CAPITOLO XXXV.La Redenzione.
Qualche moralista esclamava, è vero; ed a misura del suo coraggio rivelava le piaghe di quel tempo, l'impassibilità dei ricchi, le miserie del povero, la corruttela di tutti. Declamazioni! ma trattasi di suggerire un rimedio? i filosofi somigliano a vecchi, predicanti una morale cui non applicano; gli Stoici versano ogni colpa sopra le dottrine epicuree; i migliori politici non sanno che ribramare il tempo antico e la rugginosa aristocrazia; Orazio, da poeta vi canta: — Andiamo ad abitare le isole Fortunate»; Giovenale dice come uno scolaretto: — Ritiratevi sul monte Sacro»; Seneca soggiunge: — Uccidetevi»; Tacito non vede raggio di luce nelle tenebre che sì foscamente descrisse; fra tante superstizioni fedelmente riferite, e da lui rispettate come un istituto politico e nazionale, nega fede acotesta divinità , che abbandona in tal fondo di corruzione l'opera sua più bella; e rifiuta le speranze postume, dicendo che gli Dei «curano la vendetta, non la salvezza, e si fan giuoco delle cose mortali»[198]: un riparo nessuno sapeva trovare, nessuno ideava una rigenerazione morale; e al più sarebbesi applaudito ad Euno, a Spartaco che violentemente spezzassero i ferri.
Chi mai avrebbe pensato opporre la voce e la persuasione sua personale alla sfrenata potenza di quell'idolo inesorabile che si chiamava lo Stato? Nell'assoluta mancanza d'ogni accordo di principj, sarebbe somigliato altro che follìa l'affrontar morte o persecuzione per sostenere il proprio convincimento? Ognuno provveda a ciò che più gli torna; il resto è nulla. Voi letterati, cercanti l'utile anche nel bello, rendetevi alleati e complici della tirannide. Voi savj, incontrando la disperazione invece della Provvidenza, riponete il sommo della virtù nel sottrarvi colla morte agli affanni, che l'individuale senno giudicò trascendere le forze vostre. O mondo, ti sprofonda nell'avvilimento morale a proporzione che cresce la materiale prosperità . Chi rigenererà l'umana specie? La forza? ma Roma l'avvolgerebbe tantosto nelle comuni ruine: la legalità ? ma quella di Roma è così tenace e vigorosa, da non lasciarsene crescere a fianco un'altra: la scienza? ma essa invanisce in frasi sonore. Il rialzamento morale non potrà aspettarsi dagl'imperatori tiranni, non dal senato avvilito, non dai patrizj decimati, non dalla religione screditata, non dai ricchi corrotti, non dalla plebe ignara de' suoi diritti e de' suoi doveri.
Nè tampoco dai filosofi, barcollanti nel dubbio orgoglioso, mentre a riformare il mondo si richiede convinzione nella libertà umana, e un governo provvidenziale che conduce il trionfo delle sociali verità quando il loro tempo arrivò. Massime sparse e sconnesse, per quanto vere, non bastano, ma bisogna un nuovo principio; al concetto dell'ordine objettivo, ma fatale nella natura e nella società , opporre quello della Provvidenza divina e della libertà personale; al precetto negativo del non toglier l'altrui e non ledere il diritto, surrogarne uno positivo; riporre l'onestà nella coscienza, estenderla su tutte le facoltà del cuore, dell'intelligenza, della volontà .
Poniamo caso che alcuno si fosse elevato a proclamare massime in perfetta contraddizione colle correnti. — Non v'ha che un Dio solo: per libera volontà di lui furono creati la materia, perciò peritura, e l'uomo, dotato di un'anima immortale. Questo Dio è comune a tutti i popoli e ai singoli uomini, provvido conservatore del mondo, testimonio e rimuneratore di tutte le azioni, dettatore d'una legge che è il fondamento della morale e del diritto. Perchè tutti figli di quel Dio, gli uomini sono eguali, senza distinzione di romano o barbaro, di circonciso o incirconciso, di patrizio o plebeo, di schiavo o libero, di maschio o femmina[199]: hanno dunque tutti ad amarsi e giovarsi a vicenda; il comando e le dignità sono uffizio, non un godimento; e i primi devono considerarsi ultimi.
«Tutti gli uomini sono originalmente contaminati d'un peccato, dal quale provengono l'errore, l'ignoranza, la morte. Ma ad espiare quel peccato, a dare all'uomo il potere di convertir l'errore, l'ignoranza, l'infermità in mezzi di santificazione mediante la ripristinatalibertà , Iddio stesso s'incarnò, versò il sangue e la vita. Tutti peccatori, tutti redenti del pari, gli uomini vengono da uno stesso luogo, tornano al luogo stesso per sentieri diversi. La vera giustizia nasce da tale eguaglianza; come ne nasce la libertà dall'essere ognuno responsale de' proprj atti.
«Niuno è servo per natura; e quelli che la legale iniquità rese tali, devonsi sollevare immediatamente col farli partecipi ai riti sacri e all'istruzione religiosa, preparandoli così all'emancipamento. La società non abbraccia intero l'uomo, il quale ha in sè qualche cosa di più sublime, di superiore alle leggi civili; e indipendentemente da queste aspira ad un fine più eccelso, ad una destinazione superiore a quella degli Stati che nascono e muojono. L'uomo, alito di Dio, non trae importanza soltanto dalla società , ma possiede una dignità propria, che lo obbliga a perfezionare se stesso, dar vigore alla propria coscienza, appoggiata sopra una legge suprema.
«La riforma non deve dunque cominciare dallo Stato, ma dall'individuo; perchè questo, allorchè sia buono, è libero sotto qualsiasi reggimento; sa fin dove obbedire; ha la coscienza della propria dignità e responsabilità . Nè la morale si limita ai grandi misfatti che nuociono alla società civile, e pei quali soli il gentilesimo stabilisce le pene dell'inferno, insegnando cheDii magna curant, parva negligunt; ma abbraccia tutte le opere, i pensieri, le parole, fin le ommissioni, attesochè l'uomo sta perpetuamente al cospetto d'un Dio, che deve poi giudicarlo e punirlo. Voi chiamate la vendetta voluttà degli Dei? ed io vi annunzio che dovete concedere perdono universale, se volete ottenere perdono da Dio.
«Ogni scostumatezza è colpa, giacchè l'uomo deve rispettare in sè e negli altri la divinità ; nè vi è statodi mezzo fra la verginità e il matrimonio. In conseguenza i nodi domestici saranno purificati e rassodati, si perpetuerà il conjugale, diretto a ben più sublime fine che la soddisfazione istintiva. La donna non sarà più esposta a' voluttuosi capricci dell'uomo, e l'illibatezza deve portarla a libertà : ornamento suo più bello considererà quel pudore, che ora è vilipeso nelle cortigiane, nelle schiave, fin nelle dee; per conservarlo, morrà anche; e i meriti di essa consisteranno non in eroiche, ma in virtù miti e conformi alla natura sua.
«L'amor proprio dominante ceda il luogo alla carità , virtù che dai filosofi è considerata come una debolezza. E questa carità universale, paziente, benigna, operosa, ordina d'amare il prossimo come noi stessi; cerca i soffrenti al carcere, all'ospedale; raccoglie i projetti, sepellisce i morti; dà il pane agli affamati, l'istruzione agli ignoranti, il consiglio ai dubbiosi, il buon esempio a tutti. Da essa affratellati, il povero non invidii al ricco; il ricco sappia che tutto il superfluo deve darlo a chi non ha, ma che ogni stilla d'acqua che darà ad un bisognoso, gli sarà computata per la vita futura. In vista della quale è necessario operare continuamente, cercare la purezza in terra, e tollerare i mali di questa vita, che non è se non un esiglio e un preparamento.
«Quel che importa, non è la città , non la patria, ma l'uomo; e nazione e tribù e famiglia esistono per l'uomo, non egli per esse. Il dovere supremo non concerne quelle astrazioni che si chiamano patria, nazione, bandiera, ma l'essere reale che chiamasi il prossimo. Allo Stato non si può sagrificar più nemmanco un uomo, non la moralità personale alla pubblica: verità e giustizia sono bisogni più urgenti che non la civiltà materiale. La giustizia ha radici più salde e antiche, che non i patti e le leggi umane.La verità non deve rimanere privilegio di pochi, ma comunicarsi a tutti; a tutti insegnare a ingagliardirsi contro le passioni, quetare i malvagi appetiti, posporre il ben proprio al generale, l'utile all'onesto, la vita transitoria all'eterna. Voi dal Campidoglio gridate,La salute del popolo è norma suprema; noi all'opposto diciamo,Perisca il mondo, ma si faccia la giustizia».
Chi avesse annunziato tali verità , sarebbe parso poco meno che mentecatto al romano orgoglio e all'universale corruttela. Eppure in fatto erano state predicate in una delle più piccole e sprezzate dipendenze dell'impero romano, la Palestina, diffamata per credulità ; e non già da un guerriero che attirasse il rispetto de' guerrieri romani, non da un filosofo che ne eccitasse la curiosità , ma dal figlio d'un artigiano, nato in una grotta in occasione che sua madre era ita a Betlemme, montuosa cittadina della Giudea, per farsi iscrivere nel ruolo della sua tribù, allorquando Augusto ordinò il censo generale(Anno di Roma 754? 25 xbre)affine di conoscere quanta gente gli dovesse obbedienza e tributi. Questouomo, che si chiamava Gesù, era figlio di Maria, fanciulla ebrea, stirpe di Davide ma in povera fortuna, e sposata a Giuseppe fabbro di Nazaret. Egli crebbe nell'oscurità e nell'obbedienza fin verso i trent'anni; allora cominciò a predicare a pescatori e simil vulgo, e diceva: — Beati i poveri di spirito; beati i miti; beati i misericordiosi; beati i mondi di cuore; beati i pacifici, perchè saranno chiamati figliuoli di Dio; beati quelli che soffrono persecuzioni per la giustizia, perchè il regno de' cieli è per essi. Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete requie alle anime vostre. Chi si corruccia col proprio fratello, è reo di giudizio. Misericordia io voglio, non sacrifizj. Finora v'hanno detto,Occhio per occhio, dente per dente: io vi dico che a chi vi percuote una guancia,anche l'altra presentiate. Finora vi fu imposto d'amare il fratello, e odiare il nemico: io v'ingiungo d'amare il nemico, beneficare chi vi nuoce, pregare per chi vi persegue, imitando Dio che fa nascere il sole sui buoni e sui malvagi. Io vi do un precetto nuovo, che vi amiate un l'altro come io ho amato voi: vi conosceranno miei discepoli se vi amerete a vicenda. Chi ha due tuniche, ne porga una a chi n'è sprovvisto. Fate l'elemosina, ma in secreto, e che la vostra mano sinistra non sappia ciò che fa la destra. Date a prestito senza speranza di ricambio, e largo sarà il vostro frutto. Alla fine de' secoli poi verrà il Figliuol dell'uomo a giudicare, e dirà :Io ebbi fame, e mi saziaste; ebbi sete, e mi deste a bere; pellegrino mi albergaste, nudo mi vestiste, mi visitaste infermo e carcerato; venite, o benedetti del Padre mio, al gaudio che vi è preparato».
Chi così diceva, camminava come un peccatore fra i peccatori, confabulava col bestemmiatore, sedeva a banchetto coi pubblicani; rimandava assolta l'adultera, lasciavasi lavare i piedi dalla meretrice; intingeva il dito nel piattello stesso col traditore, e gli dava il bacio; prometteva il paradiso a un ladrone: oh! ben doveva egli sentire i dolori dell'umanità , se così la compativa.
Gli Ebrei perdettero l'indipendenza allorchè il magno Pompeo li sottopose alle aquile latine; e, pur conservando un re proprio, stavano soggetti a un preside o procuratore romano, che allora era Ponzio Pilato(28). Allo spettacolo delle assidue vicende d'allora, alla caduta di tanti regni, allo sterminio di tante città , i Gentili si approfondavano in quel sentimento d'un progressivo deteriorare del mondo, che era stato ad essi lasciato dalla tradizione primitiva; e perfino coloro che idolatravano Roma e «l'eternità dell'ingente Campidoglio»,a cui pareva aggiungere solidità ogni re che incatenato ascendesse per la via Sacra, pure vedevano ogni generazione peggiorare, e il mondo avviarsi a rovina inevitabile. Gli Ebrei invece, fra gravissimi disastri esteriori ed interni, perdute le armi e l'indipendenza, insieme col dogma della caduta teneano vivo quel della rigenerazione; unici fra i popoli antichi che conoscessero quella dottrina del progresso, ch'è carattere e vanto della moderna civiltà .
Nei loro libri profetici, da antico scritti nella più sublime poesia, leggevano la promessa che verrebbe un salvatore, e appunto intorno a questi tempi: ma accecati da angusto amor di patria, e nel dispetto dell'oltraggiata nazionalità , nell'aspettatonon presagivano altro che un eroe, secondo la carne non secondo la fede, il quale spezzasse le catene del suo popolo come avea fatto Mosè liberandoli dall'Egitto, o Ciro mentre stavano schiavi in Babilonia, e tornasse i gloriosi tempi di Davide e di Salomone in quella Gerusalemme che restava sempre la più insigne città dell'Oriente[200]; un messia insomma trionfante degli stranieri, anzichè il Figlio dell'uomo, proclamatore dell'universale fratellanza, e d'una legge d'amore indipendente da tempi, da luoghi, da condizione.
Questo orgoglio carnale fece che non fosse conosciuto il Dio umanato, anzi si disprezzasse un Cristo mansueto ed umile, il quale parlava di rassegnazione, di benevolenza, d'un regno che non è di questo mondo; consigliava a pagare ancora il tributo, e dare a Cesare quel ch'era di Cesare: ma al tempo stesso egli imponeva si desse a Dio quel ch'era di Dio, purgava la legge patria dalle frivole osservanze, e mentre flagellava coloro che faceano traffico nel tempio, chiamava superbie ipocriti i sacerdoti e i dottori, i quali riponevano ogni moralità nella foggia del vestire, nello astenersi da certi cibi, e gonfiavano i cuori nella persuasione di loro virtù.
Costoro dunque cospirarono contro di lui, ed ai tribunali patrj l'accusarono di bestemmiare contro la religione, di corrompere la gioventù; ai tribunali romani, di turbare la dominazione straniera col parlare d'un altro regno e di glorie diverse. I principi dei sacerdoti, gli anziani del popolo e i giudici, cui i Romani ne lasciavano l'autorità , dichiarano Cristo degno di morte, e chiedono a Pilato che lo condanni. Questi esamina l'imputato, e gli domanda: — Sei tu il re de' Giudei?» e Cristo risponde: — Il mio regno non è di questo mondo; altrimenti i miei ministri non soffrirebbero ch'io fossi consegnato a' Giudei. — Ma dunque sei re?» ripiglia Pilato; e Cristo: — Tu il dici; e venni al mondo per rendere testimonianza della verità ; e chi è dalla verità , ascolta la mia voce».
In tempo che altro legame non credeasi poter frenare il mondo, fuor quello della forza, qual mai timore poteva incutere al governatore romano un regno non di questo mondo, un re che altro impero non aveva fuorchè la verità , altri sudditi che quelli dalla verità assoggettatigli? Pilato avea inteso che il precursore di Cristo intimava: — Fate penitenza, preparate le vie del Signore», che Cristo diceva ai poveri: — Voi siete beati», ai ricchi: — Siate misericordiosi con tutti; chi vuoi essere mio discepolo, lasci ogni cosa, prenda la croce e mi segua», e che il popolo lo amava perchè scioglieva gli occhi ai ciechi, la lingua ai muti. Nulla affatto restava dunque minacciata la potenza ch'egli rappresentava, nè l'immortalità di Cesare: che cosa aveva mai a fare la religione colla politica? Costui non potea dunque sembrargli meglio che un lunatico, un paradossale.
Ma quei primati divennero zelanti del poter temporale quando occorreva di opporlo allo spirituale: astiosi allo straniero che comprimeva le loro passioni, ora per passione s'accorsero che una novità religiosa porterebbe novità politica, e minacciarono di denunziare Pilato a Roma se non condannasse il riottoso. Il popolo, come chiamavansi pochi scioperati schiamazzanti in piazza, chiede ch'egli condanni costui, il quale mette a repentaglio il dominio di Tiberio; e Pilato, che nell'egoismo personale e governativo non vuol porre a repentaglio la pubblica quiete per nulla meglio che per un uomo, nè pericolare il proprio impiego per salvare un innocente, condiscende che l'uccidano, protestandosi però mondo del sangue di lui. E Cristo è crocifisso(35)dal popolo tra cui era passato beneficando; — vittima della legalità romana, acciocchè questa sia in perpetuo condannata.
Fra le imprecazioni egli morì, non imperterrito come Trasea o Seneca, ma confessando il dolore, ma desiderando fossegli risparmiato quel calice, ma gemendo di sentirsi abbandonato dal Padre, e perdonando a quelli che l'uccidevano: e tutto fu consumato, come da secoli era stato simboleggiato e predetto. Lo sgomento invade i discepoli suoi, i quali mondanamente giudicano le cose dalla riuscita; talchè nascosti non fidano che nell'essere o sprezzati o dimentichi, e piangono sull'estinto maestro, finchè questi, come avea promesso, risorge, e salito al Padre, manda lo Spirito divino che tramuta i timidi ed ignoranti pescatori di Galilea in dottori intrepidi, i quali, vestiti della forza di lassù ed obbedendo al maestro che avea detto — Andate e insegnate a tutte le nazioni», spargonsi per le vie di Gerusalemme, annunziando compita la legge, cessate le figure, cominciata la nuova alleanza, venuto il lume dal lume, il Dio da Dio, espiegano quella dottrina che doveva essere salvezza del mondo. Così il più stupendo miracolo del cristianesimo, qual è il potere di trasformazione, comincia ad operarsi negli Apostoli per estendersi a tutta la società .
Pilato ragguagliò il senato romano del caso; e Tiberio, udendo che Cristo avea fatto miracoli ed era risorto, disse — Ebbene, ponetelo fra gli Dei». Sì poco importava l'aggiungerne un altro alla caterva affluita di Grecia, di Siria, d'Egitto! Cristo però non era un dio, ma il Dio; e la sua dottrina e l'esempio suo repugnavano talmente ai dominanti, che il trionfo di quelli doveva portare la rovina di questi; e raccogliendo i pensieri di tutte le generazioni, di tutti i secoli, avvincere il mondo in un legame di fede, di speranza, d'amore, il cui nodo è in cielo.
Finchè ogni gente adorava un dio diverso, ciascuna associazione rimaneva isolata, nè sentiva verso le altre que' doveri, che da Dio solo traggono la sanzione: partecipando anzi alle gelosie de' loro Iddj, non vedeano negli stranieri che nemici da abbattere, schiavi da incatenare. Pel cristianesimo invece tutti gli uomini s'accordano nella medesima credenza, si uniscono in una sola Chiesa; solennità inditte a tutti i paesi, segni che distinguono il credente ovunque sia, preghiere comuni, e spesso a tempi ed ore eguali in tutto l'orbe. La religione non restringesi più ad un luogo, è predicata a tutti, e non annunzia conquiste, cioè predominio d'alcun popolo; non fonda una tribù sacerdotale, non indispensabile solennità di riti; ma semplici preghiere, ma cerimonie schiette ed affettuose rimembranze congiungeranno i fedeli dovunque e quandunque sollevino a Dio la mente.
Il cristianesimo non ha dottrine arcane, non han velo i suoi tempj, non v'è profani nella Chiesa. L'uniformee solido insegnamento della scuola armonizza colla predicazione e col culto, il mistero colla dottrina esteriore, le cerimonie colla reale consumazione del sagrifizio. Insegnato ai bambini colle prime parole, si radica nei cuori, insinua una morale dolce quanto sublime, un'affettuosa eguaglianza che nel mondo non lascia vedere se non figli d'un Dio. Da qui la purezza d'una morale, non soggetta a varietà di tempi nè di persone, e sempre intesa al perfezionamento di sè ed alla carità verso altrui. Nè la virtù è più un affare di convenzione, ma la pratica della verità , conosciuta e ponderata con giudizio retto; una buona qualità della mente, di cui non si può abusare[201]: è peccato il preferire al bene sommo il proprio, all'oggettivo il subjettivo.
Sotto le maestose pieghe della società romana quale la dipingemmo, ne covava dunque un'altra affatto differente, che all'amor proprio di quella opponeva il sagrifizio e la carità ; al libertinaggio la penitenza; all'opinione, al dubbio, al timore le tre virtù ignote, fede, speranza, carità ; alla superbia l'umiliazione; alla violenza la convinzione; al diritto del forte l'eguaglianza dei deboli; all'ambizione di ricchezze, di godimenti, di potere, persecuzione, pazienza, austerità .
Le due società non tardarono a trovarsi a fronte. Perocchè gli Apostoli, appena furono innovati dallo Spirito consolatore, uscirono predicando, e sparso il buon seme nella Giudea, recarono la fausta novella (euangelio) alle genti, cui il Cristo non si era mostrato. Pietro, il maggiore fra essi, s'avvia ad Antiochia, poi a Roma(42?), il pescatore di Genesaret alla metropoli delmondo, per istabilirla centro di un'altra unità , per opporre alle infamie di Messalina ed alle atrocità di Nerone il raffronto dell'alta ragione e della sublime virtù che perdona, istruisce e consola, e che sacrificando se stessa per l'umanità , rende inutili gli altri sagrifizj cruenti. La irrequietudine degli Ebrei in Roma, e massime contro i convertiti, indusse Claudio a cacciarli, e allora Pietro sarà tornato nell'Asia[202]. Esprimo in via di probabilità , giacchè, nell'età dell'orgoglio, questi grandi rinnovatori del mondo lasciarono ignorare il loro cammino.
Saulo o Paolo, di Tarso in Cilicia, municipio romano, da fiero persecutore de' Cristiani ne divenne apostolo(35), e fu eletto a diffondere il vangelo tra i Gentili; il che egli fece non soltanto colla parola, ma con quattordici epistole, dove chiarisce molte dottrine che erano custodite per tradizione, e inculca che veruna fede non è ristretta a veruna nazionalità . Gallione proconsole dell'Acaja risedeva in Corinto, quando Paolo v'andò a predicare, e molti gli credevano e battezzavansi. Gli Ebrei lo presero in ira: l'ira consueta degli oppressi contro chi cerca rigenerarli moralmente; e il condussero al proconsole, imputandolo d'insegnare un diverso modo d'adorar Dio; ma Gallione li rimbrottò, e — Se costui ha commesso qualche delitto, indicatelo; ma se si tratta delle vostre solite quistioni di parole e casi della legge vostra, sbrigatevela fra voi»[203].
Un'altra volta, mentre predicava nel tempio di Gerusalemme(38), gli Ebrei lo assalsero e maltrattarono, finchès'interpose la guarnigione romana. Lisia, colonnello di questa, al cui arbitrio era commessa la quiete della città , volea farlo bastonare, ma Paolo disse: — No, perchè io son cittadino romano». Verificata tale asserzione, il colonnello lo sottopose a un concilio di sacerdoti; ma tra questi alcuni erano sadducei che negavano l'immortalità , altri farisei che ammettevano la resurrezione de' morti; perocchè gli Ebrei pativano di quell'altra scabbia degli oppressi, la sconcordia d'opinioni e i rancori reciproci: onde cominciarono abbaruffarsi fra loro. Il colonnello, vedendo non si trattava d'alcuna colpa, tolse seco Paolo perchè non soffrisse nuove ingiurie, e lo mandò a Felice governatore della Giudea. Accorse il gransacerdote ebreo con altri ad accusarlo; ma Felice, visto che erano dispute religiose, tenne Paolo in larga custodia a Cesarea per due anni, intanto ascoltandolo discutere sulla giustizia, sulla castità , sul giudizio futuro: avviata poi la processura, Paolo appellò al tribunale di Cesare, laonde fu da Festo, successore di Felice, mandato a Roma. Tra molti prodigi egli vi approdò; e lasciato alla libera custodia d'un soldato, con ogni fidanza e senza verun divieto[204]vi stette due anni predicando.
Reduce in Asia, da Corinto diresse ai Romani una celebre epistola, in cui rinfaccia a' Giudei convertiti la carnalità e il volere angustiarsi nelle cerimonie, mentre quel che importa è la grazia del Signore, necessaria per essere santificati in virtù della fede in Cristo, la qual fede è il principio della giustificazione: ai Gentili rimprovera la soverchia fidanza nella propria ragione, mentre le cognizioni di cui superbivano, traevanli apeccato; la scienza di suprema importanza esser quella di Dio; i savj, quando s'ingloriarono de' proprj pensamenti, caddero nell'accecamento e nella superstizione, e Dio li lasciò in balìa delle passioni loro: pertanto e Gentili e Giudei convertiti si rispettino a vicenda, nè in altro si glorifichino che in Cristo Gesù. Tornato poi a Roma e messo prigione, Paolo di là scrisse una lettera agli Ebrei, mostrando l'insufficienza della legge mosaica dopo venuto chi la perfezionava e compiva.
Di queste missioni poco si brigava l'orgoglio romano, finchè non venne occasione di perseguitarne i proseliti. Da poi che Nerone ebbe messo fuoco a Roma, nè sacrifizj agli Dei nè ordini ai magistrati nè profuso denaro o promesse di più elegante ricostruzione chetarono il dispetto della plebe. «Si ricorse anche ai Libri Sibillini; fu supplicato a Vulcano, Cerere, Proserpina; e da matrone prima in Campidoglio, poi alla più pressa marina, fatta Giunone favorevole; e di quell'acqua fu asperso il tempio e l'immagine della dea, poi da maritate vi si fecero i lettisternj e le vigilie. Ma nè opera umana, nè prece divina, nè larghezza da principe gli scemava l'infame taccia dell'avere arso Roma». L'imperatore, che poteva ridurre al silenzio i senatori coll'ucciderli, era costretto rispettare il popolo; onde, con un artifizio unico e sempre nuovo, pensò stornare da sè quella colpa col versarla sopra cotesta nuova setta di filosofi, la quale, aborrendo dalla sozza corruttela e dal vigliacco umiliarsi, e non riconoscendo nei Romani una natura superiore alle altre genti, nè quindi il diritto di opprimerle, faceva dispetto alla tiranna del mondo. Adunque «processò e con isquisitissime pene castigò quegli odiati malfattori, che il vulgo chiamava Cristiani da un Cristo, il quale, regnante Tiberio, fu crocifisso da Ponzio Pilato procuratore. Per allora fu repressa quellasemenza; ma rinverziva non pure nella Giudea dove nacque quel male, ma anche a Roma, dove tutte le cose atroci e brutte concorrono e acquistano celebrità . Furono dunque prima catturati i Cristiani che professavano apertamente, quindi gran turba, indicati non come colpevoli dell'incendio, ma come nemici del genere umano».
Per l'odio dunque cominciavano i Romani a conoscere una religione, che tutti voleva congiungere nell'amore. Con supplizj della peggior guisa li perseguitarono, e imitando quel che il loro padrone faceva ai patrizj, unirono all'atrocità l'insulto; quali avvolti in pelli d'animali esibendo ai cani, quali esponendo nel circo, quali bruciando vivi, e de' loro corpi servendosi la sera come di fanali ne' voluttuosi giardini di Nerone, posti in quel colle Vaticano, su cui la religione allora nascente doveva poi piantare il suo trionfale padiglione. «Nerone vi celebrò la festa Circense, vestito da cocchiere in sul carro, e spettatore fra la plebe; onde di que' tristi, sebbene meritevoli di ogni più nuovo supplizio, veniva pietà , non morendo essi per pubblico bene, ma per crudeltà di lui solo»[205]. Vuole la costante tradizione che in quell'occasione Pietro e Paolo suggellassero la fede loro col martirio(67 — 29 giugno), consacrando del loro sangue una terra, che da tant'altro era contaminata.
Ma già eransi moltiplicati i Cristiani in Roma, in Italia. Da principio adoperavano ogn'arte per nascondersi, convegni segreti, segni di convenzione, lettere e tessere di riconoscimento, scatole in cui portare il viatico agl'infermi, ai prigionieri, a chi non poteva uscir di casa; intanto si estendevano fra i poveri, fra i giovani, fra le donne. La donna convertita è semeche germoglia presso al focolare domestico; e se non può al consorte, ispira ai servi ed ai figliolini nuove massime, nuove ammirazioni, desiderj nuovi. La famiglia di Priscilla fu la prima che, dalle idee orgogliose su cui riposava il patriziato antico, passò ai sentimenti della fraternità umana che costituiscono la cristiana uguaglianza. Tre Priscille, molte Lucine, Ilaria, Flavia, Severina, Firmina, Giusta, Ciriaca, altre ricche vedove trasformate in diaconesse, passavano i giorni pregando sulle tombe dei martiri, che aveano ornate colla cura e col segreto onde altre loro pari allestivano i gabinetti lascivi; madri e vergini sante espiavano per quelle che si prostituivano in onor delle dee, pregando assidue, e soccorrendo chiunque abbisognava o soffriva. Quando la dea Vesta più non trovava chi volesse votarle la verginità , molte fanciulle a gara s'offrivano alla custodia delle ossa dei martiri. Più tardi colle loro ricchezze fondarono spedali, monumenti di carità opposti a quelli di strage e di contaminazione. Di tal passo la donna recuperava la libertà naturale, sottraevasi, foss'anche schiava, all'arbitrio d'un padrone, e cancellava la legale sua inferiorità [206].
L'adorazione dell'uomo è l'adorazione del male; il culto dei Cesari è l'infimo grado dell'idolatria; i costumi dell'età loro sono la cloaca dell'impurità , dell'inumanità e della divisione, le tre grandi conseguenze dell'idolatria. Da un lato dunque «opere della carne, dimenticanza di Dio, incostanza di matrimonj, avvelenamenti, sangue ed omicidj, furti ed inganni, orgie,sacrifizj tenebrosi, uomini uccisi per gelosia, o contristati coll'adulterio, tutte le cose confuse, e una gran guerra d'ignoranza che la follia degli uomini chiama pace»; dall'altro lato «tutti i frutti dello Spirito, carità , gioja, pace, pazienza, benignità , bontà , longanimità , dolcezza, fede, modestia, temperanza, castità »[207]; ai quattro caratteri dell'antichità se ne oppongono quattro nuovi, fede pura all'idolatria, carità allo spirito di malevolenza, giustizia al disprezzo delle vite, castità alla corruzione. Siffatta guerra cominciava col Vangelo.
Nella Roma incestuosa e micidiale, anime che il mondo non era degno di possedere viveano nelle caverne, aspettando intrepide, ma non accelerando l'ora di fecondare del loro sangue la pianta della rigenerazione. Attorno alle città d'Ostia, di Velletri, di Tivoli, di Preneste e Palestrina, e nelle valli che con cento flessuosità sboccano nella pianura del Lazio; accanto alle tane, ove i padroni chiudevano la sera centinaja di schiavi alla bestemmia ed agli indistinti concubiti, trovi altre caverne, scavate nel tufo di cui si fabbricavano le voluttuose ville: e dentro quelle nei gemiti e nella preghiera si rigenerava l'umanità . Colà i Cristiani sepellivano i morti entro nicchie che poi muravano, chiudendovi insieme gli strumenti del supplizio, un'ampolla del sangue, le insegne della dignità o dello stato; e questi asili della morte denominavanocimiterj, cioè dormitorj, espressione d'una coscienza pura, consolata nella certezza di svegliarsi ad altra vita; e colà venivano ad orare. Ivi nessun altro ornamento che l'avello d'un martire, pochi fiori, alcuni vasi di legno, qualche cero o lampada, al cui lume leggere il Vangelo, cioè i libri nei quali i compagni di Cristo o i loro discepoli aveano esposto semplicemente lavita e gl'insegnamenti di lui, i precetti e l'esempio; ed invocavano la grazia di adempirli e d'imitarlo. E in quel leggere e in quel pregare consisteva la loro cospirazione.
Uniti nella credenza stessa, nella stessa morale, nella stessa speranza, davano bando alle inumane distinzioni del secolo: il ricco sedeva presso al povero cui sostentava coll'aver suo: le vergini del vulgo, coperte di bianco lino, con al collo gli amuleti dell'agnello di Dio che toglie i peccati, alternavano litanie colle matrone e colle vedove de' senatori e dei proconsoli, che avevano data ogni ricchezza all'assemblea de' fedeli, e spargevano i ristori della carità : e mentre l'egoismo rodeva a morte la società antica, qual sovrabbondanza di vigore in quella nuova, dove l'amore nasceva dall'inesausta fonte della fede, e dove convincendosi della debolezza dell'uomo, acquistavano la forza che viene da Dio! Il vescovo, il prete, il diacono, cioè a dire l'ispettore, il vecchio, il servo, presedevano all'adunanza, non distinti se non per maggior virtù, carità e dottrina nel soffrire, nel rimetter pace, nel compatire e consolare, nello spezzare il pane della parola, e per lo stupendo privilegio d'immolare il Figlio al Padre, vittima incessante per le colpe, e di legare o sciogliere i peccatori tra l'effusione della Grazia.
Quivi entro, la vigilia delle solennità i sacerdoti davansi lo scambio per cantar tutta notte inni al loro Signore; e quella melodìa serviva di guida ai fedeli, che sbucati di piatto dalla città o dall'ergastolo degli atroci padroni, venivano a trovarvi gli anziani mutili nel martirio, i vescovi rapiti miracolosamente al rogo, i filosofi che, mutati in apostoli, avevano finalmente rinvenuto il nodo delle agitate quistioni, e che s'accingevano a recare il vero alle genti assise nell'ombra della morte, e a confermarlo col proprio sangue.
Le feste dell'idolatria erano allusioni a fenomeni naturali, ovvero patriotiche rimembranze, spesso contaminate da impurità e bagordi: nelle cristiane, l'esultanza era espressione del rinascimento spirituale. Là interrogavasi con ansietà il futuro; qui si confidava nell'onniscienza divina; e lo spirito, sgombro dal timore di sinistri presagi, trovava la spiegazione della vita in ciò che dee venire dopo di essa. Chi potesse, recava qualche denaro ogni mese onde nodrire e sotterrare i poveri, sostentare gli orfani, i naufraghi, gli esuli, gl'imprigionati. Come fratelli, erano disposti a morire gli uni per gli altri: tutto avevano in comune, eccetto le donne: nel loro mangiare insieme, che chiamavasi far carità (agape), libavano il calice del sacrosanto sangue; poi i cibi, ricevuti a gloria di Colui che li dà , rallegravano la sacra accolta nella fratellanza dell'affetto e nella gioja del perdono e del sagrifizio.
La società periva per l'egoismo e l'isolamento? eccola salvata dallo spirito d'associazione e da quell'amore che mancò sempre al gentilesimo, perchè Dio solo poteva insegnarlo. Il cristianesimo è dottrina di redenzione, sicchè primo merito pone il praticare la carità fino a dar la vita. Per accrescere il bene del prossimo, ognuno ha l'obbligo d'esercitare l'industria, scoprire, progredire; è pertanto anche dottrina d'attività e d'avanzamento, mentre gli antichi, fondati sopra l'idea del decadimento, vedevano il male e la disuguaglianza fra gli uomini come una necessità , soffrivano e lasciavano soffrire. Colla parola «Siate perfetti come il Padre mio celeste», è imposta alle età nuove la missione di procedere, di lottare; e se il verbo di Dio non mente, andrà svolgendosi ed effettuandosi ognor meglio la legge di giustizia e d'amore; e poichè in questa consiste il perfezionamento anche dell'ordine temporale, indefettibile ne sarà il progresso, divenuto legge naturaledell'umanità . Ne conseguiva anche la libertà [208], la quale, sbandita d'ogni luogo pel deleterico influsso dell'egoismo, ricovera nel santuario, protetta dalla fede di Colui pel quale regnano i re.
Veramente Cristo, la cui riforma era morale e non politica, non mutò l'ordinamento materiale del mondo visibile: ma la scienza delle intime relazioni della terra col cielo, del tempo coll'eternità , del contingente col necessario, riesce ad innovarlo, porgendo un canone di eterna giustizia; e coll'impedire che mai più gli uomini si considerino altri come fine, altri come mezzi, pianta la libertà vera, generata dalla fede, dalla pratica della virtù e dalla cognizione della verità .
— Chi vorrà esser primo, si farà servo degli altri, come il Figliuol dell'uomo che venne non per essere servito ma per servire, e dar la vita ad altrui redenzione». Queste parole segnano il rigeneramento della società , sostituendo alla tirannide, ove pochi godono e molti patiscono, il governo per vantaggio di tutti; e rendendo un dovere non un piacere il diriger gli uomini. Il superiore sa d'essere obbligato a servire alla grande società umana, nè quindi inorgoglisce della sua posizione; l'inferiore vede nel magistrato l'uomo costituito a vantaggio di lui, e quindi lo ama e seconda: i potenti riconoscono i diritti dei sudditi, questi la soggezione, dovuta per riguardo a Colui che è unica fonte della podestà : e gli uni e gli altri s'accordano nel volere soltanto ciò che è volontà del comun padrone.
Cristo designò l'uomo che, lui morto, dovea farsiservo dei servi; e così fondò l'unità del governo visibile, che non avendo il suo regno in questo mondo, avvicinasse più sempre gli uomini al regno di Dio, ilquale consisterà nell'unità di credenze e d'affetti. A tal uopo è stabilito un potere sulle coscienze, al quale appartenga il risolvere ogni dubbio e determinare le credenze. Nulla esso possiede di violento; uniche armi sue la persuasione, e la Grazia invocata, e la infallibilità promessa da Colui, che prega in cielo affinchè la fede di Pietro non venga meno.
A prima vista parrebbe dispotico cotesto governo della Chiesa, che impone quanto s'ha da credere, estende l'imperio sulla coscienza, e proscrive il dissenso: ma l'infallibilità sua esso trae da un principio superiore all'uomo, e tale da acquetar la ragione; tutto fa pubblicamente per lettere, dibattimenti, concilj, tanto che non si prende alcuna determinazione se non per deliberazioni comuni: le assemblee diocesane, provinciali, nazionali, ecumeniche adombrano quel governo rappresentativo, che divisavasi testè come il più alto punto del politico progresso.
Esso governo spirituale, non che contrastare col governo terreno, imporrà d'attribuire a Cesare ciò che gli appartiene; ma a fronte di Cesare ergerà dottrine che, insinuandosi nella vita sociale, la modifichino, ed esempj, la cui santa evidenza trascini ad imitarli. Pertanto nella società mondana v'avrà nazioni distinte; nella religiosa un'adunanza universale(Chiesa cattolica): colà il lignaggio dà potenza e decoro; qui tutto deriva dal merito personale, senza gradi nè privilegi ereditarj, talchè il nato nell'infimo grado potrà ascendere al primato e fin agli altari: colà la forza impone i regnanti, e il talento di questi destina i magistrati; qui tutto va per libera elezione, dall'acòlito sino al pontefice: colà eserciti che soggiogano i corpi, qui apostoli che convincono l'intelletto e inducono la volontà : colà imperatori che decretano, qui diaconi, preti, vescovi che istruiscono e consigliano: colà giudizjche puniscono, qui un tribunale ove il confessare i delitti li espia; e se v'ha chi persiste nella nequizia e scandalizza i fratelli, la pena più severa sarà l'escluderlo dalla Chiesa, sicchè non partecipi alla preghiera ed al convito de' buoni: ivi insomma la materia, qui lo spirito; ivi la coazione, qui la coscienza. La carità cristiana toglie dunque l'uomo dal giogo dell'uomo; come contro la propria debolezza, così lo difende contro l'oppressura altrui, intimando, — Guaj a chi sprezzerà uno di questi piccoli».
Cristo, imponendo ai discepoli la propria indigenza volontaria, una legge di patimento e d'abnegazione, ruppe il fascino delle grandezze pagane; il livello della povertà , sotto cui abbassava tutti, diveniva livello d'indipendenza; sicchè agli splendori dell'antichità sottentrassero la fraternità e l'eguaglianza. Allora il diritto succede al fatto; il pensiero e la coscienza umana, volontariamente sottomessi a Dio, da Dio solo vogliono dipendere, vero e primo sovrano, dal quale Cristo fu investito della suprema podestà . Da Dio dunque soltanto e dal suo Verbo deriva agli uomini il diritto di comandare. I principi aveano fin allora dominato solo sui corpi colla forza; allora governerebbero anche gli spiriti col diritto che deducevano da una fonte superiore. A vicenda i popoli dall'obbedienza forzata passavano alla consentita, prestandola non ad un uomo fallibile e peccatore, ma a Dio, e spegnendo così i due demoni della tirannia e della rivolta.
L'obbedienza nascendo dalla persuasione, non avvilisce col sommettere l'uomo ai capricci dell'uomo[209]; riduce il principe a ministro di Dio pel bene, e i governi a provvedere che sia rettamente distribuita lagiustizia, senza potestà nè azione sopra il pensiero e le coscienze. Ma se Dio è la potenza, non sempre è di Dio l'uomo che la esercita, nè l'uso che ne fa; e quegli e questo sono subordinati al diritto eterno. Nessun uomo possedendo autorità per se stesso, qualvolta surroghi all'eterno diritto la potenza propria, si fa usurpatore; demerita l'obbedienza qualvolta l'arroganza propria sostituisca a quella legge superna, di cui è interprete la Chiesa[210].
Perocchè al di sopra di questi criterj del vero, di quest'autorità del giusto è collocata la Chiesa, società delle anime legate al cospetto di Dio dalle medesime credenze, depositaria immutabile delle verità eterne, e insieme oracolo vivente nelle dispute a cui soggiace ogni verità quando è consegnata all'uomo; affinchè, assicurando la libertà nel vero, repudii la libertà nell'errore, combattuto sotto qualsiasi forma perchè gli manca il diritto. Rappresentando la natura umana ancora scevra dal peccato, essa è incapace di errare come di morire; e afferma o nega competentemente i primi veri, su cui si fondano non solo la religione, ma la famiglia, la società civile e la politica; una nel capo, molteplice nei membri.
Erano dunque finalmente riconciliati scienza e dovere, filosofia e religione, morale e politica; derivate tutte dalla medesima sorgente; era costituito il criterio del sapere, degli affetti, delle azioni. Quanti secoli però, quanto sangue, prima che la verità divenisse trionfante, s'inviscerasse nella società , e portasse le indefinite sueconseguenze e le applicazioni morali e civili! Ma ancora ne' mali inseparabili dalla condizione umana recherà balsami la carità , intenta a diminuirli o a consolarli coll'elevare gli occhi del soffrente al Cielo che è per lui.