L'uomo che supplica in questo modo ha trentaquattro anni, ed è uno dei più grandi del suo tempo; e con un nome illustre, con un ingegno strapotente, come ha dovuto accettare l'elemosina dei Toscani, così vive in parte degli aiuti del Ranieri, quando, ottenuto finalmente il povero soccorso paterno, non è in grado di sopperire con questo ai bisogni della sua vita stremata. E se, per il divisato e non potuto effettuare ritorno in famiglia, è costretto a trarre una cambialetta di 40 ducati, se ne deve scusare in termini di supplicazione; e deve ringraziare il padre e la madre della “carità„ che gli hanno fatta. Se essi non fanno di più perchè non possono, la colpa non è loro; ma la loro colpa inescusabile è di non comprendere ancora, come non hanno compreso mai, la condizione del figlio, la gravità dei suoi mali fisici e morali. “Il tuono delle sue lettere alquanto secco,„ scrive questi al padre sei mesi prima di morire, “è giustissimo in chi fatalmente non può conoscereil vero mio stato, perch'io non ho avuto mai occhi da scrivere una lettera che non si può dettare, e che non può non essere infinita; e perchè certe cose non si debbono scrivere ma dire solo a voce. Ella crede certo ch'io abbia passato fra le rose questi sette anni ch'io ho passato tra i giunchi marini....„ E in mano di questo amico al quale non può dettare tutto l'intimo pensiero suo; del quale sente, nonostante la fratellanza di sette anni, di doversi guardare; in mano di questo amico egli muore diciotto giorni dopo avergli fatto scrivere al padre lontano, che non una volta ha pensato di andarlo a raggiungere: “I miei patimenti fisici giornalieri e incurabili sono arrivati con l'età ad un grado tale che non possono più crescere; spero che superata finalmente la piccola resistenza che oppone il moribondo mio corpo, mi condurranno all'eterno riposo, che invoco caldamente ogni giorno non per eroismo ma per il rigore delle pene che provo. Ringrazio teneramente lei e la mamma del dono dei dieci scudi, bacio le mani ad ambedue loro, abbraccio i fratelli, e prego loro tutti a raccomandarmi a Dio, acciocchè, dopo ch'io li avrò riveduti, una buona e pronta morte ponga fine ai miei mali fisici che non possono guarire altrimenti.„
E dopo che il grande infelice è morto, credete voi che il padre s'acqueti? Udite che cosa scrive Paolina all'amica Brighenti: “DiGiacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più che mai tutto quello che di lui ne veniva fatto di sapere, come di quello che non combinava punto col pensare di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiam fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le abbiam comprate, le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora.... Preghiamo Iddio che non vengano quei volumi nelle mani dei miei genitori; essi ne morrebbero di dolore!...„ Monaldo disereda il figlio Carlo perchè ha sposato, contrariamente alla sua volontà, la cugina Mazzagalli; nel suo testamento egli nomina Giacomo, l'eterna gloria della sua casa, solo perchè si celebrino dieci messe per il riposo dell'anima sua; mentre lungamente ricorda l'altro figlio Luigi, “morto con tutti i segni del predestinato.„ E quando, morto anche Monaldo, la vedova riceve un giorno uno dei visitatori che traggono a Recanati come in pellegrinaggio, e l'ode riverire in lei la madre del grande poeta, ella non sa rispondere altro che: “Dio gli perdoni....„