LA DU BARRY
Jeanne nacque l’agosto del 1743 a Vaucouleurs. La madre era designata col nome rabelesiano dila Becu.Suo padre.... Chi era suo padre? Non lo seppe mai neppur lei. Soldato? frate? cuoco? Son le tre varianti più discusse e più discutibili. Michelet sta per il cuoco: «Voyez son portrait: elle n’a rien d’obscène, mais la lèvre friande. Elle dut naître en quelque cuisine, un jour de mardi gras.»
Dalla prima infanzia è affidata alle cure di M.lleFrédérique, «grande et belle fille,extrèmement rousse, renommée pour son libertinage.» Poi un parente devoto la mette in un convento che va sottosopra ai racconti e descrizioni che la Giovannina fa del precedente suo domicilio. Poi è gettata sul lastrico di Parigi, con una cassetta di gingilli al collo, e va di porta in porta vendendo la sua chincaglieria, giovinetta e bellissima, nella più corrotta delle capitali, e nel secolo più corrotto.... Più tardi, sotto il nome dimademoiselle Rançon, è modista nel famoso negozio Labille: ha un primo amoretto col parrucchiere Lamet, e frequenta la casa di gioco della infame Duquesnoy: e finalmente, già di matura bellezza, e ricercata e di moda, diventa la favorita del serraglio che teneva a Parigi il conte Du Barry di Tolosa. Era un cavaliere d’industria, fine ed audace, in relazione col vecchio libertino Richelieu. Questi, spaventato al pensiero che il ministro Choiseul suo nemico spingesse il re a rimaritarsi, e da una bella bionda di casad’Austria facesse consolidare la sua politica; spaventato egualmente all’idea che le orgie tiberiane a cui si abbandonava il sessagenario Luigi non lo uccidessero sul colpo, cercava una buonafille, un boccone da re, per mantenere in vedovanza il vecchio Luigi, e al tempo stesso curarne la salute mediante una igienica monogamia.
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Il conte tolosano parlò al duca della sua bellaLange(così si faceva allora chiamare la Giovannina) e tornò più volte, e con insistenza, su questo tasto. La donna era bellissima. Di persona svelta, flessuosa, di forme perfette, di una carnagione che i contemporanei paragonarono a foglie di rosa bagnate nel latte. Aveva, grazioso contrasto, ciglia nerissime e occhi azzurri, abitualmente socchiusi, dagli sguardi lunghi, voluttuosi, dalle occhiateassassine, come lechiama Musset: i capelli più belli, più morbidi, più lunghi che si potesser vedere, seta e oro, abbondanti, naturalmente ondati; un collo di statua antica, magnifiche spalle, mani da gran signora. In breve, il conte annunziò al duca che destinava la suaLangeal re. Richelieu sulle prime finse di non capire. Poi mostrò di capire, e suggerì a Du Barry d’intendersela con Lebel, il vile mezzano di piaceri di Luigi XV. E così ne fu parlato al re, eccitata con arte la sua curiosità di vecchio libertino, e laLangegli fu fatta vedere la prima volta (senza che essa sapesse di esser vista dal re) a una cena in casa dello stesso Lebel. Rallegrata, eccitata dallochampagne, essa fu, come sempre, di una folle allegria, graziosa, espansiva, tutta riso, e spirito, e gioia. Aveva l’aria d’ignorare affatto l’abiettezza della sua situazione. Vera birichina di Parigi, faceva vedere nelle sue matte risate una doppia fila di magnifici denti al tristeBorbone che la guardava non visto. E questa sincera allegria fu l’incanto che lo tirò nella rete. Quel viso ridente, allegro, spiritoso, malizioso, che rivelava ingenuamente tutti i vizi deglienfants des ruesdi Parigi, non aveva traccia nè di ostentazione, nè di menzogna, nè di insolenza. Ciò piacque al re, che vedeva ridere tanto poco a casa sua.... Fu sorpreso, incantato da quella libertà, da quel riso, da quella gioia: e quella sera medesima la fece venire a palazzo. Jeanne restò la stessa, anche sapendodoveecon chiera. Nessuno imbarazzo, e sopratutto nessuna commedia!... Il re, in poche settimane, la fa dama, le dà un titolo e la marita.
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Divenuta contessa Du Barry per volontà del re, che faceva così, senza avvedersene, la volontà di un libertino, di un avventurieroe di unamantenuta; diventata senza sforzo e senza commedie, arbitra del cuore o, a meglio dire, dei sensi di un re vecchio e annoiato; trovandosi a suo agio a Versailles come allaCour Neuve, o da Labille; naturalmentebonne enfant, senza orgoglio, senza pretensioni, senza provocazioni, essa fece stupire la corte colla intrepidità dei suoi spropositi, colle adorabili sue monellerie, ed eccitò, fin dai primi giorni, più il sorriso che l’odio. A ogni oggetto nuovo che vedeva, essa diceva col suozezaiementdi bambina parigina: «Ze ne sais pas ce que c’est; ze voudrais qu’on me le dit.»
Ma questa sua disinvoltura e ingenuità che tanto cattivò il vecchio Luigi, doveva esser l’arme di partiti politici fieramente avversi; e le carezze di questa modista dovean esser calcolate e usufruite «colà dove nel muto aere il destin dei popoli si cova.»
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Il ministro Choiseul rappresentava i parlamentari, i liberali dell’epoca, i giansenisti, i filosofi, le riforme della Chiesa e dello Stato. Il partito del diritto assoluto, della disciplina sociale, del romanismo, dei gesuiti, era rappresentato da D’Aiguillon. Essi erano i campioni dei due opposti principî, e si combattevano a morte usando di tutte le armi.
E arme premeditata, e terribile, perchè inconsapevolmente onnipotente sull’animo del monarca, fu la nuovafavorita. Arme offerta da Du Barry, e accettata da Richelieu, a benefizio di D’Aiguillon e di un partito politico. Una cosa sola mancava a consacrare i diritti dellamaîtressedel re, a farla istrumento veramente utile e inalienabile; lapresentazione officiale, che ledava il diritto di non poter essere rimandata, di viaggiare nelle carrozze del re, di abitare pubblicamente nel palazzo reale, di mostrarsi al Delfino, ai principi, amesdames, di ricever visite di etichetta e di ambasciatori; diritti che soli rialzavano lamaîtresseal grado di favorita.... Figuratevi con quale ansietà il partito D’Aiguillon aspettava il giorno di questa presentazione. Molti preti in Parigi, guardando più al fine che ai mezzi, affrettavano coi voti il gran giorno.... e si beveva «alla prossima presentazione della nuovaEsther, che libererà Israello dall’oppressione diAman-Choiseul!»
E il gran giorno arrivò. E siccome il re glielo aveva fatto tanto aspettare e sospirare, essa, la popolana e parigina, si vendicò facendo aspettar lui e tutta la corte all’ora indicata. Già Choiseul esultava.... Richelieu fremeva.... la corte rideva.... il re si impazientiva.... quand’ecco arrivano a Versailles le vetture e le livree della favorita.Essa discende, sorridendo di un grazioso e ironico sorriso, scintillante di diamanti, vestita di un magnificohabit de combat, più che mai bella, ed è ufficialmente presentata al re e alla famiglia reale dalla contessa di Béarn, lautamente pagataad hoc.
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Una volta installata a corte, e accortisi tutti che questo del re non era un capriccio, ma un legame durevole — che il posto di M.mePompadour non era più posto vacante, — cominciò intorno alla nuova favorita una gara di codarde adulazioni, tanto più basse quanto più venivan dall’alto. Principi del sangue, e duchi e cardinali e generali e ministri imploravano un suo sorriso d’approvazione. Il re le dà lo spettacolo di grandi riviste militari; e i reggimenti svizzeri di Sonnemberg, i veterani di Nassau, gli ussari di Esterhazy, l’artiglieria realesfilava dinanzi alla nuova regina del campo, che dal suo splendidophaétonriceveva gli stessi onori militari che si rendevano alle carrozze della famiglia reale. Indi i furori di Choiseul, attizzati dalla sorella duchessa di Grammont. Gli Choiseul organizzarono allora una guerra di canzonette, divaudevilles, diponts-neufs, che non ottenne altro effetto che di infervorare sempre più il re nel suo amore. LaBourbonnaisefu la canzone più in voga:
Quelle merveilleUne fille de rien (bis)Donne au roi de l’amour,Est à la cour!...Elle est gentille,Elle a les yeux fripons (bis)Elle excite avec artUn vieux paillard....En bonne maisonElle a pris des leçons....
Quelle merveilleUne fille de rien (bis)Donne au roi de l’amour,Est à la cour!...Elle est gentille,Elle a les yeux fripons (bis)Elle excite avec artUn vieux paillard....En bonne maisonElle a pris des leçons....
Quelle merveille
Une fille de rien (bis)
Donne au roi de l’amour,
Est à la cour!...
Elle est gentille,
Elle a les yeux fripons (bis)
Elle excite avec art
Un vieux paillard....
En bonne maison
Elle a pris des leçons....
e vi si rifà la storia dei suoi primi anni, e la si chiama la più bravatrotteusediParigi, perchè, in un salto solo, è andata dalPont-Neufa Versailles!...
A una canzone pungente succedevan altre ancor più pungenti.
Vous verrez le doyen des roisAux genoux d’une comtesseDont jadis un écu tournoisEût fait votre maîtresse.
Vous verrez le doyen des roisAux genoux d’une comtesseDont jadis un écu tournoisEût fait votre maîtresse.
Vous verrez le doyen des rois
Aux genoux d’une comtesse
Dont jadis un écu tournois
Eût fait votre maîtresse.
E questi versi, veramente terribili, all’indirizzo dei principi del sangue:
Les seuls honneurs que ce tripot s’arracheC’est le matin de voir en cotillonLa Dubarri qui rit, et sur eux crache.Au Champ de Mars donnez-moi le panache,Lui dit le Borgne, en baisant son jupon.Philippe dit: pour moi, j’aime cette vache.
Les seuls honneurs que ce tripot s’arracheC’est le matin de voir en cotillonLa Dubarri qui rit, et sur eux crache.Au Champ de Mars donnez-moi le panache,Lui dit le Borgne, en baisant son jupon.Philippe dit: pour moi, j’aime cette vache.
Les seuls honneurs que ce tripot s’arrache
C’est le matin de voir en cotillon
La Dubarri qui rit, et sur eux crache.
Au Champ de Mars donnez-moi le panache,
Lui dit le Borgne, en baisant son jupon.
Philippe dit: pour moi, j’aime cette vache.
Che più? Voltaire, a istigazione di casa Choiseul, scrisse l’atroce satira:L’apothéose du roi Pétaut, dove l’insulto colpisce, egualmente e giustamente, re e favorita:
Qui dans Paris ne connut ses appas?Du laquais au marquis, chacun se souvient d’elle....
Qui dans Paris ne connut ses appas?Du laquais au marquis, chacun se souvient d’elle....
Qui dans Paris ne connut ses appas?
Du laquais au marquis, chacun se souvient d’elle....
Eppure — o debolezza dei filosofi, o onnipotenza della bellezza! — pochi anni dopo, lo stesso Voltaire faceva la sua corte alla Du Barry, e componeva versi galanti per lei, e scriveva sotto un suo ritratto:
L’original était fait pour les Dieux.
L’original était fait pour les Dieux.
L’original était fait pour les Dieux.
D’altra parte, D’Aguillon e Richelieu e Maupeou e Terray le facevano lunghe prediche politiche che l’annoiavano mortalmente, esigendo da lei la recita di una commedia che ripugnava alla sua natura popolana e sincera. «Ma perchè, rispose una sera a D’Aguillon, volete che io odii tanto Choiseul e ne procuri la rovina, se ad onta delle sue infami canzonette, non mi è antepatico?» Ma tanto dissero e tanto fecero, che essa si accinse con impegno a ottenere dal re la dimissione e l’esilio del ministro. Ricorse a dei mezzi tutti femminini, a degli strattagemmi da scolare. Si faceva trovare dal re palleggiando due arance, e le facevapassare da una mano all’altra, dicendo fra le risa: «Salta, Choiseul! Salta, Praslin!» E poi guardava il re in silenzio e pareva implorare una grazia, con quei suoi occhi semichiusi, «pietosi a riguardare, a muover parchi.» Un bel giorno fece appendere alla parete della sua camera il ritratto di Carlo I del Van Dyck. E al vecchio re, già impaurito da falsi rapporti, diceva e ripeteva: «La France, (così essa chiamava Luigi XV, con una familiarità che fa presentire l’89 e il 93)la France, guarda bene quel ritratto! Il Parlamento di Choiseul farà tagliare la testa anche a te!» Sciagurata, chi ti avrebbe allora detto che il successore del re a cui parlavi sarebbe stato decapitato davvero, e che la tua bella bionda testa sarebbe rotolata nello stesso paniere?
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Essa ottenne la caduta e l’esilio di Choiseul, che fu compensato abbastanza daipubblici segni di stima che gli vennero da tutta la Francia. Il rinvio di Choiseul non bastava al partito deisanti, e la povera donna era tormentata per ore ed ore, onde piegasse il volere del re ad atti spesso funesti al paese e sempre impopolari. Ma appena essa si vide affatto sicura del suo dominio, cominciò a far capire che non voleva più seccature: e a chi le parlava di politica, rispondeva con questioni di mode. E quando dopo un’ora di catechismo su casa d’Austria, equilibrio, Parlamenti, Chiesa e Stato, essa sbadigliando si addormentava, la sola voce che potesse riscuoterla da quel profondo letargo, era quella di Normand o della Bertin, che veniva a provarleune belle robe, fond satin blanc, rayé lamé plissé d’or, formant des ondes avec guirlandes et bouquets de rubis;oune robe sur le panier, oune robe sur la considération, oune robe de toilette, oun grand habit en velours blanc, au corps rebrodé en paillonset paillettes, le tout très-riche....Allora non rideva e non sbadigliava più: le mode erano i suoi affari di stato, e unpoufo unapolonaise, cosa per lei assai più seria dell’equilibrio europeo. E come la vita di M.mePompadour fu una vita di affari, di negoziati, d’intrighi politici, una continua relazione con segretari di Stato e ambasciatori; insomma, un vero esercizio del regio potere; la vita della Du Barry, toltane la breve lotta con Choiseul, a cui repugnante la costrinsero, non è altro che l’esistenza di una favorita d’alto grado. La sua vita è un sogno insensato di stravaganze di lusso. I mercanti di stoffe erano i suoi ambasciatori: i gioiellieri erano i suoi ministri. Gli riceveva al suopetit leverprima dei duchi e dei principi. L’esame dellefanfiolesalla moda era la sua preghiera del mattino....
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Alla Biblioteca Nazionale di Parigi si conservano quattro grossi volumi di fatture e di conti di M.meDu Barry. Le cifre sono spaventose.... Abiti che costano dieci e dodicimila lire (equivalenti oggi a trentamila). I conti dei gioiellieri sommano a milioni. Un paio di buccole 500,000 franchi. Nella sua sfrenata fantasia di cortigiana, voleva persino una toelettetutta d’oro!... Lafilledi Vaucouleurs badava più al valore intrinseco della materia che al lavoro. La Pompadour era stata una intelligente protettrice di belle arti, e artista lei stessa: la Du Barry non seppe mai, o quasi mai,scegliere; e artisti di terzo e quarto ordine furono i preferiti a ritrarla in marmo e in tela, a fregiare di bronzi e ceselli i suoiboudoirs. A lei bastava di vedere oro e diamanti,e che l’oggetto costasse molto. Costa tanto, diceva, dunque deve esser bello!... Essa restò sempre lontana dalla vera finezza aristocratica; ma compensò questo difetto con una sincerità e naturalezza popolana, che la rendon quasi simpatica in quella corte di ipocriti. Presente il re e le dame, essa fa rappresentare a LucienneLa vérité dans le vin, commedia più chegrivoisedi Collé; e la fa rappresentare dai suoi amici i commedianti delBoulevard du Temple. Essa balla, e fa ballare a vecchi duchi e a giovani marchese, lafricassée, sorella primogenita delcancan. Beve ilpunche ilgrog, e rimette nel bol il cucchiaio di cui si è servita; e a una timida osservazione del re risponde: «Oui, la France, je veux que tout le monde boive mon crachat!» Ombre della Vallière, della Sévigné, della Montespan, se le ombre arrossiscono, dovete in quel momento aver fatto il viso di bragia!... La Du Barry ruppe tutte le leggidell’etichetta, e anche del decoro, nei palazzi reali. Vestiva sempre a modo suo (e troppo spesso non vestiva affatto), anche in ore di cerimonie solenni.... Fece sempre il suo comodo, come in casa della Duquesnoy. Essa portò a Versailles i modi e il linguaggio delle pescivendole, e la sua condotta giornaliera fu per sei anni un continuo schiaffo alla monarchia. Essa annunzia addirittura la Rivoluzione!
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Da quando la Du Barry ebbe ricevuto l’ultimo addio e la carezza ultima dalla mano già purulenta del re che morìa di vaiuolo, da quando, esiliata da corte, fu tenuta a domicilio coatto in un convento, e resale poi la libertà e i beni, si ritirò nel suo delizioso casino di Lucienne, accade come una trasfigurazione in lei: tutti i suoi difetti scemano e si eclissano, e le sue buonedoti spiccano in più viva luce. Essa era naturalmente buona e compassionevole. Lo provò ora nei giorni della disgrazia, soccorrendo tutti i poveri che in quelle annate di freddi intensi e di carestia ricorrevano a lei. E gli soccorreva in persona, e vegliò e assistè con cure filiali due povere vecchie di Lucienne abbandonate da tutti, nell’ultimo squallore. Essa provò anche, la prima volta in vita sua, una vera passione: e le sue lettere a lord Seymour hanno tale delicatezza e gentilezza di affetto, che se non fosser accertate per sue dalla scrittura, dalla firma e dall’ortografia sempre sbagliata, non si crederebber davvero parole e sentimenti di una favorita. Forse la morte vicina, e qual morte! illuminava di un raggio anticipato questa già ridente figura, e le dava un carattere di presaga malinconia. Durante la Rivoluzione, essa non ebbe (e anche questo la rende simpatica e le fa onore) nessuna prudenza, e noncommise nessuna viltà. Non volle nasconder mai i ritratti di Luigi XV. E a Maria Antonietta che le si era sempre mostrata disprezzante, altera, e apertamente nemica, ora nei giorni della suprema sventura, indirizzò con suo sommo pericolo, questa lettera che basterebbe a farle perdonare ben più gravi colpe di quelle da lei commesse:
«Lucienneest à vous, madame.... Tout ce que je possède me vient de la famille royale: j’ai trop de reconnaissance pour l’oublier jamais. Le feu roi, par une sorte de pressentiment, me força d’accepter mille objets précieux, avant de m’éloigner de sa personne. J’ai eu l’honneur de vous adresser ce trésor du temps des Notables; je vous l’offre encore, madame, avec empressement.
«Permettez, je vous en conjure, que je rende à César ce qui est à César.»
Nei giorni delTerrore, essa trovavasi a Londra. Un furto enorme di diamanti che le fu fatto, e i pubblici annunzi e il rumoreche ne corse, rimisero in evidenza colei che Fouquier, mostrandosi cattivo critico quanto era crudele uomo, chiamò l’Aspasiadel vecchio Sardanapalo. Essa ebbe l’imprudenza di tornare a Lucienne. Un miserabile negro regalatole nel 71 dal principe di Conti, che lo avea comprato a Costantinopoli, Zamore, che essa aveva trattato sempreanche troppobene, fu la spia, l’accusatore principale di lei al Comitato di salute pubblica. La infelice donna fu arrestata, condotta a Santa Pelagia, poi allaConciergerie, e processata il 16 frimaio 1793.
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Ma in quei giorni sinistri, quando, morti i Girondini, morto Danton, Robespierre in parte esautorato, in parte complice di inaudite barbarie, il potere era caduto di fatto nelle codarde e sanguinose mani dei Fouquier,dei Collot, dei Barère, dei Lebon, dei Carrier, in quegli orribili giorni in cui si ghigliottinavano senza processo, o si gettavano nelle ghiacciaie, o si tagliavano a pezzi, o si legavano nudi in cima agli alberi delle navi e vi si lasciavan morire, vecchi e fanciulle, malati e donne incinte, non rei d’altro che di essere parenti alla lontana di un conte o di un vescovo, o di avere espresso un dubbio sugliassignati, o di aver sentito parlare di un discorso di Burke, o di avere addosso una medaglia, quando le carrettate di vittime illustri e innocenti si succedevano senza interruzione per la tragicavia della ghigliottinaa Parigi; mentre i proconsoli del Comitato facevan di Lione un deserto, in quei lugubri giorni, era egli possibile che sfuggisse alla morte la druda di un re, di un Borbone, di un Luigi XV?
Disgraziata creatura! È già un miracolo se si fa precedere la tua morte da un simulacrodi legalità. Fra i tuoi giudici, fra i testimoni, fra i giurati, non vedo che dei carnefici. Vi è l’infame Zamore, vi è Salenave e Topino e Vilatte e Saubat.... La requisitoria è declamata da Fouquier-Tinville. Ma se qualche cosa, o disgraziata, potrà rialzare il tuo nome, è senza dubbio l’abiettezza di questo tuo giudice. Le mani che si bagnano ora nel tuo sangue, sono inzuppate del più generoso sangue di Francia. Tu hai l’alto onore di essere uccisa dal carnefice dei Girondini, dall’insultatore di madama Roland, dall’assassino di Danton.
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Durante il processo, la Du Barry fu calma e nobile. Condannata a morte, tentò prima di salvare una sua amica egualmente condannata, la duchessa di Mortemart. Ma poi, tutto ad un tratto, fu assalita da una pauradi bambina, e come se allora per la prima volta avesse sentito parlar di morte e di ghigliottina, cominciò a urlar disperata.... Non voleva morire! Messa a forza sulla carretta fatale, essa implorava la folla insultatrice per via: «Mes amis.... sauvez-moi! je n’ai jamais fait de mal à personne.... La vie, la vie! qu’on me laisse la vie, et je donne tous mes biens à la nation....» E unsans-culottele rispose: «Tes biens! mais tu ne donnes à la nation que ce qui lui appartient déjà....» Essa tacque un momento, e parve calmarsi. Ma salendo il palco, fu ripresa da nuove convulsioni di terrore. Urlava, supplicava, si dibatteva: «Encore une minute, monsieur le bourreau, encore une minute!» e sotto il ferro stesso della ghigliottina: «A moi, à moi!» come donna assassinata che chiede aiuto....
Corrotta dall’infanzia, vissuta poi sempre fra i velluti e i diamanti, senza aver mai sentito parlare di ciò che eleva e sostienel’anima umana, senza la forza di una idea, di un principio, di un dovere, è naturale che l’apparecchio di una morte violenta eccitasse in lei quel parossismo difisicoterrore.
Da questo straziante spettacolo di paura e di convulsioni, il pensiero si rivolge e si ferma volentieri a contemplare la morte intrepidamente affrontata in quel tempo stesso da donne egualmente delicate, ma sostenute da una grande idea o da un grande affetto. Madama Roland, serena, bianco-vestita, coi bei capelli disciolti che scendono in doppia lista sull’eroico suo petto, conforta i suoi compagni di supplizio, e infonde loro il suo virile coraggio, e chiede una penna (che le è negata) per scrivere «gli strani e grandi pensieri che le suggerisce la morte.» Madama Roland credeva ed amava.
Ma chi potrà fare colpa alla povera Du Barry della sua paura in faccia alla ghigliottina,conoscendo il suo carattere e i suoi precedenti? Essa m’ispira in quel momento più pietà che disprezzo. Comunque sia, a me pare di non giudicarla con eccessiva indulgenza, chiamandola la più naturalmente buona e sincera tra le favorite dei re di Francia.