IL POETA CIECO

IL POETA CIECO

A G. BATTISTA NICCOLINI

Il Poeta

La faccia mia sia volta all'oriente: —E tu dimmi che vedi, or che la brezzaDel sol foriera mormorar si sente.

La faccia mia sia volta all'oriente: —E tu dimmi che vedi, or che la brezzaDel sol foriera mormorar si sente.

La faccia mia sia volta all'oriente: —

E tu dimmi che vedi, or che la brezza

Del sol foriera mormorar si sente.

Il Fanciullo

Vedo una barcaChe il lago varca.Là sulla viaUn villanelloVà lento lentoVerso il castello.Di pianta in piantaL'augel che cantaSvolazza, e limpideStille dai ramiCadono al suol.A noi di fronteSol vedo il monteChe appar turchinoCome tranquilloFlutto marino:InargentatoSplendidamenteE l'oriente....Vedo una nuvola!...Ah padre mioSi leva il sol!

Vedo una barcaChe il lago varca.Là sulla viaUn villanelloVà lento lentoVerso il castello.Di pianta in piantaL'augel che cantaSvolazza, e limpideStille dai ramiCadono al suol.A noi di fronteSol vedo il monteChe appar turchinoCome tranquilloFlutto marino:InargentatoSplendidamenteE l'oriente....Vedo una nuvola!...Ah padre mioSi leva il sol!

Vedo una barca

Che il lago varca.

Là sulla via

Un villanello

Và lento lento

Verso il castello.

Di pianta in pianta

L'augel che canta

Svolazza, e limpide

Stille dai rami

Cadono al suol.

A noi di fronte

Sol vedo il monte

Che appar turchino

Come tranquillo

Flutto marino:

Inargentato

Splendidamente

E l'oriente....

Vedo una nuvola!...

Ah padre mio

Si leva il sol!

Il Poeta

Sì lo sento — e allor che il nuovoSole, o patria, in te fiammeggiaCome dio nella sua reggia,Il tuo ciel, le tue montagneIl tuo pian, le tue marineI castelli, le ruine,Svegliano aura di speranzaNel poeta che in suo coreTeco piange al tuo dolore!Il caro pargoloChe ancor riposaGià l'amorosaMadre guardò.Al prigionieroNel duolo anticoCome un amicoIl dì tornò.E l'uom dal debileFianco or non senteL'età cadenteSu lui gravar.Anche l'infermoCui speme è mortaSi riconfortaNel sol che appar.Tu pur lieve com'ala, o salma mia,Diventi al matutino aere novello:Ma che giova all'estinto che gli siaLieve la polve sparsa sull'avello?Si spanderà dinanzi al gran pianetaL'alito vaporoso della terraOra in vista scherzevole e quieta,Or con tremendo sonito di guerra;Rapidi come i palpiti del coreGli uni sugli altri scoppieranno i lampi;Poi l'arco del sereno annunziatoreSorriderà sui desolati campi;Coronerà le torri il sol cadenteD'un bel vermiglio dolcemente fioco;Azzurro il monte, roseo l'occidente,Tutte le nubi diverran di fuoco;Gli astri confusi alle riverse pianteTremoleranno in sen della laguna;Or emula del sole, or simiglianteA lucid'arco sorgerà la luna;Pria squallide le valli e la pianura,Poi la virtù che terra e ciel trasmutaRisveglierà le rose e la verzura....Ma per quest'alma ogni sembianza è muta!

Sì lo sento — e allor che il nuovoSole, o patria, in te fiammeggiaCome dio nella sua reggia,Il tuo ciel, le tue montagneIl tuo pian, le tue marineI castelli, le ruine,Svegliano aura di speranzaNel poeta che in suo coreTeco piange al tuo dolore!Il caro pargoloChe ancor riposaGià l'amorosaMadre guardò.Al prigionieroNel duolo anticoCome un amicoIl dì tornò.E l'uom dal debileFianco or non senteL'età cadenteSu lui gravar.Anche l'infermoCui speme è mortaSi riconfortaNel sol che appar.Tu pur lieve com'ala, o salma mia,Diventi al matutino aere novello:Ma che giova all'estinto che gli siaLieve la polve sparsa sull'avello?Si spanderà dinanzi al gran pianetaL'alito vaporoso della terraOra in vista scherzevole e quieta,Or con tremendo sonito di guerra;Rapidi come i palpiti del coreGli uni sugli altri scoppieranno i lampi;Poi l'arco del sereno annunziatoreSorriderà sui desolati campi;Coronerà le torri il sol cadenteD'un bel vermiglio dolcemente fioco;Azzurro il monte, roseo l'occidente,Tutte le nubi diverran di fuoco;Gli astri confusi alle riverse pianteTremoleranno in sen della laguna;Or emula del sole, or simiglianteA lucid'arco sorgerà la luna;Pria squallide le valli e la pianura,Poi la virtù che terra e ciel trasmutaRisveglierà le rose e la verzura....Ma per quest'alma ogni sembianza è muta!

Sì lo sento — e allor che il nuovo

Sole, o patria, in te fiammeggia

Come dio nella sua reggia,

Il tuo ciel, le tue montagne

Il tuo pian, le tue marine

I castelli, le ruine,

Svegliano aura di speranza

Nel poeta che in suo core

Teco piange al tuo dolore!

Il caro pargolo

Che ancor riposa

Già l'amorosa

Madre guardò.

Al prigioniero

Nel duolo antico

Come un amico

Il dì tornò.

E l'uom dal debile

Fianco or non sente

L'età cadente

Su lui gravar.

Anche l'infermo

Cui speme è morta

Si riconforta

Nel sol che appar.

Tu pur lieve com'ala, o salma mia,

Diventi al matutino aere novello:

Ma che giova all'estinto che gli sia

Lieve la polve sparsa sull'avello?

Si spanderà dinanzi al gran pianeta

L'alito vaporoso della terra

Ora in vista scherzevole e quieta,

Or con tremendo sonito di guerra;

Rapidi come i palpiti del core

Gli uni sugli altri scoppieranno i lampi;

Poi l'arco del sereno annunziatore

Sorriderà sui desolati campi;

Coronerà le torri il sol cadente

D'un bel vermiglio dolcemente fioco;

Azzurro il monte, roseo l'occidente,

Tutte le nubi diverran di fuoco;

Gli astri confusi alle riverse piante

Tremoleranno in sen della laguna;

Or emula del sole, or simigliante

A lucid'arco sorgerà la luna;

Pria squallide le valli e la pianura,

Poi la virtù che terra e ciel trasmuta

Risveglierà le rose e la verzura....

Ma per quest'alma ogni sembianza è muta!

Dei fanciulli lo stuol folleggianteS'apre obliquo sentier clamorosoTra vegliardi dal fronte pensoso,Tra garzoni dal volto seren,Mentre il cieco rasenta le mura,Col bastone tentando il terren.

Dei fanciulli lo stuol folleggianteS'apre obliquo sentier clamorosoTra vegliardi dal fronte pensoso,Tra garzoni dal volto seren,Mentre il cieco rasenta le mura,Col bastone tentando il terren.

Dei fanciulli lo stuol folleggiante

S'apre obliquo sentier clamoroso

Tra vegliardi dal fronte pensoso,

Tra garzoni dal volto seren,

Mentre il cieco rasenta le mura,

Col bastone tentando il terren.

Il Fanciullo

Giovine donna avvolta in bianco veloVicina a noi passò,E le pupille sue color del cieloPietosa in te fissò,Disse —Infelice!e pianger la mirai!

Giovine donna avvolta in bianco veloVicina a noi passò,E le pupille sue color del cieloPietosa in te fissò,Disse —Infelice!e pianger la mirai!

Giovine donna avvolta in bianco velo

Vicina a noi passò,

E le pupille sue color del cielo

Pietosa in te fissò,

Disse —Infelice!e pianger la mirai!

Il Poeta

Io non la vidi e non la vedrò mai!Un picciolo piede com'aura leggiera,Un guardo ove brilli sereno il pensiero,Un crine diffuso su candido petto,Un pallido aspetto,Il cor del poeta facean palpitar! —Ed or se voce intorno a me sonanteCom'arpa tocca da mirabil'arteM'invoglia di conoscere il sembianteOnde il soave accento si diparte,L'alma dal sen si svelle disianteQuasi l'abisso che da lui mi parteVarcar s'affidi; e poi franta la speneRiman qual prigionier nelle catene.Ma ben del poeta lo sguardo si serraDavanti ai codardi che calcan la terraImpressa dell'orme d'antico valor,Con fronte ombreggiato da crine odorosoIn cui non lampeggia pensier generoso,Con riso che insulta dei forti al dolor. —Chi tragge un sospiro guardando il serenoDel ciel che si curva d'Italia sul senoQual volto d'amico su spenta beltà?E invan tra l'olezzo di floridi piani,O a piè di montagne che nutron vulcaniDanno ombre di gloria le antiche città. —

Io non la vidi e non la vedrò mai!Un picciolo piede com'aura leggiera,Un guardo ove brilli sereno il pensiero,Un crine diffuso su candido petto,Un pallido aspetto,Il cor del poeta facean palpitar! —Ed or se voce intorno a me sonanteCom'arpa tocca da mirabil'arteM'invoglia di conoscere il sembianteOnde il soave accento si diparte,L'alma dal sen si svelle disianteQuasi l'abisso che da lui mi parteVarcar s'affidi; e poi franta la speneRiman qual prigionier nelle catene.Ma ben del poeta lo sguardo si serraDavanti ai codardi che calcan la terraImpressa dell'orme d'antico valor,Con fronte ombreggiato da crine odorosoIn cui non lampeggia pensier generoso,Con riso che insulta dei forti al dolor. —Chi tragge un sospiro guardando il serenoDel ciel che si curva d'Italia sul senoQual volto d'amico su spenta beltà?E invan tra l'olezzo di floridi piani,O a piè di montagne che nutron vulcaniDanno ombre di gloria le antiche città. —

Io non la vidi e non la vedrò mai!

Un picciolo piede com'aura leggiera,

Un guardo ove brilli sereno il pensiero,

Un crine diffuso su candido petto,

Un pallido aspetto,

Il cor del poeta facean palpitar! —

Ed or se voce intorno a me sonante

Com'arpa tocca da mirabil'arte

M'invoglia di conoscere il sembiante

Onde il soave accento si diparte,

L'alma dal sen si svelle disiante

Quasi l'abisso che da lui mi parte

Varcar s'affidi; e poi franta la spene

Riman qual prigionier nelle catene.

Ma ben del poeta lo sguardo si serra

Davanti ai codardi che calcan la terra

Impressa dell'orme d'antico valor,

Con fronte ombreggiato da crine odoroso

In cui non lampeggia pensier generoso,

Con riso che insulta dei forti al dolor. —

Chi tragge un sospiro guardando il sereno

Del ciel che si curva d'Italia sul seno

Qual volto d'amico su spenta beltà?

E invan tra l'olezzo di floridi piani,

O a piè di montagne che nutron vulcani

Danno ombre di gloria le antiche città. —

Il Fanciullo

Alla torre noi siam dei prigionieri! —

Alla torre noi siam dei prigionieri! —

Alla torre noi siam dei prigionieri! —

Il Poeta

E che vedi sul mar? —

E che vedi sul mar? —

E che vedi sul mar? —

Il Fanciullo

Vele lontane! —

Vele lontane! —

Vele lontane! —

Il Poeta

Ma dove l'onda al ciel si ricongiungeNon si stende una striscia porporinaLungamente sui flutti?

Ma dove l'onda al ciel si ricongiungeNon si stende una striscia porporinaLungamente sui flutti?

Ma dove l'onda al ciel si ricongiunge

Non si stende una striscia porporina

Lungamente sui flutti?

Il Fanciullo

— Ah quanto è bella!E un'altra striscia sopra lei si posaChe somiglia al color della viola. —

— Ah quanto è bella!E un'altra striscia sopra lei si posaChe somiglia al color della viola. —

— Ah quanto è bella!

E un'altra striscia sopra lei si posa

Che somiglia al color della viola. —

Il Poeta

Or guarda il ciel — splende la luna?

Or guarda il ciel — splende la luna?

Or guarda il ciel — splende la luna?

Il Fanciullo

Un lieveVelo di cerchio in guisa la circonda,E a lei vicina tremola la stella.

Un lieveVelo di cerchio in guisa la circonda,E a lei vicina tremola la stella.

Un lieve

Velo di cerchio in guisa la circonda,

E a lei vicina tremola la stella.

Il Poeta

Qui ci arrestiam — di queste aure marineQuanto m'è grato inebbriarmi il petto! —E presso al mar s'asside — il figlio intantoVa sull'arena di conchiglie in traccia,O in barca irrequieta al lido avvintaEntra, e coll'agil remo si trastulla.

Qui ci arrestiam — di queste aure marineQuanto m'è grato inebbriarmi il petto! —E presso al mar s'asside — il figlio intantoVa sull'arena di conchiglie in traccia,O in barca irrequieta al lido avvintaEntra, e coll'agil remo si trastulla.

Qui ci arrestiam — di queste aure marine

Quanto m'è grato inebbriarmi il petto! —

E presso al mar s'asside — il figlio intanto

Va sull'arena di conchiglie in traccia,

O in barca irrequieta al lido avvinta

Entra, e coll'agil remo si trastulla.

Un Pescatore(cantando)

«Sempre vicina al lido«Và questa navicella,«Italia è troppo bella«Io non la vuo' lasciar. —«Prima che l'alba nasca«Lasciando il tetto mio«Degli astri al tremolio«Gitto le reti in mar.«E al mio ritorno i figli«Con ilare sembiante«La preda ancor guizzante«Accorrono a mirar.«Vada il nocchiero ardito«Incontro alla procella:«Italia è troppo bella«Io non la vuo' lasciar.

«Sempre vicina al lido«Và questa navicella,«Italia è troppo bella«Io non la vuo' lasciar. —«Prima che l'alba nasca«Lasciando il tetto mio«Degli astri al tremolio«Gitto le reti in mar.«E al mio ritorno i figli«Con ilare sembiante«La preda ancor guizzante«Accorrono a mirar.«Vada il nocchiero ardito«Incontro alla procella:«Italia è troppo bella«Io non la vuo' lasciar.

«Sempre vicina al lido

«Và questa navicella,

«Italia è troppo bella

«Io non la vuo' lasciar. —

«Prima che l'alba nasca

«Lasciando il tetto mio

«Degli astri al tremolio

«Gitto le reti in mar.

«E al mio ritorno i figli

«Con ilare sembiante

«La preda ancor guizzante

«Accorrono a mirar.

«Vada il nocchiero ardito

«Incontro alla procella:

«Italia è troppo bella

«Io non la vuo' lasciar.

Un Prigioniero(cantando)

«M'hai rapita la bellezza«De' miei poggi, del mio sole,«Della sposa la carezza,«II sorriso della prole.«Perchè l'ala del pensier«È rimasta al prigionier?Poi di lontaneVoci armoniaSuona sull'onde,E a lor rispondeAltra armonia,—Son navigantiSon prigionieriChe della seraFan la preghieraSacra a Maria.—L'augel notturnoFlebilementeCantar si sente;E i doppi ferriDella prigionDa mano vigilePercossi mandanoLugubre suon.

«M'hai rapita la bellezza«De' miei poggi, del mio sole,«Della sposa la carezza,«II sorriso della prole.«Perchè l'ala del pensier«È rimasta al prigionier?Poi di lontaneVoci armoniaSuona sull'onde,E a lor rispondeAltra armonia,—Son navigantiSon prigionieriChe della seraFan la preghieraSacra a Maria.—L'augel notturnoFlebilementeCantar si sente;E i doppi ferriDella prigionDa mano vigilePercossi mandanoLugubre suon.

«M'hai rapita la bellezza

«De' miei poggi, del mio sole,

«Della sposa la carezza,

«II sorriso della prole.

«Perchè l'ala del pensier

«È rimasta al prigionier?

Poi di lontane

Voci armonia

Suona sull'onde,

E a lor risponde

Altra armonia,—

Son naviganti

Son prigionieri

Che della sera

Fan la preghiera

Sacra a Maria.—

L'augel notturno

Flebilemente

Cantar si sente;

E i doppi ferri

Della prigion

Da mano vigile

Percossi mandano

Lugubre suon.

Il Poeta

Del pescator la melodia si tace,Muore sull'aura il prego del nocchier;Quetò la rondinella il vol loquace,E più non si lamenta il prigionier.Ah conosco la notturnaOra all'aere taciturna,Interrotta sol dal murmureDel tranquillo mar che frange,Simigliante ad uom che piange.La conosco: e questa è l'oraChe ricurvo sulla proraIl nocchier pensa più flebileDella patria le pendici,E l'addio dei cari amici!Mare! allor che il tuo vergine zaffiroEra alle stelle e al sol specchio lucente,E di natura al matutin respiroI tuoi flutti turgean candidamente,Nè ancor dei venti al procelloso spiroS'unía la voce del nocchier morente,Te delle madri il disperato affettoNon avea maledetto.Ministro ai voli dell'uman desioL'ardimentoso pin lottò coll'onde,E l'inquieto spirto discoprioQuanto mistero il velo tuo nasconde.Ala d'italo genio il sol seguioAnche nel ciel di sconosciute sponde,E qual gemma rapita al tuo profondoFu dissepolto un mondo....Al marin suolo instabileSomiglia l'inquietaAnima del poeta,Che più scolpito senteIl verbo della mente,Allor che delle tenebreEntro la pace immensaPiange, s'allegra, e pensa.Mentre serene rilucean le stelleSui taciturni alberghi dei cultori,Quai solitarie e più d'ogni altra belle,E quai ristrette in variati cori,Lo spirto mio da questa bassa stanzaA voi s'ergea tra i mondi, e queti i vanniDove degl'infelici è la speranza,Il terror dei codardi e dei tiranni,Vedea da quell'eterna aura sicuraQual lento verme su fiorito steloIl tempo passeggiar sulla naturaStampando orma di morte in terra e in cielo.E in altre notti, allor che il firmamentoEra da spesse folgori solcato,E si spandea col sibilar del ventoIl muggito del mare infuriato,Oh quante volte di funereo cintoSulla soglia inspirato m'arrestai!E antico grandeggiar popolo estintoFuor delle scoperchiate urne mirai.Poscia quando tra brani di procellaAzzurreggiava il ciel novellamente,E a lui tornava la smarrita stellaQuai pensier dolce a disperata mente;E della notte il queto orror profondoSol da cadenti stille era turbato,Esser mi parve abitator d'un mondoDal sole e dalla gente abbandonato.Veglie di gaudio arcanoInebbriate — addio!Or come il vulgo umanoInvoco il sonno anch'io.Nè davanti a marmoreoVetusto monumento,Allorchè rinnovellanoLe upupe il lor lamento,M'assiderò stupitoPensando ai corsi secoli,Al nulla, all'infinito.

Del pescator la melodia si tace,Muore sull'aura il prego del nocchier;Quetò la rondinella il vol loquace,E più non si lamenta il prigionier.Ah conosco la notturnaOra all'aere taciturna,Interrotta sol dal murmureDel tranquillo mar che frange,Simigliante ad uom che piange.La conosco: e questa è l'oraChe ricurvo sulla proraIl nocchier pensa più flebileDella patria le pendici,E l'addio dei cari amici!Mare! allor che il tuo vergine zaffiroEra alle stelle e al sol specchio lucente,E di natura al matutin respiroI tuoi flutti turgean candidamente,Nè ancor dei venti al procelloso spiroS'unía la voce del nocchier morente,Te delle madri il disperato affettoNon avea maledetto.Ministro ai voli dell'uman desioL'ardimentoso pin lottò coll'onde,E l'inquieto spirto discoprioQuanto mistero il velo tuo nasconde.Ala d'italo genio il sol seguioAnche nel ciel di sconosciute sponde,E qual gemma rapita al tuo profondoFu dissepolto un mondo....Al marin suolo instabileSomiglia l'inquietaAnima del poeta,Che più scolpito senteIl verbo della mente,Allor che delle tenebreEntro la pace immensaPiange, s'allegra, e pensa.Mentre serene rilucean le stelleSui taciturni alberghi dei cultori,Quai solitarie e più d'ogni altra belle,E quai ristrette in variati cori,Lo spirto mio da questa bassa stanzaA voi s'ergea tra i mondi, e queti i vanniDove degl'infelici è la speranza,Il terror dei codardi e dei tiranni,Vedea da quell'eterna aura sicuraQual lento verme su fiorito steloIl tempo passeggiar sulla naturaStampando orma di morte in terra e in cielo.E in altre notti, allor che il firmamentoEra da spesse folgori solcato,E si spandea col sibilar del ventoIl muggito del mare infuriato,Oh quante volte di funereo cintoSulla soglia inspirato m'arrestai!E antico grandeggiar popolo estintoFuor delle scoperchiate urne mirai.Poscia quando tra brani di procellaAzzurreggiava il ciel novellamente,E a lui tornava la smarrita stellaQuai pensier dolce a disperata mente;E della notte il queto orror profondoSol da cadenti stille era turbato,Esser mi parve abitator d'un mondoDal sole e dalla gente abbandonato.Veglie di gaudio arcanoInebbriate — addio!Or come il vulgo umanoInvoco il sonno anch'io.Nè davanti a marmoreoVetusto monumento,Allorchè rinnovellanoLe upupe il lor lamento,M'assiderò stupitoPensando ai corsi secoli,Al nulla, all'infinito.

Del pescator la melodia si tace,

Muore sull'aura il prego del nocchier;

Quetò la rondinella il vol loquace,

E più non si lamenta il prigionier.

Ah conosco la notturna

Ora all'aere taciturna,

Interrotta sol dal murmure

Del tranquillo mar che frange,

Simigliante ad uom che piange.

La conosco: e questa è l'ora

Che ricurvo sulla prora

Il nocchier pensa più flebile

Della patria le pendici,

E l'addio dei cari amici!

Mare! allor che il tuo vergine zaffiro

Era alle stelle e al sol specchio lucente,

E di natura al matutin respiro

I tuoi flutti turgean candidamente,

Nè ancor dei venti al procelloso spiro

S'unía la voce del nocchier morente,

Te delle madri il disperato affetto

Non avea maledetto.

Ministro ai voli dell'uman desio

L'ardimentoso pin lottò coll'onde,

E l'inquieto spirto discoprio

Quanto mistero il velo tuo nasconde.

Ala d'italo genio il sol seguio

Anche nel ciel di sconosciute sponde,

E qual gemma rapita al tuo profondo

Fu dissepolto un mondo....

Al marin suolo instabile

Somiglia l'inquieta

Anima del poeta,

Che più scolpito sente

Il verbo della mente,

Allor che delle tenebre

Entro la pace immensa

Piange, s'allegra, e pensa.

Mentre serene rilucean le stelle

Sui taciturni alberghi dei cultori,

Quai solitarie e più d'ogni altra belle,

E quai ristrette in variati cori,

Lo spirto mio da questa bassa stanza

A voi s'ergea tra i mondi, e queti i vanni

Dove degl'infelici è la speranza,

Il terror dei codardi e dei tiranni,

Vedea da quell'eterna aura sicura

Qual lento verme su fiorito stelo

Il tempo passeggiar sulla natura

Stampando orma di morte in terra e in cielo.

E in altre notti, allor che il firmamento

Era da spesse folgori solcato,

E si spandea col sibilar del vento

Il muggito del mare infuriato,

Oh quante volte di funereo cinto

Sulla soglia inspirato m'arrestai!

E antico grandeggiar popolo estinto

Fuor delle scoperchiate urne mirai.

Poscia quando tra brani di procella

Azzurreggiava il ciel novellamente,

E a lui tornava la smarrita stella

Quai pensier dolce a disperata mente;

E della notte il queto orror profondo

Sol da cadenti stille era turbato,

Esser mi parve abitator d'un mondo

Dal sole e dalla gente abbandonato.

Veglie di gaudio arcano

Inebbriate — addio!

Or come il vulgo umano

Invoco il sonno anch'io.

Nè davanti a marmoreo

Vetusto monumento,

Allorchè rinnovellano

Le upupe il lor lamento,

M'assiderò stupito

Pensando ai corsi secoli,

Al nulla, all'infinito.

Il Poeta

A me ti appressa, o figlio — oh come dolceMi fia sentir sulle ginocchia il pesoDelle tue membra, e aver la mano avvoltaEntro la chioma tua! — voi, figlie, intantoAddormentate il mio dolor col canto.

A me ti appressa, o figlio — oh come dolceMi fia sentir sulle ginocchia il pesoDelle tue membra, e aver la mano avvoltaEntro la chioma tua! — voi, figlie, intantoAddormentate il mio dolor col canto.

A me ti appressa, o figlio — oh come dolce

Mi fia sentir sulle ginocchia il peso

Delle tue membra, e aver la mano avvolta

Entro la chioma tua! — voi, figlie, intanto

Addormentate il mio dolor col canto.

Le figlie(cantando sull'arpa)

«In densa nube avvoltoÈ il nostro genitor,E sempre di pallorDipinto ha il volto.«Non vede il nostro aspetto,Non vede i nostri fior,Ma l'inno dell'amorGli molce il petto.«Compagne e notte e dieSarem del suo dolor,Gli allegreremo il corColl'armonie,«E alfine i nostri laiAscolterà il Signor;La luce, o Genitor,Tu rivedrai.Poi chetamenteCiascuna aspettaChe i labbri s'apranoDel genitor:Anche il fanciulloLo guarda immotoPer lo stupor.

«In densa nube avvoltoÈ il nostro genitor,E sempre di pallorDipinto ha il volto.«Non vede il nostro aspetto,Non vede i nostri fior,Ma l'inno dell'amorGli molce il petto.«Compagne e notte e dieSarem del suo dolor,Gli allegreremo il corColl'armonie,«E alfine i nostri laiAscolterà il Signor;La luce, o Genitor,Tu rivedrai.Poi chetamenteCiascuna aspettaChe i labbri s'apranoDel genitor:Anche il fanciulloLo guarda immotoPer lo stupor.

«In densa nube avvolto

È il nostro genitor,

E sempre di pallor

Dipinto ha il volto.

«Non vede il nostro aspetto,

Non vede i nostri fior,

Ma l'inno dell'amor

Gli molce il petto.

«Compagne e notte e die

Sarem del suo dolor,

Gli allegreremo il cor

Coll'armonie,

«E alfine i nostri lai

Ascolterà il Signor;

La luce, o Genitor,

Tu rivedrai.

Poi chetamente

Ciascuna aspetta

Che i labbri s'aprano

Del genitor:

Anche il fanciullo

Lo guarda immoto

Per lo stupor.

Il Poeta

Matutino il Poeta un dì sedeaAl rezzo aprico di fiorita altura,E a sè dinanzi folleggiar vedeaDue fanciullette d'un egual statura;Neri sguardi elle avean, guancie rosateE bionde chiome al vento abbandonate.Repente alta caligineGli s'addensò d'intorno. —«O Figlie mie, la nebbia«C'invidia i rai del giorno! —«Padre travedi; un velo«Sarà negli occhi tuoi;«Sempre sereno è il cielo,«Risplende il sol per noi. —Tacquero; e la caliginePiù folta si facea,Al fianco suo le figlieStringendo allor dicea: —«Ogni creato oggetto«Invola al guardo mio,«Ma dei figli l'aspetto«Nò non rapirmi, o Dio —Ah fu vano il pregar, fu vano il pianto,Crebbe la nebbia, e le due fanciulletteQuell'infelice più non vide accanto. —Dove ne andaste? —Padre,Risposero,Siam qui! —Ma qual da un altro mondoEi la risposta udì.Or sono adulte, ogni gentil le adora:Egli le vede pargolette ancora.Delle due figlie quellaChe al padre e più vicinaA lui s'appressa, e in voltoLo bacia affettuosa.Egli a quel bacio senteSua guancia lacrimosa.Oh dell'amor la lacrimaPerchè non ha virtùD'animar la pupillaDi chi non vede più?E poi l'altra sorellaSi stringe al padre anch'ella,E sui ginocchi il figlioRiposa; nel silenzioSolo alitar si senteUn sospirar frequente.

Matutino il Poeta un dì sedeaAl rezzo aprico di fiorita altura,E a sè dinanzi folleggiar vedeaDue fanciullette d'un egual statura;Neri sguardi elle avean, guancie rosateE bionde chiome al vento abbandonate.Repente alta caligineGli s'addensò d'intorno. —«O Figlie mie, la nebbia«C'invidia i rai del giorno! —«Padre travedi; un velo«Sarà negli occhi tuoi;«Sempre sereno è il cielo,«Risplende il sol per noi. —Tacquero; e la caliginePiù folta si facea,Al fianco suo le figlieStringendo allor dicea: —«Ogni creato oggetto«Invola al guardo mio,«Ma dei figli l'aspetto«Nò non rapirmi, o Dio —Ah fu vano il pregar, fu vano il pianto,Crebbe la nebbia, e le due fanciulletteQuell'infelice più non vide accanto. —Dove ne andaste? —Padre,Risposero,Siam qui! —Ma qual da un altro mondoEi la risposta udì.Or sono adulte, ogni gentil le adora:Egli le vede pargolette ancora.Delle due figlie quellaChe al padre e più vicinaA lui s'appressa, e in voltoLo bacia affettuosa.Egli a quel bacio senteSua guancia lacrimosa.Oh dell'amor la lacrimaPerchè non ha virtùD'animar la pupillaDi chi non vede più?E poi l'altra sorellaSi stringe al padre anch'ella,E sui ginocchi il figlioRiposa; nel silenzioSolo alitar si senteUn sospirar frequente.

Matutino il Poeta un dì sedea

Al rezzo aprico di fiorita altura,

E a sè dinanzi folleggiar vedea

Due fanciullette d'un egual statura;

Neri sguardi elle avean, guancie rosate

E bionde chiome al vento abbandonate.

Repente alta caligine

Gli s'addensò d'intorno. —

«O Figlie mie, la nebbia

«C'invidia i rai del giorno! —

«Padre travedi; un velo

«Sarà negli occhi tuoi;

«Sempre sereno è il cielo,

«Risplende il sol per noi. —

Tacquero; e la caligine

Più folta si facea,

Al fianco suo le figlie

Stringendo allor dicea: —

«Ogni creato oggetto

«Invola al guardo mio,

«Ma dei figli l'aspetto

«Nò non rapirmi, o Dio —

Ah fu vano il pregar, fu vano il pianto,

Crebbe la nebbia, e le due fanciullette

Quell'infelice più non vide accanto. —

Dove ne andaste? —Padre,

Risposero,Siam qui! —

Ma qual da un altro mondo

Ei la risposta udì.

Or sono adulte, ogni gentil le adora:

Egli le vede pargolette ancora.

Delle due figlie quella

Che al padre e più vicina

A lui s'appressa, e in volto

Lo bacia affettuosa.

Egli a quel bacio sente

Sua guancia lacrimosa.

Oh dell'amor la lacrima

Perchè non ha virtù

D'animar la pupilla

Di chi non vede più?

E poi l'altra sorella

Si stringe al padre anch'ella,

E sui ginocchi il figlio

Riposa; nel silenzio

Solo alitar si sente

Un sospirar frequente.


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