LX.Seconda interruzione dell'idillio domestico.

LX.Seconda interruzione dell'idillio domestico.

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Correte istanti felici dell'amore!

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Manca un'ora all'alba; il silenzio della notte è profondo, e il suo alito fresco, penetrando dalle imposte socchiuse delle finestre, scherza colla fiamma rossiccia della lampada. I guizzi di quella fiamma riflettono strani bagliori sul volto dei due amanti; il lucignolo carbonizzato lancia ad intervalli piccole scintille che muoiono appena nate... Il desiderio scintilla anch'esso negli occhi di Riccardo.

La veglia protratta, l'ansietà, la passione, hanno scolpito le loro traccie sulle guancia di Camilla. Essa è pallida, ha i capelli disciolti, e abbandona le membra stanche con una mollezza piena di seduzione.

Riccardo non stacca gli occhi dalla donna adorata,entrambi tacciono; tutto ciò che l'amore può dire fu ripetuto cento volte.

Un improvviso buffo di vento spegne la lampada; un altro buffo impetuoso spalanca le imposte della finestra.

Gl'innamorati si stringono istintivamente, e i loro aliti si mescono e le loro labbra si toccano. Appoggiata al cuore che batte agitato, Camilla freme di paura e d'amore.

Un lampo illumina un istante la camera, e quella luce fantastica sembra animare tutti gli oggetti; il rumore sordo del tuono risponde da lontano.

Camilla balza in piedi e corre alla finestra, Riccardo la segue.

Densi nugoli neri passano turbinando nell'aria; il lampo si fa più frequente; il muggito del tuono più terribile; il vento fischia cupamente alle svolte delle vie.

Camilla ha paura; cerca le mani di Riccardo, chiude gli occhi e nasconde la faccia nel suo seno agitato.

Una pioggia impetuosa sì rovescia ad un tratto e la finestra ne è investita; Riccardo fa scudo colle mani alla testa di Camilla e riceve sul volto con avidità gli spruzzi della pioggia.

— Le senti, egli dice, le senti le parole della natura?.. Camilla mia! questa è l'ora dell'amore! —

La pioggia continua ad imperversare, e tutte le forze degli elementi si scatenano... Ai palpiti della terra rispondono i palpiti dei due cuori innamorati.

— Tremi... hai freddo? — domanda Riccardo cercando la pupilla innamorata.

— Ho paura..

— Di che temi?

— Della natura, di te.. di me medesima!

— Di te! di te! Tu pure dunque, tu pure! —

Cogli occhi sfavillanti per voluttà, colla respirazione affannosa, cinge d'un braccio il corpo di Camilla e lo attira a sè; da quell'inno sfrenato di due cuori burrascosi escono queste parole:

— Io soffro, Camilla! —

Gli occhi della sciagurata donna si riempiono di lagrime e le sue labbra si aprono ad implorare pietà, ma il cuore è vinto. Ella resiste, si agita, si contorce per divincolarsi da quell'amplesso di fuoco; invano. Riccardo non vede, non ode più nulla, solleva Camilla fra le braccia e la porta per la camera pronunciando con voce soffocata parole d'amore e di desiderio.

Intanto al di fuori il temporale continua a ruggire; la pioggia imperversa ed invade, flagellando i vetri, la camera; lampi frequenti illuminano lividamente questa scena di selvaggia voluttà.

Più terribile, più impetuoso della tempesta della natura è l'uragano che rugge nei petti scaldati dall'amore.

Camilla resiste ancora; l'affanno di Riccardo la commuove, ma non la vince; la sciagurata piange e prega... Qual Dio?

A poco a poco il temporale tace, le nubi fitte si squarciano qua e là, cessa la pioggia, e il pallidoraggio dell'alba viene a salutare la desolata natura.

E la tempesta dei cuori innamorati dura ancora.

Riccardo è caduto ai piedi di Camilla ed ha afferrato le sue ginocchia; la luce del mattino batte sulla sua fronte madida di sudore... Egli è bello e prega, e piange...

In quel punto si ode picchiare alla porta di strada.

I due amanti si scostano come per istinto, si guardano l'un l'altro, ma il terrore paralizza le loro forze; immobili, muti, coi volti smarriti si domandano a vicenda un ingannevole conforto.

Chi può essere a quell'ora? La mente di Camilla è corsa lontano sul sentiero delle ipotesi, ma un'idea più insistente delle altre si affaccia... E chi altri mai può essere a quell'ora e in quell'occasione?

— Lui! lui forse! — esclama oppressa da un'angoscia mortale.

— Chi? — domanda Riccardo con voce soffocata dall'affanno.

— Mio marito! —

Lo spavento illividisce le guancie di Riccardo. Il pensiero di ciò che sta per succedere gli toglie il senno; si caccia le mani nei capelli, e guarda la povera donna con espressione di pietà e di raccapriccio.

Ma una speranza brilla ancora in mezzo allo scompiglio delle loro idee: forse non è che un errore, un ebbro tardivo che ha sbagliato l'uscio, uno scherzo di qualche scioperato...

Si picchia un'altra volta; s'ode rumore di catenacci e stridere di cardini e parlare sommesso... il portinaio ha aperto la porta.

Riccardo non indugia più oltre; corre d'un balzo alla finestra, e fa per lanciarsi... Camilla lo vede, indovina la sua intenzione, e ratta come il baleno, gli è dietro, lo afferra, lo trattiene...

— Lasciami, lasciami...

— No, per pietà, rimani...

Camilla piange come una bambina; il pensiero del pericolo, a cui il suo Riccardo voleva esporsi per salvarla, l'ha vinta; il suo cuore non combatte più; traboccante di riconoscenza e d'amore, ha formato un voto che nissuna forza saprà infrangere.

— Rimani, rimani... sarò tua! —

Riccardo non ode altro, l'ebbrezza sconfinata della promessa rapita al labbro della donna amata gli ha quasi tolto la coscienza di sè...

Ma s'odono passi lungo il corridoio; Camilla ha appena il tempo di aprire un uscio e di spingervi Riccardo senza dir parola, poi muove incontro al temuto visitatore, sforzandosi invano di ricomporre le sembianze paurose.


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