Chapter 9

E Cicerone diceva d'amare il regime, stanco di tanti salassi[137]: ma i due capibanda rinforzati nelle case, forbottandosi per le vie, sommoveano ogni dì la pubblica quiete; finchè Milone sentendosi forte nell'appoggio di Pompeo e di Cicerone, il quale avea fin detto pubblicamente che Clodio era vittima destinata allo stocco dell'altro[138], scontrato costui in cammino, venne seco alle prese, e lo freddò. Il vulgo, levatosi a rumore, saccheggiò la curia per alimentare il rogo di Clodio, ed assalì Milone: ma questi, ben munito e ricinto di bravi, respinse la forza colla forza. Citato in giudizio, gli domandano, secondo le forme, che consegni i suoi schiavi perchè sieno interrogati alla corda; ed egli risponde avergli affrancati, nè uom libero potersi mettere alla tortura. Così mancavano i testimonj al fatto, e Cicerone metteva in moto tutti gli ordigni di destro avvocato per difenderlo: ma Pompeo, pago d'aversi tratto dagli occhi quello stecco, non si curò di salvar l'uccisore; e Cicerone, presa paura dei bravi di Clodio, non recitò la bella sua arringa, e lasciò che Milone andasse esule a Marsiglia, consolandosi col mangiarvi pesci squisiti[139].

Qual era dunque la libertà di Roma, ove tutto potevano i triumviri e qualunque ribaldo venisse parteggiando? Crasso e Pompeo ambivano il consolato, ma disperavano ottenerlo in competenza con Domizio Enobarbo, il quale, col professare di voler abolire il proconsolato di Cesare, blandiva i rancori degli aristocratici(55). Epperò, mentre costui di buon mattino, con Catone ai fianchi, andava per la città accattando suffragi, gli uscì addosso una smannata di malviventi che ferì Catone, e uccise il servo che lo precedeva colla fiaccola: poi i tribuni impedirono i comizj, sicchè Roma restò senza consoli, il senato vestì a lutto, finchè vedendo non potere altrimenti quietare il subuglio, domandò a Crasso e Pompeo se volessero accettare il consolato, e così furono eletti.

Allora, per non essere da meno di Cesare, nè restare disarmati mentre egli assicuravasi un esercito coi trionfi, si fecero decretare Pompeo la Spagna, Crasso la Siria, l'Egitto e la Macedonia. Cesare v'assentiva, purchè a lui non turbassero il proconsolato: Catone, che andava ricantando i pericoli de' prolungati comandi, fu dal tribuno Cajo Tribonio messo in arresto, e si stabilì che i governatori non fossero scambiati per cinque anni, potessero far leve a loro grado, esigere dagli alleati contribuzioni e truppe. Pompeo, più del comando ambendone le apparenze, rimase a Roma: Crasso s'avviò contro i Parti.

La vittoria sopra Mitradate e gli altri re dell'Asia fece Roma confinante con questo terribile popolo, che stanziando fra l'India orientale, la Media e l'Ircania, poteva interrompere le comunicazioni dei mercanti d'Occidente coi paesi che diedero sempre le più squisite e preziose derrate. I Parti erano guerrieri nati, sempre a cavallo, abilissimi a trar d'arco, non affidandosi nelle ordinanze, ma nel valore violento. Li dominavanoprincipi Arsacidi, che s'intitolavano re dei re, fratelli del sole e della luna, ma che restavano limitati dai dodici satrapi militari dell'impero, i quali poteano anche deporli, e probabilmente ne confermavano l'elezione prima che ilsurenao generale gl'incoronasse.

Parve che, dal primo conoscerli, Roma sentisse quanto sarebbero a lei pericolosi: ma sebbene il timore di essi facesse poco ambita la provincia d'Asia, pure Crasso la sollecitò a gran prezzo. Da un lato voleva superare Lucullo, Silla, Pompeo mediante spedizioni somiglianti a quelle d'Alessandro; dall'altro compiacevasi in pensare e parlare delle spoglie della Partia, intatta ancora da invasioni, e delle aurifere arene dell'Indo e del Gange. Quel popolo aveva allora pace ed alleanza coi Romani; laonde il tribuno Atejo Capitone si oppose alla guerra fin coll'impedire a Crasso l'uscita di Roma, e coll'imprecare contro di esso gli Dei vindici de' patti: ma Crasso, protetto da Pompeo e stimolato da avara ambizione, tragittossi in Asia(54).

Traversando la Siria, rubò diecimila talenti al tempio di Gerusalemme, risparmiato da Pompeo; poi varcato l'Eufrate, entrò sulle terre de' Parti, i quali non avendo ragione di temere un'invasione, furono côlti sprovvisti. Insuperbito della vittoria, lasciossi attribuire il titolo d'imperatore; al re Orode, che mandò chiedergli qual motivo traesse i Romani a guerra, replicò darebbe risposta in Seleucia lor metropoli; ma Vagiso, capo della legazione, mostrando la palma della sua mano, disse: — Prima che tu prenda Seleucia, vedrai crescere del pelo qui». Per riuscire, Crasso avrebbe dovuto difilarsi sopra le capitali, profittando della costernazione; invece tornò a svernare nella Siria, ed arricchirsi delle spoglie e delle contribuzioni.

Ma mentre i soldati suoi scioglievansi dalla disciplina, i Parti, riavuti dalla perfida sorpresa, facevano armi,e il loro surena in un tratto(53)ricuperò le città occupate da Crasso. Il quale de' cento sinistri augurj, che sgomentavano i suoi, si rideva; ma sprezzava anche i buoni pareri, e invece di far via per le montagne armene ove mal potrebbe squadronarsi la cavalleria parta, s'avanzò nella Mesopotamia. Quivi pianure deserte o pantanose, il territorio devastato, arsi campi e villaggi, non grano per l'esercito, non foraggi pei cavalli; i generali spingevano innanzi a sè le popolazioni, appena gettando alcuna guarnigione nelle piazze che, quando si fossero prese, bisognava distruggere. Raggiungevasi l'esercito nemico? insolita arte di battaglia occorreva contro una cavalleria che pugnava di lontano e fuggendo, talchè a nulla approdava la pesante fanteria romana; sconfiggevasi il nemico, nol si vinceva mai; si procedeva conquistando, e morivasi di fame. Alfine côlto dai Parti nella spianata di Carre, Crasso vide da essi bersagliate le indifese legioni: il figlio di lui non potendo sottrarsi, si uccise dopo combattuto valorosamente. Quando il teschio ne fu veduto confitto su lancia nemica, i Romani torcevano spaventati, ma Crasso: — Me solo tocca questo lutto. Roma non è vinta purchè intrepidi voi reggiate. Se vi prende compassione di un padre orbato, mostratemelo col vendicarlo su quei barbari».

In questo mezzo le freccie, colpendo incessanti e d'ogni banda, causavano una morte sì tormentosa, che molti preferivano accelerarla coll'avventarsi contro la cavalleria. Crasso, fuggendo con pochi, si trovò avviluppato ne' pantani e forviato da false guide. Dal surena invitato a parlamento, sebbene sospettasse d'insidie, vi si trovò costretto dalle grida de' suoi, e tra via diceva ai seguaci: — Tornati in sicurezza, per l'onore di Roma dite che Crasso perì deluso dai nemici, non abbandonato dai cittadini». Il surena gli fece ogni mostrad'onoranza; ma ben tosto cominciò una baruffa, dove Crasso restò ucciso. La sua destra e la testa furono presentate a Orode, il tronco lasciato alle fiere: diecimila uomini, sopravissuti al doppio d'uccisi, caddero prigionieri, e dimentichi della patria servirono i nemici, e ne sposarono le figliuole[140].

Il surena entrò in Seleucia fra i teschi e le insegne romane, trascinandosi dietro uno vestito da Crasso, con littori e guardie, borse vuote alla cintola, e una banda di donnacce, cantanti lascivie ed oltraggi ai vinti; e presentò al patrio senato una copia delle impudicheFavole Milesie, trovata nel sacco d'un uffiziale romano; come a dire che nulla di meglio dovea sperarsi da gioventù, la quale piacevasi in libri siffatti. Orode fece colare dell'oro nella bocca di Crasso, per insultare l'avara sua sete; poi assalì la Siria, sperando coglierla sguernita. Il luogotenente Cassio fu pronto alla riscossa; ma la sconfitta di Crasso non lasciò più ai Romani proferire il nome dei Parti senza un profondo terrore.


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