistate coi diuturni suoi studii dal nostro Muratori, il quale, non taciuti i vizii ed i difetti, ma nè anche per avventura le virtù degli Attila, degli Alarico, degli Odoacre, degli Alboino, de' due Pippino, dei Carlo Magno, narra poi con ordine, con chiarezza e con tutta la imparzialità le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, i travagli dei romani pontefici, le intestine discordie delle città, le mutazioni dei reggimenti, le rivalità delle provincie ed il contendere dei varii popoli, i fasti e le sciagure di questa, bella e troppo sventurata parte dell'Europa.

Se non che, ad esercitare le precipue virtù dello storico, il proprio giudizio e la sincerità, grandemente libero campo gli lasciava la lontananza dei tempi dei quali tenea parola; laonde potea rendere omaggio al merito, al valore ed alla virtù senza che nissuna gelosia si accendesse, e giustamente notare d'infamia il demerito, la viltà ed il vizio senza tema di dispiacere ad alcuno. Imperocchè, estinti interamente o in molto gl'interessi del momento, raffreddato lo spirito di parte, cessate le nemicizie e le rivalità, ed in tutto o parzialmente sanate le piaghe ad una nazione cagionate da disgrazie e da politici o guerrieri flagelli, può lo scrittore farsi sicuro di non incorrere sì di leggieri la taccia di maligno, di bugiardo, di adulatore, d'entusiasta, e sottrarre si può al pericolo di essere male interpretato, come se la sua fantasia preoccupata gli avesse fatto invadere il dominio della fredda ragione, o se il preteso suo zelo animato si fosse con danno di qualche altra passione.

Ma ben altramente procede la bisogna per chi imprenda a parlare di cose correnti e vicine: non v'ha cautela che basti. Sia pure e debba pur essere la verità l'anima dello storico, debba pur tutto subordinarsi alla sua legge, ognuno però conviene che grande riservatezza è mestieri nel maneggiare questa verità della storia che ignuda non può sempre comparire mentre ancor durano e sono in fermento gl'interessi ed i partiti, gli odii e gli affetti degli uomini, le cui azioni formano il tema della narrazione, e, peggio ancora, mentre questi uomini vivono non solo, ma eziandio tengono in mano la forza ed il potere.

Così il Muratori, allorchè, proseguendo la continuazione de' suoi Annali dopo il secolo XV, giunse a descrivere le cose d'Italia avvenute dopo il XVII secolo, tenne quel giusto mezzo che a saggio scrittore conviensi, per non sagrificare la verità nè sè stesso; riferendo esattamente i fatti de' quali era stato in qualche modo il testimonio e spettatore, ma rado pronunziando suo giudizio assoluto e positivo, se pur non faceasi interprete ed araldo del sentimento universale. E così dovrà adoperare chi prende ad annodare le ultime fila del suo lavoro, protraendole fino a' giorni nostri, tempi quant'altri mai, spezialmente per un periodo intermedio di circa vent'anni, pieni di maravigliose vicissitudini, pur troppo funeste all'Italia, e tali che qualunque sia il nostro proponimento, qualunque la pacatezza dell'animo nostro, forse non sarà sempre possibile non uscire in piuttosto concitate che gravi parole.

Ad ogni modo, narreremo ogni cosa, e narreremo senza amore e senz'ira, procacciandoci di mantenere quel coraggioso sangue freddo che non ci farà mai sagrificare la verità alle preoccupazioni, l'imparzialità ai lamenti ed ai motteggi degli appassionati e dei malevoli. Niuno però voglia istituir un confronto tra il classico autore, al cui lavoro apponiamo queste continuazioni, e noi. Senza l'ingegno, altissimo in lui, in noi molto modesto, differentissime sono le condizioni ed i tempi. Mancava, o almeno scarseggiava il Muratori di memorie e documenti, e dovea trar fuori il suo racconto per la maggior parte dalla polvere delle biblioteche e degli archivii; abbonda adesso strabocchevolmente la suppellettile, ed eccede le forze dell'uomo il tutte librarne le parti sopra giusta lance, per discernere, nella frequentissima loro contraddizione, nel vario atteggiamento, nel diverso procedere, il vero dal falso, e far capitale di quello, questo rigettando. I tempi remoti si lasciavano esaminare, ponderare quetamente; i vicini tempi non consentono tutta calma; strascinano seco impetuosi chi si pone a descriverli, nè lasciano quella libertàdi esporre, di giudicare, di sentenziare che avrebbe chi i fatti raccontasse dell'antica Grecia o di Roma, ai quali ciascheduno presta quella parte di compassione che alle vicende de' suoi simili generalmente concede, non quell'altra intimamente sentita, profonda, prepotente, che nelle cose proprie forzatamente, necessariamente, avvien che riponga.

Per le quali considerazioni tutte, bandito il paragone che dicevamo, ne conforta la coscienza di aver fatto il meglio che per noi si potesse, nei ristretti limiti che pur ci vengono prefissi.


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