CAPO VIII.
Ricorso all’intercessione de’ santi; ma spezialmente ricorso a Dio. Sua immensa bontà, e meriti di Gesù che ci fanno coraggio. Amore e divozione verso Gesù e speranza in lui; utili e necessarj soccorsi in ogni tempo, ma in quei massimamente delle calamità.
Ricorso all’intercessione de’ santi; ma spezialmente ricorso a Dio. Sua immensa bontà, e meriti di Gesù che ci fanno coraggio. Amore e divozione verso Gesù e speranza in lui; utili e necessarj soccorsi in ogni tempo, ma in quei massimamente delle calamità.
Sarà ancora utile il ricorrere nei calamitosi tempi della pestilenza alla protezion de’ santi, nel che è da desiderare, che siccome noi certo possiamo sperar molto dalla loro intercessione, così ancora si potesse in ciò ben regolare il corso d’alcune persone o rozze o non abbastanza istrutte. Sarà cura dei vescovi, e degli altri uomini dotti e pii l’osservare che l’interesse umano non entri a persuadere certe divozioni troppo superficiali e molto meno a contaminare le pratiche pie, e che l’ignoranza non giunga ad abusarne con dispiacere della chiesa santa. Gioverà principalmente il ricorrere all’intercessione della purissima e santissima Madre di Dio e de’ santi protettori della città e di quelli spezialmente dei quali si conserva il sacro deposito, al qual fine serviranno quelle che appelliamo Litanie della Vergine e dei Santi. Ma la vera maniera d’impegnare i beati del cielo alla nostra tutela, si è quella di pentirsi daddovero, e di lasciar le offese di Dio, e di praticar le virtù che piacciono a Dio, e piacquero tanto anche agli stessi buoni servi di lui. La divozione verso i santi, consistente in una sola esteriorità o di orazionivocali, o di voti, o di offerte, ma scompagnata dall’interiore e vero amore di Dio e del prossimo, contuttochè possa essere anche lodevole, pure non dee e non può promettersi molto da que’ fortunati cittadini del cielo, amanti troppo dell’onore e della gloria del nostro e loro Dio. Allora sì potremo confidare assai nel patrocinio loro ed anche per ottener grazie temporali, quando li pregheremo del pari che interpongano le lor preghiere appresso l’Altissimo, acciocchè per sua clemenza, e colla sua potente grazia di cattivi ci faccia buoni.
Ma s’egli è utile e lodevole sempre, e molto più ne’ pericoli e guai della pestilenza, il fare ricorso ai santi nostri avvocati, egli è più poi necessario il farlo ancora, e principalmente e con più attenzione a Dio, cioè all’Onnipotente e comune padrone di tutti e del tutto. Questo ricorso ha da consistere in un verace pentimento delle nostre colpe, e in una risoluzione ferma di volerlo amare, ubbidire e servire sempre sempre. Dopo ciò esporremo a lui le nostre miserie, e i bisogni nostri anche temporali, e la nostra debolezza, con supplicarlo di pietà, d’aiuto e di conforto. Io non so se ci sia, o ci possa essere alcuno, il quale metta tutto il suo studio e la sua speranza nell’amicizia e nel culto dei santi, servi del Signore, quasi non osando presentarsi egli giammai a dirittura al soglio di Dio, per pregarlo di soccorso e di grazie. Ma se mai ci fosse, sappia ch’egli fa torto a quello stesso Dio, a cui non ricorre e non può piacere ai santi medesimi, e si allontana dai dogmi della chiesa cattolica romana. Sarebbe ungravissimo errore il figurarsi in Dio i difetti degli uomini e dei principi della terra. Nulla più egli desidera, quanto che tutti a lui ricorrano di buon cuore e il preghino; anzi esige da noi questi atti d’ossequio, d’umiliazione, d’amore e di confidenza, non tanto come nostro adorabil sovrano, quanto ancora come padre di tutti. Che se mai taluno rispondesse di non avere merito, anzi di scorgere in sè dei gran demeriti e mancandogli ragion di sperare beneficenza dal suo diritto ricorso a Dio, rivolgersi perciò egli all’intercessione dei servi di Dio che hanno tanto merito presso di lui; oda egli per suo disinganno e conforto ciò che c’insegna colle scritture sante la chiesa di Dio: Buono è sempre di raccomandarsi anche ai buoni della terra, non che ai santi e beati del cielo che preghino e intercedano per noi; ma non dee tralasciarsi mai di sempre ricorrere al supremo loro e nostro Padrone. Imperocchè ognuno è a ciò tenuto per debito di suggezione; e ognun di noi, per gran peccatore ch’egli sia stato, o sia, ha poi due potentissime ragioni di sperar da Dio un favorevol rescritto di quanto non disconvenga a Dio il concedere, e sia utile alle anime nostre l’ottenerlo.
La prima si è l’immensa bontà, benignità e clemenza dello stesso Dio. Giustissimo, egli è vero, e terribile si fa sentire Iddio contra de’ peccatori ostinati, e massimamente contra chi si abusa delle grazie e della misericordia di lui, e non curando le sue divine chiamate gli vuol pure mantener viva la guerra. Ma per chi fedelmente l’ascolta e umilmente a lui ricorre, e con amore e confidenza da figlio chiede a lui pietà e soccorso, non si dimenticamai il buon Dio della sua misericordia infinita, nè d’essere nostro Padre. E Padre appunto ci ha insegnato a chiamarlo il suo unigenito Figliuolo nella celeste orazione delPater noster, dettataci da lui stesso e a questo medesimo oggetto, affinchè noi misere creature avessimo ogni giorno un mezzo fortissimo per placare il suo divin Padre, e impetrarne con questo dolcissimo esordio le grazie che ci bisognano. Anzi sull’immensa bontà di questo comun Padre è principalmente fondata e dee fondarsi la speranza, cioè una delle virtù soprannaturali che esso Dio concede al suo popolo fedele, giungendo egli a prometterci tutto in bene delle anime nostre, se con fede ed amore ricorrendo a lui, in lui riporremo ogni nostra speranza e fiducia. L’altra stabilissima ragione di potere e dovere sperare ogni grazia spirituale e soccorso ne’ travagli dal nostro celeste Padre, viene dai meriti infiniti del suo dilettissimo Figliuolo e Signor nostro, Cristo Gesù. Apposta per nostro amore, apposta per giovare a noi tutti, e per unirci tutti all’eterno suo Padre, è venuto dal cielo, ed è morto sopra la croce questo benedetto divino Salvatore. Ed egli con quell’augusto sacrifizio della sua gran carità divenne per sempre la nostra redenzione e la nostra propiziazione, di maniera che basta che il peccatore, per iniquissimo che egli sia, o sia stato, mostri a Dio le piaghe del di lui dolcissimo Figliuolo, e di vero cuore chiegga pietà e si emendi, per disarmar subito tutto lo sdegno divino, e per impetrar da lì innanzi ogni favore ed aiuto. Se dunque non abbiam merito noi, anzi se proviamo in noi tanti demeriti, habene il nostro Gesù un merito infinito e l’ha tutto per noi; perciocchè non per bisogno ch’egli ne avesse per sè, ma solo pel bisogno che n’aveano, ed erano per avere gli uomini, sparse questo amoroso Dio fatto uomo tutto il suo sangue, sangue di prezzo immenso, e che noi possiamo offerire come cosa nostra al suo celeste Genitore, per iscontare i nostri peccati, ed impetrar tutto ciò che è per nostro bene, e ci può condurre a lui. E però finchè abbiamo Cristo Gesù dalla nostra (e il non averlo può solo venire da mancamento nostro) noi possiamo e dobbiamo sperar tutto dall’eterno suo Padre.
Queste son verità di fede, e che debbono consolarci tutti; ma quello che importa più, sono verità che dovrebbono farci tutti innamorare, e senza misura, del nostro amantissimo Redentore Gesù, via, verità e vita di tutti gli uomini, il quale tanto ha amato ed ama noi altri, che per un eccesso del suo amore e per cibarci, aiutarci, e farci suoi e del suo divin Padre, vuol sempre ancora starsi in persona fra noi, rinchiuso nell’ineffabile Sacramento dell’altare. E giacchè noi trattiamo della pestilenza, ora debbo soggiungere che in tutti i tempi, ma spezialmente in quei delle terribili calamità, non ci ha da essere divozione a noi più cara di quella del nostro Gesù che è la divozion delle divozioni. Le altre possono esser buone ed utili; ma questa sarà sempre e senza paragone più utile dell’altre; anzi è la necessaria ad ogni cristiano, mentre c’insegnano gli apostoli e la Chiesa, che nell’onorare, amare ed imitare per quanto si può; massimamente nell’eserciziodella carità, la sacrosanta persona di Gesù Cristo, consiste l’essenziale e più sodo impiego che s’abbia d’avere la vita del cristiano. Oltre di che nulla possiamo sperare noi peccatori da Dio, se non per mezzo del santo de’ santi, cioè di Gesù, mediatore di Dio e degli uomini, terminando appunto per questa ragione la Chiesa, custode della verità, tutte le orazioni e preghiere sue con quelle parole:per Dominum nostrum Jesum Christum, etc. Nulla possiam fare senza Gesù: l’ha detto egli di sua bocca in S. Giovanni; tutto possiamo e potremo con Gesù e colla sua potentissima protezione e grazia. Il perchè non ha molto, il P. Nepueu della compagnia di Gesù in un suo libro (tradotto, accresciuto e ristampato dal P. Paolo Segneri juniore, insigne missionario della stessa compagnia, le cui incomparabili virtù abbiam noi pure ammirato in Modena, e la cui morte, ah troppo immatura! accaduta in Sinigaglia nel presente anno 1713, ha riempiuto di dolore noi tutti) deplorava l’uso di molte persone nel cristianesimo, anche delle più pie, le quali s’occupano in tante altre divozioni non comandate, non necessarie e parte ancora superficiali, trascurando poi la divozion di Gesù che è d’obbligo, e che sopra ogni altra dee abbracciarsi, e dee consigliarsi dai predicatori e direttori d’anime siccome la più propria, sicura e facile per condurci tutti alla perfezione e ad ogni vera felicità di spirito.
Adunque convien seriamente applicarsi in questa misera nostra vita a contemplare la vita di Gesù, esempio a noi di tutte le virtù e motivo di tutte le consolazioni. Bisogna impiegar quanto possiamoper intendere le obbligazioni che gli abbiamo, per dargli l’onore ch’egli merita, per conformarci a lui per amarlo. L’Apostolo delle genti, innamoratissimo di questo amabil Redentore, non potè ritenersi nell’epist. 1 a quei di Corinto d’intimare una grave scomunica a chi non ama il nostro Signor Gesù Cristo.Si quis non amat Dominum nostrum Jesum Christum, sit anathema. E lo stesso Signore ci ha detto egli di sua bocca appresso S. Giovanni che se ameremo lui saremo amati dall’eterno suo Padre.Qui diligit me, diligetur a Patre meo, et ego diligam eum.Che pretendiamo di più? Che se c’incontreremo nelle tribolazioni, nessuno maggior conforto e vigore potremo ritrarre, che dal considerare che Gesù ci va avanti condottiere amoroso colla sua passione e croce; e che questa medesima croce e i travagli, e non già le terrene felicità sono la via che conduce sicuramente al cielo; e che nel patir volentieri per amor di Gesù, le persone buone e pie trovano (e questa è una verità certissima: così avessimo la fortuna d’intenderla ancor noi) più consolazione e godimento, che i tepidi e i cattivi in tutti i loro sognati o veri piaceri dal mondo. In oltre se avremo bisogno di grazie e d’aiuti, anche per questa vita temporale, o per noi stessi, o pel popolo e prossimo nostro, a chi meglio ci potremo rivolgere che a Cristo Gesù, e in chi più confidare che in lui? Egli ci ama, e svisceratamente ci ama: basta mirarlo sulla croce per noi e nell’augustissimo Sacramento dell’altare per nostro amore; e basta ricordarsi di quelle tenere parole che lasciò scritto, non un uomo volgare,ma il suo diletto apostolo Giovanni nell’epist. 1, cap. 2.Filioli mei, hæc scribo vobis, ut non peccetis. Sed et si quis peccaverit, advocatum habemus apud patrem Jesum Christum Justum; et ipse est propitiatio pro peccatis nostris; non pro nostris autem tantum, sed etiam pro totius mundi.Cioè:Figliolini miei cari, vi scrivo queste cose, affinchè non pecchiate. Che se pure alcuno per sua miseria avrà peccato, noi abbiamo appresso il padre per avvocato nostro Gesù Cristo, giusto ed innocente. Egli è quello che il placa, e il rende propizio ai peccati nostri, e non solo ai nostri, ma a quelli ancora di tutto il mondo.Adunque egli (non ce n’ha da esser dubbio) vorrà aiutarci. Di più egli può tutto non solo come Dio, ma ancora come uomo, non essendo già questa un’esagerazione divota, ma un indubitato articolo di fede, avendo detto egli stesso appresso S. Matteo nel cap. 28, che lo stesso suo divin Padre ha dato a lui ogni potere in cielo e in terra:Data est mihi omnis potestas in cœlo et in terra.Adunque non solo egli vorrà, ma potrà aiutarci in ogni nostra angustia e ne’ tempi massimamente della pestilenza, se a lui ci rivolgerem daddovero, e se ameremo di cuore questo benedetto ed amatissimo Dio e confideremo in lui.
Ora per quante divozioni io ed altri sapessimo consigliare ne’ fieri pericoli e bisogni d’un contagio, anzi in tutti i tempi, niuna mai ne troveremo che uguagli la divozione verso la sacratissima persona del nostro Gesù. Divozione pertanto alla sua croce e passione dolorosissima, divozione al divino Sacramento dell’altare, divozione al suodolcissimo e santissimo nome. Ed appunto il solo suo nome è bastante a riempierci di consolazione e di tenerezza, perchè ci ricorda ch’egli ci ha salvati, e se noi ricorreremo fedelmente a lui ci salverà dall’ira ventura. Anzi, cosa non possiamo noi sperare dal suo Padre Iddio e da lui medesimo, nominandogli con viva fede questo amoroso nome, e pregandolo per gli suoi meriti infiniti? Tutto potremo sperare, da che egli stesso, che non può mentire, ce ne ha espressamente assicurati in S. Giovanni al cap. XIV con dire:Quodcumque petieritis Patrem in nomine meo, hoc faciam. Si quid petieritis me in nomine meo, hoc faciam.Animo dunque ne’ pericoli, nelle infermità, nelle pestilenze. Ricorriamo a Gesù che potremo sperar tutto. E sappiasi a questo proposito che S. Bernardino, uno dei santi più innamorati di Gesù, predicando un quaresimale in Padova, ed esponendo nel Sermone XLI i raggi co’ quali egli faceva scolpire questo santo nome, scrisse che il terzo d’essi raggi era dettoremedium infirmitatum, perchè il Signor nostro in S. Marco al cap. XVI, promise che i fedeli nel suo nome scaccerebbono i demonj, guarirebbono gl’infermi e farebbono altre maraviglie. Soggiugne poscia che vedendo le pesti, elle cederanno alla forza del nome santissimo di Gesù, citando appunto ciò che era avvenuto in Ferrara sotto i suoi occhi, mentre quel popolo, mercè d’esso nome posto sopra le porte delle case, si vide in breve libero dalla peste, quand’ella dovea naturalmente aumentarsi. Ecco le sue parole:Sequitur pestilentia in aliqua terra, vel regione, et talis pestilentia cum nomine Jesuauferetur. Illud expertus sum, quod me prædicante tempore vigentis pestis Ferrariæ de nomine Jesu, ad tantam fidem illius nominis fuerunt accensi et devoti, ut quasi totus ille Ferrariensis populus, mediante nomine Jesu, quod superliminari cujuscumque domus apposuerat, remedium illius pestiferi morbi senserit, nam illa pestis cessavit, quando secundum naturalem rationem debebat accrescere.Non c’è già necessità di tenere scolpito in marmo sopra le porte delle case il nome del Salvatore. Basta averlo, ed è necessario l’averlo scolpito nel cuore da un tenero amore e da una viva fede.