VEra giornata di caccia. Il master, don Antonino Feretra, ci aveva dato convegno per le nove del mattino.Fresco ed ilare, per quella giocondità della primavera laziale, ero uscito di buon'ora montando per la prima volta Bluff, il mio nuovissimo irlandese dal mantello sauro focato, con il muso e le balzane d'un color candido come la neve.Due mazzi di baccarà eccezionali mi avevano permesso di comperare questo ammirevole cavallo, giunto fresco fresco dall'Irlanda e conteso con sforzi eroici all'imberbe quanto milionario Stefanuccio Gola, che, non essendosi ancora potuto liberare da una fastidiosa inabilitazione, m'aveva dovuto cedere sul prezzo. Bluff era un superbo animale, dalla criniera folta, le reni spaziose, il petto robusto, saltatore agilissimo e galoppatore instancabile.Stretto nella mia giubba rossa, recandomi di buon trotto al «meet», mi pareva d'essere tornato il gentiluomo d'una volta, intrepido a tutte le macerie, spavaldo in sella come se ci fossi nato. E la vita, quella mattina, mi piaceva ancora.Giunsi, mentre il master prendeva il galoppo seguito dai cani, facendo squillare nitidamente il corno da caccia.Il «meet» era frequentatissimo. Vidi Piero de Luca in sella d'un puro-sangue irrequieto come una gazzella e intesi donna Maria Monsélice, amazzone ammiratissima, dirgli con tono d'intenditrice:— Long Tail non vi farà il percorso, barone, e voi rischiate di rompervi il collo. Spero che girerete le macerie.[pg!343] Il De Luca, sorridendo come un uomo indurito alle avventure della sella, rispose:— Tutt'altro! È una scommessa, Donna Maria, e sono ben sicuro di vincere.— Sarebbe veramente peccato rovinare questo bel puro-sangue in una caccia.— Long Tail ha un'andatura infernale, ma non rifiuta nessun ostacolo; se permettete, vi seguirò da vicino, senza lasciargli prendere la mano.— Andiamo! — diss'ella scudisciando il proprio cavallo. E volarono via.Stavo intanto parlando con due cavalieri che ammiravano Bluff, quando, fra un gruppo d'amazzoni che prendevano il galoppo, vidi o mi parve riconoscere Edoarda, nel mezzo fra la contessa di Casciano e miss Emy Ruffles, con altre che non ravvisai. Guidavano il gruppo Giorgio Sannìzzaro ed un capitano di cavalleria. Difficilmente l'occhio poteva trarmi in errore, ma, per il travestimento dell'amazzone, e sapendo che a' miei tempi ella non aveva mai preso parte ad alcuna caccia, dubitai d'essermi ingannato.Col cuore in tumulto misi Bluff di galoppo, spingendolo in direzione del gruppo che già s'allontanava per la campagna. L'irlandese di buon sangue, spiegando un'andatura meravigliosamente distesa, in breve li accostò, e quando giunsi a pochi metri da loro durai gran fatica per diminuirne l'impeto e non passar oltre.Da vicino riconobbi Edoarda. Ella montava una cavalla baia, nervosa e gentile; indossava un'amazzone di velluto color viola fosco, portando, come una volta, i capelli annodati su la nuca. Un largo velo, fasciandole il cappello due volte, lasciava ondeggiare i suoi lembi nel vento del galoppo. Pensavo: «Egli le ha comunicate le sue passioni. Questo nuovo amore del cavallo è un segno quasi di affinità con lui.» E per tenermi dietro al gruppo dov'ella era, di continuo rompevo l'appoggio del morso a Bluff, che generosamente li voleva sopravvanzare.Tutta la campagna laziale, a perdita d'occhio, era [pg!344] inondata di sole; il terreno mandava un luccicore insostenibile, rotto qua e là dall'ammasso di un'antica maceria, dove le scaglie d'argilla balenavano come frantumi di specchiere.Davanti si parò una staccionata d'un metro circa, ed il gruppo, su due file, saltò netto. Ma, sopravvenute una seconda, poi una terza, i cavalli, animatisi ruppero un poco l'ordine, distanziandosi gradatamente. Le braccia più non mi reggevano per lo sforzo di rimanere in coda, e allora, piegando sul fianco, lasciai che l'irlandese passasse. Rapidamente mandai loro un saluto.Giorgio Sannìzzaro mi gridò dietro:— Eh, eh! di volata, Guelfo!...Ma Bluff, quand'ebbe lo spazio libero davanti, s'acquietò, e mi trovai di paro con l'ufficiale, che durava la stessa fatica nel dominare il suo polledro. Lo conoscevo, e questa ragione mi servì per unirmi al gruppo, tenendone la testa ad una cinquantina di metri. Incontrammo una piccola maceria; il capitano saltò furiosamente; il suo polledro lo portò via. Bluff fece un salto al quale Sannìzzaro, dietro, applaudì, e volgendomi li vidi saltare tutti facilmente, tranne il cavallo di Miss Ruffles che fece uno scarto e, dopo aver ritentato, passò di fianco.Il terreno cominciava ad essere malagevole. Da tutte le parti si vedevano frotte di cavalieri correre a briglia sciolta, mettendo nell'immensa campagna un formicolìo di giubbe rosse e d'amazzoni oscure, con l'eco nell'aria degli eccitamenti dati ai cavalli e lo scrosciare lungo di qualche nitrito. Un sordo rumore di terreno battuto si propagava in tutte le direzioni, sollevando per la infinita campagna quasi una oscillante sonorità .Miss Ruffles era rimasta indietro; il Sannìzzaro aveva di molto rallentata l'andatura per non lasciarla sola, ed io, volgendo il capo, vidi a poca distanza dal mio cavallo Edoarda e la contessa di Casciano, le quali galoppavano di paro. Bluff vide sorgere davanti a sè una maceria larga ed ineguale; drizzando le orecchie vi si buttò sotto come un fulmine, prese male il salto e la passò rasente [pg!345] rasente, in grazia del colpo di reni che mi diede quando si sentì sopraffatto dall'altezza. Una pietra toccata sbalzò fuori. Mi fermai dietro l'ostacolo per vedere il salto delle due cavalcatrici.La contessa di Casciano, che montava un saltatore da concorso, passò per la prima, facilmente, sorridendo; invece la baietta di Edoarda, spiccando il salto su le quattro zampe, scavalcò la maceria scompostamente, levandosi di peso, come fanno le capre. Attesi che le due signore passassero, e mi posi dietro loro, ad un galoppo misurato. Una frotta di cavalieri ci attraversò la strada, lasciando nell'aria un sibilo di voci e di scudisci.Bluff, spumoso per l'impazienza di raggiungere i più lontani, andava tutto a puntate, volate; per intorno l'alta erba, solcata in ogni senso, mostrava le tracce delle varie cavalcate.Vidi con gioia la baietta di Edoarda perdere terreno, mentre il bel sauro della contessa di Casciano, indocilmente le forzava la mano stanca. Finalmente, dopo aver saltato un'altro ostacolo, colei si volse, disse qualcosa alla compagna, e filò via. Edoarda, rimasta sola, diresse la cavalla verso un lieve pendio, poi, allentando le redini, si lasciò condurre. Appariva stanca; erano forse le prime cacce, v'era in tutta la sua persona una specie di rilassatezza.Copersi allora la breve distanza che ci separava, e per qualche minuto Bluff galoppò col muso vicino alla groppa della baietta. Lontano si vedevano i cavalieri convergere tutti verso un lato, a sinistra, e poichè i nostri cavalli v'andavano pure, d'un salto la sopravanzai, diedi una spronata nei fianchi a Bluff, e, piegando su la destra, lo lasciai galoppare.Sapevo che nonostante ogni sforzo dell'amazzone la baietta m'avrebbe seguito.Curvo, senza volgermi, sentendola presso, respiravo con voluttà la fragranza del vento primaverile; mi pareva di rapirla, di trarmela dietro legata alla mia sella, senza scampo, come in una leggenda, verso una solitudine di [pg!346] cielo e di luce. Una paura indefinibile mi tratteneva dal volgermi, per guardarla in faccia, e nel fischio dell'aria celere sentivo pur distintamente l'affanno del suo respiro.Per una specie di crudeltà non mi volli fermare; i due cavalli schiumavano, dopo venticinque minuti di galoppo serrato sopra un terreno che le piogge avevano reso pesante; v'erano sassi e buche, ma quel pericolo mi piaceva. Piantai di nuovo gli sproni nei fianchi di Bluff, ed il buon generoso cavallo, raddoppiando di lena, a scatti, a volate, galoppò così disteso, che l'erbe alte gli staffilavano il ventre. E la baietta dietro, ansante, senza cedermi d'un passo.Saltammo tre volte, come volando, l'ultima, intesi Edoarda dare un piccolo grido: si era sentita forse cadere, perchè la baietta saltava con troppo impeto.Allora mi volsi. Pallida, con gli occhi semichiusi, il busto un po' rovesciato all'indietro, pareva che quella corsa l'avesse del tutto sopraffatta ed estenuata; vidi che non teneva quasi le redini, compresi il pericolo, ed a forza di braccia rallentai. Pianamente ci mettemmo di paro, ansanti entrambi come i nostri cavalli, senza guardarci, lontani da tutti, nella solitudine, nel sole.— Edoarda... — mormorai con paura, passando la mano su la criniera della sua cavalla, tanto le stavo presso.Il lembo del suo velo mi sventolava sopra una spalla, e poichè le parole mancavano, eran tutte impari alla mia commozione, lasciai la criniera, presi una sua mano, strinsi dolcemente quelle dita, e la briglia che tenevano, insieme.Ella bruscamente scosse il pugno, e la cavalla molestata fece un piccolo salto.— Mi perdonate? — le domandai. — Sono stato pazzo a condurvi qui, non è vero?Ella piegò la testa e sorrise; quel sorriso fu così pieno di gentilezza, che ne provai quasi un rimorso.— Non potevo più vivere a questo modo! — le dissi. — Bisognava pure che vi parlassi.— Sapete... — rispose con volubilità , guardandomi [pg!347] senz'alcuna esitazione, — avete rischiato di farmi rompere il collo! Davvero, all'ultimo salto, sono rimasta su per miracolo...Non era più la stessa donna; la guardavo e l'ascoltavo con sorpresa.— Non avevo altro modo per potervi parlare, — le dissi con dolcezza; — e sono mesi che attendo...— Oh, davvero?Le presi la mano di nuovo:— Perchè scherzate così? — Proprio non conto più nulla per voi? Null'affatto?Ella abbassò le palpebre con un sorriso pieno di sottile ironia.— Spero non dimenticherete che ho un marito, mio caro conte! — E disse quest'ultime due parole con uno scherno che mi ferì.— Noi ci eravamo promessi una volta di rimanere l'uno per l'altra tutta la vita, — le risposi con esitazione. — Ma, già , queste sono parole che si dicono... almeno per voi!— Già , si dicono pur troppo! Ma un gentiluomo che le abbia intese, dovrebbe saper anche dimenticarle, vi pare?I cavalli avevano preso il trotto, piano, piano.Allora, tirando insieme la mia briglia e quella della baietta, li rimisi di passo.— Che fate ora? — domandò Edoarda sorridente. — Non mi vorrete far perdere, spero? Lasciatemi ritornare, vi prego.E raccolse la briglia abbandonata.— No, ve ne supplico, Edoarda! — esclamai con una voce così commossa, ch'ella visibilmente ne provò stupore.— Poi, — soggiunsi, — bisogna che i cavalli riposino un momento.— Insomma, — elle fece, dopo essersi guardata intorno, — cosa volete ancora da me?— Non lo sapete forse? Ebbene, ve lo dirò. Volevo riudire la vostra voce, guardarvi da vicino, dirvi ancora una volta che non vi ho dimenticata, che sono stato irragionevole quando v'abbandonai, ed ora da voi sola dipende [pg!348] il salvare l'uomo che tuttavia è stato qualcosa nella vostra vita, o vendicarvi del male che vi ho fatto, se pure ve ne feci, ma in un modo mille volte più crudele. Volevo dirvi, Edoarda, che in nessun momento della mia vita mi son sentito pazzo come ora, perchè quello che sto facendo in questo momento è senza dubbio una pazzia...Così le dissi, e fui sincero, tanto è pieno d'inganno quel sensuale turbamento che noi chiamiamo l'amore.— Si, è certo una pazzia, — Edoarda rispose, chinando la faccia scolorata. Mi piegai sovra la sua spalla, fin quasi a toccarla, e dissi:— Non vi ricordate più di me? più affatto?... mai?— Mai! mai! — ella mormorò, chiudendo gli occhi.Le stringevo il braccio, attirandola dolcemente.— È possibile che tutto per voi sia finito, quando invece io, dopo la prima volta che vi ho riveduta, non sono più capace di pensare ad altra cosa che a voi? Quand'io vi desidero in un modo che non ha parola, e passo il giorno, la notte, immaginando come vi potrei parlare?— Tacete! tacete!... Torniamo indietro, — ella propose, cercando quasi di nascondere un improvviso turbamento.Con una specie di cocciutaggine ripresi:— Io fui certo il più fedele, nonostante le mie stoltezze. A tempo, il mio cuore, il mio spirito, erano malati, Edoarda; e dopo di allora sono passate tante cose!...Ella rise di un piccolo riso, breve, sarcastico.— No, non schernitemi! Voi sapete bene che questa è la verità . Sono anche tornato, una volta, per farmi perdonare; ma fu troppo tardi. Vi eravate appunto fidanzata, e, quando me lo dissero, qualcosa mi passò nel cervello, nel cuore... non so... fu come uno schiaffo datomi in piena faccia, e compresi allora tutto l'amore, tutto l'amore profondo che avevo per voi. Su, dÃtemi una parola... non continuate a ridere così!— Oh, vi conosco. Guelfo! Adesso vi conosco; allora no.[pg!349] — Ebbene?— Ebbene, la cosa è molto semplice. Vi è tornato forse un capriccio... Ne avete avuti tanti altri, e gli spensierati come voi conoscono questi ritorni. Anzi, dÃtemi una cosa: Dove avete lasciata la vostra amica?E rise più forte. Questa domanda mi suonò come un insulto: ebbi voglia per un momento di rispondere con la stessa ironia, e tacqui, mentre di me stesso nasceva in me un amaro disprezzo, una commiserazione profonda.— Volete burlarvi di me, — le dissi poi, gravemente. — È giusto: ne avete anche il diritto. Ma tralasciate l'ironia; siate generosa. Cosa volete di più? Quando un uomo vi domanda perdono...— Io non vi devo perdonare nulla. Forse è stato meglio così. Non vi devo perdonare assolutamente nulla. Solo mi sia lecito rivolgervi una preghiera, dopo tanto tempo, e visto che vogliamo parlare seriamente. In questi mesi ultimi vi siete spesso dimenticato che ho un marito ed un nome da rispettare, o meglio da far rispettare. Vi sarei grata se voleste risparmiarmi le vostre persecuzioni continue, tanto più che, una volta o l'altra, potrei averne qualche noia.— È tutto quello che avevate a dirmi? — osservai freddamente.— Mah... è tutto!E andammo a lato, in silenzio, per qualche centinaio di metri, io guardando sopra il collo della mia cavalcatura la bella campagna che si stendeva sino al confuso inazzurrare dei monti ed il sole felice che a perdita d'occhio vi scintillava, ella, di tratto in tratto, sollevando il viso di sotto il velo, come per osservarmi di sfuggita.Poi mi disse repentinamente, con un tono tra il serio ed il faceto:— Avete un po' cambiato fisionomia, da quel tempo...— Vi pare? Sono forse invecchiato. Ho molti capelli bianchi ora.— Volevo dire una diversità di espressione; avete l'aria [pg!350] più cattiva; sembrate un uomo che viva in uno stato anormale, ruminando chissà mai quale idea pericolosa.— Nessuna, tranne quella che voi sapete.— Poi, e perdonatemi la mia franchezza, non sembrate più così spavaldo come una volta. Vi dev'essere capitato qualcosa di grave.— Credo, Edoarda, che non mi vediate più con gli stessi occhi.— Forse.Poi trattenne la cavalla e mi disse con risolutezza:— Torniamo.— No, Edoarda, non ancora, ve ne prego! Non siatemi avara di questi brevi momenti che mi sono procacciato con tanta pazienza, e che forse non si ripeteranno mai più. Ancora debbo dirvi molte cose, che il turbamento mi ha fatte dimenticare. Tanto, siamo al sicuro qui; la caccia è lontana.— Ma io debbo ritornare, intendete? lo debbo! — insistette, come per comandarlo a sè stessa. Poi soggiunse: — L'ascoltarvi più a lungo vi darebbe diritto...— Nessun diritto, nessun diritto... non parlate così! usatemi questo riguardo almeno!E messa la mano su la briglia della baietta, la costrinsi a camminarmi di fianco, sella contro sella.— Ma insomma voi profittate d'una condizione di cose...— No, non è vero... oppure, sì, come volete! Ne profitto forse un poco, e ve ne chiedo scusa. Ma ho bisogno di parlarvi, od almeno di sapere una cosa, una sola, se pur mi vorrete rispondere.— Oh, quale mai?— Una domanda; una domanda insolente e sciocca, perchè certo non mi direte la verità . Ma non importa. Vorrei sapere se amate veramente vostro marito, o se...— Ascoltátemi, Guelfo, — ella fece con un po' di risentimento, — vi siete abbastanza divertito alle mie spalle una volta perchè vi permetta di farlo una seconda!— Ma no, ma no...— Lasciátemi dire. So a cosa tendono i vostri bei discorsi [pg!351] e quale sia decisamente il vostro piano. Con molti giri viziosi venite a farmi un'offerta esplicita, e naturalissima in fondo! Momentaneamente vi piaccio di nuovo, per il semplice fatto che son divenuta la moglie d'un altro, e venite a propormi, oh, con molta cautela!... d'essere la vostra amante...— No, no!— ... a propormi d'essere la vostra amante. Ed io dovrei...— Insomma, Edoarda, vi prego: non continuate!— Amico mio, perchè metterci una maschera sul volto? Diciamo la verità : non è questo?— No! no! mille volte no! La mia domanda vi è parsa brutale, forse; lo era infatti. Ma non credevo che si potesse tornare del tutto estranei dopo un passato come il nostro, e contavo un poco su l'amicizia d'una volta. Voi oggi ridete, prendete le mie parole in burla, vi piace umiliarmi e vedermi soffrire; ma io v'ho fatta quella domanda per una ragione ben diversa. Ecco, Edoarda: se fossi certo che amate un altr'uomo, che vi siete sposata per amore di lui, scordandomi del tutto, se avessi questa certezza, vi dico, sarebbe l'ultima volta che cercherei d'avvicinarvi. Quindi non rispondetemi, perchè, se fosse così, varrebbe meglio non saperlo.Ella si chiuse un poco nelle spalle, guardò altrove, senza rispondere.— Son mesi e mesi, — continuai, — che questo dubbio mi tortura, ed è solo per questo che ho trovato il coraggio di venirvi a parlare.— Oh, il coraggio in questi casi gli uomini lo trovano sempre!Lontano, lontano, i corni da caccia squillavano a distesa nell'aria piena di sole; veniva per la terra sonora un rumore di galoppi distanti. Ella ebbe un leggero tremito:— Vengono!... — esclamò.— No, anzi si allontánano.— Ma bisogna pure ch'io mi trovi al «meet».[pg!352] — C'è tempo, c'è tempo! La caccia non finirà così presto.— Insomma, Guelfo, abbiamo fatto... cioè, avete fatto molto male, molto male!...E la sua voce non era più nè irritata nè schernevole.— Perchè?Un po' stanca, un po' curva, ella si passò la mano su la fronte, fra i capelli scomposti.— Perchè?... — ripetei, stringendole un polso, uno di que' polsi fragili, che davano al contatto la sensazione di poterli spezzare. L'attirai lentamente; le nostre spalle si toccarono, e, levando i suoi grandi occhi, mansuetamente, come faceva una volta, vide nell'alterazione del mio viso i segni dello smarrimento che mi turbava.— Sei cambiata, — le mormorai; — ma per me sei ancora la stessa... e più bella! Ti ricordi?...Ella chiuse gli occhi e piegò il mento sul petto.— Guà rdami... — la pregai, — guà rdami!...Allora sollevò il viso, con le palpebre chiuse, la bocca ferma. Il sole, battendole in faccia, dorava il suo pallore.— Sei cambiata e sei la stessa, — ripetei. — Più bella, mille volte più bella! Io non ho cessato mai di volerti bene. Ora lo sento. Eri nel mio destino, e il destino torna... deve tornare! Dimmi... dimmi!... Anche tu?Ella scosse il capo con violenza, come per ribellarsi al bisogno di rispondere «Sì!»— Pensa che felicità sarebbe la nostra!... — le bisbigliai.Vi sono momenti nuovi nel traboccar d'un'antica passione, in cui l'anima viene su la bocca e parla da sè. Ora i cavalli andavano d'un passo lento, strappando qua e là ciuffi d'erba; un vento lieve increspava le criniere, fasciandomi il suo velo intorno al collo.— Dimmi, — le domandai piano, stringendola tutta contro la mia spalla, — dimmi la verità ... la verità !... lo ami?Con gli occhi semichiusi, la faccia un po' convulsa, la fronte presso la mia bocca, scosse il capo con impazienza, [pg!353] quasi con ira, mentre le sue ciglia si bagnavano di lacrime mal frenate.— Perchè vuoi farmi parlare! — esclamò.Una stupenda gioia mi rise nell'anima, e d'improvviso mi sembrò che tutto quanto, all'intorno, girasse, girasse, in una vertigine di sole...— E, dimmi ancora... non lo hai amato mai?— Ah, lásciami!... — comandò con ribellione, come se un nodo le soffocasse la gola. E mi respinse.— No! rispóndimi!... Mai?... in nessun modo?...L'abbracciavo, la serravo imperiosamente. Ella di nuovo strinse le labbra, e negò.— Senti allora... e me?— Tu?Aperse gli occhi mi guardò, mi fissò profondamente, come per riconoscermi. V'era in quegli occhi azzurri un'ombra che li faceva parer cupi, e le sue labbra smorte mi si offersero con un bacio di tutta la persona.— Germano, Germano... — pregò, — andiamo via!...Tutte le trombe lontane d'un tratto echeggiarono, percuotendo l'aria come una staffilata sonora.[pg!354]
VEra giornata di caccia. Il master, don Antonino Feretra, ci aveva dato convegno per le nove del mattino.Fresco ed ilare, per quella giocondità della primavera laziale, ero uscito di buon'ora montando per la prima volta Bluff, il mio nuovissimo irlandese dal mantello sauro focato, con il muso e le balzane d'un color candido come la neve.Due mazzi di baccarà eccezionali mi avevano permesso di comperare questo ammirevole cavallo, giunto fresco fresco dall'Irlanda e conteso con sforzi eroici all'imberbe quanto milionario Stefanuccio Gola, che, non essendosi ancora potuto liberare da una fastidiosa inabilitazione, m'aveva dovuto cedere sul prezzo. Bluff era un superbo animale, dalla criniera folta, le reni spaziose, il petto robusto, saltatore agilissimo e galoppatore instancabile.Stretto nella mia giubba rossa, recandomi di buon trotto al «meet», mi pareva d'essere tornato il gentiluomo d'una volta, intrepido a tutte le macerie, spavaldo in sella come se ci fossi nato. E la vita, quella mattina, mi piaceva ancora.Giunsi, mentre il master prendeva il galoppo seguito dai cani, facendo squillare nitidamente il corno da caccia.Il «meet» era frequentatissimo. Vidi Piero de Luca in sella d'un puro-sangue irrequieto come una gazzella e intesi donna Maria Monsélice, amazzone ammiratissima, dirgli con tono d'intenditrice:— Long Tail non vi farà il percorso, barone, e voi rischiate di rompervi il collo. Spero che girerete le macerie.[pg!343] Il De Luca, sorridendo come un uomo indurito alle avventure della sella, rispose:— Tutt'altro! È una scommessa, Donna Maria, e sono ben sicuro di vincere.— Sarebbe veramente peccato rovinare questo bel puro-sangue in una caccia.— Long Tail ha un'andatura infernale, ma non rifiuta nessun ostacolo; se permettete, vi seguirò da vicino, senza lasciargli prendere la mano.— Andiamo! — diss'ella scudisciando il proprio cavallo. E volarono via.Stavo intanto parlando con due cavalieri che ammiravano Bluff, quando, fra un gruppo d'amazzoni che prendevano il galoppo, vidi o mi parve riconoscere Edoarda, nel mezzo fra la contessa di Casciano e miss Emy Ruffles, con altre che non ravvisai. Guidavano il gruppo Giorgio Sannìzzaro ed un capitano di cavalleria. Difficilmente l'occhio poteva trarmi in errore, ma, per il travestimento dell'amazzone, e sapendo che a' miei tempi ella non aveva mai preso parte ad alcuna caccia, dubitai d'essermi ingannato.Col cuore in tumulto misi Bluff di galoppo, spingendolo in direzione del gruppo che già s'allontanava per la campagna. L'irlandese di buon sangue, spiegando un'andatura meravigliosamente distesa, in breve li accostò, e quando giunsi a pochi metri da loro durai gran fatica per diminuirne l'impeto e non passar oltre.Da vicino riconobbi Edoarda. Ella montava una cavalla baia, nervosa e gentile; indossava un'amazzone di velluto color viola fosco, portando, come una volta, i capelli annodati su la nuca. Un largo velo, fasciandole il cappello due volte, lasciava ondeggiare i suoi lembi nel vento del galoppo. Pensavo: «Egli le ha comunicate le sue passioni. Questo nuovo amore del cavallo è un segno quasi di affinità con lui.» E per tenermi dietro al gruppo dov'ella era, di continuo rompevo l'appoggio del morso a Bluff, che generosamente li voleva sopravvanzare.Tutta la campagna laziale, a perdita d'occhio, era [pg!344] inondata di sole; il terreno mandava un luccicore insostenibile, rotto qua e là dall'ammasso di un'antica maceria, dove le scaglie d'argilla balenavano come frantumi di specchiere.Davanti si parò una staccionata d'un metro circa, ed il gruppo, su due file, saltò netto. Ma, sopravvenute una seconda, poi una terza, i cavalli, animatisi ruppero un poco l'ordine, distanziandosi gradatamente. Le braccia più non mi reggevano per lo sforzo di rimanere in coda, e allora, piegando sul fianco, lasciai che l'irlandese passasse. Rapidamente mandai loro un saluto.Giorgio Sannìzzaro mi gridò dietro:— Eh, eh! di volata, Guelfo!...Ma Bluff, quand'ebbe lo spazio libero davanti, s'acquietò, e mi trovai di paro con l'ufficiale, che durava la stessa fatica nel dominare il suo polledro. Lo conoscevo, e questa ragione mi servì per unirmi al gruppo, tenendone la testa ad una cinquantina di metri. Incontrammo una piccola maceria; il capitano saltò furiosamente; il suo polledro lo portò via. Bluff fece un salto al quale Sannìzzaro, dietro, applaudì, e volgendomi li vidi saltare tutti facilmente, tranne il cavallo di Miss Ruffles che fece uno scarto e, dopo aver ritentato, passò di fianco.Il terreno cominciava ad essere malagevole. Da tutte le parti si vedevano frotte di cavalieri correre a briglia sciolta, mettendo nell'immensa campagna un formicolìo di giubbe rosse e d'amazzoni oscure, con l'eco nell'aria degli eccitamenti dati ai cavalli e lo scrosciare lungo di qualche nitrito. Un sordo rumore di terreno battuto si propagava in tutte le direzioni, sollevando per la infinita campagna quasi una oscillante sonorità .Miss Ruffles era rimasta indietro; il Sannìzzaro aveva di molto rallentata l'andatura per non lasciarla sola, ed io, volgendo il capo, vidi a poca distanza dal mio cavallo Edoarda e la contessa di Casciano, le quali galoppavano di paro. Bluff vide sorgere davanti a sè una maceria larga ed ineguale; drizzando le orecchie vi si buttò sotto come un fulmine, prese male il salto e la passò rasente [pg!345] rasente, in grazia del colpo di reni che mi diede quando si sentì sopraffatto dall'altezza. Una pietra toccata sbalzò fuori. Mi fermai dietro l'ostacolo per vedere il salto delle due cavalcatrici.La contessa di Casciano, che montava un saltatore da concorso, passò per la prima, facilmente, sorridendo; invece la baietta di Edoarda, spiccando il salto su le quattro zampe, scavalcò la maceria scompostamente, levandosi di peso, come fanno le capre. Attesi che le due signore passassero, e mi posi dietro loro, ad un galoppo misurato. Una frotta di cavalieri ci attraversò la strada, lasciando nell'aria un sibilo di voci e di scudisci.Bluff, spumoso per l'impazienza di raggiungere i più lontani, andava tutto a puntate, volate; per intorno l'alta erba, solcata in ogni senso, mostrava le tracce delle varie cavalcate.Vidi con gioia la baietta di Edoarda perdere terreno, mentre il bel sauro della contessa di Casciano, indocilmente le forzava la mano stanca. Finalmente, dopo aver saltato un'altro ostacolo, colei si volse, disse qualcosa alla compagna, e filò via. Edoarda, rimasta sola, diresse la cavalla verso un lieve pendio, poi, allentando le redini, si lasciò condurre. Appariva stanca; erano forse le prime cacce, v'era in tutta la sua persona una specie di rilassatezza.Copersi allora la breve distanza che ci separava, e per qualche minuto Bluff galoppò col muso vicino alla groppa della baietta. Lontano si vedevano i cavalieri convergere tutti verso un lato, a sinistra, e poichè i nostri cavalli v'andavano pure, d'un salto la sopravanzai, diedi una spronata nei fianchi a Bluff, e, piegando su la destra, lo lasciai galoppare.Sapevo che nonostante ogni sforzo dell'amazzone la baietta m'avrebbe seguito.Curvo, senza volgermi, sentendola presso, respiravo con voluttà la fragranza del vento primaverile; mi pareva di rapirla, di trarmela dietro legata alla mia sella, senza scampo, come in una leggenda, verso una solitudine di [pg!346] cielo e di luce. Una paura indefinibile mi tratteneva dal volgermi, per guardarla in faccia, e nel fischio dell'aria celere sentivo pur distintamente l'affanno del suo respiro.Per una specie di crudeltà non mi volli fermare; i due cavalli schiumavano, dopo venticinque minuti di galoppo serrato sopra un terreno che le piogge avevano reso pesante; v'erano sassi e buche, ma quel pericolo mi piaceva. Piantai di nuovo gli sproni nei fianchi di Bluff, ed il buon generoso cavallo, raddoppiando di lena, a scatti, a volate, galoppò così disteso, che l'erbe alte gli staffilavano il ventre. E la baietta dietro, ansante, senza cedermi d'un passo.Saltammo tre volte, come volando, l'ultima, intesi Edoarda dare un piccolo grido: si era sentita forse cadere, perchè la baietta saltava con troppo impeto.Allora mi volsi. Pallida, con gli occhi semichiusi, il busto un po' rovesciato all'indietro, pareva che quella corsa l'avesse del tutto sopraffatta ed estenuata; vidi che non teneva quasi le redini, compresi il pericolo, ed a forza di braccia rallentai. Pianamente ci mettemmo di paro, ansanti entrambi come i nostri cavalli, senza guardarci, lontani da tutti, nella solitudine, nel sole.— Edoarda... — mormorai con paura, passando la mano su la criniera della sua cavalla, tanto le stavo presso.Il lembo del suo velo mi sventolava sopra una spalla, e poichè le parole mancavano, eran tutte impari alla mia commozione, lasciai la criniera, presi una sua mano, strinsi dolcemente quelle dita, e la briglia che tenevano, insieme.Ella bruscamente scosse il pugno, e la cavalla molestata fece un piccolo salto.— Mi perdonate? — le domandai. — Sono stato pazzo a condurvi qui, non è vero?Ella piegò la testa e sorrise; quel sorriso fu così pieno di gentilezza, che ne provai quasi un rimorso.— Non potevo più vivere a questo modo! — le dissi. — Bisognava pure che vi parlassi.— Sapete... — rispose con volubilità , guardandomi [pg!347] senz'alcuna esitazione, — avete rischiato di farmi rompere il collo! Davvero, all'ultimo salto, sono rimasta su per miracolo...Non era più la stessa donna; la guardavo e l'ascoltavo con sorpresa.— Non avevo altro modo per potervi parlare, — le dissi con dolcezza; — e sono mesi che attendo...— Oh, davvero?Le presi la mano di nuovo:— Perchè scherzate così? — Proprio non conto più nulla per voi? Null'affatto?Ella abbassò le palpebre con un sorriso pieno di sottile ironia.— Spero non dimenticherete che ho un marito, mio caro conte! — E disse quest'ultime due parole con uno scherno che mi ferì.— Noi ci eravamo promessi una volta di rimanere l'uno per l'altra tutta la vita, — le risposi con esitazione. — Ma, già , queste sono parole che si dicono... almeno per voi!— Già , si dicono pur troppo! Ma un gentiluomo che le abbia intese, dovrebbe saper anche dimenticarle, vi pare?I cavalli avevano preso il trotto, piano, piano.Allora, tirando insieme la mia briglia e quella della baietta, li rimisi di passo.— Che fate ora? — domandò Edoarda sorridente. — Non mi vorrete far perdere, spero? Lasciatemi ritornare, vi prego.E raccolse la briglia abbandonata.— No, ve ne supplico, Edoarda! — esclamai con una voce così commossa, ch'ella visibilmente ne provò stupore.— Poi, — soggiunsi, — bisogna che i cavalli riposino un momento.— Insomma, — elle fece, dopo essersi guardata intorno, — cosa volete ancora da me?— Non lo sapete forse? Ebbene, ve lo dirò. Volevo riudire la vostra voce, guardarvi da vicino, dirvi ancora una volta che non vi ho dimenticata, che sono stato irragionevole quando v'abbandonai, ed ora da voi sola dipende [pg!348] il salvare l'uomo che tuttavia è stato qualcosa nella vostra vita, o vendicarvi del male che vi ho fatto, se pure ve ne feci, ma in un modo mille volte più crudele. Volevo dirvi, Edoarda, che in nessun momento della mia vita mi son sentito pazzo come ora, perchè quello che sto facendo in questo momento è senza dubbio una pazzia...Così le dissi, e fui sincero, tanto è pieno d'inganno quel sensuale turbamento che noi chiamiamo l'amore.— Si, è certo una pazzia, — Edoarda rispose, chinando la faccia scolorata. Mi piegai sovra la sua spalla, fin quasi a toccarla, e dissi:— Non vi ricordate più di me? più affatto?... mai?— Mai! mai! — ella mormorò, chiudendo gli occhi.Le stringevo il braccio, attirandola dolcemente.— È possibile che tutto per voi sia finito, quando invece io, dopo la prima volta che vi ho riveduta, non sono più capace di pensare ad altra cosa che a voi? Quand'io vi desidero in un modo che non ha parola, e passo il giorno, la notte, immaginando come vi potrei parlare?— Tacete! tacete!... Torniamo indietro, — ella propose, cercando quasi di nascondere un improvviso turbamento.Con una specie di cocciutaggine ripresi:— Io fui certo il più fedele, nonostante le mie stoltezze. A tempo, il mio cuore, il mio spirito, erano malati, Edoarda; e dopo di allora sono passate tante cose!...Ella rise di un piccolo riso, breve, sarcastico.— No, non schernitemi! Voi sapete bene che questa è la verità . Sono anche tornato, una volta, per farmi perdonare; ma fu troppo tardi. Vi eravate appunto fidanzata, e, quando me lo dissero, qualcosa mi passò nel cervello, nel cuore... non so... fu come uno schiaffo datomi in piena faccia, e compresi allora tutto l'amore, tutto l'amore profondo che avevo per voi. Su, dÃtemi una parola... non continuate a ridere così!— Oh, vi conosco. Guelfo! Adesso vi conosco; allora no.[pg!349] — Ebbene?— Ebbene, la cosa è molto semplice. Vi è tornato forse un capriccio... Ne avete avuti tanti altri, e gli spensierati come voi conoscono questi ritorni. Anzi, dÃtemi una cosa: Dove avete lasciata la vostra amica?E rise più forte. Questa domanda mi suonò come un insulto: ebbi voglia per un momento di rispondere con la stessa ironia, e tacqui, mentre di me stesso nasceva in me un amaro disprezzo, una commiserazione profonda.— Volete burlarvi di me, — le dissi poi, gravemente. — È giusto: ne avete anche il diritto. Ma tralasciate l'ironia; siate generosa. Cosa volete di più? Quando un uomo vi domanda perdono...— Io non vi devo perdonare nulla. Forse è stato meglio così. Non vi devo perdonare assolutamente nulla. Solo mi sia lecito rivolgervi una preghiera, dopo tanto tempo, e visto che vogliamo parlare seriamente. In questi mesi ultimi vi siete spesso dimenticato che ho un marito ed un nome da rispettare, o meglio da far rispettare. Vi sarei grata se voleste risparmiarmi le vostre persecuzioni continue, tanto più che, una volta o l'altra, potrei averne qualche noia.— È tutto quello che avevate a dirmi? — osservai freddamente.— Mah... è tutto!E andammo a lato, in silenzio, per qualche centinaio di metri, io guardando sopra il collo della mia cavalcatura la bella campagna che si stendeva sino al confuso inazzurrare dei monti ed il sole felice che a perdita d'occhio vi scintillava, ella, di tratto in tratto, sollevando il viso di sotto il velo, come per osservarmi di sfuggita.Poi mi disse repentinamente, con un tono tra il serio ed il faceto:— Avete un po' cambiato fisionomia, da quel tempo...— Vi pare? Sono forse invecchiato. Ho molti capelli bianchi ora.— Volevo dire una diversità di espressione; avete l'aria [pg!350] più cattiva; sembrate un uomo che viva in uno stato anormale, ruminando chissà mai quale idea pericolosa.— Nessuna, tranne quella che voi sapete.— Poi, e perdonatemi la mia franchezza, non sembrate più così spavaldo come una volta. Vi dev'essere capitato qualcosa di grave.— Credo, Edoarda, che non mi vediate più con gli stessi occhi.— Forse.Poi trattenne la cavalla e mi disse con risolutezza:— Torniamo.— No, Edoarda, non ancora, ve ne prego! Non siatemi avara di questi brevi momenti che mi sono procacciato con tanta pazienza, e che forse non si ripeteranno mai più. Ancora debbo dirvi molte cose, che il turbamento mi ha fatte dimenticare. Tanto, siamo al sicuro qui; la caccia è lontana.— Ma io debbo ritornare, intendete? lo debbo! — insistette, come per comandarlo a sè stessa. Poi soggiunse: — L'ascoltarvi più a lungo vi darebbe diritto...— Nessun diritto, nessun diritto... non parlate così! usatemi questo riguardo almeno!E messa la mano su la briglia della baietta, la costrinsi a camminarmi di fianco, sella contro sella.— Ma insomma voi profittate d'una condizione di cose...— No, non è vero... oppure, sì, come volete! Ne profitto forse un poco, e ve ne chiedo scusa. Ma ho bisogno di parlarvi, od almeno di sapere una cosa, una sola, se pur mi vorrete rispondere.— Oh, quale mai?— Una domanda; una domanda insolente e sciocca, perchè certo non mi direte la verità . Ma non importa. Vorrei sapere se amate veramente vostro marito, o se...— Ascoltátemi, Guelfo, — ella fece con un po' di risentimento, — vi siete abbastanza divertito alle mie spalle una volta perchè vi permetta di farlo una seconda!— Ma no, ma no...— Lasciátemi dire. So a cosa tendono i vostri bei discorsi [pg!351] e quale sia decisamente il vostro piano. Con molti giri viziosi venite a farmi un'offerta esplicita, e naturalissima in fondo! Momentaneamente vi piaccio di nuovo, per il semplice fatto che son divenuta la moglie d'un altro, e venite a propormi, oh, con molta cautela!... d'essere la vostra amante...— No, no!— ... a propormi d'essere la vostra amante. Ed io dovrei...— Insomma, Edoarda, vi prego: non continuate!— Amico mio, perchè metterci una maschera sul volto? Diciamo la verità : non è questo?— No! no! mille volte no! La mia domanda vi è parsa brutale, forse; lo era infatti. Ma non credevo che si potesse tornare del tutto estranei dopo un passato come il nostro, e contavo un poco su l'amicizia d'una volta. Voi oggi ridete, prendete le mie parole in burla, vi piace umiliarmi e vedermi soffrire; ma io v'ho fatta quella domanda per una ragione ben diversa. Ecco, Edoarda: se fossi certo che amate un altr'uomo, che vi siete sposata per amore di lui, scordandomi del tutto, se avessi questa certezza, vi dico, sarebbe l'ultima volta che cercherei d'avvicinarvi. Quindi non rispondetemi, perchè, se fosse così, varrebbe meglio non saperlo.Ella si chiuse un poco nelle spalle, guardò altrove, senza rispondere.— Son mesi e mesi, — continuai, — che questo dubbio mi tortura, ed è solo per questo che ho trovato il coraggio di venirvi a parlare.— Oh, il coraggio in questi casi gli uomini lo trovano sempre!Lontano, lontano, i corni da caccia squillavano a distesa nell'aria piena di sole; veniva per la terra sonora un rumore di galoppi distanti. Ella ebbe un leggero tremito:— Vengono!... — esclamò.— No, anzi si allontánano.— Ma bisogna pure ch'io mi trovi al «meet».[pg!352] — C'è tempo, c'è tempo! La caccia non finirà così presto.— Insomma, Guelfo, abbiamo fatto... cioè, avete fatto molto male, molto male!...E la sua voce non era più nè irritata nè schernevole.— Perchè?Un po' stanca, un po' curva, ella si passò la mano su la fronte, fra i capelli scomposti.— Perchè?... — ripetei, stringendole un polso, uno di que' polsi fragili, che davano al contatto la sensazione di poterli spezzare. L'attirai lentamente; le nostre spalle si toccarono, e, levando i suoi grandi occhi, mansuetamente, come faceva una volta, vide nell'alterazione del mio viso i segni dello smarrimento che mi turbava.— Sei cambiata, — le mormorai; — ma per me sei ancora la stessa... e più bella! Ti ricordi?...Ella chiuse gli occhi e piegò il mento sul petto.— Guà rdami... — la pregai, — guà rdami!...Allora sollevò il viso, con le palpebre chiuse, la bocca ferma. Il sole, battendole in faccia, dorava il suo pallore.— Sei cambiata e sei la stessa, — ripetei. — Più bella, mille volte più bella! Io non ho cessato mai di volerti bene. Ora lo sento. Eri nel mio destino, e il destino torna... deve tornare! Dimmi... dimmi!... Anche tu?Ella scosse il capo con violenza, come per ribellarsi al bisogno di rispondere «Sì!»— Pensa che felicità sarebbe la nostra!... — le bisbigliai.Vi sono momenti nuovi nel traboccar d'un'antica passione, in cui l'anima viene su la bocca e parla da sè. Ora i cavalli andavano d'un passo lento, strappando qua e là ciuffi d'erba; un vento lieve increspava le criniere, fasciandomi il suo velo intorno al collo.— Dimmi, — le domandai piano, stringendola tutta contro la mia spalla, — dimmi la verità ... la verità !... lo ami?Con gli occhi semichiusi, la faccia un po' convulsa, la fronte presso la mia bocca, scosse il capo con impazienza, [pg!353] quasi con ira, mentre le sue ciglia si bagnavano di lacrime mal frenate.— Perchè vuoi farmi parlare! — esclamò.Una stupenda gioia mi rise nell'anima, e d'improvviso mi sembrò che tutto quanto, all'intorno, girasse, girasse, in una vertigine di sole...— E, dimmi ancora... non lo hai amato mai?— Ah, lásciami!... — comandò con ribellione, come se un nodo le soffocasse la gola. E mi respinse.— No! rispóndimi!... Mai?... in nessun modo?...L'abbracciavo, la serravo imperiosamente. Ella di nuovo strinse le labbra, e negò.— Senti allora... e me?— Tu?Aperse gli occhi mi guardò, mi fissò profondamente, come per riconoscermi. V'era in quegli occhi azzurri un'ombra che li faceva parer cupi, e le sue labbra smorte mi si offersero con un bacio di tutta la persona.— Germano, Germano... — pregò, — andiamo via!...Tutte le trombe lontane d'un tratto echeggiarono, percuotendo l'aria come una staffilata sonora.[pg!354]
Era giornata di caccia. Il master, don Antonino Feretra, ci aveva dato convegno per le nove del mattino.
Fresco ed ilare, per quella giocondità della primavera laziale, ero uscito di buon'ora montando per la prima volta Bluff, il mio nuovissimo irlandese dal mantello sauro focato, con il muso e le balzane d'un color candido come la neve.
Due mazzi di baccarà eccezionali mi avevano permesso di comperare questo ammirevole cavallo, giunto fresco fresco dall'Irlanda e conteso con sforzi eroici all'imberbe quanto milionario Stefanuccio Gola, che, non essendosi ancora potuto liberare da una fastidiosa inabilitazione, m'aveva dovuto cedere sul prezzo. Bluff era un superbo animale, dalla criniera folta, le reni spaziose, il petto robusto, saltatore agilissimo e galoppatore instancabile.
Stretto nella mia giubba rossa, recandomi di buon trotto al «meet», mi pareva d'essere tornato il gentiluomo d'una volta, intrepido a tutte le macerie, spavaldo in sella come se ci fossi nato. E la vita, quella mattina, mi piaceva ancora.
Giunsi, mentre il master prendeva il galoppo seguito dai cani, facendo squillare nitidamente il corno da caccia.
Il «meet» era frequentatissimo. Vidi Piero de Luca in sella d'un puro-sangue irrequieto come una gazzella e intesi donna Maria Monsélice, amazzone ammiratissima, dirgli con tono d'intenditrice:
— Long Tail non vi farà il percorso, barone, e voi rischiate di rompervi il collo. Spero che girerete le macerie.
[pg!343] Il De Luca, sorridendo come un uomo indurito alle avventure della sella, rispose:
— Tutt'altro! È una scommessa, Donna Maria, e sono ben sicuro di vincere.
— Sarebbe veramente peccato rovinare questo bel puro-sangue in una caccia.
— Long Tail ha un'andatura infernale, ma non rifiuta nessun ostacolo; se permettete, vi seguirò da vicino, senza lasciargli prendere la mano.
— Andiamo! — diss'ella scudisciando il proprio cavallo. E volarono via.
Stavo intanto parlando con due cavalieri che ammiravano Bluff, quando, fra un gruppo d'amazzoni che prendevano il galoppo, vidi o mi parve riconoscere Edoarda, nel mezzo fra la contessa di Casciano e miss Emy Ruffles, con altre che non ravvisai. Guidavano il gruppo Giorgio Sannìzzaro ed un capitano di cavalleria. Difficilmente l'occhio poteva trarmi in errore, ma, per il travestimento dell'amazzone, e sapendo che a' miei tempi ella non aveva mai preso parte ad alcuna caccia, dubitai d'essermi ingannato.
Col cuore in tumulto misi Bluff di galoppo, spingendolo in direzione del gruppo che già s'allontanava per la campagna. L'irlandese di buon sangue, spiegando un'andatura meravigliosamente distesa, in breve li accostò, e quando giunsi a pochi metri da loro durai gran fatica per diminuirne l'impeto e non passar oltre.
Da vicino riconobbi Edoarda. Ella montava una cavalla baia, nervosa e gentile; indossava un'amazzone di velluto color viola fosco, portando, come una volta, i capelli annodati su la nuca. Un largo velo, fasciandole il cappello due volte, lasciava ondeggiare i suoi lembi nel vento del galoppo. Pensavo: «Egli le ha comunicate le sue passioni. Questo nuovo amore del cavallo è un segno quasi di affinità con lui.» E per tenermi dietro al gruppo dov'ella era, di continuo rompevo l'appoggio del morso a Bluff, che generosamente li voleva sopravvanzare.
Tutta la campagna laziale, a perdita d'occhio, era [pg!344] inondata di sole; il terreno mandava un luccicore insostenibile, rotto qua e là dall'ammasso di un'antica maceria, dove le scaglie d'argilla balenavano come frantumi di specchiere.
Davanti si parò una staccionata d'un metro circa, ed il gruppo, su due file, saltò netto. Ma, sopravvenute una seconda, poi una terza, i cavalli, animatisi ruppero un poco l'ordine, distanziandosi gradatamente. Le braccia più non mi reggevano per lo sforzo di rimanere in coda, e allora, piegando sul fianco, lasciai che l'irlandese passasse. Rapidamente mandai loro un saluto.
Giorgio Sannìzzaro mi gridò dietro:
— Eh, eh! di volata, Guelfo!...
Ma Bluff, quand'ebbe lo spazio libero davanti, s'acquietò, e mi trovai di paro con l'ufficiale, che durava la stessa fatica nel dominare il suo polledro. Lo conoscevo, e questa ragione mi servì per unirmi al gruppo, tenendone la testa ad una cinquantina di metri. Incontrammo una piccola maceria; il capitano saltò furiosamente; il suo polledro lo portò via. Bluff fece un salto al quale Sannìzzaro, dietro, applaudì, e volgendomi li vidi saltare tutti facilmente, tranne il cavallo di Miss Ruffles che fece uno scarto e, dopo aver ritentato, passò di fianco.
Il terreno cominciava ad essere malagevole. Da tutte le parti si vedevano frotte di cavalieri correre a briglia sciolta, mettendo nell'immensa campagna un formicolìo di giubbe rosse e d'amazzoni oscure, con l'eco nell'aria degli eccitamenti dati ai cavalli e lo scrosciare lungo di qualche nitrito. Un sordo rumore di terreno battuto si propagava in tutte le direzioni, sollevando per la infinita campagna quasi una oscillante sonorità .
Miss Ruffles era rimasta indietro; il Sannìzzaro aveva di molto rallentata l'andatura per non lasciarla sola, ed io, volgendo il capo, vidi a poca distanza dal mio cavallo Edoarda e la contessa di Casciano, le quali galoppavano di paro. Bluff vide sorgere davanti a sè una maceria larga ed ineguale; drizzando le orecchie vi si buttò sotto come un fulmine, prese male il salto e la passò rasente [pg!345] rasente, in grazia del colpo di reni che mi diede quando si sentì sopraffatto dall'altezza. Una pietra toccata sbalzò fuori. Mi fermai dietro l'ostacolo per vedere il salto delle due cavalcatrici.
La contessa di Casciano, che montava un saltatore da concorso, passò per la prima, facilmente, sorridendo; invece la baietta di Edoarda, spiccando il salto su le quattro zampe, scavalcò la maceria scompostamente, levandosi di peso, come fanno le capre. Attesi che le due signore passassero, e mi posi dietro loro, ad un galoppo misurato. Una frotta di cavalieri ci attraversò la strada, lasciando nell'aria un sibilo di voci e di scudisci.
Bluff, spumoso per l'impazienza di raggiungere i più lontani, andava tutto a puntate, volate; per intorno l'alta erba, solcata in ogni senso, mostrava le tracce delle varie cavalcate.
Vidi con gioia la baietta di Edoarda perdere terreno, mentre il bel sauro della contessa di Casciano, indocilmente le forzava la mano stanca. Finalmente, dopo aver saltato un'altro ostacolo, colei si volse, disse qualcosa alla compagna, e filò via. Edoarda, rimasta sola, diresse la cavalla verso un lieve pendio, poi, allentando le redini, si lasciò condurre. Appariva stanca; erano forse le prime cacce, v'era in tutta la sua persona una specie di rilassatezza.
Copersi allora la breve distanza che ci separava, e per qualche minuto Bluff galoppò col muso vicino alla groppa della baietta. Lontano si vedevano i cavalieri convergere tutti verso un lato, a sinistra, e poichè i nostri cavalli v'andavano pure, d'un salto la sopravanzai, diedi una spronata nei fianchi a Bluff, e, piegando su la destra, lo lasciai galoppare.
Sapevo che nonostante ogni sforzo dell'amazzone la baietta m'avrebbe seguito.
Curvo, senza volgermi, sentendola presso, respiravo con voluttà la fragranza del vento primaverile; mi pareva di rapirla, di trarmela dietro legata alla mia sella, senza scampo, come in una leggenda, verso una solitudine di [pg!346] cielo e di luce. Una paura indefinibile mi tratteneva dal volgermi, per guardarla in faccia, e nel fischio dell'aria celere sentivo pur distintamente l'affanno del suo respiro.
Per una specie di crudeltà non mi volli fermare; i due cavalli schiumavano, dopo venticinque minuti di galoppo serrato sopra un terreno che le piogge avevano reso pesante; v'erano sassi e buche, ma quel pericolo mi piaceva. Piantai di nuovo gli sproni nei fianchi di Bluff, ed il buon generoso cavallo, raddoppiando di lena, a scatti, a volate, galoppò così disteso, che l'erbe alte gli staffilavano il ventre. E la baietta dietro, ansante, senza cedermi d'un passo.
Saltammo tre volte, come volando, l'ultima, intesi Edoarda dare un piccolo grido: si era sentita forse cadere, perchè la baietta saltava con troppo impeto.
Allora mi volsi. Pallida, con gli occhi semichiusi, il busto un po' rovesciato all'indietro, pareva che quella corsa l'avesse del tutto sopraffatta ed estenuata; vidi che non teneva quasi le redini, compresi il pericolo, ed a forza di braccia rallentai. Pianamente ci mettemmo di paro, ansanti entrambi come i nostri cavalli, senza guardarci, lontani da tutti, nella solitudine, nel sole.
— Edoarda... — mormorai con paura, passando la mano su la criniera della sua cavalla, tanto le stavo presso.
Il lembo del suo velo mi sventolava sopra una spalla, e poichè le parole mancavano, eran tutte impari alla mia commozione, lasciai la criniera, presi una sua mano, strinsi dolcemente quelle dita, e la briglia che tenevano, insieme.
Ella bruscamente scosse il pugno, e la cavalla molestata fece un piccolo salto.
— Mi perdonate? — le domandai. — Sono stato pazzo a condurvi qui, non è vero?
Ella piegò la testa e sorrise; quel sorriso fu così pieno di gentilezza, che ne provai quasi un rimorso.
— Non potevo più vivere a questo modo! — le dissi. — Bisognava pure che vi parlassi.
— Sapete... — rispose con volubilità , guardandomi [pg!347] senz'alcuna esitazione, — avete rischiato di farmi rompere il collo! Davvero, all'ultimo salto, sono rimasta su per miracolo...
Non era più la stessa donna; la guardavo e l'ascoltavo con sorpresa.
— Non avevo altro modo per potervi parlare, — le dissi con dolcezza; — e sono mesi che attendo...
— Oh, davvero?
Le presi la mano di nuovo:
— Perchè scherzate così? — Proprio non conto più nulla per voi? Null'affatto?
Ella abbassò le palpebre con un sorriso pieno di sottile ironia.
— Spero non dimenticherete che ho un marito, mio caro conte! — E disse quest'ultime due parole con uno scherno che mi ferì.
— Noi ci eravamo promessi una volta di rimanere l'uno per l'altra tutta la vita, — le risposi con esitazione. — Ma, già , queste sono parole che si dicono... almeno per voi!
— Già , si dicono pur troppo! Ma un gentiluomo che le abbia intese, dovrebbe saper anche dimenticarle, vi pare?
I cavalli avevano preso il trotto, piano, piano.
Allora, tirando insieme la mia briglia e quella della baietta, li rimisi di passo.
— Che fate ora? — domandò Edoarda sorridente. — Non mi vorrete far perdere, spero? Lasciatemi ritornare, vi prego.
E raccolse la briglia abbandonata.
— No, ve ne supplico, Edoarda! — esclamai con una voce così commossa, ch'ella visibilmente ne provò stupore.
— Poi, — soggiunsi, — bisogna che i cavalli riposino un momento.
— Insomma, — elle fece, dopo essersi guardata intorno, — cosa volete ancora da me?
— Non lo sapete forse? Ebbene, ve lo dirò. Volevo riudire la vostra voce, guardarvi da vicino, dirvi ancora una volta che non vi ho dimenticata, che sono stato irragionevole quando v'abbandonai, ed ora da voi sola dipende [pg!348] il salvare l'uomo che tuttavia è stato qualcosa nella vostra vita, o vendicarvi del male che vi ho fatto, se pure ve ne feci, ma in un modo mille volte più crudele. Volevo dirvi, Edoarda, che in nessun momento della mia vita mi son sentito pazzo come ora, perchè quello che sto facendo in questo momento è senza dubbio una pazzia...
Così le dissi, e fui sincero, tanto è pieno d'inganno quel sensuale turbamento che noi chiamiamo l'amore.
— Si, è certo una pazzia, — Edoarda rispose, chinando la faccia scolorata. Mi piegai sovra la sua spalla, fin quasi a toccarla, e dissi:
— Non vi ricordate più di me? più affatto?... mai?
— Mai! mai! — ella mormorò, chiudendo gli occhi.
Le stringevo il braccio, attirandola dolcemente.
— È possibile che tutto per voi sia finito, quando invece io, dopo la prima volta che vi ho riveduta, non sono più capace di pensare ad altra cosa che a voi? Quand'io vi desidero in un modo che non ha parola, e passo il giorno, la notte, immaginando come vi potrei parlare?
— Tacete! tacete!... Torniamo indietro, — ella propose, cercando quasi di nascondere un improvviso turbamento.
Con una specie di cocciutaggine ripresi:
— Io fui certo il più fedele, nonostante le mie stoltezze. A tempo, il mio cuore, il mio spirito, erano malati, Edoarda; e dopo di allora sono passate tante cose!...
Ella rise di un piccolo riso, breve, sarcastico.
— No, non schernitemi! Voi sapete bene che questa è la verità . Sono anche tornato, una volta, per farmi perdonare; ma fu troppo tardi. Vi eravate appunto fidanzata, e, quando me lo dissero, qualcosa mi passò nel cervello, nel cuore... non so... fu come uno schiaffo datomi in piena faccia, e compresi allora tutto l'amore, tutto l'amore profondo che avevo per voi. Su, dÃtemi una parola... non continuate a ridere così!
— Oh, vi conosco. Guelfo! Adesso vi conosco; allora no.
[pg!349] — Ebbene?
— Ebbene, la cosa è molto semplice. Vi è tornato forse un capriccio... Ne avete avuti tanti altri, e gli spensierati come voi conoscono questi ritorni. Anzi, dÃtemi una cosa: Dove avete lasciata la vostra amica?
E rise più forte. Questa domanda mi suonò come un insulto: ebbi voglia per un momento di rispondere con la stessa ironia, e tacqui, mentre di me stesso nasceva in me un amaro disprezzo, una commiserazione profonda.
— Volete burlarvi di me, — le dissi poi, gravemente. — È giusto: ne avete anche il diritto. Ma tralasciate l'ironia; siate generosa. Cosa volete di più? Quando un uomo vi domanda perdono...
— Io non vi devo perdonare nulla. Forse è stato meglio così. Non vi devo perdonare assolutamente nulla. Solo mi sia lecito rivolgervi una preghiera, dopo tanto tempo, e visto che vogliamo parlare seriamente. In questi mesi ultimi vi siete spesso dimenticato che ho un marito ed un nome da rispettare, o meglio da far rispettare. Vi sarei grata se voleste risparmiarmi le vostre persecuzioni continue, tanto più che, una volta o l'altra, potrei averne qualche noia.
— È tutto quello che avevate a dirmi? — osservai freddamente.
— Mah... è tutto!
E andammo a lato, in silenzio, per qualche centinaio di metri, io guardando sopra il collo della mia cavalcatura la bella campagna che si stendeva sino al confuso inazzurrare dei monti ed il sole felice che a perdita d'occhio vi scintillava, ella, di tratto in tratto, sollevando il viso di sotto il velo, come per osservarmi di sfuggita.
Poi mi disse repentinamente, con un tono tra il serio ed il faceto:
— Avete un po' cambiato fisionomia, da quel tempo...
— Vi pare? Sono forse invecchiato. Ho molti capelli bianchi ora.
— Volevo dire una diversità di espressione; avete l'aria [pg!350] più cattiva; sembrate un uomo che viva in uno stato anormale, ruminando chissà mai quale idea pericolosa.
— Nessuna, tranne quella che voi sapete.
— Poi, e perdonatemi la mia franchezza, non sembrate più così spavaldo come una volta. Vi dev'essere capitato qualcosa di grave.
— Credo, Edoarda, che non mi vediate più con gli stessi occhi.
— Forse.
Poi trattenne la cavalla e mi disse con risolutezza:
— Torniamo.
— No, Edoarda, non ancora, ve ne prego! Non siatemi avara di questi brevi momenti che mi sono procacciato con tanta pazienza, e che forse non si ripeteranno mai più. Ancora debbo dirvi molte cose, che il turbamento mi ha fatte dimenticare. Tanto, siamo al sicuro qui; la caccia è lontana.
— Ma io debbo ritornare, intendete? lo debbo! — insistette, come per comandarlo a sè stessa. Poi soggiunse: — L'ascoltarvi più a lungo vi darebbe diritto...
— Nessun diritto, nessun diritto... non parlate così! usatemi questo riguardo almeno!
E messa la mano su la briglia della baietta, la costrinsi a camminarmi di fianco, sella contro sella.
— Ma insomma voi profittate d'una condizione di cose...
— No, non è vero... oppure, sì, come volete! Ne profitto forse un poco, e ve ne chiedo scusa. Ma ho bisogno di parlarvi, od almeno di sapere una cosa, una sola, se pur mi vorrete rispondere.
— Oh, quale mai?
— Una domanda; una domanda insolente e sciocca, perchè certo non mi direte la verità . Ma non importa. Vorrei sapere se amate veramente vostro marito, o se...
— Ascoltátemi, Guelfo, — ella fece con un po' di risentimento, — vi siete abbastanza divertito alle mie spalle una volta perchè vi permetta di farlo una seconda!
— Ma no, ma no...
— Lasciátemi dire. So a cosa tendono i vostri bei discorsi [pg!351] e quale sia decisamente il vostro piano. Con molti giri viziosi venite a farmi un'offerta esplicita, e naturalissima in fondo! Momentaneamente vi piaccio di nuovo, per il semplice fatto che son divenuta la moglie d'un altro, e venite a propormi, oh, con molta cautela!... d'essere la vostra amante...
— No, no!
— ... a propormi d'essere la vostra amante. Ed io dovrei...
— Insomma, Edoarda, vi prego: non continuate!
— Amico mio, perchè metterci una maschera sul volto? Diciamo la verità : non è questo?
— No! no! mille volte no! La mia domanda vi è parsa brutale, forse; lo era infatti. Ma non credevo che si potesse tornare del tutto estranei dopo un passato come il nostro, e contavo un poco su l'amicizia d'una volta. Voi oggi ridete, prendete le mie parole in burla, vi piace umiliarmi e vedermi soffrire; ma io v'ho fatta quella domanda per una ragione ben diversa. Ecco, Edoarda: se fossi certo che amate un altr'uomo, che vi siete sposata per amore di lui, scordandomi del tutto, se avessi questa certezza, vi dico, sarebbe l'ultima volta che cercherei d'avvicinarvi. Quindi non rispondetemi, perchè, se fosse così, varrebbe meglio non saperlo.
Ella si chiuse un poco nelle spalle, guardò altrove, senza rispondere.
— Son mesi e mesi, — continuai, — che questo dubbio mi tortura, ed è solo per questo che ho trovato il coraggio di venirvi a parlare.
— Oh, il coraggio in questi casi gli uomini lo trovano sempre!
Lontano, lontano, i corni da caccia squillavano a distesa nell'aria piena di sole; veniva per la terra sonora un rumore di galoppi distanti. Ella ebbe un leggero tremito:
— Vengono!... — esclamò.
— No, anzi si allontánano.
— Ma bisogna pure ch'io mi trovi al «meet».
[pg!352] — C'è tempo, c'è tempo! La caccia non finirà così presto.
— Insomma, Guelfo, abbiamo fatto... cioè, avete fatto molto male, molto male!...
E la sua voce non era più nè irritata nè schernevole.
— Perchè?
Un po' stanca, un po' curva, ella si passò la mano su la fronte, fra i capelli scomposti.
— Perchè?... — ripetei, stringendole un polso, uno di que' polsi fragili, che davano al contatto la sensazione di poterli spezzare. L'attirai lentamente; le nostre spalle si toccarono, e, levando i suoi grandi occhi, mansuetamente, come faceva una volta, vide nell'alterazione del mio viso i segni dello smarrimento che mi turbava.
— Sei cambiata, — le mormorai; — ma per me sei ancora la stessa... e più bella! Ti ricordi?...
Ella chiuse gli occhi e piegò il mento sul petto.
— Guà rdami... — la pregai, — guà rdami!...
Allora sollevò il viso, con le palpebre chiuse, la bocca ferma. Il sole, battendole in faccia, dorava il suo pallore.
— Sei cambiata e sei la stessa, — ripetei. — Più bella, mille volte più bella! Io non ho cessato mai di volerti bene. Ora lo sento. Eri nel mio destino, e il destino torna... deve tornare! Dimmi... dimmi!... Anche tu?
Ella scosse il capo con violenza, come per ribellarsi al bisogno di rispondere «Sì!»
— Pensa che felicità sarebbe la nostra!... — le bisbigliai.
Vi sono momenti nuovi nel traboccar d'un'antica passione, in cui l'anima viene su la bocca e parla da sè. Ora i cavalli andavano d'un passo lento, strappando qua e là ciuffi d'erba; un vento lieve increspava le criniere, fasciandomi il suo velo intorno al collo.
— Dimmi, — le domandai piano, stringendola tutta contro la mia spalla, — dimmi la verità ... la verità !... lo ami?
Con gli occhi semichiusi, la faccia un po' convulsa, la fronte presso la mia bocca, scosse il capo con impazienza, [pg!353] quasi con ira, mentre le sue ciglia si bagnavano di lacrime mal frenate.
— Perchè vuoi farmi parlare! — esclamò.
Una stupenda gioia mi rise nell'anima, e d'improvviso mi sembrò che tutto quanto, all'intorno, girasse, girasse, in una vertigine di sole...
— E, dimmi ancora... non lo hai amato mai?
— Ah, lásciami!... — comandò con ribellione, come se un nodo le soffocasse la gola. E mi respinse.
— No! rispóndimi!... Mai?... in nessun modo?...
L'abbracciavo, la serravo imperiosamente. Ella di nuovo strinse le labbra, e negò.
— Senti allora... e me?
— Tu?
Aperse gli occhi mi guardò, mi fissò profondamente, come per riconoscermi. V'era in quegli occhi azzurri un'ombra che li faceva parer cupi, e le sue labbra smorte mi si offersero con un bacio di tutta la persona.
— Germano, Germano... — pregò, — andiamo via!...
Tutte le trombe lontane d'un tratto echeggiarono, percuotendo l'aria come una staffilata sonora.
[pg!354]