NOVELLADEL CHIERICO DI OXFORD

NOVELLADEL CHIERICO DI OXFORD▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪PROLOGOSignorchierico di Oxford, disse il nostro oste, voi cavalcate così zitto e vergognoso, che sembrate una sposina seduta a tavola: ancora non vi ho sentito aprir bocca. Sarete, m’immagino, dietro a qualche sofisma; ma ogni cosa a suo tempo, dice Salomone. Per l’amore di Dio! state un po’ più allegro; ora non è tempo di studiare. Su, raccontateci una novella che ci metta addosso un po’ d’allegria; quando si è in ballo bisogna ballare[1]. Però non uscite fuori con una predica, come quelle che fanno i preti in quaresima, da farci scontare tutti i nostri peccati; e guardateche la vostra novella non finisca per farci addormentare.Raccontateci qualche piacevole avventura; le vostre frasi, i vostri fronzoli, e le vostre figure rettoriche, tenetevele in serbo per quando sarà il caso di fare dello stile sublime, come quando si scrive a qualche re. Per ora, ve ne prego, parlate in modo che noi possiamo intendere quello che dite.—Il valente chierico rispose benignamente, e disse: «Signor oste, io sono sotto la vostra autorità; noi tutti siamo affidati alle vostre mani; perciò eccomi pronto, senza dubbio, ad obbedirvi in tutto quello che posso. Vi racconterò una novella che ho imparato a Padova da un’illustre letterato, parlatore e scrittore famoso, il quale ora, Dio gli dia pace, è morto e sotterrato. Questo letterato si chiamava Francesco Petrarca; ed era precisamente il poeta laureato che con la sua dolce parola irraggiò di poesia tutta l’Italia, come Liniano[2]la illustrò con la filosofia, la legge, ed altre scienze speciali; ma la morte che non vuole lasciarci stare in questo mondo per più di un batter d’occhio,li ha uccisi tutti e due; e tutti, come loro, dobbiamo morire.Ora, perchè sappiate qualche cosa di questo brav’uomo che mi insegnò, come vi ho detto, la novella che vi voglio raccontare, vi dirò ch’egli (prima di cominciare a scrivere il suo racconto) detta in alto stile un proemio, nel quale descrive il Piemonte e la città di Saluzzo, e parla degli alti gioghi dell’Appennino che formano i confini occidentali della Lombardia; e più particolarmente poi, del Monviso dove il Po ha le sue origini, e d’onde scaturisce da una piccola sorgente, che camminando verso levante cresce e s’ingrossa, traversando l’Emilia, Ferrara, e Venezia; ma troppo lungo sarebbe tener dietro a questo proemio. E in verità io credo, che mentre al Petrarca servì per preparare il suo racconto, ora sarebbe una cosa fuori di proposito. Ma state a sentire la novella.NOVELLA DEL CHIERICO DI OXFORDPARS PRIMAProprionella parte occidentale dell’Italia che rimane giù alle falde del freddo Monviso, si estende una rigogliosa e fertile pianura, dove si scorgono molte città e molte torri, fondate in tempi antichissimi dai nostri padri, e donde si godono molte deliziose vedute; Saluzzo è il nome di questa nobile terra.Della quale fu già signore un marchese, che l’aveva avuta in retaggio dai suoi illustri antenati; tutti i cittadini, chi più e chi meno, erano obbedienti e pronti al suo comando: cosicchè egli visse felicemente e per lungo tempo, amato e temuto, in mezzo ai favori della fortuna, tanto dai nobili quanto dal resto della cittadinanza.Questo giovane signore si chiamava Gualtieri, ed era, per parlare del suo lignaggio, la più nobile persona che mai fosse nata in Lombardia; bello e forte della persona, e pieno di dignità e di cortesia, si dimostrava assai savio nel governo del suo paese; se non che in una cosa era degno di biasimo.Ed ecco perchè: egli non si dava il menomo pensiero di ciò che in avvenire sarebbe stato di lui, ma badava solo al piacere presente, che consisteva nell’andare uccellando col falco e nel cacciare di qua e di là senza curarsi d’altro, nè (ciò che era il peggio) volendo sapere, a nessun costo, di prender moglie.Delle quali cose tanto si affliggevano i suoi cittadini, che un giorno si presentarono a lui in gran comitiva, e uno di loro, il più saputo (se non quegli dal quale Gualtieri più di buon grado avrebbe ascoltato il desiderio del popolo, o che, in fine, fosse più adatto ad esporre la cosa come stava), disse al marchese in questo modo:«Nobile marchese, la vostra bontà ci rassicura e c’incoraggia, ogni volta che è necessario,a confessarvi il nostro malcontento: voglia dunque la gentilezza vostra permetterci di farvi un’umile preghiera, e non vi sdegnate di dare ascolto alle mie parole.Sebbene io non abbia più degli altri il diritto di mischiarmi in questa faccenda, tuttavia per quel favore e quella grazia che mi avete sempre dimostrato, oso domandarvi udienza, per esporvi ciò che noi desideriamo; voi poi, signor mio, farete quello che crederete.Or dunque, signore, sappiate che noi siamo così soddisfatti di voi, di quello che fate ed avete sempre fatto, che non sapremmo, davvero, immaginare noi stessi come vivere più felicemente: se non che, il vostro popolo riposerebbe più tranquillo, se voi vi mostraste disposto a prender moglie.Piegate il collo a quel beato giogo, che non è servile ma sovrano, il quale gli uomini chiamano sponsali o nozze; e pensate, signore, fra le altre cose savie, che i giorni o in un modo o in un altro passano: chè il tempo non aspetta nessuno, e fugge viaper chi dorme, per chi veglia, per chi viaggia, e per chi cavalca.Sebbene siate ancora nel fiore della gioventù, pensate che la vecchiaia zitta e cheta c’entra in casa, e la morte tutti minaccia, tutti colpisce, di qualunque età, di qualunque condizione, senza che alcuno le possa sfuggire. Tutti siamo così sicuri di dover morire, come incerti del giorno in cui la morte ci colpirà.Accettate dunque da noi, che vi abbiamo sempre obbedito in tutto e per tutto, il sincero consiglio; e se vi aggrada, noi stessi vi sceglieremo al più presto una degna moglie, fra la più eletta nobiltà di questa terra, e penseremo a far cosa che onori Dio e voi.Liberateci da questo gran pensiero, e prendete moglie, per amor del cielo: chè se dovesse accadere, Dio non voglia, che la vostra discendenza si estinguesse con voi, e un successore straniero ereditasse il vostro regno, per noi, ahimè, sarebbe meglio la morte; perciò affrettatevi, ve ne preghiamo, a prender moglie.»La rispettosa preghiera e il loro umile aspetto mosse a compassione il marchese. «Miei cari, egli disse, voi mi costringete a fare una cosa alla quale non avrei mai pensato. Io ho goduto fino ad ora una libertà che ben di rado si trova nel matrimonio; debbo farmi schiavo mentre prima ero libero.Tuttavia io vedo la sincerità del vostro consiglio, ed ho fiducia (e sempre l’ho avuta) nella prudenza vostra: cosicchè di mia spontanea volontà acconsento ad ammogliarmi, più presto che sarà possibile. Ma in quanto alla profferta che oggi stesso mi fate di scegliermi la moglie, ve ne dispenso, e pregovi di non darvene pena.Poichè Dio sa quante volte i figli crescono indegni del padre loro; la bontà è un dono di Dio; e non si eredita da chi ci ha generato e messo al mondo: io ho fiducia nella bontà di Dio, e perciò a lui affido il mio matrimonio, il mio stato, e tutto il resto; sia fatta la sua volontà.Lasciatemi libero nella scelta della moglie; io solo voglio averne la responsabilità: voi invece, vi prego, assicuratemi, e giuratelosulla vita vostra, che qualunque sia la donna che io prenderò per moglie, l’amerete, per tutta la sua vita, con le parole e coi fatti, qui e in qualunque luogo, come se fosse la figlia di un imperatore.E dovete giurarmi inoltre, che non avrete nulla da ridire e da opporre alla mia scelta. Giacchè io per contentarvi sacrifico la mia libertà per tutta la mia vita, intendo di sposare quella che al mio cuore piacerà: ove non vogliate accettare queste condizioni, vi prego di non parlarmene più.»Tutti fino ad uno assentirono e giurarono; pregandolo però, prima di tornarsene, a voler fissar loro un giorno determinato, e più vicino che fosse possibile, dentro il quale si sarebbero celebrate le sue nozze. Poichè altrimenti al popolo resterebbe ancora un po’ di paura, che il marchese non si dovesse risolvere ad ammogliarsi.Egli fissò loro un giorno, a suo piacimento, nel quale immancabilmente sarebbe andato a nozze, dicendo di volerli anche in questa cosa contentare; ed essi inginocchiatisi pieni di umiltà e di rispetto, lo ringraziarono,e, ottenuto il loro intento, se ne ritornarono a casa.Il marchese intanto ordina ai suoi funzionari di fare i preparativi per la festa; e ne commette l’incarico a quelli dei suoi più intimi cavalieri e signori della corte, a cui più gli piace affidarsi: i quali pronti ad ogni suo comando, mettono tutto il loro impegno per fare onore alla festa.PARS SECUNDANonmolto lontano dal bel palazzo nel quale il marchese faceva i preparativi pel suo matrimonio, sorgeva un ameno villaggio, dove alcuni contadini avevano i loro bestiami e la loro casa, vivendo di quello che con le loro fatiche ricavavano in gran copia dalla terra.Fra questa povera gente viveva un uomo, il quale era ritenuto per il più povero di tutti: ma talvolta sopra una misera stalla di bovi l’Altissimo fa piovere la sua grazia; nel villaggio lo chiamavano Giannucole. Egli aveva una figliola molto bella, che si chiamava Griselda.Ma per parlare di una bellezza piena di virtù, giacchè era la più bella che esistessesotto la cappa del sole, costei era venuta su pura quanto si può essere: senza grilli pel capo; beveva più spesso al pozzo che al tino, e perchè amava la virtù sapeva bene che cosa fosse il lavoro, e non conosceva l’ozio.Sebbene giovanissima, racchiudeva nel virginale suo petto un animo serio e forte: stava attorno al povero vecchio di suo padre con mille cure e mille tenerezze, menava a pascere pel campo un piccolo gregge, filando; insomma non si fermava che quando dormiva.Spesso, tornando a casa, portava cavoli ed altre erbe, che tagliava e metteva a bollire per farci il suo desinare; poi rifaceva il suo letto, tutt’altro che soffice, e attendeva al padre con tutto l’amore e tutte le cure, con cui un figliolo può venerare il proprio genitore.Già più di una volta il marchese aveva messo gli occhi sulla povera Griselda, che per caso incontrava nel recarsi, cavalcando, alla caccia: e allorchè la poteva spiare, non la guardava con ardente cupidigia,ma ne osservava il volto con una certa mestizia, considerando in cuor suo il carattere e la virtù di lei, non comuni, insieme con tanta bellezza, in una fanciulla così giovane. E sebbene comunemente non sia facile riconoscere la virtù, egli apprezzò bene la bontà di costei, e determinò che nessun’altra donna che Griselda sposerebbe, se mai dovesse prender moglie.Arrivò il giorno stabilito per le nozze, e nessuno sapeva ancora chi doveva essere la sposa; di che molti si meravigliavano, e dicevano fra loro: «Che il signor nostro voglia persistere ancora nella sua ostinatezza? che non voglia più ammogliarsi? Ahimè! perchè ingannare se stesso e tutti noi in questo modo?»Ma intanto Gualtieri aveva fatto fare per Griselda gioie ed anelli di pietre preziose legate in oro e lapislazuli; e avea fatto prendere la misura dei vestiti, e degli altri ornamenti necessarii pel giorno delle nozze, sulla persona di una giovanetta che aveva presso a poco la statura di Griselda.Si avvicinavano le nove di questo stessogiorno, stabilito per lo sposalizio, e tutto il palazzo era preparato per la festa: sale e stanze, tutte erano addobbate come meglio si conveniva. Si vedevano camere piene di squisita roba da mangiare, in così grande quantità, da bastare per quanto durasse l’Italia.Il marchese riccamente vestito, e con lui i gentiluomini e le dame che erano stati invitati alla festa, e tutti i cavalieri del suo seguito, si incamminarono, in mezzo a suoni di variata melodia, verso il villaggio del quale ho parlato.Griselda nulla sapendo (e Dio n’è testimone) che tutta questa festa si faceva per lei, era andata a una fonte vicina a prendere l’acqua, e tornava allora in fretta; poichè aveva sentito dire che il marchese in quel giorno sarebbe andato a nozze; e voleva vedere qualche cosa.Camminando, infatti, pensava: anch’io starò con le altre mie compagne sull’uscio di casa, a vedere la marchesa; ma bisogna che sbrighi in un batter d’occhio tutte le mie faccende: così se per andare al castellopasserà di qui, potrò vederla con tutto il mio comodo.Mentre stava per mettere il piede sulla soglia, Gualtieri le fu vicino, e cominciò a chiamarla; essa posò allora in terra la brocca sulla soglia della stalla lì accanto, indi si lasciò cadere in ginocchio; e così stette seria seria, finchè ebbe sentito che cosa voleva il marchese.Il quale pensoso in sembianti le rivolse poche parole, e disse: «Griselda, dov’è tuo padre?» Ed essa con rispetto e tutta umile rispose: «È qui in casa, signore.» E senz’altro, entrò e chiamò il padre.Gualtieri allora prese per mano il pover’uomo, e trattolo in disparte gli disse: «Giannucole, io non so nè voglio tenerti più a lungo nascosto un mio desiderio; se tu vi acconsenti, qualunque cosa possa succederne, io uscendo di casa tua porterò via con me tua figlia, e la terrò come mia moglie per tutta la sua vita.So che tu mi vuoi bene e sei il più fedele dei miei sudditi; e son sicuro che sei pronto a volere tutto quel che a me piace:però rispondimi francamente a ciò che ti ho detto, cioè se sei disposto ad accettarmi per tuo genero.»L’inaspettata domanda colpì talmente il pover’uomo, che fattosi rosso, e tutto confuso, non potè profferire che queste parole: «Signore, il vostro volere è il mio, nè io voglio cosa che a voi non piaccia; fate dunque, anche in questo, a modo vostro.»«Allora, soggiunse il marchese dolcemente, andiamo con Griselda in camera tua; ch’io vo’ domandarle se è contenta di divenire mia moglie, e di stare con me. Tutto deve essere stabilito in tua presenza: io non dirò parola che non sia da te sentita.»Mentre se ne stavano in camera per combinare la faccenda, come poi sentirete, la gente si faceva dentro, ed osservava meravigliata con quanta proprietà e quanta cura la fanciulla tenesse il padre suo; ma ben poteva meravigliarsi Griselda, che non aveva mai veduto succedere simil cosa.Ed è naturale ch’essa rimanesse stupefatta, a vedere in casa sua un avvenimento così insolito; pel quale guardavasi attornotutta pallida. Ma per farvela corta, ecco le parole che il marchese rivolse alla buona, sincera, ed onesta fanciulla.«Griselda, sappi che tuo padre ed io abbiamo stabilito che tu divenga mia moglie; anche tu, credo, ne sarai contenta: ma prima voglio domandarti alcune cose, alle quali, poichè tutto si concluderà in fretta e in furia, bisogna che tu mi dica subito se acconsenti.Sei disposta a fare di buon animo ogni mio piacere, per modo che io sia padrone, a mio capriccio, di farti ridere o soffrire, senza che tu ti risenta mai; senza che tu dica di no a quello che vorrò io, o te ne mostri adirata? Giurami questo, ed io concluderò qui stesso, con giuramento, la nostra unione.»Piena di meraviglia all’inaspettata proposta, e tutta tremante per la paura, rispose essa: «Signore, io sono indegna dell’onore che voi volete farmi, ma il vostro volere è il mio: e vi giuro che mai di mia voglia io farò, o penserò, cosa contraria alla vostra volontà; anche se voi vorrete la miamorte, sebbene mi dispiaccia di morire, io non vi disobbedirò.»«Basta così, Griselda mia» rispose Gualtieri; e sì dicendo, tranquillamente uscì sulla porta di casa seguito da lei, e disse al popolo: «Questa qui è la moglie che mi sono scelto; abbiatela in reverenza, e amate, vi prego, lei che vuole a me tanto bene. Non ho altro da dirvi.»E perchè nulla della sua antica roba ella portasse nella casa maritale, ordinò che lì stesso la spogliassero, tutta, alcune dame del suo seguito. Le quali non furono molto liete di dover toccare le vesti che Griselda aveva indosso: ma nondimeno vestirono tutta di nuovo, da capo a piedi, la bella fanciulla.Le ricomposero col pettine i capelli, che senza alcuna cura le piovevano sulle spalle, indi con le gentili mani le misero la corona in testa, e adornaronla con bei fermagli. Ma perchè farvi una storia solamente del suo abbigliamento? Il popolo a mala pena la riconosceva, tanta era la sua bellezza, così riccamente vestita.Il marchese con un anello che all’uopo aveva portato la sposò, e fattala montare sopra un cavallo bianco come la neve, e di bella ambiadura, subito, in mezzo alla gioia del popolo che la accompagnava e veniva ad incontrarla, la menò al suo palazzo. Così passarono tutto il giorno, fino alla sera, in gran festa.Or dunque, per affrettare la novella alla sua fine, tanto arrise il cielo alla nuova marchesa, che non pareva possibile che fosse nata e cresciuta fra mezzo a contadini, in una capanna o in una stalla di buoi; ma sembrava educata alla corte di un imperatore.E a tutti era divenuta così cara, tutti avevano per lei una venerazione così grande, che quelli stessi del villaggio ov’essa era nata, i quali l’avevano veduta crescere d’anno in anno fino da bambina, non credevano più agli occhi propri, e avrebbero giurato che non era la figlia di Giannucole, tanto la trovavano diversa da quella di prima.Per quanto fosse stata sempre virtuosa, acquistò subito un fare così squisito, dimostròun’indole così buona e mite, così bei modi di parlare, tanta affabilità, e a tal segno seppe cattivarsi la stima e l’affetto di tutti, che chiunque la vedeva se ne innamorava.La fama della sua bontà non si era sparsa solamente nella città di Saluzzo; anche in molti altri luoghi non si faceva che parlarne: e si divulgò tanto, che uomini e donne, giovani e vecchi, andavano apposta a Saluzzo per vedere Griselda.Così Gualtieri con umile matrimonio, ma virtuoso e felice, viveva tranquillo nella pace domestica, e godeva il favore della sua gente: la quale vedendo com’egli avesse conosciuto tanta virtù nascosta sotto così povere vesti, lo stimava uomo savio, e raro.Non solo alle faccende di casa rivolgeva Griselda tutte le sue cure, ma al bisogno sapeva anche provvedere alle pubbliche cose; non c’era discordia, rancore, o querela in tutta la sua terra, ch’essa non riuscisse a quietare e comporre prontamente.Presente o lontano il marito, se gentiluomini o altre persone del paese venivano inlite, subito sapeva mettere la pace fra di loro; tale virtù e maturità di consiglio possedeva, e tanta equità di giudizio, che ognuno pensava che il cielo l’avesse mandata per il bene del popolo, e per correggere ogni errore.Non trascorse lungo tempo dal giorno delle nozze, che Griselda dette alla luce una bambina; tutti avrebbero preferito un bambino; pure il marchese e i suoi sudditi furono lieti del parto. Giacchè sebbene Griselda avesse cominciato con una femmina, c’era tutta la possibilità, dal momento che non era sterile, che facesse anche un maschio.PARS TERTIAOraccadde, quando la bambina era ancora lattante, che a Gualtieri venne così vivo desiderio nell’animo, di tentare la fermezza di sua moglie, che non seppe liberarsi da sì strana voglia; e pensò, Dio sa quanto ingiustamente, di volerle fare grande paura.Altre volte aveva messo alla prova Griselda, e sempre ne era rimasto soddisfatto; perchè dunque tentarla ancora, e sempre con più dure prove? Per quanto alcuni trovino da lodare, in ciò, un’alzata d’ingegno, a me sembra cosa molto crudele, tormentare senza ragione una povera moglie, con angosce e paure.Ma ecco che cosa pensò di fare; unasera si presentò a lei, e mostrandosi serio e turbato nel volto, le disse: «Griselda, non avrai dimenticato, son sicuro, che un giorno ti tolsi dalla miseria, per farti diventare una nobile signora.L’alta posizione nella quale ti ho messo, spero che non ti abbia fatto scordare, che io ti ho levato da una condizione molto bassa: devi ben ricordarlo. Fa attenzione, ora, alle mie parole, che nessuno sentirà, poichè siamo soli.Tu sai, come ti dicevo, in qual modo sei venuta, or non è molto, in casa mia; non ostante a me sei carissima: ma non così, per altro, ai gentiluomini della mia corte. I quali dicono che è per loro gran vergogna e dispiacere, l’essere sudditi e dipendenti di una donna del volgo.Da quando è nata la bambina, hanno incominciato a spargere queste voci; io desidero di vivere in pace con tutti, e non posso, quindi, fare a meno di esserne preoccupato. E son costretto a fare della figlia tua, non quello che piace a me, ma quello che vogliono loro.Dio sa quanto mi costa il dirtelo: ma d’altra parte non voglio fare cosa senza che tu lo sappia, e voglio, anzi, che tu vi acconsenta. È giunto per te il momento di mettere in opera tutta la pazienza, che mi giurasti di avere il giorno stesso che sposammo in casa tua.»Griselda non si scosse minimamente a queste parole, e tranquilla e serena (pareva che non se ne desse alcun pensiero), rispose: «Signore, come vi piace: io e la bambina siamo cosa vostra; e di ciò che è vostro voi potete fare quello che credete.Purchè Dio salvi l’anima mia, non c’è nulla che a voi piaccia, che possa dispiacere a me. Nessuna cosa desidero di conservare, nessuna temo di perdere fuor che voi: questo è il proponimento che ho fatto, dal quale nè il tempo nè la morte potranno rimuovere l’animo mio.»Gualtieri fu tutto contento della risposta della moglie, ma fece finta di essere arrabbiato; e stette tetro e pensieroso, finchè fu fuori della stanza. Quindi uscito di casa, e allontanatosi quasi un quarto di miglio, confidòtutto il suo disegno a uno scudiere, e tosto lo mandò dalla moglie.Questi aveva dato prova più volte di grande fedeltà in affari di grave importanza, ed amava e venerava il suo signore: ma pur troppo questa gente deve prestarsi, qualche volta, anche al male. Secondo l’ordine ricevuto, adunque, si presentò zitto e cheto in camera di Griselda.E le disse: «Signora, perdonatemi, ma io faccio una cosa alla quale sono costretto: voi che siete tanto savia, capite meglio di me che gli ordini del marchese bisogna eseguirli appuntino; crudeli e da biasimare quanto si voglia, ma è necessario obbedire. E così farò senz’altro.Ho avuto ordine di prendere questa bambina,» soggiunse, e subito la prese con cattiva maniera, e prima di andarsene fece atto che dovesse ucciderla. Griselda sopportava tutto senza dir nulla: e timida come un agnello se ne stava tranquillamente a sedere, lasciando che il barbaro scudiere facesse tutto ciò che voleva.Il cattivo nome e la faccia di quell’uomole erano sospetti; la sua parola e il momento nel quale egli faceva tutto questo le mettevano paura: ahimè! la sua bambina, alla quale voleva tanto bene, glie l’avrebbe, certamente, fatta morire. Tuttavia senza un sospiro, senza una lacrima, si sottopose alla volontà del marchese.Finalmente ruppe il silenzio, e tutta umile (come se avesse dovuto trattare con un vero gentiluomo) pregò il servo che le permettesse di baciare la sua bambina, prima che glie la facessero morire: e presala, con grande mestizia, in collo, le dette la sua benedizione; poi cominciò a cullarla fra le sue braccia, e a baciarla.E le disse con affetto: «Addio, figlia mia, io non ti rivedrò più, ma poichè ti ho fatto il segno della croce, sarai benedetta dal Signor nostro, che morì, per noi, crocifisso: raccomando a lui l’anima tua, mia povera piccina, giacchè stanotte, per colpa mia, dovrai morire.»Io credo, che neppure la pietà di una balia reggerebbe a vedersi portar via il bambino: pensi quindi ciascuno, che cosaavrebbe dovuto fare la misera madre, eppure, tanta era la sua fermezza, che tutto sopportò con pazienza, e disse a quell’uomo: «Eccovi, la bambina, prendetevela.»E consegnandogli la piccina, soggiunse: «Andate, fate ciò che il signor mio vi ha comandato di fare; solamente fatemi questa grazia, se egli non ve lo ha proibito: sotterrate il suo corpicino, in qualche luogo, affinchè le bestie e gli uccelli non lo divorino.» Ma quegli, senza nemmeno rispondere, prese la bambina e se ne andò.E recatosi dal marchese, gli raccontò per filo e per segno, in poche parole, quello che aveva detto e fatto Griselda; indi gli consegnò la bambina. Gualtieri provò un senso di compassione, ma non si mosse dal suo proposito, come quegli che voleva fatta la sua volontà.Ordinò al suo scudiero di fasciare, di nascosto, e coprire adagino e con ogni cura la creaturina, e di metterla dentro una cesta o avvolgerla in una veste, senza che alcuno, pena la sua testa, scoprisse donde egli veniva, e dove andava.La portasse, così nascosta, a Bologna, in casa della sorella di lui, ch’era allora contessa di Pavia; e mettendo costei a parte di tutto, la pregasse di allevare con ogni cura la bambina, senza mai dire, a qualunque costo, di chi fosse figliuola.Questi andò, e fece, scrupolosamente, quanto gli era stato ordinato. Ma torniamo al marchese. Egli andava sempre fantasticando, se mai potesse capire dall’aspetto, o dalle parole della moglie, ch’ella fosse cambiata. Ma la trovava sempre ugualmente affabile e gentile.La stessa bontà, la stessa dolcezza, la sua solita attività nelle faccende domestiche, lo stesso amore per lui: insomma, in tutto e per tutto era savia come prima. Non fece mai parola della sua bambina, e non si provò neppure a nominarla. Per grandi che fossero le sue pene e le sue sventure, non mostrò alcun cambiamento.PARS QUARTAPassaronocosì quattro anni, prima che Griselda di nuovo ingravidasse; ma questa volta, come a Dio piacque, fece al suo Gualtieri un maschio, che era un miracolo di grazia e di bellezza. Di ciò non solo il padre fu lietissimo, ma il paese tutto n’ebbe sì gran gioia, che levò preghiere di ringraziamento al Signore.Il bambino aveva due anni, e già da qualche tempo era stato divezzato, quando un giorno venne l’estro al marchese, di tentare un’altra volta la pazienza della moglie. A inutile prova era messa, ahimè! ma i mariti son senza discrezione, quando trovano una poveretta che sopporta.«Moglie mia, le disse un giorno, sai bene che il mio popolo è sempre stato scontento del nostro matrimonio: ma dal giorno che partoristi questo maschio, le cose sono andate di male in peggio; e corrono, ora, delle voci così brutte, che sono proprio sgomento, e sento sanguinarmi il cuore.—Dunque (dicono tutti), morto Gualtieri, gli succederà il nipote di Giannucole, e lo avremo nostro signore?—Ora, non v’ ha dubbio che io debbo darmene pensiero: poichè, sebbene nessuno osi parlare in presenza mia, la cosa mi dispiace.Io voglio, finchè è possibile, godere la mia tranquillità; perciò sono disposto assolutamente a fare del bambino ciò che ho fatto, di notte e senza che nessuno se ne sia accorto, della sua sorella. Te ne avverto, perchè la cosa riuscendo improvvisa, non debba esserti troppo dolorosa; cerca, dunque, di aver pazienza anche questa volta.»«Vi ho detto, rispose Griselda, e sempre ve lo ripeterò, che io non voglio, enon vorrò mai, che ciò che a voi piace: io non mi risento, se per ordine vostro mi vengono uccisi i figliuoli. Rinunzio volentieri alla gioia che avrei avuto dalle mie due creaturine: come ho sofferto per averle, soffrirò per perderle.Voi siete il signor mio; fate quello che vi piace, e non vi curate di me: con le mie povere vesti io ho lasciato a casa la mia volontà e la mia libertà; perciò potete fare quello che volete, sicuro che vi obbedirò.Se io potessi leggervi nell’animo, vorrei soddisfare ogni vostro desiderio prima che voi parlaste: quando poi so che cosa desiderate, immaginatevi se faccio di tutto per contentarvi. Quando sapessi che vi fosse cara la mia morte, morirei ben volentieri, per farvi piacere.L’amore che ho per voi è più potente della morte. «Il marchese vedendo la costanza della moglie, abbassò gli occhi, meravigliandosi che una donna potesse sopportare tutto questo; e con aspetto burbero, ma invece lieto in cuor suo, uscì.Il solito omaccio si presentò a Griselda, e nello stesso modo col quale le aveva portato via la figliuola (e più crudelmente, se fosse stato possibile) le prese anche il bellissimo fanciullo. Sempre con la stessa pazienza, e senza scomporsi, essa lo lasciò fare, baciando il suo bambino, e benedicendolo.E come aveva fatto la prima volta, pregò costui se nulla glie lo vietasse, di voler dare sepoltura alle tenere membra del suo piccino, che erano così graziose, affinchè non rimanessero preda di qualche uccellaccio, o di qualche brutto animale. Ma anche questa volta rimase senza risposta: chè quegli di niente curandosi, e secondo gli ordini ricevuti, prese il bambino e lo portò, con ogni cura, a Bologna.Il marchese sempre più ammirava la pazienza di Griselda; e se non fosse stato più che sicuro, che essa voleva un gran bene ai suoi figliuoli, avrebbe creduto che fosse in lei, non fermezza d’animo, ma astuzia, malizia, e cattivo cuore.Ma invece egli sapeva bene che Griselda,dopo di lui, nulla aveva così caro al mondo, quanto i propri figli. Ditemi voi, donne, per favore, se queste prove non sarebbero state sufficienti! Che cosa avrebbe potuto ancora immaginare la rigida ostinazione di un marito, per provare la virtù e la pazienza di sua moglie?Ma c’è, pur troppo, certa gente, che quando si ficca in capo un’idea, non se la leva più, a nessun costo: così appunto, si era ostinato Gualtieri nel proponimento fatto, di tentare la pazienza e la costanza della moglie.Teneva sempre d’occhio Griselda, per vedere se una parola, uno sguardo, rivelasse, in lei, qualche cambiamento: ma la trovava sempre dello stesso umore, e col suo solito aspetto. Anzi, ogni giorno che passava, essa si mostrava sempre più amorosa e più piena di cure per lui.Di guisa che sembrava che avessero un sol volere in due; piacendo a lei tutto quello che piaceva a Gualtieri. E di ciò sia lodato il Signore: giacchè così doveva essere per il bene di tutti. Pareva che i suoiaffanni non fosser suoi; non aveva altra volontà che quella del marito.Ma un bel giorno si cominciò, da per tutto, a parlare delle stranezze di Gualtieri; e a mormorare ch’egli crudelmente aveva fatto uccidere, di nascosto, i suoi bambini, pentito di avere sposato una povera contadina. Nessuno sapeva che tutti e due erano vivi.E queste voci fecero sì, che mentre prima tutti lo amavano, cominciarono a non poterlo più vedere, sotto l’orribile accusa di assassino. Non ostante questo, egli non abbandonò, nè punto nè poco, il suo proponimento, di mettere ancora alla prova la moglie.Allorchè la sua bambina ebbe compiuto il dodicesimo anno, mandò un suo ambasciatore alla Corte di Roma (che aveva prima informata del suo disegno), perchè gli procurasse in qualche modo delle carte, che dovevano servire al suo crudele scopo; dalle quali risultasse che il papa gli permetteva, per ristabilire la pace nel popolo di Saluzzo, di sposare un’altra donna.Ordinò, insomma, che si falsificasse una bolla papale, nella quale si dicesse ch’egli era libero di abbandonare la prima moglie, col permesso del papa, per far cessare i malumori che erano nati fra lui e i suoi sudditi. La bolla, in questi termini precisi concepita, fu tosto pubblicata.Il popolo, ignorante com’è, vi credè subito; Griselda ne fu, c’è da immaginarselo, addoloratissima: ma ormai con la sua solita pazienza, la poveretta era disposta a sopportare in pace l’avversa fortuna.Le bastava di sapere sempre contento colui, al quale aveva dato il suo cuore, e tutta se stessa. Ma per farvela corta, il marchese, intanto, scrisse una lettera, in cui esponeva tutto il suo disegno; e di nascosto la spedì a Bologna al conte di Pavia, marito di sua sorella, pregandolo vivamente di riportargli, con gran pompa, i suoi due figliuoli; senza dire ad alcuno chi fosse il padre loro.Dicesse, invece, che la fanciulla doveva sposare il marchese di Saluzzo. Così, infatti, fece il conte di Pavia; e verso serasi mosse, con gran seguito di cavalieri, alla volta di Saluzzo, per scortare la fanciulla; accanto alla quale cavalcava il giovine fratello.La bella giovinetta, tutta adorna di pietre preziose, era vestita come se andasse veramente a nozze; anche il fratello, un fanciulletto di sette anni, era riccamente vestito e tutto elegante. Così in gran pompa e con gran festa cavalcando, si avvicinavano, di giorno in giorno, a Saluzzo.PARS QUINTAIntantoGualtieri, persistendo nel suo crudele proposito di sottoporre a un’ultima e più dura prova la moglie, per essere pienamente sicuro ch’ella fosse sempre paziente come prima, un giorno, in presenza di tutti, le disse risentito:«Griselda, io sono stato contentissimo, senza dubbio, di averti sposato, per la tua bontà, per la tua fedeltà, e per la tua obbedienza: non così però pel casato che porti, e per la tua dote. Ho dovuto convincermi, s’io non m’inganno, che la nobiltà e la potenza hanno pur molte schiavitù.Io non posso fare come un bifolco qualunque: i miei sudditi mi costringono a prendere un’altra moglie, e il papa stesso lopermette, perchè tutto torni in pace. Ti dico dunque sinceramente, che la mia nuova moglie è già in viaggio.Fatti coraggio, e lasciale il suo posto; ti concedo, come grazia, di riprenderti tutta la dote e tutta la roba che mi hai portato. Ritorna alla casa di tuo padre, e pensa che in questo mondo non si può sempre essere contenti. Io, per conto mio, non posso fare altro che consigliarti a sopportare di buon animo i capricci della fortuna.»Ed essa con la sua solita pazienza rispose: «Signor mio, io lo sapevo benissimo, e sempre lo pensavo, che la mia povertà non poteva stare accanto alla vostra ricchezza; e non mi sono mai creduta degna di essere, non dico la moglie vostra, ma neppure la vostra cameriera.E Dio può essere testimone, per l’anima mia, che io in questa casa, della quale voi mi avete fatto signora, non mi sono mai considerata nè signora nè padrona, ma sempre umile serva vostra; e tale sarò più di ogni altro finchè il cielo mi darà vita.Della bontà che avete avuto, di tenermiper così lungo tempo in tanto onore e in tanta nobiltà; mentre io ne ero indegna, ringrazio Dio e voi, pregando che siate ricompensato. E senz’altro me ne ritorno, volentieri, a casa di mio padre, per rimanere con lui finchè vivrò.Là ho vissuto bambina, e sono cresciuta; e là finirò, vedova e senza altri affetti, la mia vita. Poichè dal momento che ho dato a voi la mia gioventù, e sono la vostra legittima moglie, Dio mi guarderà bene dal prendere un altro marito.Il Signore possa concedervi fortuna e prosperità con la vostra nuova moglie, alla quale io cedo, di buon animo, il mio posto, dove sono stata sempre felicissima. Giacchè vi piace che la mia felicità sia finita, e che io me ne vada, me ne andrò quando vorrete.In quanto alla concessione che mi fate, di lasciarmi andar via con la dote che vi ho portato, capisco bene che voi intendete parlare dei miei poveri panni, che non erano niente di bello davvero: ma non ostante ben difficilmente io potrei ora ritrovarli.Buon Dio! eravate così cortese e gentile il giorno del nostro matrimonio!Ma è ben vero quel che si dice (lo so per prova):—amore non è mai tanto vecchio, come quando è nuovo.—Siate sicuro, però, signor mio, che per amor vostro non mi sarebbe grave neppur la morte: e non sarà mai che io mi penta, in alcun modo, di avervi dato, con me stessa, tutto il mio cuore.Vi ricorderete, signor mio, che prima di condurmi in casa vostra, mi faceste strappare di dosso le mie povere vesti, e mi regalaste voi stesso degli abiti ricchissimi; quindi io non vi portai altra dote, senza dubbio, che la mia fedeltà, la mia povertà, e la mia gioventù. Eccovi i vostri abiti e il vostro anello: ve li restituisco per sempre.Tutte le altre gioie, posso assicurarvelo, sono in ordine in camera vostra. Io uscii nuda dalla casa di mio padre, ed è giusto che vi ritorni nuda. Son pronta a fare tutto ciò che volete: ma spero che non vorrete farmi uscire di casa vostra senza camicia.Voi non farete una cosa tanto indegna,e non permetterete che io, tornandomene a casa, mostri nudo il corpo, che ha creato i vostri figli. Non vogliate, per pietà, cacciarmi nella strada come un cane: pensate che per quanto indegnamente, io sono stata la moglie vostra.In ricompensa della verginità che pur vi ho portato, e non mi è concesso riportar via, lasciatemi almeno la camicia che ho indosso; affinchè possa coprirne il corpo di colei, che fu vostra moglie: ed ora, signor mio, me ne vado, perchè non vi abbiate a seccare.»«La camicia che hai indosso, rispose Gualtieri, lasciatela pure, e portala via con te.» E tosto uscì dalla stanza, perchè la pietà e la compassione gli impedivano quasi di parlare. Griselda lì stesso si spogliò, e in camicia, scalza e senza niente in capo, s’incamminò verso la casa di suo padre.La gente la seguiva, con le lagrime agli occhi, lungo la via, e imprecava, andando, al destino. Ma essa non piangeva e non parlava. Il padre, che ne fu subito avvisato,malediva il giorno e l’ora in cui egli era venuto al mondo.Il povero vecchio aveva sempre sospettato di questo matrimonio; e pensò sempre, fin da principio, che il marchese, soddisfatto il suo capriccio, avrebbe considerato la sconvenienza di essere sceso così in basso, e un bel giorno all’improvviso l’avrebbe mandata via.Avendo sentito che la sua figliuola ritornava a casa in camicia, in fretta in fretta le andò incontro, portando seco la vecchia veste che essa aveva lasciato, e piangendo amaramente, cercava di coprirla, alla meglio, con quella; ma non potè mettergliela indosso: che era troppo mal ridotta pel molto tempo trascorso, dal giorno che Griselda era andata a nozze.Questo fiore di vera pazienza, ritornata per qualche tempo col padre suo, in tal modo si diportò, che mai, nè in presenza d’altri nè sola, mostrò di sentirsi offesa; e non disse mai parola, non fece mai cenno, che ricordasse il suo antico stato.E non c’è da meravigliarsene, poichè inmezzo alla nobiltà e alle ricchezze si mostrò sempre umilissima: ghiottonerie, raffinatezze, lusso, magnificenza, non seppe mai che cosa fossero. E fu sempre buona, paziente, modesta, rispettosa, e sempre sottoposta e obbediente al marito.Tutti parlano di Giobbe e della sua pazienza, perchè i dotti scrivono degli uomini quello che vogliono; ma in realtà, per quanto ai dotti piacciano poco le donne, non c’è uomo che abbia la pazienza di una donna; ed è un caso proprio raro, trovare uno che abbia solo la metà della costanza femminile.PARS SEXTAIlconte di Pavia giungeva ormai da Bologna, e già si era sparsa da per tutto la notizia del suo arrivo: e tutti sapevano, anche, ch’egli portava con sè la nuova marchesa di Saluzzo, con una pompa così splendida, che nessuno aveva mai visto l’uguale in tutto l’occidente della Lombardia.Gualtieri che aveva preparato tutto questo, e sapeva tutto, prima che arrivasse il Conte, mandò a chiamare la povera e semplice Griselda, che subito venne, ed umile e con volto sereno, senza alcun rancore nell’animo, s’inginocchiò davanti a lui, salutandolo rispettosamente e con bel garbo.«Griselda, le disse egli, io voglio che la giovinetta che dovrà essere unita in matrimoniocon me, domani sia ricevuta in casa mia più splendidamente che sia possibile: e desidero che ognuno, secondo il suo grado, sia trattato e servito come si deve, e in modo da restarne soddisfatto.Certamente le donne che ho non mi bastano per mettere in ordine le stanze a modo mio; perciò vorrei che a tutto questo ci pensassi tu, che sai da molto tempo, come io voglio fatte le cose. Il tuo abbigliamento è brutto e poco conveniente, ma non vuol dir nulla, purchè tu faccia il tuo dovere.»«Signore, rispose Griselda, io non solo sono contenta di fare cosa grata a voi, ma desidero di servirvi sempre con tutta la mia volontà, in quello che posso: e non mai, per nessuna ragione, cesserò di amarvi con tutta la sincerità e tutta la passione dell’anima mia.»Ciò detto cominciò ad ornare la casa, a preparare le tavole, e rifare i letti, e con tutto l’impegno cercò di fare del suo meglio; raccomandandosi ai servi che per lo amore di Dio facessero presto, e senza perder tempo spazzassero e spolverassero. E leistessa dandosi da fare più di tutti, mise in ordine le stanze e la sala.Verso le nove il conte di Pavia, arrivato coi due ragazzi, scendeva con essi da cavallo, e tutti correvano a vedere il loro ricco e splendido abbigliamento: e dicevano che Gualtieri non l’aveva pensata male a cambiare moglie, giacchè il cambio non era cattivo.Questa, secondo il giudizio di tutti, era più bella e più giovane di Griselda, e avrebbe messo al mondo dei figliuoli più belli e più cari a tutti per l’alto suo lignaggio. Anche il fratello che l’accompagnava era così bello che tutti lo guardavano con piacere, approvando la risoluzione di Gualtieri.«O popolo irrequieto, incostante e sempre infido, scontento e volubile come una banderuola, sempre amante del torbido e del nuovo! Tu fai come la luna che cresce e cala: sempre largo di applausi che non valgono un soldo; il tuo giudizio è falso, la tua costanza non regge alla prova, ed è un gran pazzo chi si affida a te.»Così dicevano alcuni assennati cittadini, guardando meravigliati la gente che correvadi qua e di là, tutta contenta solamente all’idea di avere una nuova signora. Ma torniamo a dire di Griselda, e della sua pazienza.Essa era tutta affaccendata a preparare per la festa, e senza punto vergognarsi delle sue povere vesti, che in qualche posto erano anche stracciate, corse insieme con gli altri alla porta, allegra e contenta, a salutare la marchesa; poi se ne ritornò alle sue faccende.Con tutta serenità di animo riceveva gli ordini di Gualtieri, e con tanta sollecitudine li eseguiva, che non c’era mai nulla da ridire; e tutti si meravigliavano come mai potesse essere vestita tanto poveramente, mentre dimostrava un fare così nobile e tanta educazione; e non potevano fare a meno di lodare la sua virtù.Griselda intanto non finiva mai di ammirare, con tutta la schiettezza dell’animo suo, la giovinetta e il fratello; e le lodi che ne faceva erano così sincere, che tutti le trovavano giuste. Finalmente, giunta l’ora di andare a tavola, Gualtieri fece chiamareGriselda, che era tutta affaccendata nel salotto.E le disse, quasi motteggiando: «Griselda, che te ne pare di questa mia nuova moglie; è bella?» «È bellissima, signor mio, rispose: in fede mia io non ho mai visto un’altra più bella di lei. Dio possa farvi felici e contenti per tutta la vita.Ma una cosa vorrei chiedervi e consigliarvi: non fate soffrire, coi tormenti che avete inflitto a me, anche questa giovinetta; essa è abituata più delicatamente, e forse non potrebbe sopportare la sventura, come una disgraziata cresciuta nella miseria.»Gualtieri, conosciuta ormai la pazienza, la serenità, e la semplicità di Griselda, e convinto che per quanto egli faceva la poveretta, con la sua solita innocenza, obbediva senza ribellarsi, cominciò a sentire compassione di tanta femminile fermezza.«Basta, Griselda mia, egli disse, lascia ogni dolore, e sii alfine ricompensata; tu mi hai dato prova che la tua fedeltà e la tua bontà, in qualunque condizione tu sia, sono quali nessun’altra donna ebbe mai; vedobene, cara moglie, quanto è grande la tua costanza.» E stringendola fra le braccia, cominciò a baciarla.Griselda, mezza trasecolata, non sentiva e non raccapezzava più nulla: le pareva come di destarsi, ad un tratto, da un lungo sonno; fin che a poco per volta, si scosse dal suo stupore. «Griselda, soggiunse Gualtieri, per quel Dio che morì per noi, ti giuro che tu sei la moglie mia; e che io non ne ho, e non ne ho mai avuta (salvi il Signore l’anima mia, se è vero) nessun’altra.Questa che tu hai creduto mia moglie, è la tua figliuola; questo fanciullo è il mio vero erede, l’una e l’altro sono frutto del nostro amore: io li ho fatti allevare a Bologna, nascostamente. Riprendili con te, che non hai perduto nessun dei due.Sappiano coloro che mi hanno accusato, che io non ho fatto questo a fine di male, o per crudeltà, ma solamente per conoscere la tua virtù: sappiano che io non ho fatto uccidere (Dio me ne liberi) i miei figliuoli, ma li ho tenuti nascosti, per poter conoscere il tuo carattere e la tua volontà.»Griselda sentendo questo, venne meno dalla commozione e dalla gioia, indi riavutasi un poco, chiamò a sè i suoi figliuoli, e in gran pianto li abbracciava, e li baciava, con quella tenerezza che è propria di una madre, bagnando loro di amare lagrime, il volto e i capelli.Oh scena veramente pietosa, vederla cadere priva di sensi, e sentire la sua voce sommessa! «Grazie, diceva al marito, grazie, signor mio: Iddio possa ricompensarvi di avermi lasciato i miei figliuoli; or non mi curo più di morire, poichè mi è ridonato il vostro affetto e il vostro amore. Nessuna morte mi fa paura.Cari, teneri, bei figliuoli miei, la vostra povera mamma vi aveva creduti morti, divorati da rabbiosi cani o da qualche brutto animale; ma Dio misericordioso, e il vostro amoroso babbo, vi hanno lasciati a me.» E sì dicendo cadeva di nuovo in abbandono.E abbracciando nel deliquio i suoi figliuoli, con tanta passione li stringeva, che ci volle del buono e del bello, per levarglieli dalle braccia. Quante anime pietose, in quelmomento, dovettero piangere di compassione! quanti furono costretti a farsi forza, per poter rimanere vicino a Griselda!Mentre Gualtieri cercava di calmarla e di farle dimenticare il suo dolore, essa si alzò tutta confusa; e in mezzo alla gioia e alle feste di tutti ritornò in sè. Fu allora una cosa, davvero, commovente, vedere i modi affettuosi di Gualtieri, e la felicità che dimostravano tutti e due, per essere ritornati insieme.Le dame di corte le furono subito attorno, e la portarono in camera; e spogliatala dei suoi poveri panni, le misero indosso un vestito tutto d’oro che risplendeva come il sole. Indi con una corona di pietre preziose in testa, la condussero nella sala, dove tutti con grande onore l’ossequiarono.Così finì in mezzo alla gioia questo pietoso giorno; e ognuno fece del suo meglio per passarlo più lietamente che fosse possibile, fin che le stelle cominciarono a brillare in cielo. Tutti trovarono questa festa più bella e più splendida, di quella conla quale era stato celebrato il matrimonio di Griselda.Molti e molti anni felici passarono insieme Gualtieri e Griselda, sempre d’amore e d’accordo; e Gualtieri, maritata la figlia a uno de’ più ricchi e nobili signori d’Italia, prese con sè alla sua corte il vecchio Giannucole, perchè vi passasse tranquillo e contento il resto della sua vita.Morto Gualtieri, gli successe il figlio, il quale regnò in mezzo alla pace e alla concordia; e fu fortunato nel suo matrimonio, anche senza sperimentare la pazienza di sua moglie. Oggi il mondo non è più quello di prima. Al quale proposito sentite che cosa dice l’autore della novella.Questa novella non è raccontata per mostrare che le mogli dovrebbero avere la pazienza di Griselda, poichè non basterebbe tutta la loro volontà per riuscirvi: ma per far vedere che ciascuno, nella propria condizione, dovrebbe, come Griselda, saper sopportare fermamente la sventura. Solo per questo dettò il Petrarca, in alto stile, la sua novella.Chè se Griselda ebbe tanta pazienza con un uomo, tanto più noi uomini dobbiamo sopportare in pace quello che ci viene da Dio. Il quale ha tutto il diritto di sperimentare ciò che ha creato; e non tenta, infatti, come dice S. Giacomo nella sua epistola, se non gli uomini ch’egli ha messo al mondo; e tutto il giorno, senza dubbio, ne mette alla prova qualcuno.Egli ci affligge colle più grandi sventure, per abituarci alla sofferenza, e per farci, in qualche modo, migliori. Nè lo fa, certamente, per conoscere la volontà nostra; poichè la nostra debolezza gli è nota prima che noi veniamo al mondo. Giacchè adunque tutto egli fa pel nostro bene, viviamo per sopportare virtuosamente.Ed ora, signori miei, un’altra parola e ho finito: sarebbe ben difficile, oggi, trovare in tutta una città due o tre donne che avessero la pazienza di Griselda; poichè l’oro del quale esse rilucono, è di così cattiva lega, che messo alla prova si spezzerebbe subito in due parti.E giacchè è così, io, per amore delladonna di Bath[1](che Dio salvi lei e tutta la sua discendenza, poichè la sua morte sarebbe una gran perdita), vi dirò allegramente, e con tutta la mia vena, una canzone che vi metterà, se non m’inganno, di buon umore. Lasciamo, dunque, ogni argomento serio, e state a sentire la mia canzone, che incomincia così.Griselda è morta, e con lei anche la sua pazienza: l’una e l’altra giacciono sepolte in Italia: perciò, lo dico a tutti, a nessun marito venga in mente di sperimentare la pazienza di sua moglie, nella speranza di trovarla una Griselda: chè certamente resterebbe deluso.E voi, signore mogli, se siete davvero prudenti, non lasciate che l’umiltà vi inchiodi la lingua: e non fate che un letterato debba scrivere anche di voi una storia così meravigliosa, come quella della buona e paziente Griselda; altrimenti finirete in bocca a Chichevache[2].Fate come l’eco, che ha sempre pronta la risposta: guardate di non essere vittime della vostra innocenza, e sappiate farvi valerecon energia: questa lezione, imparatevela a mente pel bene vostro, giacchè potrà esservi utile.Se la vostra condizione è tale da rendervi forti al pari di un cammello, difendetevi, e non sopportate offese. Se siete deboli per sostenere la battaglia, mostrate i denti come una tigre delle Indie: e strepitate, ve lo consiglio, come un buratto.Non abbiate paura del marito, non vi lasciate imporre: anche s’egli sarà chiuso in un’armatura di ferro, la punta della vostra aspra parola gli passerà il petto e anche la testa. Lo volete mansueto come un agnello? Stringetelo nei nodi della gelosia.Se siete belle, mostratevi in società, e fate sfoggio dei vostri abbigliamenti; chi è brutta, sia di manica larga, e cerchi di farsi delle amicizie. Non vi abbandoni mai il buon umore: lasciate che il marito si secchi, pianga, si arrabbi, e brontoli a piacer suo.

NOVELLADEL CHIERICO DI OXFORD▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪▪PROLOGOSignorchierico di Oxford, disse il nostro oste, voi cavalcate così zitto e vergognoso, che sembrate una sposina seduta a tavola: ancora non vi ho sentito aprir bocca. Sarete, m’immagino, dietro a qualche sofisma; ma ogni cosa a suo tempo, dice Salomone. Per l’amore di Dio! state un po’ più allegro; ora non è tempo di studiare. Su, raccontateci una novella che ci metta addosso un po’ d’allegria; quando si è in ballo bisogna ballare[1]. Però non uscite fuori con una predica, come quelle che fanno i preti in quaresima, da farci scontare tutti i nostri peccati; e guardateche la vostra novella non finisca per farci addormentare.Raccontateci qualche piacevole avventura; le vostre frasi, i vostri fronzoli, e le vostre figure rettoriche, tenetevele in serbo per quando sarà il caso di fare dello stile sublime, come quando si scrive a qualche re. Per ora, ve ne prego, parlate in modo che noi possiamo intendere quello che dite.—Il valente chierico rispose benignamente, e disse: «Signor oste, io sono sotto la vostra autorità; noi tutti siamo affidati alle vostre mani; perciò eccomi pronto, senza dubbio, ad obbedirvi in tutto quello che posso. Vi racconterò una novella che ho imparato a Padova da un’illustre letterato, parlatore e scrittore famoso, il quale ora, Dio gli dia pace, è morto e sotterrato. Questo letterato si chiamava Francesco Petrarca; ed era precisamente il poeta laureato che con la sua dolce parola irraggiò di poesia tutta l’Italia, come Liniano[2]la illustrò con la filosofia, la legge, ed altre scienze speciali; ma la morte che non vuole lasciarci stare in questo mondo per più di un batter d’occhio,li ha uccisi tutti e due; e tutti, come loro, dobbiamo morire.Ora, perchè sappiate qualche cosa di questo brav’uomo che mi insegnò, come vi ho detto, la novella che vi voglio raccontare, vi dirò ch’egli (prima di cominciare a scrivere il suo racconto) detta in alto stile un proemio, nel quale descrive il Piemonte e la città di Saluzzo, e parla degli alti gioghi dell’Appennino che formano i confini occidentali della Lombardia; e più particolarmente poi, del Monviso dove il Po ha le sue origini, e d’onde scaturisce da una piccola sorgente, che camminando verso levante cresce e s’ingrossa, traversando l’Emilia, Ferrara, e Venezia; ma troppo lungo sarebbe tener dietro a questo proemio. E in verità io credo, che mentre al Petrarca servì per preparare il suo racconto, ora sarebbe una cosa fuori di proposito. Ma state a sentire la novella.NOVELLA DEL CHIERICO DI OXFORDPARS PRIMAProprionella parte occidentale dell’Italia che rimane giù alle falde del freddo Monviso, si estende una rigogliosa e fertile pianura, dove si scorgono molte città e molte torri, fondate in tempi antichissimi dai nostri padri, e donde si godono molte deliziose vedute; Saluzzo è il nome di questa nobile terra.Della quale fu già signore un marchese, che l’aveva avuta in retaggio dai suoi illustri antenati; tutti i cittadini, chi più e chi meno, erano obbedienti e pronti al suo comando: cosicchè egli visse felicemente e per lungo tempo, amato e temuto, in mezzo ai favori della fortuna, tanto dai nobili quanto dal resto della cittadinanza.Questo giovane signore si chiamava Gualtieri, ed era, per parlare del suo lignaggio, la più nobile persona che mai fosse nata in Lombardia; bello e forte della persona, e pieno di dignità e di cortesia, si dimostrava assai savio nel governo del suo paese; se non che in una cosa era degno di biasimo.Ed ecco perchè: egli non si dava il menomo pensiero di ciò che in avvenire sarebbe stato di lui, ma badava solo al piacere presente, che consisteva nell’andare uccellando col falco e nel cacciare di qua e di là senza curarsi d’altro, nè (ciò che era il peggio) volendo sapere, a nessun costo, di prender moglie.Delle quali cose tanto si affliggevano i suoi cittadini, che un giorno si presentarono a lui in gran comitiva, e uno di loro, il più saputo (se non quegli dal quale Gualtieri più di buon grado avrebbe ascoltato il desiderio del popolo, o che, in fine, fosse più adatto ad esporre la cosa come stava), disse al marchese in questo modo:«Nobile marchese, la vostra bontà ci rassicura e c’incoraggia, ogni volta che è necessario,a confessarvi il nostro malcontento: voglia dunque la gentilezza vostra permetterci di farvi un’umile preghiera, e non vi sdegnate di dare ascolto alle mie parole.Sebbene io non abbia più degli altri il diritto di mischiarmi in questa faccenda, tuttavia per quel favore e quella grazia che mi avete sempre dimostrato, oso domandarvi udienza, per esporvi ciò che noi desideriamo; voi poi, signor mio, farete quello che crederete.Or dunque, signore, sappiate che noi siamo così soddisfatti di voi, di quello che fate ed avete sempre fatto, che non sapremmo, davvero, immaginare noi stessi come vivere più felicemente: se non che, il vostro popolo riposerebbe più tranquillo, se voi vi mostraste disposto a prender moglie.Piegate il collo a quel beato giogo, che non è servile ma sovrano, il quale gli uomini chiamano sponsali o nozze; e pensate, signore, fra le altre cose savie, che i giorni o in un modo o in un altro passano: chè il tempo non aspetta nessuno, e fugge viaper chi dorme, per chi veglia, per chi viaggia, e per chi cavalca.Sebbene siate ancora nel fiore della gioventù, pensate che la vecchiaia zitta e cheta c’entra in casa, e la morte tutti minaccia, tutti colpisce, di qualunque età, di qualunque condizione, senza che alcuno le possa sfuggire. Tutti siamo così sicuri di dover morire, come incerti del giorno in cui la morte ci colpirà.Accettate dunque da noi, che vi abbiamo sempre obbedito in tutto e per tutto, il sincero consiglio; e se vi aggrada, noi stessi vi sceglieremo al più presto una degna moglie, fra la più eletta nobiltà di questa terra, e penseremo a far cosa che onori Dio e voi.Liberateci da questo gran pensiero, e prendete moglie, per amor del cielo: chè se dovesse accadere, Dio non voglia, che la vostra discendenza si estinguesse con voi, e un successore straniero ereditasse il vostro regno, per noi, ahimè, sarebbe meglio la morte; perciò affrettatevi, ve ne preghiamo, a prender moglie.»La rispettosa preghiera e il loro umile aspetto mosse a compassione il marchese. «Miei cari, egli disse, voi mi costringete a fare una cosa alla quale non avrei mai pensato. Io ho goduto fino ad ora una libertà che ben di rado si trova nel matrimonio; debbo farmi schiavo mentre prima ero libero.Tuttavia io vedo la sincerità del vostro consiglio, ed ho fiducia (e sempre l’ho avuta) nella prudenza vostra: cosicchè di mia spontanea volontà acconsento ad ammogliarmi, più presto che sarà possibile. Ma in quanto alla profferta che oggi stesso mi fate di scegliermi la moglie, ve ne dispenso, e pregovi di non darvene pena.Poichè Dio sa quante volte i figli crescono indegni del padre loro; la bontà è un dono di Dio; e non si eredita da chi ci ha generato e messo al mondo: io ho fiducia nella bontà di Dio, e perciò a lui affido il mio matrimonio, il mio stato, e tutto il resto; sia fatta la sua volontà.Lasciatemi libero nella scelta della moglie; io solo voglio averne la responsabilità: voi invece, vi prego, assicuratemi, e giuratelosulla vita vostra, che qualunque sia la donna che io prenderò per moglie, l’amerete, per tutta la sua vita, con le parole e coi fatti, qui e in qualunque luogo, come se fosse la figlia di un imperatore.E dovete giurarmi inoltre, che non avrete nulla da ridire e da opporre alla mia scelta. Giacchè io per contentarvi sacrifico la mia libertà per tutta la mia vita, intendo di sposare quella che al mio cuore piacerà: ove non vogliate accettare queste condizioni, vi prego di non parlarmene più.»Tutti fino ad uno assentirono e giurarono; pregandolo però, prima di tornarsene, a voler fissar loro un giorno determinato, e più vicino che fosse possibile, dentro il quale si sarebbero celebrate le sue nozze. Poichè altrimenti al popolo resterebbe ancora un po’ di paura, che il marchese non si dovesse risolvere ad ammogliarsi.Egli fissò loro un giorno, a suo piacimento, nel quale immancabilmente sarebbe andato a nozze, dicendo di volerli anche in questa cosa contentare; ed essi inginocchiatisi pieni di umiltà e di rispetto, lo ringraziarono,e, ottenuto il loro intento, se ne ritornarono a casa.Il marchese intanto ordina ai suoi funzionari di fare i preparativi per la festa; e ne commette l’incarico a quelli dei suoi più intimi cavalieri e signori della corte, a cui più gli piace affidarsi: i quali pronti ad ogni suo comando, mettono tutto il loro impegno per fare onore alla festa.PARS SECUNDANonmolto lontano dal bel palazzo nel quale il marchese faceva i preparativi pel suo matrimonio, sorgeva un ameno villaggio, dove alcuni contadini avevano i loro bestiami e la loro casa, vivendo di quello che con le loro fatiche ricavavano in gran copia dalla terra.Fra questa povera gente viveva un uomo, il quale era ritenuto per il più povero di tutti: ma talvolta sopra una misera stalla di bovi l’Altissimo fa piovere la sua grazia; nel villaggio lo chiamavano Giannucole. Egli aveva una figliola molto bella, che si chiamava Griselda.Ma per parlare di una bellezza piena di virtù, giacchè era la più bella che esistessesotto la cappa del sole, costei era venuta su pura quanto si può essere: senza grilli pel capo; beveva più spesso al pozzo che al tino, e perchè amava la virtù sapeva bene che cosa fosse il lavoro, e non conosceva l’ozio.Sebbene giovanissima, racchiudeva nel virginale suo petto un animo serio e forte: stava attorno al povero vecchio di suo padre con mille cure e mille tenerezze, menava a pascere pel campo un piccolo gregge, filando; insomma non si fermava che quando dormiva.Spesso, tornando a casa, portava cavoli ed altre erbe, che tagliava e metteva a bollire per farci il suo desinare; poi rifaceva il suo letto, tutt’altro che soffice, e attendeva al padre con tutto l’amore e tutte le cure, con cui un figliolo può venerare il proprio genitore.Già più di una volta il marchese aveva messo gli occhi sulla povera Griselda, che per caso incontrava nel recarsi, cavalcando, alla caccia: e allorchè la poteva spiare, non la guardava con ardente cupidigia,ma ne osservava il volto con una certa mestizia, considerando in cuor suo il carattere e la virtù di lei, non comuni, insieme con tanta bellezza, in una fanciulla così giovane. E sebbene comunemente non sia facile riconoscere la virtù, egli apprezzò bene la bontà di costei, e determinò che nessun’altra donna che Griselda sposerebbe, se mai dovesse prender moglie.Arrivò il giorno stabilito per le nozze, e nessuno sapeva ancora chi doveva essere la sposa; di che molti si meravigliavano, e dicevano fra loro: «Che il signor nostro voglia persistere ancora nella sua ostinatezza? che non voglia più ammogliarsi? Ahimè! perchè ingannare se stesso e tutti noi in questo modo?»Ma intanto Gualtieri aveva fatto fare per Griselda gioie ed anelli di pietre preziose legate in oro e lapislazuli; e avea fatto prendere la misura dei vestiti, e degli altri ornamenti necessarii pel giorno delle nozze, sulla persona di una giovanetta che aveva presso a poco la statura di Griselda.Si avvicinavano le nove di questo stessogiorno, stabilito per lo sposalizio, e tutto il palazzo era preparato per la festa: sale e stanze, tutte erano addobbate come meglio si conveniva. Si vedevano camere piene di squisita roba da mangiare, in così grande quantità, da bastare per quanto durasse l’Italia.Il marchese riccamente vestito, e con lui i gentiluomini e le dame che erano stati invitati alla festa, e tutti i cavalieri del suo seguito, si incamminarono, in mezzo a suoni di variata melodia, verso il villaggio del quale ho parlato.Griselda nulla sapendo (e Dio n’è testimone) che tutta questa festa si faceva per lei, era andata a una fonte vicina a prendere l’acqua, e tornava allora in fretta; poichè aveva sentito dire che il marchese in quel giorno sarebbe andato a nozze; e voleva vedere qualche cosa.Camminando, infatti, pensava: anch’io starò con le altre mie compagne sull’uscio di casa, a vedere la marchesa; ma bisogna che sbrighi in un batter d’occhio tutte le mie faccende: così se per andare al castellopasserà di qui, potrò vederla con tutto il mio comodo.Mentre stava per mettere il piede sulla soglia, Gualtieri le fu vicino, e cominciò a chiamarla; essa posò allora in terra la brocca sulla soglia della stalla lì accanto, indi si lasciò cadere in ginocchio; e così stette seria seria, finchè ebbe sentito che cosa voleva il marchese.Il quale pensoso in sembianti le rivolse poche parole, e disse: «Griselda, dov’è tuo padre?» Ed essa con rispetto e tutta umile rispose: «È qui in casa, signore.» E senz’altro, entrò e chiamò il padre.Gualtieri allora prese per mano il pover’uomo, e trattolo in disparte gli disse: «Giannucole, io non so nè voglio tenerti più a lungo nascosto un mio desiderio; se tu vi acconsenti, qualunque cosa possa succederne, io uscendo di casa tua porterò via con me tua figlia, e la terrò come mia moglie per tutta la sua vita.So che tu mi vuoi bene e sei il più fedele dei miei sudditi; e son sicuro che sei pronto a volere tutto quel che a me piace:però rispondimi francamente a ciò che ti ho detto, cioè se sei disposto ad accettarmi per tuo genero.»L’inaspettata domanda colpì talmente il pover’uomo, che fattosi rosso, e tutto confuso, non potè profferire che queste parole: «Signore, il vostro volere è il mio, nè io voglio cosa che a voi non piaccia; fate dunque, anche in questo, a modo vostro.»«Allora, soggiunse il marchese dolcemente, andiamo con Griselda in camera tua; ch’io vo’ domandarle se è contenta di divenire mia moglie, e di stare con me. Tutto deve essere stabilito in tua presenza: io non dirò parola che non sia da te sentita.»Mentre se ne stavano in camera per combinare la faccenda, come poi sentirete, la gente si faceva dentro, ed osservava meravigliata con quanta proprietà e quanta cura la fanciulla tenesse il padre suo; ma ben poteva meravigliarsi Griselda, che non aveva mai veduto succedere simil cosa.Ed è naturale ch’essa rimanesse stupefatta, a vedere in casa sua un avvenimento così insolito; pel quale guardavasi attornotutta pallida. Ma per farvela corta, ecco le parole che il marchese rivolse alla buona, sincera, ed onesta fanciulla.«Griselda, sappi che tuo padre ed io abbiamo stabilito che tu divenga mia moglie; anche tu, credo, ne sarai contenta: ma prima voglio domandarti alcune cose, alle quali, poichè tutto si concluderà in fretta e in furia, bisogna che tu mi dica subito se acconsenti.Sei disposta a fare di buon animo ogni mio piacere, per modo che io sia padrone, a mio capriccio, di farti ridere o soffrire, senza che tu ti risenta mai; senza che tu dica di no a quello che vorrò io, o te ne mostri adirata? Giurami questo, ed io concluderò qui stesso, con giuramento, la nostra unione.»Piena di meraviglia all’inaspettata proposta, e tutta tremante per la paura, rispose essa: «Signore, io sono indegna dell’onore che voi volete farmi, ma il vostro volere è il mio: e vi giuro che mai di mia voglia io farò, o penserò, cosa contraria alla vostra volontà; anche se voi vorrete la miamorte, sebbene mi dispiaccia di morire, io non vi disobbedirò.»«Basta così, Griselda mia» rispose Gualtieri; e sì dicendo, tranquillamente uscì sulla porta di casa seguito da lei, e disse al popolo: «Questa qui è la moglie che mi sono scelto; abbiatela in reverenza, e amate, vi prego, lei che vuole a me tanto bene. Non ho altro da dirvi.»E perchè nulla della sua antica roba ella portasse nella casa maritale, ordinò che lì stesso la spogliassero, tutta, alcune dame del suo seguito. Le quali non furono molto liete di dover toccare le vesti che Griselda aveva indosso: ma nondimeno vestirono tutta di nuovo, da capo a piedi, la bella fanciulla.Le ricomposero col pettine i capelli, che senza alcuna cura le piovevano sulle spalle, indi con le gentili mani le misero la corona in testa, e adornaronla con bei fermagli. Ma perchè farvi una storia solamente del suo abbigliamento? Il popolo a mala pena la riconosceva, tanta era la sua bellezza, così riccamente vestita.Il marchese con un anello che all’uopo aveva portato la sposò, e fattala montare sopra un cavallo bianco come la neve, e di bella ambiadura, subito, in mezzo alla gioia del popolo che la accompagnava e veniva ad incontrarla, la menò al suo palazzo. Così passarono tutto il giorno, fino alla sera, in gran festa.Or dunque, per affrettare la novella alla sua fine, tanto arrise il cielo alla nuova marchesa, che non pareva possibile che fosse nata e cresciuta fra mezzo a contadini, in una capanna o in una stalla di buoi; ma sembrava educata alla corte di un imperatore.E a tutti era divenuta così cara, tutti avevano per lei una venerazione così grande, che quelli stessi del villaggio ov’essa era nata, i quali l’avevano veduta crescere d’anno in anno fino da bambina, non credevano più agli occhi propri, e avrebbero giurato che non era la figlia di Giannucole, tanto la trovavano diversa da quella di prima.Per quanto fosse stata sempre virtuosa, acquistò subito un fare così squisito, dimostròun’indole così buona e mite, così bei modi di parlare, tanta affabilità, e a tal segno seppe cattivarsi la stima e l’affetto di tutti, che chiunque la vedeva se ne innamorava.La fama della sua bontà non si era sparsa solamente nella città di Saluzzo; anche in molti altri luoghi non si faceva che parlarne: e si divulgò tanto, che uomini e donne, giovani e vecchi, andavano apposta a Saluzzo per vedere Griselda.Così Gualtieri con umile matrimonio, ma virtuoso e felice, viveva tranquillo nella pace domestica, e godeva il favore della sua gente: la quale vedendo com’egli avesse conosciuto tanta virtù nascosta sotto così povere vesti, lo stimava uomo savio, e raro.Non solo alle faccende di casa rivolgeva Griselda tutte le sue cure, ma al bisogno sapeva anche provvedere alle pubbliche cose; non c’era discordia, rancore, o querela in tutta la sua terra, ch’essa non riuscisse a quietare e comporre prontamente.Presente o lontano il marito, se gentiluomini o altre persone del paese venivano inlite, subito sapeva mettere la pace fra di loro; tale virtù e maturità di consiglio possedeva, e tanta equità di giudizio, che ognuno pensava che il cielo l’avesse mandata per il bene del popolo, e per correggere ogni errore.Non trascorse lungo tempo dal giorno delle nozze, che Griselda dette alla luce una bambina; tutti avrebbero preferito un bambino; pure il marchese e i suoi sudditi furono lieti del parto. Giacchè sebbene Griselda avesse cominciato con una femmina, c’era tutta la possibilità, dal momento che non era sterile, che facesse anche un maschio.PARS TERTIAOraccadde, quando la bambina era ancora lattante, che a Gualtieri venne così vivo desiderio nell’animo, di tentare la fermezza di sua moglie, che non seppe liberarsi da sì strana voglia; e pensò, Dio sa quanto ingiustamente, di volerle fare grande paura.Altre volte aveva messo alla prova Griselda, e sempre ne era rimasto soddisfatto; perchè dunque tentarla ancora, e sempre con più dure prove? Per quanto alcuni trovino da lodare, in ciò, un’alzata d’ingegno, a me sembra cosa molto crudele, tormentare senza ragione una povera moglie, con angosce e paure.Ma ecco che cosa pensò di fare; unasera si presentò a lei, e mostrandosi serio e turbato nel volto, le disse: «Griselda, non avrai dimenticato, son sicuro, che un giorno ti tolsi dalla miseria, per farti diventare una nobile signora.L’alta posizione nella quale ti ho messo, spero che non ti abbia fatto scordare, che io ti ho levato da una condizione molto bassa: devi ben ricordarlo. Fa attenzione, ora, alle mie parole, che nessuno sentirà, poichè siamo soli.Tu sai, come ti dicevo, in qual modo sei venuta, or non è molto, in casa mia; non ostante a me sei carissima: ma non così, per altro, ai gentiluomini della mia corte. I quali dicono che è per loro gran vergogna e dispiacere, l’essere sudditi e dipendenti di una donna del volgo.Da quando è nata la bambina, hanno incominciato a spargere queste voci; io desidero di vivere in pace con tutti, e non posso, quindi, fare a meno di esserne preoccupato. E son costretto a fare della figlia tua, non quello che piace a me, ma quello che vogliono loro.Dio sa quanto mi costa il dirtelo: ma d’altra parte non voglio fare cosa senza che tu lo sappia, e voglio, anzi, che tu vi acconsenta. È giunto per te il momento di mettere in opera tutta la pazienza, che mi giurasti di avere il giorno stesso che sposammo in casa tua.»Griselda non si scosse minimamente a queste parole, e tranquilla e serena (pareva che non se ne desse alcun pensiero), rispose: «Signore, come vi piace: io e la bambina siamo cosa vostra; e di ciò che è vostro voi potete fare quello che credete.Purchè Dio salvi l’anima mia, non c’è nulla che a voi piaccia, che possa dispiacere a me. Nessuna cosa desidero di conservare, nessuna temo di perdere fuor che voi: questo è il proponimento che ho fatto, dal quale nè il tempo nè la morte potranno rimuovere l’animo mio.»Gualtieri fu tutto contento della risposta della moglie, ma fece finta di essere arrabbiato; e stette tetro e pensieroso, finchè fu fuori della stanza. Quindi uscito di casa, e allontanatosi quasi un quarto di miglio, confidòtutto il suo disegno a uno scudiere, e tosto lo mandò dalla moglie.Questi aveva dato prova più volte di grande fedeltà in affari di grave importanza, ed amava e venerava il suo signore: ma pur troppo questa gente deve prestarsi, qualche volta, anche al male. Secondo l’ordine ricevuto, adunque, si presentò zitto e cheto in camera di Griselda.E le disse: «Signora, perdonatemi, ma io faccio una cosa alla quale sono costretto: voi che siete tanto savia, capite meglio di me che gli ordini del marchese bisogna eseguirli appuntino; crudeli e da biasimare quanto si voglia, ma è necessario obbedire. E così farò senz’altro.Ho avuto ordine di prendere questa bambina,» soggiunse, e subito la prese con cattiva maniera, e prima di andarsene fece atto che dovesse ucciderla. Griselda sopportava tutto senza dir nulla: e timida come un agnello se ne stava tranquillamente a sedere, lasciando che il barbaro scudiere facesse tutto ciò che voleva.Il cattivo nome e la faccia di quell’uomole erano sospetti; la sua parola e il momento nel quale egli faceva tutto questo le mettevano paura: ahimè! la sua bambina, alla quale voleva tanto bene, glie l’avrebbe, certamente, fatta morire. Tuttavia senza un sospiro, senza una lacrima, si sottopose alla volontà del marchese.Finalmente ruppe il silenzio, e tutta umile (come se avesse dovuto trattare con un vero gentiluomo) pregò il servo che le permettesse di baciare la sua bambina, prima che glie la facessero morire: e presala, con grande mestizia, in collo, le dette la sua benedizione; poi cominciò a cullarla fra le sue braccia, e a baciarla.E le disse con affetto: «Addio, figlia mia, io non ti rivedrò più, ma poichè ti ho fatto il segno della croce, sarai benedetta dal Signor nostro, che morì, per noi, crocifisso: raccomando a lui l’anima tua, mia povera piccina, giacchè stanotte, per colpa mia, dovrai morire.»Io credo, che neppure la pietà di una balia reggerebbe a vedersi portar via il bambino: pensi quindi ciascuno, che cosaavrebbe dovuto fare la misera madre, eppure, tanta era la sua fermezza, che tutto sopportò con pazienza, e disse a quell’uomo: «Eccovi, la bambina, prendetevela.»E consegnandogli la piccina, soggiunse: «Andate, fate ciò che il signor mio vi ha comandato di fare; solamente fatemi questa grazia, se egli non ve lo ha proibito: sotterrate il suo corpicino, in qualche luogo, affinchè le bestie e gli uccelli non lo divorino.» Ma quegli, senza nemmeno rispondere, prese la bambina e se ne andò.E recatosi dal marchese, gli raccontò per filo e per segno, in poche parole, quello che aveva detto e fatto Griselda; indi gli consegnò la bambina. Gualtieri provò un senso di compassione, ma non si mosse dal suo proposito, come quegli che voleva fatta la sua volontà.Ordinò al suo scudiero di fasciare, di nascosto, e coprire adagino e con ogni cura la creaturina, e di metterla dentro una cesta o avvolgerla in una veste, senza che alcuno, pena la sua testa, scoprisse donde egli veniva, e dove andava.La portasse, così nascosta, a Bologna, in casa della sorella di lui, ch’era allora contessa di Pavia; e mettendo costei a parte di tutto, la pregasse di allevare con ogni cura la bambina, senza mai dire, a qualunque costo, di chi fosse figliuola.Questi andò, e fece, scrupolosamente, quanto gli era stato ordinato. Ma torniamo al marchese. Egli andava sempre fantasticando, se mai potesse capire dall’aspetto, o dalle parole della moglie, ch’ella fosse cambiata. Ma la trovava sempre ugualmente affabile e gentile.La stessa bontà, la stessa dolcezza, la sua solita attività nelle faccende domestiche, lo stesso amore per lui: insomma, in tutto e per tutto era savia come prima. Non fece mai parola della sua bambina, e non si provò neppure a nominarla. Per grandi che fossero le sue pene e le sue sventure, non mostrò alcun cambiamento.PARS QUARTAPassaronocosì quattro anni, prima che Griselda di nuovo ingravidasse; ma questa volta, come a Dio piacque, fece al suo Gualtieri un maschio, che era un miracolo di grazia e di bellezza. Di ciò non solo il padre fu lietissimo, ma il paese tutto n’ebbe sì gran gioia, che levò preghiere di ringraziamento al Signore.Il bambino aveva due anni, e già da qualche tempo era stato divezzato, quando un giorno venne l’estro al marchese, di tentare un’altra volta la pazienza della moglie. A inutile prova era messa, ahimè! ma i mariti son senza discrezione, quando trovano una poveretta che sopporta.«Moglie mia, le disse un giorno, sai bene che il mio popolo è sempre stato scontento del nostro matrimonio: ma dal giorno che partoristi questo maschio, le cose sono andate di male in peggio; e corrono, ora, delle voci così brutte, che sono proprio sgomento, e sento sanguinarmi il cuore.—Dunque (dicono tutti), morto Gualtieri, gli succederà il nipote di Giannucole, e lo avremo nostro signore?—Ora, non v’ ha dubbio che io debbo darmene pensiero: poichè, sebbene nessuno osi parlare in presenza mia, la cosa mi dispiace.Io voglio, finchè è possibile, godere la mia tranquillità; perciò sono disposto assolutamente a fare del bambino ciò che ho fatto, di notte e senza che nessuno se ne sia accorto, della sua sorella. Te ne avverto, perchè la cosa riuscendo improvvisa, non debba esserti troppo dolorosa; cerca, dunque, di aver pazienza anche questa volta.»«Vi ho detto, rispose Griselda, e sempre ve lo ripeterò, che io non voglio, enon vorrò mai, che ciò che a voi piace: io non mi risento, se per ordine vostro mi vengono uccisi i figliuoli. Rinunzio volentieri alla gioia che avrei avuto dalle mie due creaturine: come ho sofferto per averle, soffrirò per perderle.Voi siete il signor mio; fate quello che vi piace, e non vi curate di me: con le mie povere vesti io ho lasciato a casa la mia volontà e la mia libertà; perciò potete fare quello che volete, sicuro che vi obbedirò.Se io potessi leggervi nell’animo, vorrei soddisfare ogni vostro desiderio prima che voi parlaste: quando poi so che cosa desiderate, immaginatevi se faccio di tutto per contentarvi. Quando sapessi che vi fosse cara la mia morte, morirei ben volentieri, per farvi piacere.L’amore che ho per voi è più potente della morte. «Il marchese vedendo la costanza della moglie, abbassò gli occhi, meravigliandosi che una donna potesse sopportare tutto questo; e con aspetto burbero, ma invece lieto in cuor suo, uscì.Il solito omaccio si presentò a Griselda, e nello stesso modo col quale le aveva portato via la figliuola (e più crudelmente, se fosse stato possibile) le prese anche il bellissimo fanciullo. Sempre con la stessa pazienza, e senza scomporsi, essa lo lasciò fare, baciando il suo bambino, e benedicendolo.E come aveva fatto la prima volta, pregò costui se nulla glie lo vietasse, di voler dare sepoltura alle tenere membra del suo piccino, che erano così graziose, affinchè non rimanessero preda di qualche uccellaccio, o di qualche brutto animale. Ma anche questa volta rimase senza risposta: chè quegli di niente curandosi, e secondo gli ordini ricevuti, prese il bambino e lo portò, con ogni cura, a Bologna.Il marchese sempre più ammirava la pazienza di Griselda; e se non fosse stato più che sicuro, che essa voleva un gran bene ai suoi figliuoli, avrebbe creduto che fosse in lei, non fermezza d’animo, ma astuzia, malizia, e cattivo cuore.Ma invece egli sapeva bene che Griselda,dopo di lui, nulla aveva così caro al mondo, quanto i propri figli. Ditemi voi, donne, per favore, se queste prove non sarebbero state sufficienti! Che cosa avrebbe potuto ancora immaginare la rigida ostinazione di un marito, per provare la virtù e la pazienza di sua moglie?Ma c’è, pur troppo, certa gente, che quando si ficca in capo un’idea, non se la leva più, a nessun costo: così appunto, si era ostinato Gualtieri nel proponimento fatto, di tentare la pazienza e la costanza della moglie.Teneva sempre d’occhio Griselda, per vedere se una parola, uno sguardo, rivelasse, in lei, qualche cambiamento: ma la trovava sempre dello stesso umore, e col suo solito aspetto. Anzi, ogni giorno che passava, essa si mostrava sempre più amorosa e più piena di cure per lui.Di guisa che sembrava che avessero un sol volere in due; piacendo a lei tutto quello che piaceva a Gualtieri. E di ciò sia lodato il Signore: giacchè così doveva essere per il bene di tutti. Pareva che i suoiaffanni non fosser suoi; non aveva altra volontà che quella del marito.Ma un bel giorno si cominciò, da per tutto, a parlare delle stranezze di Gualtieri; e a mormorare ch’egli crudelmente aveva fatto uccidere, di nascosto, i suoi bambini, pentito di avere sposato una povera contadina. Nessuno sapeva che tutti e due erano vivi.E queste voci fecero sì, che mentre prima tutti lo amavano, cominciarono a non poterlo più vedere, sotto l’orribile accusa di assassino. Non ostante questo, egli non abbandonò, nè punto nè poco, il suo proponimento, di mettere ancora alla prova la moglie.Allorchè la sua bambina ebbe compiuto il dodicesimo anno, mandò un suo ambasciatore alla Corte di Roma (che aveva prima informata del suo disegno), perchè gli procurasse in qualche modo delle carte, che dovevano servire al suo crudele scopo; dalle quali risultasse che il papa gli permetteva, per ristabilire la pace nel popolo di Saluzzo, di sposare un’altra donna.Ordinò, insomma, che si falsificasse una bolla papale, nella quale si dicesse ch’egli era libero di abbandonare la prima moglie, col permesso del papa, per far cessare i malumori che erano nati fra lui e i suoi sudditi. La bolla, in questi termini precisi concepita, fu tosto pubblicata.Il popolo, ignorante com’è, vi credè subito; Griselda ne fu, c’è da immaginarselo, addoloratissima: ma ormai con la sua solita pazienza, la poveretta era disposta a sopportare in pace l’avversa fortuna.Le bastava di sapere sempre contento colui, al quale aveva dato il suo cuore, e tutta se stessa. Ma per farvela corta, il marchese, intanto, scrisse una lettera, in cui esponeva tutto il suo disegno; e di nascosto la spedì a Bologna al conte di Pavia, marito di sua sorella, pregandolo vivamente di riportargli, con gran pompa, i suoi due figliuoli; senza dire ad alcuno chi fosse il padre loro.Dicesse, invece, che la fanciulla doveva sposare il marchese di Saluzzo. Così, infatti, fece il conte di Pavia; e verso serasi mosse, con gran seguito di cavalieri, alla volta di Saluzzo, per scortare la fanciulla; accanto alla quale cavalcava il giovine fratello.La bella giovinetta, tutta adorna di pietre preziose, era vestita come se andasse veramente a nozze; anche il fratello, un fanciulletto di sette anni, era riccamente vestito e tutto elegante. Così in gran pompa e con gran festa cavalcando, si avvicinavano, di giorno in giorno, a Saluzzo.PARS QUINTAIntantoGualtieri, persistendo nel suo crudele proposito di sottoporre a un’ultima e più dura prova la moglie, per essere pienamente sicuro ch’ella fosse sempre paziente come prima, un giorno, in presenza di tutti, le disse risentito:«Griselda, io sono stato contentissimo, senza dubbio, di averti sposato, per la tua bontà, per la tua fedeltà, e per la tua obbedienza: non così però pel casato che porti, e per la tua dote. Ho dovuto convincermi, s’io non m’inganno, che la nobiltà e la potenza hanno pur molte schiavitù.Io non posso fare come un bifolco qualunque: i miei sudditi mi costringono a prendere un’altra moglie, e il papa stesso lopermette, perchè tutto torni in pace. Ti dico dunque sinceramente, che la mia nuova moglie è già in viaggio.Fatti coraggio, e lasciale il suo posto; ti concedo, come grazia, di riprenderti tutta la dote e tutta la roba che mi hai portato. Ritorna alla casa di tuo padre, e pensa che in questo mondo non si può sempre essere contenti. Io, per conto mio, non posso fare altro che consigliarti a sopportare di buon animo i capricci della fortuna.»Ed essa con la sua solita pazienza rispose: «Signor mio, io lo sapevo benissimo, e sempre lo pensavo, che la mia povertà non poteva stare accanto alla vostra ricchezza; e non mi sono mai creduta degna di essere, non dico la moglie vostra, ma neppure la vostra cameriera.E Dio può essere testimone, per l’anima mia, che io in questa casa, della quale voi mi avete fatto signora, non mi sono mai considerata nè signora nè padrona, ma sempre umile serva vostra; e tale sarò più di ogni altro finchè il cielo mi darà vita.Della bontà che avete avuto, di tenermiper così lungo tempo in tanto onore e in tanta nobiltà; mentre io ne ero indegna, ringrazio Dio e voi, pregando che siate ricompensato. E senz’altro me ne ritorno, volentieri, a casa di mio padre, per rimanere con lui finchè vivrò.Là ho vissuto bambina, e sono cresciuta; e là finirò, vedova e senza altri affetti, la mia vita. Poichè dal momento che ho dato a voi la mia gioventù, e sono la vostra legittima moglie, Dio mi guarderà bene dal prendere un altro marito.Il Signore possa concedervi fortuna e prosperità con la vostra nuova moglie, alla quale io cedo, di buon animo, il mio posto, dove sono stata sempre felicissima. Giacchè vi piace che la mia felicità sia finita, e che io me ne vada, me ne andrò quando vorrete.In quanto alla concessione che mi fate, di lasciarmi andar via con la dote che vi ho portato, capisco bene che voi intendete parlare dei miei poveri panni, che non erano niente di bello davvero: ma non ostante ben difficilmente io potrei ora ritrovarli.Buon Dio! eravate così cortese e gentile il giorno del nostro matrimonio!Ma è ben vero quel che si dice (lo so per prova):—amore non è mai tanto vecchio, come quando è nuovo.—Siate sicuro, però, signor mio, che per amor vostro non mi sarebbe grave neppur la morte: e non sarà mai che io mi penta, in alcun modo, di avervi dato, con me stessa, tutto il mio cuore.Vi ricorderete, signor mio, che prima di condurmi in casa vostra, mi faceste strappare di dosso le mie povere vesti, e mi regalaste voi stesso degli abiti ricchissimi; quindi io non vi portai altra dote, senza dubbio, che la mia fedeltà, la mia povertà, e la mia gioventù. Eccovi i vostri abiti e il vostro anello: ve li restituisco per sempre.Tutte le altre gioie, posso assicurarvelo, sono in ordine in camera vostra. Io uscii nuda dalla casa di mio padre, ed è giusto che vi ritorni nuda. Son pronta a fare tutto ciò che volete: ma spero che non vorrete farmi uscire di casa vostra senza camicia.Voi non farete una cosa tanto indegna,e non permetterete che io, tornandomene a casa, mostri nudo il corpo, che ha creato i vostri figli. Non vogliate, per pietà, cacciarmi nella strada come un cane: pensate che per quanto indegnamente, io sono stata la moglie vostra.In ricompensa della verginità che pur vi ho portato, e non mi è concesso riportar via, lasciatemi almeno la camicia che ho indosso; affinchè possa coprirne il corpo di colei, che fu vostra moglie: ed ora, signor mio, me ne vado, perchè non vi abbiate a seccare.»«La camicia che hai indosso, rispose Gualtieri, lasciatela pure, e portala via con te.» E tosto uscì dalla stanza, perchè la pietà e la compassione gli impedivano quasi di parlare. Griselda lì stesso si spogliò, e in camicia, scalza e senza niente in capo, s’incamminò verso la casa di suo padre.La gente la seguiva, con le lagrime agli occhi, lungo la via, e imprecava, andando, al destino. Ma essa non piangeva e non parlava. Il padre, che ne fu subito avvisato,malediva il giorno e l’ora in cui egli era venuto al mondo.Il povero vecchio aveva sempre sospettato di questo matrimonio; e pensò sempre, fin da principio, che il marchese, soddisfatto il suo capriccio, avrebbe considerato la sconvenienza di essere sceso così in basso, e un bel giorno all’improvviso l’avrebbe mandata via.Avendo sentito che la sua figliuola ritornava a casa in camicia, in fretta in fretta le andò incontro, portando seco la vecchia veste che essa aveva lasciato, e piangendo amaramente, cercava di coprirla, alla meglio, con quella; ma non potè mettergliela indosso: che era troppo mal ridotta pel molto tempo trascorso, dal giorno che Griselda era andata a nozze.Questo fiore di vera pazienza, ritornata per qualche tempo col padre suo, in tal modo si diportò, che mai, nè in presenza d’altri nè sola, mostrò di sentirsi offesa; e non disse mai parola, non fece mai cenno, che ricordasse il suo antico stato.E non c’è da meravigliarsene, poichè inmezzo alla nobiltà e alle ricchezze si mostrò sempre umilissima: ghiottonerie, raffinatezze, lusso, magnificenza, non seppe mai che cosa fossero. E fu sempre buona, paziente, modesta, rispettosa, e sempre sottoposta e obbediente al marito.Tutti parlano di Giobbe e della sua pazienza, perchè i dotti scrivono degli uomini quello che vogliono; ma in realtà, per quanto ai dotti piacciano poco le donne, non c’è uomo che abbia la pazienza di una donna; ed è un caso proprio raro, trovare uno che abbia solo la metà della costanza femminile.PARS SEXTAIlconte di Pavia giungeva ormai da Bologna, e già si era sparsa da per tutto la notizia del suo arrivo: e tutti sapevano, anche, ch’egli portava con sè la nuova marchesa di Saluzzo, con una pompa così splendida, che nessuno aveva mai visto l’uguale in tutto l’occidente della Lombardia.Gualtieri che aveva preparato tutto questo, e sapeva tutto, prima che arrivasse il Conte, mandò a chiamare la povera e semplice Griselda, che subito venne, ed umile e con volto sereno, senza alcun rancore nell’animo, s’inginocchiò davanti a lui, salutandolo rispettosamente e con bel garbo.«Griselda, le disse egli, io voglio che la giovinetta che dovrà essere unita in matrimoniocon me, domani sia ricevuta in casa mia più splendidamente che sia possibile: e desidero che ognuno, secondo il suo grado, sia trattato e servito come si deve, e in modo da restarne soddisfatto.Certamente le donne che ho non mi bastano per mettere in ordine le stanze a modo mio; perciò vorrei che a tutto questo ci pensassi tu, che sai da molto tempo, come io voglio fatte le cose. Il tuo abbigliamento è brutto e poco conveniente, ma non vuol dir nulla, purchè tu faccia il tuo dovere.»«Signore, rispose Griselda, io non solo sono contenta di fare cosa grata a voi, ma desidero di servirvi sempre con tutta la mia volontà, in quello che posso: e non mai, per nessuna ragione, cesserò di amarvi con tutta la sincerità e tutta la passione dell’anima mia.»Ciò detto cominciò ad ornare la casa, a preparare le tavole, e rifare i letti, e con tutto l’impegno cercò di fare del suo meglio; raccomandandosi ai servi che per lo amore di Dio facessero presto, e senza perder tempo spazzassero e spolverassero. E leistessa dandosi da fare più di tutti, mise in ordine le stanze e la sala.Verso le nove il conte di Pavia, arrivato coi due ragazzi, scendeva con essi da cavallo, e tutti correvano a vedere il loro ricco e splendido abbigliamento: e dicevano che Gualtieri non l’aveva pensata male a cambiare moglie, giacchè il cambio non era cattivo.Questa, secondo il giudizio di tutti, era più bella e più giovane di Griselda, e avrebbe messo al mondo dei figliuoli più belli e più cari a tutti per l’alto suo lignaggio. Anche il fratello che l’accompagnava era così bello che tutti lo guardavano con piacere, approvando la risoluzione di Gualtieri.«O popolo irrequieto, incostante e sempre infido, scontento e volubile come una banderuola, sempre amante del torbido e del nuovo! Tu fai come la luna che cresce e cala: sempre largo di applausi che non valgono un soldo; il tuo giudizio è falso, la tua costanza non regge alla prova, ed è un gran pazzo chi si affida a te.»Così dicevano alcuni assennati cittadini, guardando meravigliati la gente che correvadi qua e di là, tutta contenta solamente all’idea di avere una nuova signora. Ma torniamo a dire di Griselda, e della sua pazienza.Essa era tutta affaccendata a preparare per la festa, e senza punto vergognarsi delle sue povere vesti, che in qualche posto erano anche stracciate, corse insieme con gli altri alla porta, allegra e contenta, a salutare la marchesa; poi se ne ritornò alle sue faccende.Con tutta serenità di animo riceveva gli ordini di Gualtieri, e con tanta sollecitudine li eseguiva, che non c’era mai nulla da ridire; e tutti si meravigliavano come mai potesse essere vestita tanto poveramente, mentre dimostrava un fare così nobile e tanta educazione; e non potevano fare a meno di lodare la sua virtù.Griselda intanto non finiva mai di ammirare, con tutta la schiettezza dell’animo suo, la giovinetta e il fratello; e le lodi che ne faceva erano così sincere, che tutti le trovavano giuste. Finalmente, giunta l’ora di andare a tavola, Gualtieri fece chiamareGriselda, che era tutta affaccendata nel salotto.E le disse, quasi motteggiando: «Griselda, che te ne pare di questa mia nuova moglie; è bella?» «È bellissima, signor mio, rispose: in fede mia io non ho mai visto un’altra più bella di lei. Dio possa farvi felici e contenti per tutta la vita.Ma una cosa vorrei chiedervi e consigliarvi: non fate soffrire, coi tormenti che avete inflitto a me, anche questa giovinetta; essa è abituata più delicatamente, e forse non potrebbe sopportare la sventura, come una disgraziata cresciuta nella miseria.»Gualtieri, conosciuta ormai la pazienza, la serenità, e la semplicità di Griselda, e convinto che per quanto egli faceva la poveretta, con la sua solita innocenza, obbediva senza ribellarsi, cominciò a sentire compassione di tanta femminile fermezza.«Basta, Griselda mia, egli disse, lascia ogni dolore, e sii alfine ricompensata; tu mi hai dato prova che la tua fedeltà e la tua bontà, in qualunque condizione tu sia, sono quali nessun’altra donna ebbe mai; vedobene, cara moglie, quanto è grande la tua costanza.» E stringendola fra le braccia, cominciò a baciarla.Griselda, mezza trasecolata, non sentiva e non raccapezzava più nulla: le pareva come di destarsi, ad un tratto, da un lungo sonno; fin che a poco per volta, si scosse dal suo stupore. «Griselda, soggiunse Gualtieri, per quel Dio che morì per noi, ti giuro che tu sei la moglie mia; e che io non ne ho, e non ne ho mai avuta (salvi il Signore l’anima mia, se è vero) nessun’altra.Questa che tu hai creduto mia moglie, è la tua figliuola; questo fanciullo è il mio vero erede, l’una e l’altro sono frutto del nostro amore: io li ho fatti allevare a Bologna, nascostamente. Riprendili con te, che non hai perduto nessun dei due.Sappiano coloro che mi hanno accusato, che io non ho fatto questo a fine di male, o per crudeltà, ma solamente per conoscere la tua virtù: sappiano che io non ho fatto uccidere (Dio me ne liberi) i miei figliuoli, ma li ho tenuti nascosti, per poter conoscere il tuo carattere e la tua volontà.»Griselda sentendo questo, venne meno dalla commozione e dalla gioia, indi riavutasi un poco, chiamò a sè i suoi figliuoli, e in gran pianto li abbracciava, e li baciava, con quella tenerezza che è propria di una madre, bagnando loro di amare lagrime, il volto e i capelli.Oh scena veramente pietosa, vederla cadere priva di sensi, e sentire la sua voce sommessa! «Grazie, diceva al marito, grazie, signor mio: Iddio possa ricompensarvi di avermi lasciato i miei figliuoli; or non mi curo più di morire, poichè mi è ridonato il vostro affetto e il vostro amore. Nessuna morte mi fa paura.Cari, teneri, bei figliuoli miei, la vostra povera mamma vi aveva creduti morti, divorati da rabbiosi cani o da qualche brutto animale; ma Dio misericordioso, e il vostro amoroso babbo, vi hanno lasciati a me.» E sì dicendo cadeva di nuovo in abbandono.E abbracciando nel deliquio i suoi figliuoli, con tanta passione li stringeva, che ci volle del buono e del bello, per levarglieli dalle braccia. Quante anime pietose, in quelmomento, dovettero piangere di compassione! quanti furono costretti a farsi forza, per poter rimanere vicino a Griselda!Mentre Gualtieri cercava di calmarla e di farle dimenticare il suo dolore, essa si alzò tutta confusa; e in mezzo alla gioia e alle feste di tutti ritornò in sè. Fu allora una cosa, davvero, commovente, vedere i modi affettuosi di Gualtieri, e la felicità che dimostravano tutti e due, per essere ritornati insieme.Le dame di corte le furono subito attorno, e la portarono in camera; e spogliatala dei suoi poveri panni, le misero indosso un vestito tutto d’oro che risplendeva come il sole. Indi con una corona di pietre preziose in testa, la condussero nella sala, dove tutti con grande onore l’ossequiarono.Così finì in mezzo alla gioia questo pietoso giorno; e ognuno fece del suo meglio per passarlo più lietamente che fosse possibile, fin che le stelle cominciarono a brillare in cielo. Tutti trovarono questa festa più bella e più splendida, di quella conla quale era stato celebrato il matrimonio di Griselda.Molti e molti anni felici passarono insieme Gualtieri e Griselda, sempre d’amore e d’accordo; e Gualtieri, maritata la figlia a uno de’ più ricchi e nobili signori d’Italia, prese con sè alla sua corte il vecchio Giannucole, perchè vi passasse tranquillo e contento il resto della sua vita.Morto Gualtieri, gli successe il figlio, il quale regnò in mezzo alla pace e alla concordia; e fu fortunato nel suo matrimonio, anche senza sperimentare la pazienza di sua moglie. Oggi il mondo non è più quello di prima. Al quale proposito sentite che cosa dice l’autore della novella.Questa novella non è raccontata per mostrare che le mogli dovrebbero avere la pazienza di Griselda, poichè non basterebbe tutta la loro volontà per riuscirvi: ma per far vedere che ciascuno, nella propria condizione, dovrebbe, come Griselda, saper sopportare fermamente la sventura. Solo per questo dettò il Petrarca, in alto stile, la sua novella.Chè se Griselda ebbe tanta pazienza con un uomo, tanto più noi uomini dobbiamo sopportare in pace quello che ci viene da Dio. Il quale ha tutto il diritto di sperimentare ciò che ha creato; e non tenta, infatti, come dice S. Giacomo nella sua epistola, se non gli uomini ch’egli ha messo al mondo; e tutto il giorno, senza dubbio, ne mette alla prova qualcuno.Egli ci affligge colle più grandi sventure, per abituarci alla sofferenza, e per farci, in qualche modo, migliori. Nè lo fa, certamente, per conoscere la volontà nostra; poichè la nostra debolezza gli è nota prima che noi veniamo al mondo. Giacchè adunque tutto egli fa pel nostro bene, viviamo per sopportare virtuosamente.Ed ora, signori miei, un’altra parola e ho finito: sarebbe ben difficile, oggi, trovare in tutta una città due o tre donne che avessero la pazienza di Griselda; poichè l’oro del quale esse rilucono, è di così cattiva lega, che messo alla prova si spezzerebbe subito in due parti.E giacchè è così, io, per amore delladonna di Bath[1](che Dio salvi lei e tutta la sua discendenza, poichè la sua morte sarebbe una gran perdita), vi dirò allegramente, e con tutta la mia vena, una canzone che vi metterà, se non m’inganno, di buon umore. Lasciamo, dunque, ogni argomento serio, e state a sentire la mia canzone, che incomincia così.Griselda è morta, e con lei anche la sua pazienza: l’una e l’altra giacciono sepolte in Italia: perciò, lo dico a tutti, a nessun marito venga in mente di sperimentare la pazienza di sua moglie, nella speranza di trovarla una Griselda: chè certamente resterebbe deluso.E voi, signore mogli, se siete davvero prudenti, non lasciate che l’umiltà vi inchiodi la lingua: e non fate che un letterato debba scrivere anche di voi una storia così meravigliosa, come quella della buona e paziente Griselda; altrimenti finirete in bocca a Chichevache[2].Fate come l’eco, che ha sempre pronta la risposta: guardate di non essere vittime della vostra innocenza, e sappiate farvi valerecon energia: questa lezione, imparatevela a mente pel bene vostro, giacchè potrà esservi utile.Se la vostra condizione è tale da rendervi forti al pari di un cammello, difendetevi, e non sopportate offese. Se siete deboli per sostenere la battaglia, mostrate i denti come una tigre delle Indie: e strepitate, ve lo consiglio, come un buratto.Non abbiate paura del marito, non vi lasciate imporre: anche s’egli sarà chiuso in un’armatura di ferro, la punta della vostra aspra parola gli passerà il petto e anche la testa. Lo volete mansueto come un agnello? Stringetelo nei nodi della gelosia.Se siete belle, mostratevi in società, e fate sfoggio dei vostri abbigliamenti; chi è brutta, sia di manica larga, e cerchi di farsi delle amicizie. Non vi abbandoni mai il buon umore: lasciate che il marito si secchi, pianga, si arrabbi, e brontoli a piacer suo.

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PROLOGO

Signorchierico di Oxford, disse il nostro oste, voi cavalcate così zitto e vergognoso, che sembrate una sposina seduta a tavola: ancora non vi ho sentito aprir bocca. Sarete, m’immagino, dietro a qualche sofisma; ma ogni cosa a suo tempo, dice Salomone. Per l’amore di Dio! state un po’ più allegro; ora non è tempo di studiare. Su, raccontateci una novella che ci metta addosso un po’ d’allegria; quando si è in ballo bisogna ballare[1]. Però non uscite fuori con una predica, come quelle che fanno i preti in quaresima, da farci scontare tutti i nostri peccati; e guardateche la vostra novella non finisca per farci addormentare.

Raccontateci qualche piacevole avventura; le vostre frasi, i vostri fronzoli, e le vostre figure rettoriche, tenetevele in serbo per quando sarà il caso di fare dello stile sublime, come quando si scrive a qualche re. Per ora, ve ne prego, parlate in modo che noi possiamo intendere quello che dite.—

Il valente chierico rispose benignamente, e disse: «Signor oste, io sono sotto la vostra autorità; noi tutti siamo affidati alle vostre mani; perciò eccomi pronto, senza dubbio, ad obbedirvi in tutto quello che posso. Vi racconterò una novella che ho imparato a Padova da un’illustre letterato, parlatore e scrittore famoso, il quale ora, Dio gli dia pace, è morto e sotterrato. Questo letterato si chiamava Francesco Petrarca; ed era precisamente il poeta laureato che con la sua dolce parola irraggiò di poesia tutta l’Italia, come Liniano[2]la illustrò con la filosofia, la legge, ed altre scienze speciali; ma la morte che non vuole lasciarci stare in questo mondo per più di un batter d’occhio,li ha uccisi tutti e due; e tutti, come loro, dobbiamo morire.

Ora, perchè sappiate qualche cosa di questo brav’uomo che mi insegnò, come vi ho detto, la novella che vi voglio raccontare, vi dirò ch’egli (prima di cominciare a scrivere il suo racconto) detta in alto stile un proemio, nel quale descrive il Piemonte e la città di Saluzzo, e parla degli alti gioghi dell’Appennino che formano i confini occidentali della Lombardia; e più particolarmente poi, del Monviso dove il Po ha le sue origini, e d’onde scaturisce da una piccola sorgente, che camminando verso levante cresce e s’ingrossa, traversando l’Emilia, Ferrara, e Venezia; ma troppo lungo sarebbe tener dietro a questo proemio. E in verità io credo, che mentre al Petrarca servì per preparare il suo racconto, ora sarebbe una cosa fuori di proposito. Ma state a sentire la novella.

PARS PRIMA

Proprionella parte occidentale dell’Italia che rimane giù alle falde del freddo Monviso, si estende una rigogliosa e fertile pianura, dove si scorgono molte città e molte torri, fondate in tempi antichissimi dai nostri padri, e donde si godono molte deliziose vedute; Saluzzo è il nome di questa nobile terra.

Della quale fu già signore un marchese, che l’aveva avuta in retaggio dai suoi illustri antenati; tutti i cittadini, chi più e chi meno, erano obbedienti e pronti al suo comando: cosicchè egli visse felicemente e per lungo tempo, amato e temuto, in mezzo ai favori della fortuna, tanto dai nobili quanto dal resto della cittadinanza.

Questo giovane signore si chiamava Gualtieri, ed era, per parlare del suo lignaggio, la più nobile persona che mai fosse nata in Lombardia; bello e forte della persona, e pieno di dignità e di cortesia, si dimostrava assai savio nel governo del suo paese; se non che in una cosa era degno di biasimo.

Ed ecco perchè: egli non si dava il menomo pensiero di ciò che in avvenire sarebbe stato di lui, ma badava solo al piacere presente, che consisteva nell’andare uccellando col falco e nel cacciare di qua e di là senza curarsi d’altro, nè (ciò che era il peggio) volendo sapere, a nessun costo, di prender moglie.

Delle quali cose tanto si affliggevano i suoi cittadini, che un giorno si presentarono a lui in gran comitiva, e uno di loro, il più saputo (se non quegli dal quale Gualtieri più di buon grado avrebbe ascoltato il desiderio del popolo, o che, in fine, fosse più adatto ad esporre la cosa come stava), disse al marchese in questo modo:

«Nobile marchese, la vostra bontà ci rassicura e c’incoraggia, ogni volta che è necessario,a confessarvi il nostro malcontento: voglia dunque la gentilezza vostra permetterci di farvi un’umile preghiera, e non vi sdegnate di dare ascolto alle mie parole.

Sebbene io non abbia più degli altri il diritto di mischiarmi in questa faccenda, tuttavia per quel favore e quella grazia che mi avete sempre dimostrato, oso domandarvi udienza, per esporvi ciò che noi desideriamo; voi poi, signor mio, farete quello che crederete.

Or dunque, signore, sappiate che noi siamo così soddisfatti di voi, di quello che fate ed avete sempre fatto, che non sapremmo, davvero, immaginare noi stessi come vivere più felicemente: se non che, il vostro popolo riposerebbe più tranquillo, se voi vi mostraste disposto a prender moglie.

Piegate il collo a quel beato giogo, che non è servile ma sovrano, il quale gli uomini chiamano sponsali o nozze; e pensate, signore, fra le altre cose savie, che i giorni o in un modo o in un altro passano: chè il tempo non aspetta nessuno, e fugge viaper chi dorme, per chi veglia, per chi viaggia, e per chi cavalca.

Sebbene siate ancora nel fiore della gioventù, pensate che la vecchiaia zitta e cheta c’entra in casa, e la morte tutti minaccia, tutti colpisce, di qualunque età, di qualunque condizione, senza che alcuno le possa sfuggire. Tutti siamo così sicuri di dover morire, come incerti del giorno in cui la morte ci colpirà.

Accettate dunque da noi, che vi abbiamo sempre obbedito in tutto e per tutto, il sincero consiglio; e se vi aggrada, noi stessi vi sceglieremo al più presto una degna moglie, fra la più eletta nobiltà di questa terra, e penseremo a far cosa che onori Dio e voi.

Liberateci da questo gran pensiero, e prendete moglie, per amor del cielo: chè se dovesse accadere, Dio non voglia, che la vostra discendenza si estinguesse con voi, e un successore straniero ereditasse il vostro regno, per noi, ahimè, sarebbe meglio la morte; perciò affrettatevi, ve ne preghiamo, a prender moglie.»

La rispettosa preghiera e il loro umile aspetto mosse a compassione il marchese. «Miei cari, egli disse, voi mi costringete a fare una cosa alla quale non avrei mai pensato. Io ho goduto fino ad ora una libertà che ben di rado si trova nel matrimonio; debbo farmi schiavo mentre prima ero libero.

Tuttavia io vedo la sincerità del vostro consiglio, ed ho fiducia (e sempre l’ho avuta) nella prudenza vostra: cosicchè di mia spontanea volontà acconsento ad ammogliarmi, più presto che sarà possibile. Ma in quanto alla profferta che oggi stesso mi fate di scegliermi la moglie, ve ne dispenso, e pregovi di non darvene pena.

Poichè Dio sa quante volte i figli crescono indegni del padre loro; la bontà è un dono di Dio; e non si eredita da chi ci ha generato e messo al mondo: io ho fiducia nella bontà di Dio, e perciò a lui affido il mio matrimonio, il mio stato, e tutto il resto; sia fatta la sua volontà.

Lasciatemi libero nella scelta della moglie; io solo voglio averne la responsabilità: voi invece, vi prego, assicuratemi, e giuratelosulla vita vostra, che qualunque sia la donna che io prenderò per moglie, l’amerete, per tutta la sua vita, con le parole e coi fatti, qui e in qualunque luogo, come se fosse la figlia di un imperatore.

E dovete giurarmi inoltre, che non avrete nulla da ridire e da opporre alla mia scelta. Giacchè io per contentarvi sacrifico la mia libertà per tutta la mia vita, intendo di sposare quella che al mio cuore piacerà: ove non vogliate accettare queste condizioni, vi prego di non parlarmene più.»

Tutti fino ad uno assentirono e giurarono; pregandolo però, prima di tornarsene, a voler fissar loro un giorno determinato, e più vicino che fosse possibile, dentro il quale si sarebbero celebrate le sue nozze. Poichè altrimenti al popolo resterebbe ancora un po’ di paura, che il marchese non si dovesse risolvere ad ammogliarsi.

Egli fissò loro un giorno, a suo piacimento, nel quale immancabilmente sarebbe andato a nozze, dicendo di volerli anche in questa cosa contentare; ed essi inginocchiatisi pieni di umiltà e di rispetto, lo ringraziarono,e, ottenuto il loro intento, se ne ritornarono a casa.

Il marchese intanto ordina ai suoi funzionari di fare i preparativi per la festa; e ne commette l’incarico a quelli dei suoi più intimi cavalieri e signori della corte, a cui più gli piace affidarsi: i quali pronti ad ogni suo comando, mettono tutto il loro impegno per fare onore alla festa.

PARS SECUNDA

Nonmolto lontano dal bel palazzo nel quale il marchese faceva i preparativi pel suo matrimonio, sorgeva un ameno villaggio, dove alcuni contadini avevano i loro bestiami e la loro casa, vivendo di quello che con le loro fatiche ricavavano in gran copia dalla terra.

Fra questa povera gente viveva un uomo, il quale era ritenuto per il più povero di tutti: ma talvolta sopra una misera stalla di bovi l’Altissimo fa piovere la sua grazia; nel villaggio lo chiamavano Giannucole. Egli aveva una figliola molto bella, che si chiamava Griselda.

Ma per parlare di una bellezza piena di virtù, giacchè era la più bella che esistessesotto la cappa del sole, costei era venuta su pura quanto si può essere: senza grilli pel capo; beveva più spesso al pozzo che al tino, e perchè amava la virtù sapeva bene che cosa fosse il lavoro, e non conosceva l’ozio.

Sebbene giovanissima, racchiudeva nel virginale suo petto un animo serio e forte: stava attorno al povero vecchio di suo padre con mille cure e mille tenerezze, menava a pascere pel campo un piccolo gregge, filando; insomma non si fermava che quando dormiva.

Spesso, tornando a casa, portava cavoli ed altre erbe, che tagliava e metteva a bollire per farci il suo desinare; poi rifaceva il suo letto, tutt’altro che soffice, e attendeva al padre con tutto l’amore e tutte le cure, con cui un figliolo può venerare il proprio genitore.

Già più di una volta il marchese aveva messo gli occhi sulla povera Griselda, che per caso incontrava nel recarsi, cavalcando, alla caccia: e allorchè la poteva spiare, non la guardava con ardente cupidigia,ma ne osservava il volto con una certa mestizia, considerando in cuor suo il carattere e la virtù di lei, non comuni, insieme con tanta bellezza, in una fanciulla così giovane. E sebbene comunemente non sia facile riconoscere la virtù, egli apprezzò bene la bontà di costei, e determinò che nessun’altra donna che Griselda sposerebbe, se mai dovesse prender moglie.

Arrivò il giorno stabilito per le nozze, e nessuno sapeva ancora chi doveva essere la sposa; di che molti si meravigliavano, e dicevano fra loro: «Che il signor nostro voglia persistere ancora nella sua ostinatezza? che non voglia più ammogliarsi? Ahimè! perchè ingannare se stesso e tutti noi in questo modo?»

Ma intanto Gualtieri aveva fatto fare per Griselda gioie ed anelli di pietre preziose legate in oro e lapislazuli; e avea fatto prendere la misura dei vestiti, e degli altri ornamenti necessarii pel giorno delle nozze, sulla persona di una giovanetta che aveva presso a poco la statura di Griselda.

Si avvicinavano le nove di questo stessogiorno, stabilito per lo sposalizio, e tutto il palazzo era preparato per la festa: sale e stanze, tutte erano addobbate come meglio si conveniva. Si vedevano camere piene di squisita roba da mangiare, in così grande quantità, da bastare per quanto durasse l’Italia.

Il marchese riccamente vestito, e con lui i gentiluomini e le dame che erano stati invitati alla festa, e tutti i cavalieri del suo seguito, si incamminarono, in mezzo a suoni di variata melodia, verso il villaggio del quale ho parlato.

Griselda nulla sapendo (e Dio n’è testimone) che tutta questa festa si faceva per lei, era andata a una fonte vicina a prendere l’acqua, e tornava allora in fretta; poichè aveva sentito dire che il marchese in quel giorno sarebbe andato a nozze; e voleva vedere qualche cosa.

Camminando, infatti, pensava: anch’io starò con le altre mie compagne sull’uscio di casa, a vedere la marchesa; ma bisogna che sbrighi in un batter d’occhio tutte le mie faccende: così se per andare al castellopasserà di qui, potrò vederla con tutto il mio comodo.

Mentre stava per mettere il piede sulla soglia, Gualtieri le fu vicino, e cominciò a chiamarla; essa posò allora in terra la brocca sulla soglia della stalla lì accanto, indi si lasciò cadere in ginocchio; e così stette seria seria, finchè ebbe sentito che cosa voleva il marchese.

Il quale pensoso in sembianti le rivolse poche parole, e disse: «Griselda, dov’è tuo padre?» Ed essa con rispetto e tutta umile rispose: «È qui in casa, signore.» E senz’altro, entrò e chiamò il padre.

Gualtieri allora prese per mano il pover’uomo, e trattolo in disparte gli disse: «Giannucole, io non so nè voglio tenerti più a lungo nascosto un mio desiderio; se tu vi acconsenti, qualunque cosa possa succederne, io uscendo di casa tua porterò via con me tua figlia, e la terrò come mia moglie per tutta la sua vita.

So che tu mi vuoi bene e sei il più fedele dei miei sudditi; e son sicuro che sei pronto a volere tutto quel che a me piace:però rispondimi francamente a ciò che ti ho detto, cioè se sei disposto ad accettarmi per tuo genero.»

L’inaspettata domanda colpì talmente il pover’uomo, che fattosi rosso, e tutto confuso, non potè profferire che queste parole: «Signore, il vostro volere è il mio, nè io voglio cosa che a voi non piaccia; fate dunque, anche in questo, a modo vostro.»

«Allora, soggiunse il marchese dolcemente, andiamo con Griselda in camera tua; ch’io vo’ domandarle se è contenta di divenire mia moglie, e di stare con me. Tutto deve essere stabilito in tua presenza: io non dirò parola che non sia da te sentita.»

Mentre se ne stavano in camera per combinare la faccenda, come poi sentirete, la gente si faceva dentro, ed osservava meravigliata con quanta proprietà e quanta cura la fanciulla tenesse il padre suo; ma ben poteva meravigliarsi Griselda, che non aveva mai veduto succedere simil cosa.

Ed è naturale ch’essa rimanesse stupefatta, a vedere in casa sua un avvenimento così insolito; pel quale guardavasi attornotutta pallida. Ma per farvela corta, ecco le parole che il marchese rivolse alla buona, sincera, ed onesta fanciulla.

«Griselda, sappi che tuo padre ed io abbiamo stabilito che tu divenga mia moglie; anche tu, credo, ne sarai contenta: ma prima voglio domandarti alcune cose, alle quali, poichè tutto si concluderà in fretta e in furia, bisogna che tu mi dica subito se acconsenti.

Sei disposta a fare di buon animo ogni mio piacere, per modo che io sia padrone, a mio capriccio, di farti ridere o soffrire, senza che tu ti risenta mai; senza che tu dica di no a quello che vorrò io, o te ne mostri adirata? Giurami questo, ed io concluderò qui stesso, con giuramento, la nostra unione.»

Piena di meraviglia all’inaspettata proposta, e tutta tremante per la paura, rispose essa: «Signore, io sono indegna dell’onore che voi volete farmi, ma il vostro volere è il mio: e vi giuro che mai di mia voglia io farò, o penserò, cosa contraria alla vostra volontà; anche se voi vorrete la miamorte, sebbene mi dispiaccia di morire, io non vi disobbedirò.»

«Basta così, Griselda mia» rispose Gualtieri; e sì dicendo, tranquillamente uscì sulla porta di casa seguito da lei, e disse al popolo: «Questa qui è la moglie che mi sono scelto; abbiatela in reverenza, e amate, vi prego, lei che vuole a me tanto bene. Non ho altro da dirvi.»

E perchè nulla della sua antica roba ella portasse nella casa maritale, ordinò che lì stesso la spogliassero, tutta, alcune dame del suo seguito. Le quali non furono molto liete di dover toccare le vesti che Griselda aveva indosso: ma nondimeno vestirono tutta di nuovo, da capo a piedi, la bella fanciulla.

Le ricomposero col pettine i capelli, che senza alcuna cura le piovevano sulle spalle, indi con le gentili mani le misero la corona in testa, e adornaronla con bei fermagli. Ma perchè farvi una storia solamente del suo abbigliamento? Il popolo a mala pena la riconosceva, tanta era la sua bellezza, così riccamente vestita.

Il marchese con un anello che all’uopo aveva portato la sposò, e fattala montare sopra un cavallo bianco come la neve, e di bella ambiadura, subito, in mezzo alla gioia del popolo che la accompagnava e veniva ad incontrarla, la menò al suo palazzo. Così passarono tutto il giorno, fino alla sera, in gran festa.

Or dunque, per affrettare la novella alla sua fine, tanto arrise il cielo alla nuova marchesa, che non pareva possibile che fosse nata e cresciuta fra mezzo a contadini, in una capanna o in una stalla di buoi; ma sembrava educata alla corte di un imperatore.

E a tutti era divenuta così cara, tutti avevano per lei una venerazione così grande, che quelli stessi del villaggio ov’essa era nata, i quali l’avevano veduta crescere d’anno in anno fino da bambina, non credevano più agli occhi propri, e avrebbero giurato che non era la figlia di Giannucole, tanto la trovavano diversa da quella di prima.

Per quanto fosse stata sempre virtuosa, acquistò subito un fare così squisito, dimostròun’indole così buona e mite, così bei modi di parlare, tanta affabilità, e a tal segno seppe cattivarsi la stima e l’affetto di tutti, che chiunque la vedeva se ne innamorava.

La fama della sua bontà non si era sparsa solamente nella città di Saluzzo; anche in molti altri luoghi non si faceva che parlarne: e si divulgò tanto, che uomini e donne, giovani e vecchi, andavano apposta a Saluzzo per vedere Griselda.

Così Gualtieri con umile matrimonio, ma virtuoso e felice, viveva tranquillo nella pace domestica, e godeva il favore della sua gente: la quale vedendo com’egli avesse conosciuto tanta virtù nascosta sotto così povere vesti, lo stimava uomo savio, e raro.

Non solo alle faccende di casa rivolgeva Griselda tutte le sue cure, ma al bisogno sapeva anche provvedere alle pubbliche cose; non c’era discordia, rancore, o querela in tutta la sua terra, ch’essa non riuscisse a quietare e comporre prontamente.

Presente o lontano il marito, se gentiluomini o altre persone del paese venivano inlite, subito sapeva mettere la pace fra di loro; tale virtù e maturità di consiglio possedeva, e tanta equità di giudizio, che ognuno pensava che il cielo l’avesse mandata per il bene del popolo, e per correggere ogni errore.

Non trascorse lungo tempo dal giorno delle nozze, che Griselda dette alla luce una bambina; tutti avrebbero preferito un bambino; pure il marchese e i suoi sudditi furono lieti del parto. Giacchè sebbene Griselda avesse cominciato con una femmina, c’era tutta la possibilità, dal momento che non era sterile, che facesse anche un maschio.

PARS TERTIA

Oraccadde, quando la bambina era ancora lattante, che a Gualtieri venne così vivo desiderio nell’animo, di tentare la fermezza di sua moglie, che non seppe liberarsi da sì strana voglia; e pensò, Dio sa quanto ingiustamente, di volerle fare grande paura.

Altre volte aveva messo alla prova Griselda, e sempre ne era rimasto soddisfatto; perchè dunque tentarla ancora, e sempre con più dure prove? Per quanto alcuni trovino da lodare, in ciò, un’alzata d’ingegno, a me sembra cosa molto crudele, tormentare senza ragione una povera moglie, con angosce e paure.

Ma ecco che cosa pensò di fare; unasera si presentò a lei, e mostrandosi serio e turbato nel volto, le disse: «Griselda, non avrai dimenticato, son sicuro, che un giorno ti tolsi dalla miseria, per farti diventare una nobile signora.

L’alta posizione nella quale ti ho messo, spero che non ti abbia fatto scordare, che io ti ho levato da una condizione molto bassa: devi ben ricordarlo. Fa attenzione, ora, alle mie parole, che nessuno sentirà, poichè siamo soli.

Tu sai, come ti dicevo, in qual modo sei venuta, or non è molto, in casa mia; non ostante a me sei carissima: ma non così, per altro, ai gentiluomini della mia corte. I quali dicono che è per loro gran vergogna e dispiacere, l’essere sudditi e dipendenti di una donna del volgo.

Da quando è nata la bambina, hanno incominciato a spargere queste voci; io desidero di vivere in pace con tutti, e non posso, quindi, fare a meno di esserne preoccupato. E son costretto a fare della figlia tua, non quello che piace a me, ma quello che vogliono loro.

Dio sa quanto mi costa il dirtelo: ma d’altra parte non voglio fare cosa senza che tu lo sappia, e voglio, anzi, che tu vi acconsenta. È giunto per te il momento di mettere in opera tutta la pazienza, che mi giurasti di avere il giorno stesso che sposammo in casa tua.»

Griselda non si scosse minimamente a queste parole, e tranquilla e serena (pareva che non se ne desse alcun pensiero), rispose: «Signore, come vi piace: io e la bambina siamo cosa vostra; e di ciò che è vostro voi potete fare quello che credete.

Purchè Dio salvi l’anima mia, non c’è nulla che a voi piaccia, che possa dispiacere a me. Nessuna cosa desidero di conservare, nessuna temo di perdere fuor che voi: questo è il proponimento che ho fatto, dal quale nè il tempo nè la morte potranno rimuovere l’animo mio.»

Gualtieri fu tutto contento della risposta della moglie, ma fece finta di essere arrabbiato; e stette tetro e pensieroso, finchè fu fuori della stanza. Quindi uscito di casa, e allontanatosi quasi un quarto di miglio, confidòtutto il suo disegno a uno scudiere, e tosto lo mandò dalla moglie.

Questi aveva dato prova più volte di grande fedeltà in affari di grave importanza, ed amava e venerava il suo signore: ma pur troppo questa gente deve prestarsi, qualche volta, anche al male. Secondo l’ordine ricevuto, adunque, si presentò zitto e cheto in camera di Griselda.

E le disse: «Signora, perdonatemi, ma io faccio una cosa alla quale sono costretto: voi che siete tanto savia, capite meglio di me che gli ordini del marchese bisogna eseguirli appuntino; crudeli e da biasimare quanto si voglia, ma è necessario obbedire. E così farò senz’altro.

Ho avuto ordine di prendere questa bambina,» soggiunse, e subito la prese con cattiva maniera, e prima di andarsene fece atto che dovesse ucciderla. Griselda sopportava tutto senza dir nulla: e timida come un agnello se ne stava tranquillamente a sedere, lasciando che il barbaro scudiere facesse tutto ciò che voleva.

Il cattivo nome e la faccia di quell’uomole erano sospetti; la sua parola e il momento nel quale egli faceva tutto questo le mettevano paura: ahimè! la sua bambina, alla quale voleva tanto bene, glie l’avrebbe, certamente, fatta morire. Tuttavia senza un sospiro, senza una lacrima, si sottopose alla volontà del marchese.

Finalmente ruppe il silenzio, e tutta umile (come se avesse dovuto trattare con un vero gentiluomo) pregò il servo che le permettesse di baciare la sua bambina, prima che glie la facessero morire: e presala, con grande mestizia, in collo, le dette la sua benedizione; poi cominciò a cullarla fra le sue braccia, e a baciarla.

E le disse con affetto: «Addio, figlia mia, io non ti rivedrò più, ma poichè ti ho fatto il segno della croce, sarai benedetta dal Signor nostro, che morì, per noi, crocifisso: raccomando a lui l’anima tua, mia povera piccina, giacchè stanotte, per colpa mia, dovrai morire.»

Io credo, che neppure la pietà di una balia reggerebbe a vedersi portar via il bambino: pensi quindi ciascuno, che cosaavrebbe dovuto fare la misera madre, eppure, tanta era la sua fermezza, che tutto sopportò con pazienza, e disse a quell’uomo: «Eccovi, la bambina, prendetevela.»

E consegnandogli la piccina, soggiunse: «Andate, fate ciò che il signor mio vi ha comandato di fare; solamente fatemi questa grazia, se egli non ve lo ha proibito: sotterrate il suo corpicino, in qualche luogo, affinchè le bestie e gli uccelli non lo divorino.» Ma quegli, senza nemmeno rispondere, prese la bambina e se ne andò.

E recatosi dal marchese, gli raccontò per filo e per segno, in poche parole, quello che aveva detto e fatto Griselda; indi gli consegnò la bambina. Gualtieri provò un senso di compassione, ma non si mosse dal suo proposito, come quegli che voleva fatta la sua volontà.

Ordinò al suo scudiero di fasciare, di nascosto, e coprire adagino e con ogni cura la creaturina, e di metterla dentro una cesta o avvolgerla in una veste, senza che alcuno, pena la sua testa, scoprisse donde egli veniva, e dove andava.

La portasse, così nascosta, a Bologna, in casa della sorella di lui, ch’era allora contessa di Pavia; e mettendo costei a parte di tutto, la pregasse di allevare con ogni cura la bambina, senza mai dire, a qualunque costo, di chi fosse figliuola.

Questi andò, e fece, scrupolosamente, quanto gli era stato ordinato. Ma torniamo al marchese. Egli andava sempre fantasticando, se mai potesse capire dall’aspetto, o dalle parole della moglie, ch’ella fosse cambiata. Ma la trovava sempre ugualmente affabile e gentile.

La stessa bontà, la stessa dolcezza, la sua solita attività nelle faccende domestiche, lo stesso amore per lui: insomma, in tutto e per tutto era savia come prima. Non fece mai parola della sua bambina, e non si provò neppure a nominarla. Per grandi che fossero le sue pene e le sue sventure, non mostrò alcun cambiamento.

PARS QUARTA

Passaronocosì quattro anni, prima che Griselda di nuovo ingravidasse; ma questa volta, come a Dio piacque, fece al suo Gualtieri un maschio, che era un miracolo di grazia e di bellezza. Di ciò non solo il padre fu lietissimo, ma il paese tutto n’ebbe sì gran gioia, che levò preghiere di ringraziamento al Signore.

Il bambino aveva due anni, e già da qualche tempo era stato divezzato, quando un giorno venne l’estro al marchese, di tentare un’altra volta la pazienza della moglie. A inutile prova era messa, ahimè! ma i mariti son senza discrezione, quando trovano una poveretta che sopporta.

«Moglie mia, le disse un giorno, sai bene che il mio popolo è sempre stato scontento del nostro matrimonio: ma dal giorno che partoristi questo maschio, le cose sono andate di male in peggio; e corrono, ora, delle voci così brutte, che sono proprio sgomento, e sento sanguinarmi il cuore.

—Dunque (dicono tutti), morto Gualtieri, gli succederà il nipote di Giannucole, e lo avremo nostro signore?—Ora, non v’ ha dubbio che io debbo darmene pensiero: poichè, sebbene nessuno osi parlare in presenza mia, la cosa mi dispiace.

Io voglio, finchè è possibile, godere la mia tranquillità; perciò sono disposto assolutamente a fare del bambino ciò che ho fatto, di notte e senza che nessuno se ne sia accorto, della sua sorella. Te ne avverto, perchè la cosa riuscendo improvvisa, non debba esserti troppo dolorosa; cerca, dunque, di aver pazienza anche questa volta.»

«Vi ho detto, rispose Griselda, e sempre ve lo ripeterò, che io non voglio, enon vorrò mai, che ciò che a voi piace: io non mi risento, se per ordine vostro mi vengono uccisi i figliuoli. Rinunzio volentieri alla gioia che avrei avuto dalle mie due creaturine: come ho sofferto per averle, soffrirò per perderle.

Voi siete il signor mio; fate quello che vi piace, e non vi curate di me: con le mie povere vesti io ho lasciato a casa la mia volontà e la mia libertà; perciò potete fare quello che volete, sicuro che vi obbedirò.

Se io potessi leggervi nell’animo, vorrei soddisfare ogni vostro desiderio prima che voi parlaste: quando poi so che cosa desiderate, immaginatevi se faccio di tutto per contentarvi. Quando sapessi che vi fosse cara la mia morte, morirei ben volentieri, per farvi piacere.

L’amore che ho per voi è più potente della morte. «Il marchese vedendo la costanza della moglie, abbassò gli occhi, meravigliandosi che una donna potesse sopportare tutto questo; e con aspetto burbero, ma invece lieto in cuor suo, uscì.

Il solito omaccio si presentò a Griselda, e nello stesso modo col quale le aveva portato via la figliuola (e più crudelmente, se fosse stato possibile) le prese anche il bellissimo fanciullo. Sempre con la stessa pazienza, e senza scomporsi, essa lo lasciò fare, baciando il suo bambino, e benedicendolo.

E come aveva fatto la prima volta, pregò costui se nulla glie lo vietasse, di voler dare sepoltura alle tenere membra del suo piccino, che erano così graziose, affinchè non rimanessero preda di qualche uccellaccio, o di qualche brutto animale. Ma anche questa volta rimase senza risposta: chè quegli di niente curandosi, e secondo gli ordini ricevuti, prese il bambino e lo portò, con ogni cura, a Bologna.

Il marchese sempre più ammirava la pazienza di Griselda; e se non fosse stato più che sicuro, che essa voleva un gran bene ai suoi figliuoli, avrebbe creduto che fosse in lei, non fermezza d’animo, ma astuzia, malizia, e cattivo cuore.

Ma invece egli sapeva bene che Griselda,dopo di lui, nulla aveva così caro al mondo, quanto i propri figli. Ditemi voi, donne, per favore, se queste prove non sarebbero state sufficienti! Che cosa avrebbe potuto ancora immaginare la rigida ostinazione di un marito, per provare la virtù e la pazienza di sua moglie?

Ma c’è, pur troppo, certa gente, che quando si ficca in capo un’idea, non se la leva più, a nessun costo: così appunto, si era ostinato Gualtieri nel proponimento fatto, di tentare la pazienza e la costanza della moglie.

Teneva sempre d’occhio Griselda, per vedere se una parola, uno sguardo, rivelasse, in lei, qualche cambiamento: ma la trovava sempre dello stesso umore, e col suo solito aspetto. Anzi, ogni giorno che passava, essa si mostrava sempre più amorosa e più piena di cure per lui.

Di guisa che sembrava che avessero un sol volere in due; piacendo a lei tutto quello che piaceva a Gualtieri. E di ciò sia lodato il Signore: giacchè così doveva essere per il bene di tutti. Pareva che i suoiaffanni non fosser suoi; non aveva altra volontà che quella del marito.

Ma un bel giorno si cominciò, da per tutto, a parlare delle stranezze di Gualtieri; e a mormorare ch’egli crudelmente aveva fatto uccidere, di nascosto, i suoi bambini, pentito di avere sposato una povera contadina. Nessuno sapeva che tutti e due erano vivi.

E queste voci fecero sì, che mentre prima tutti lo amavano, cominciarono a non poterlo più vedere, sotto l’orribile accusa di assassino. Non ostante questo, egli non abbandonò, nè punto nè poco, il suo proponimento, di mettere ancora alla prova la moglie.

Allorchè la sua bambina ebbe compiuto il dodicesimo anno, mandò un suo ambasciatore alla Corte di Roma (che aveva prima informata del suo disegno), perchè gli procurasse in qualche modo delle carte, che dovevano servire al suo crudele scopo; dalle quali risultasse che il papa gli permetteva, per ristabilire la pace nel popolo di Saluzzo, di sposare un’altra donna.

Ordinò, insomma, che si falsificasse una bolla papale, nella quale si dicesse ch’egli era libero di abbandonare la prima moglie, col permesso del papa, per far cessare i malumori che erano nati fra lui e i suoi sudditi. La bolla, in questi termini precisi concepita, fu tosto pubblicata.

Il popolo, ignorante com’è, vi credè subito; Griselda ne fu, c’è da immaginarselo, addoloratissima: ma ormai con la sua solita pazienza, la poveretta era disposta a sopportare in pace l’avversa fortuna.

Le bastava di sapere sempre contento colui, al quale aveva dato il suo cuore, e tutta se stessa. Ma per farvela corta, il marchese, intanto, scrisse una lettera, in cui esponeva tutto il suo disegno; e di nascosto la spedì a Bologna al conte di Pavia, marito di sua sorella, pregandolo vivamente di riportargli, con gran pompa, i suoi due figliuoli; senza dire ad alcuno chi fosse il padre loro.

Dicesse, invece, che la fanciulla doveva sposare il marchese di Saluzzo. Così, infatti, fece il conte di Pavia; e verso serasi mosse, con gran seguito di cavalieri, alla volta di Saluzzo, per scortare la fanciulla; accanto alla quale cavalcava il giovine fratello.

La bella giovinetta, tutta adorna di pietre preziose, era vestita come se andasse veramente a nozze; anche il fratello, un fanciulletto di sette anni, era riccamente vestito e tutto elegante. Così in gran pompa e con gran festa cavalcando, si avvicinavano, di giorno in giorno, a Saluzzo.

PARS QUINTA

IntantoGualtieri, persistendo nel suo crudele proposito di sottoporre a un’ultima e più dura prova la moglie, per essere pienamente sicuro ch’ella fosse sempre paziente come prima, un giorno, in presenza di tutti, le disse risentito:

«Griselda, io sono stato contentissimo, senza dubbio, di averti sposato, per la tua bontà, per la tua fedeltà, e per la tua obbedienza: non così però pel casato che porti, e per la tua dote. Ho dovuto convincermi, s’io non m’inganno, che la nobiltà e la potenza hanno pur molte schiavitù.

Io non posso fare come un bifolco qualunque: i miei sudditi mi costringono a prendere un’altra moglie, e il papa stesso lopermette, perchè tutto torni in pace. Ti dico dunque sinceramente, che la mia nuova moglie è già in viaggio.

Fatti coraggio, e lasciale il suo posto; ti concedo, come grazia, di riprenderti tutta la dote e tutta la roba che mi hai portato. Ritorna alla casa di tuo padre, e pensa che in questo mondo non si può sempre essere contenti. Io, per conto mio, non posso fare altro che consigliarti a sopportare di buon animo i capricci della fortuna.»

Ed essa con la sua solita pazienza rispose: «Signor mio, io lo sapevo benissimo, e sempre lo pensavo, che la mia povertà non poteva stare accanto alla vostra ricchezza; e non mi sono mai creduta degna di essere, non dico la moglie vostra, ma neppure la vostra cameriera.

E Dio può essere testimone, per l’anima mia, che io in questa casa, della quale voi mi avete fatto signora, non mi sono mai considerata nè signora nè padrona, ma sempre umile serva vostra; e tale sarò più di ogni altro finchè il cielo mi darà vita.

Della bontà che avete avuto, di tenermiper così lungo tempo in tanto onore e in tanta nobiltà; mentre io ne ero indegna, ringrazio Dio e voi, pregando che siate ricompensato. E senz’altro me ne ritorno, volentieri, a casa di mio padre, per rimanere con lui finchè vivrò.

Là ho vissuto bambina, e sono cresciuta; e là finirò, vedova e senza altri affetti, la mia vita. Poichè dal momento che ho dato a voi la mia gioventù, e sono la vostra legittima moglie, Dio mi guarderà bene dal prendere un altro marito.

Il Signore possa concedervi fortuna e prosperità con la vostra nuova moglie, alla quale io cedo, di buon animo, il mio posto, dove sono stata sempre felicissima. Giacchè vi piace che la mia felicità sia finita, e che io me ne vada, me ne andrò quando vorrete.

In quanto alla concessione che mi fate, di lasciarmi andar via con la dote che vi ho portato, capisco bene che voi intendete parlare dei miei poveri panni, che non erano niente di bello davvero: ma non ostante ben difficilmente io potrei ora ritrovarli.Buon Dio! eravate così cortese e gentile il giorno del nostro matrimonio!

Ma è ben vero quel che si dice (lo so per prova):—amore non è mai tanto vecchio, come quando è nuovo.—Siate sicuro, però, signor mio, che per amor vostro non mi sarebbe grave neppur la morte: e non sarà mai che io mi penta, in alcun modo, di avervi dato, con me stessa, tutto il mio cuore.

Vi ricorderete, signor mio, che prima di condurmi in casa vostra, mi faceste strappare di dosso le mie povere vesti, e mi regalaste voi stesso degli abiti ricchissimi; quindi io non vi portai altra dote, senza dubbio, che la mia fedeltà, la mia povertà, e la mia gioventù. Eccovi i vostri abiti e il vostro anello: ve li restituisco per sempre.

Tutte le altre gioie, posso assicurarvelo, sono in ordine in camera vostra. Io uscii nuda dalla casa di mio padre, ed è giusto che vi ritorni nuda. Son pronta a fare tutto ciò che volete: ma spero che non vorrete farmi uscire di casa vostra senza camicia.

Voi non farete una cosa tanto indegna,e non permetterete che io, tornandomene a casa, mostri nudo il corpo, che ha creato i vostri figli. Non vogliate, per pietà, cacciarmi nella strada come un cane: pensate che per quanto indegnamente, io sono stata la moglie vostra.

In ricompensa della verginità che pur vi ho portato, e non mi è concesso riportar via, lasciatemi almeno la camicia che ho indosso; affinchè possa coprirne il corpo di colei, che fu vostra moglie: ed ora, signor mio, me ne vado, perchè non vi abbiate a seccare.»

«La camicia che hai indosso, rispose Gualtieri, lasciatela pure, e portala via con te.» E tosto uscì dalla stanza, perchè la pietà e la compassione gli impedivano quasi di parlare. Griselda lì stesso si spogliò, e in camicia, scalza e senza niente in capo, s’incamminò verso la casa di suo padre.

La gente la seguiva, con le lagrime agli occhi, lungo la via, e imprecava, andando, al destino. Ma essa non piangeva e non parlava. Il padre, che ne fu subito avvisato,malediva il giorno e l’ora in cui egli era venuto al mondo.

Il povero vecchio aveva sempre sospettato di questo matrimonio; e pensò sempre, fin da principio, che il marchese, soddisfatto il suo capriccio, avrebbe considerato la sconvenienza di essere sceso così in basso, e un bel giorno all’improvviso l’avrebbe mandata via.

Avendo sentito che la sua figliuola ritornava a casa in camicia, in fretta in fretta le andò incontro, portando seco la vecchia veste che essa aveva lasciato, e piangendo amaramente, cercava di coprirla, alla meglio, con quella; ma non potè mettergliela indosso: che era troppo mal ridotta pel molto tempo trascorso, dal giorno che Griselda era andata a nozze.

Questo fiore di vera pazienza, ritornata per qualche tempo col padre suo, in tal modo si diportò, che mai, nè in presenza d’altri nè sola, mostrò di sentirsi offesa; e non disse mai parola, non fece mai cenno, che ricordasse il suo antico stato.

E non c’è da meravigliarsene, poichè inmezzo alla nobiltà e alle ricchezze si mostrò sempre umilissima: ghiottonerie, raffinatezze, lusso, magnificenza, non seppe mai che cosa fossero. E fu sempre buona, paziente, modesta, rispettosa, e sempre sottoposta e obbediente al marito.

Tutti parlano di Giobbe e della sua pazienza, perchè i dotti scrivono degli uomini quello che vogliono; ma in realtà, per quanto ai dotti piacciano poco le donne, non c’è uomo che abbia la pazienza di una donna; ed è un caso proprio raro, trovare uno che abbia solo la metà della costanza femminile.

PARS SEXTA

Ilconte di Pavia giungeva ormai da Bologna, e già si era sparsa da per tutto la notizia del suo arrivo: e tutti sapevano, anche, ch’egli portava con sè la nuova marchesa di Saluzzo, con una pompa così splendida, che nessuno aveva mai visto l’uguale in tutto l’occidente della Lombardia.

Gualtieri che aveva preparato tutto questo, e sapeva tutto, prima che arrivasse il Conte, mandò a chiamare la povera e semplice Griselda, che subito venne, ed umile e con volto sereno, senza alcun rancore nell’animo, s’inginocchiò davanti a lui, salutandolo rispettosamente e con bel garbo.

«Griselda, le disse egli, io voglio che la giovinetta che dovrà essere unita in matrimoniocon me, domani sia ricevuta in casa mia più splendidamente che sia possibile: e desidero che ognuno, secondo il suo grado, sia trattato e servito come si deve, e in modo da restarne soddisfatto.

Certamente le donne che ho non mi bastano per mettere in ordine le stanze a modo mio; perciò vorrei che a tutto questo ci pensassi tu, che sai da molto tempo, come io voglio fatte le cose. Il tuo abbigliamento è brutto e poco conveniente, ma non vuol dir nulla, purchè tu faccia il tuo dovere.»

«Signore, rispose Griselda, io non solo sono contenta di fare cosa grata a voi, ma desidero di servirvi sempre con tutta la mia volontà, in quello che posso: e non mai, per nessuna ragione, cesserò di amarvi con tutta la sincerità e tutta la passione dell’anima mia.»

Ciò detto cominciò ad ornare la casa, a preparare le tavole, e rifare i letti, e con tutto l’impegno cercò di fare del suo meglio; raccomandandosi ai servi che per lo amore di Dio facessero presto, e senza perder tempo spazzassero e spolverassero. E leistessa dandosi da fare più di tutti, mise in ordine le stanze e la sala.

Verso le nove il conte di Pavia, arrivato coi due ragazzi, scendeva con essi da cavallo, e tutti correvano a vedere il loro ricco e splendido abbigliamento: e dicevano che Gualtieri non l’aveva pensata male a cambiare moglie, giacchè il cambio non era cattivo.

Questa, secondo il giudizio di tutti, era più bella e più giovane di Griselda, e avrebbe messo al mondo dei figliuoli più belli e più cari a tutti per l’alto suo lignaggio. Anche il fratello che l’accompagnava era così bello che tutti lo guardavano con piacere, approvando la risoluzione di Gualtieri.

«O popolo irrequieto, incostante e sempre infido, scontento e volubile come una banderuola, sempre amante del torbido e del nuovo! Tu fai come la luna che cresce e cala: sempre largo di applausi che non valgono un soldo; il tuo giudizio è falso, la tua costanza non regge alla prova, ed è un gran pazzo chi si affida a te.»

Così dicevano alcuni assennati cittadini, guardando meravigliati la gente che correvadi qua e di là, tutta contenta solamente all’idea di avere una nuova signora. Ma torniamo a dire di Griselda, e della sua pazienza.

Essa era tutta affaccendata a preparare per la festa, e senza punto vergognarsi delle sue povere vesti, che in qualche posto erano anche stracciate, corse insieme con gli altri alla porta, allegra e contenta, a salutare la marchesa; poi se ne ritornò alle sue faccende.

Con tutta serenità di animo riceveva gli ordini di Gualtieri, e con tanta sollecitudine li eseguiva, che non c’era mai nulla da ridire; e tutti si meravigliavano come mai potesse essere vestita tanto poveramente, mentre dimostrava un fare così nobile e tanta educazione; e non potevano fare a meno di lodare la sua virtù.

Griselda intanto non finiva mai di ammirare, con tutta la schiettezza dell’animo suo, la giovinetta e il fratello; e le lodi che ne faceva erano così sincere, che tutti le trovavano giuste. Finalmente, giunta l’ora di andare a tavola, Gualtieri fece chiamareGriselda, che era tutta affaccendata nel salotto.

E le disse, quasi motteggiando: «Griselda, che te ne pare di questa mia nuova moglie; è bella?» «È bellissima, signor mio, rispose: in fede mia io non ho mai visto un’altra più bella di lei. Dio possa farvi felici e contenti per tutta la vita.

Ma una cosa vorrei chiedervi e consigliarvi: non fate soffrire, coi tormenti che avete inflitto a me, anche questa giovinetta; essa è abituata più delicatamente, e forse non potrebbe sopportare la sventura, come una disgraziata cresciuta nella miseria.»

Gualtieri, conosciuta ormai la pazienza, la serenità, e la semplicità di Griselda, e convinto che per quanto egli faceva la poveretta, con la sua solita innocenza, obbediva senza ribellarsi, cominciò a sentire compassione di tanta femminile fermezza.

«Basta, Griselda mia, egli disse, lascia ogni dolore, e sii alfine ricompensata; tu mi hai dato prova che la tua fedeltà e la tua bontà, in qualunque condizione tu sia, sono quali nessun’altra donna ebbe mai; vedobene, cara moglie, quanto è grande la tua costanza.» E stringendola fra le braccia, cominciò a baciarla.

Griselda, mezza trasecolata, non sentiva e non raccapezzava più nulla: le pareva come di destarsi, ad un tratto, da un lungo sonno; fin che a poco per volta, si scosse dal suo stupore. «Griselda, soggiunse Gualtieri, per quel Dio che morì per noi, ti giuro che tu sei la moglie mia; e che io non ne ho, e non ne ho mai avuta (salvi il Signore l’anima mia, se è vero) nessun’altra.

Questa che tu hai creduto mia moglie, è la tua figliuola; questo fanciullo è il mio vero erede, l’una e l’altro sono frutto del nostro amore: io li ho fatti allevare a Bologna, nascostamente. Riprendili con te, che non hai perduto nessun dei due.

Sappiano coloro che mi hanno accusato, che io non ho fatto questo a fine di male, o per crudeltà, ma solamente per conoscere la tua virtù: sappiano che io non ho fatto uccidere (Dio me ne liberi) i miei figliuoli, ma li ho tenuti nascosti, per poter conoscere il tuo carattere e la tua volontà.»

Griselda sentendo questo, venne meno dalla commozione e dalla gioia, indi riavutasi un poco, chiamò a sè i suoi figliuoli, e in gran pianto li abbracciava, e li baciava, con quella tenerezza che è propria di una madre, bagnando loro di amare lagrime, il volto e i capelli.

Oh scena veramente pietosa, vederla cadere priva di sensi, e sentire la sua voce sommessa! «Grazie, diceva al marito, grazie, signor mio: Iddio possa ricompensarvi di avermi lasciato i miei figliuoli; or non mi curo più di morire, poichè mi è ridonato il vostro affetto e il vostro amore. Nessuna morte mi fa paura.

Cari, teneri, bei figliuoli miei, la vostra povera mamma vi aveva creduti morti, divorati da rabbiosi cani o da qualche brutto animale; ma Dio misericordioso, e il vostro amoroso babbo, vi hanno lasciati a me.» E sì dicendo cadeva di nuovo in abbandono.

E abbracciando nel deliquio i suoi figliuoli, con tanta passione li stringeva, che ci volle del buono e del bello, per levarglieli dalle braccia. Quante anime pietose, in quelmomento, dovettero piangere di compassione! quanti furono costretti a farsi forza, per poter rimanere vicino a Griselda!

Mentre Gualtieri cercava di calmarla e di farle dimenticare il suo dolore, essa si alzò tutta confusa; e in mezzo alla gioia e alle feste di tutti ritornò in sè. Fu allora una cosa, davvero, commovente, vedere i modi affettuosi di Gualtieri, e la felicità che dimostravano tutti e due, per essere ritornati insieme.

Le dame di corte le furono subito attorno, e la portarono in camera; e spogliatala dei suoi poveri panni, le misero indosso un vestito tutto d’oro che risplendeva come il sole. Indi con una corona di pietre preziose in testa, la condussero nella sala, dove tutti con grande onore l’ossequiarono.

Così finì in mezzo alla gioia questo pietoso giorno; e ognuno fece del suo meglio per passarlo più lietamente che fosse possibile, fin che le stelle cominciarono a brillare in cielo. Tutti trovarono questa festa più bella e più splendida, di quella conla quale era stato celebrato il matrimonio di Griselda.

Molti e molti anni felici passarono insieme Gualtieri e Griselda, sempre d’amore e d’accordo; e Gualtieri, maritata la figlia a uno de’ più ricchi e nobili signori d’Italia, prese con sè alla sua corte il vecchio Giannucole, perchè vi passasse tranquillo e contento il resto della sua vita.

Morto Gualtieri, gli successe il figlio, il quale regnò in mezzo alla pace e alla concordia; e fu fortunato nel suo matrimonio, anche senza sperimentare la pazienza di sua moglie. Oggi il mondo non è più quello di prima. Al quale proposito sentite che cosa dice l’autore della novella.

Questa novella non è raccontata per mostrare che le mogli dovrebbero avere la pazienza di Griselda, poichè non basterebbe tutta la loro volontà per riuscirvi: ma per far vedere che ciascuno, nella propria condizione, dovrebbe, come Griselda, saper sopportare fermamente la sventura. Solo per questo dettò il Petrarca, in alto stile, la sua novella.

Chè se Griselda ebbe tanta pazienza con un uomo, tanto più noi uomini dobbiamo sopportare in pace quello che ci viene da Dio. Il quale ha tutto il diritto di sperimentare ciò che ha creato; e non tenta, infatti, come dice S. Giacomo nella sua epistola, se non gli uomini ch’egli ha messo al mondo; e tutto il giorno, senza dubbio, ne mette alla prova qualcuno.

Egli ci affligge colle più grandi sventure, per abituarci alla sofferenza, e per farci, in qualche modo, migliori. Nè lo fa, certamente, per conoscere la volontà nostra; poichè la nostra debolezza gli è nota prima che noi veniamo al mondo. Giacchè adunque tutto egli fa pel nostro bene, viviamo per sopportare virtuosamente.

Ed ora, signori miei, un’altra parola e ho finito: sarebbe ben difficile, oggi, trovare in tutta una città due o tre donne che avessero la pazienza di Griselda; poichè l’oro del quale esse rilucono, è di così cattiva lega, che messo alla prova si spezzerebbe subito in due parti.

E giacchè è così, io, per amore delladonna di Bath[1](che Dio salvi lei e tutta la sua discendenza, poichè la sua morte sarebbe una gran perdita), vi dirò allegramente, e con tutta la mia vena, una canzone che vi metterà, se non m’inganno, di buon umore. Lasciamo, dunque, ogni argomento serio, e state a sentire la mia canzone, che incomincia così.

Griselda è morta, e con lei anche la sua pazienza: l’una e l’altra giacciono sepolte in Italia: perciò, lo dico a tutti, a nessun marito venga in mente di sperimentare la pazienza di sua moglie, nella speranza di trovarla una Griselda: chè certamente resterebbe deluso.

E voi, signore mogli, se siete davvero prudenti, non lasciate che l’umiltà vi inchiodi la lingua: e non fate che un letterato debba scrivere anche di voi una storia così meravigliosa, come quella della buona e paziente Griselda; altrimenti finirete in bocca a Chichevache[2].

Fate come l’eco, che ha sempre pronta la risposta: guardate di non essere vittime della vostra innocenza, e sappiate farvi valerecon energia: questa lezione, imparatevela a mente pel bene vostro, giacchè potrà esservi utile.

Se la vostra condizione è tale da rendervi forti al pari di un cammello, difendetevi, e non sopportate offese. Se siete deboli per sostenere la battaglia, mostrate i denti come una tigre delle Indie: e strepitate, ve lo consiglio, come un buratto.

Non abbiate paura del marito, non vi lasciate imporre: anche s’egli sarà chiuso in un’armatura di ferro, la punta della vostra aspra parola gli passerà il petto e anche la testa. Lo volete mansueto come un agnello? Stringetelo nei nodi della gelosia.

Se siete belle, mostratevi in società, e fate sfoggio dei vostri abbigliamenti; chi è brutta, sia di manica larga, e cerchi di farsi delle amicizie. Non vi abbandoni mai il buon umore: lasciate che il marito si secchi, pianga, si arrabbi, e brontoli a piacer suo.


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