66.Balbo assicurava l’ambasciadore inglese Abercromby sapere di buona fonte che «se il Governo indugiasse a soccorrere i Lombardi, sovrasterebbe al Piemonte una rivoluzione repubblicana; onde, riconoscendo impossibile reprimere l’entusiasmo delle popolazioni sarde, avea soddisfatto alle domande dei deputati di Milano: Pareto diceagli, per poco che s’indugiasse, Genova sarebbesi sollevata, e scissa dagli Stati regj: a Vienna pure scriveasi dovere temere che le numerose società politiche di Lombardia e la prossimità della Svizzera non facessero proclamare un Governo repubblicano, disastroso alla causa italiana e a Casa di Savoja.Correspondance, ecc. Lettera di Abercromby a Palmerston del 23 e 24 marzo: — Il pericolo della monarchia di Sardegna divenne così imminente agli occhi de’ ministri, che furono costretti ad accondiscendere alle domande di ajuto presentate dai capi dell’insurrezione milanese, e appigliarsi a una linea di politica che non avrebbero adottata spontaneamente». «Supposto un principe il più schivo del nome e delle cose di guerra, il più freddo per la causa della nazionalità italiana, certo è, che suo malgrado, ei sarebbe stato trascinato dal torrente dell’opinione pubblica a recare soccorso ai Lombardi, salvo che amasse meglio vedere ribellati i sudditi e Genova repubblicana».Cibrario,Ricordi d’una missione a Carlalberto.67.Il generale Franzini, dopo la sconfitta, diceva in Parlamento d’avere prima della guerra rappresentato in iscritto al re «la poca attitudine sua e degli altri generali, avendo brevissima esperienza, con gradi poco elevati. Il re mi disse che l’Italia doveva far da sè, e che non accettava la proposta d’un maresciallo francese, ch’io proponeva come valente a raddoppiare il valore della sua armata». E più tardi Massimo d’Azeglio diceva ai suoi elettori: «In Italia nulla era preparato negli animi, nei costumi, nelle abitudini militari».68.Questo sentimento è da un pezzo in cuore degli Italiani, e la scuola liberale lo professò apertamente dacchè Ciro Menotti, spirando sul patibolo di Modena, ci gridò: — Italiani, non fidatevi a promesse di forestieri». Ma la frase crediamo siasi formolata primamente nell’opuscolo di Giacomo Durando sullaNazionalità italiana.Poi il cardinale Ferretti, visitando la guardia civica di Roma, contento di quella tenuta esclamò: «L’Italia farà da sè».69.Presidente Casati: membri Vitaliano Borromeo, Giuseppe Darmi, Pompeo Litta storico, Strigelli, Beretta, Giulini, e Guerrieri per Mantova, Anelli per Lodi, Rezzonico per Como, Turoni per Pavia, Carbonera per Sondrio, Grasselli per Cremona, Moroni per Bergamo.70.«Non vedo gran differenza tra le due forme di Governo. Che cos’è un principe costituzionale se non un capo ereditario di repubblica? e un presidente di repubblica, che un principe elettivo?»Gioberti,Lettera del26febbr. 1848.Molti giornali del Piemonte asserivano essere forte e temuto in Lombardia un partito che volevasminuzzare l’Italia in centinaja di repubblichette come nel medioevo. Per cercare, noi non ne trovammo orma; e gli scrittori non meno che gli atti uffiziali parlavano sempre di repubblica italiana, più o meno estesa. A tacere Venezia, di cui tanto generosi furono i proclami, il popolo di Padova nell’inaugurare il suo Governo provvisorio diceva al 26 marzo: — Il popolo che oggi vi ha costituito, ha un unico voto, l’unione italiana. Bando ai municipalismi. La repubblica delle città d’Italia, qualunque sia per essere la sua estensione, deve intitolarsi italiana. Stringetevi con Venezia e colle altre città italiane che si sono dichiarate o stanno per dichiararsi libere, onde operare con quelle di fraterno consenso. Viva la repubblica italiana!».71.«Il grande ingegno... ama il popolo, ma non i suoi favori; aspira al suo bene, non alle lodi; e sta ritirato dalla turba per poterla beneficare».Gioberti,Introduz. alla storia della filosofia, pag. 219. E a pag. 183: «Il Governo rappresentativo è ottimo in se stesso, attissimo a felicitare una nazione, e si assesta mirabilmente a tutti i progressi civili, purchè non si fondi sulla base assurda e funesta della sovranità popolare».72.La più bella esposizione e apologia di quell’intrigo è nei cenni di Antonio Casati suMilano e i principi di Savoja. Raccontata la venuta di Gioberti a Milano, e come dall’albergo del Marino si trasferisse a quello della Bella Venezia «che, per la piazza che vi sta davanti, era atto alle ovazioni popolari», dice che «la folla giunse e si accalcò sotto le finestre della locanda: ma questa volta era folla di costituzionali plaudenti all’apostolo della fusione; e quell’occupazione loro della piazza San Fedele, fin allora tenuta in dominio esclusivo (?) dai repubblicani, preconizzava il trionfo del partito moderato».73.«Il partito liberale (a Torino) e il ministro dell’interno che vi appartiene, temono che il suffragio universale non metta sotto l’influenza de’ sacerdoti e del partito aristocratico»: preziosa confessione, che troviamo nella lettera 16 maggio dell’incaricato lombardo al Governo provvisorio. E al 26 maggio scriveva, che il ritorno del ministro Ricci da Lombardia coll’annunzio della fusione «ha contribuito a far rinascere quella simpatia in Torino, che era da più di un mese morta, e quasi sepolta per sempre».74.Hujus falsissimæ conjurationis prætextu inimici homines eo spectabant, ut populi contemptum, invidiam, furorem contra quosdam lectissimos quoque viros, virtute, religione præstantes, et ecclesiastica etiam dignitate insignes nefarie commoverent atque excitarent. Allocuzione 20 aprile 1848.75.Pillersdorf, allora ministro dell’Austria, nel ragguaglio che dappoi pubblicò sopra la rivoluzione viennese, espone: «Mentre Inghilterra e Francia facevano ragione delle nostre pratiche di conciliazione, un ambasciatore della Corte romana (monsignor Morichini) al ministero fece senza riguardi la proposta di rinunzia a tutte le provincie italiane, dicendolo unico mezzo per l’Austria d’evitare pericoli maggiori...; i trattati antichi non avere nissun valore».76.Il Comitato generale ai rappresentanti del Governo britannico, il 3 febbrajo. — «La nazione siciliana, che il despotismo si lusingava avere cancellato dal novero delle nazioni, ha rivendicato col suo sangue il suo diritto»; Atto di convocazione del Parlamento, 24 febbrajo 1848.77.Dispaccio 24 aprile.78.Dico almeno in pubblico, giacchè Abercromby scriveva al Ministero inglese, aver lettera autografa del re, del 7 luglio, ove mostrasi disposto accettare come base di pace il territorio fino all’Adige; pace che, attesa la forza relativa della Sardegna e dell’Austria, non potrebbe dalle Camere e dalla Nazione esser considerata che onorevole e gloriosa.Correspondance, part.III, pag. 62.LaGazzetta di Vienna1º luglio 1848 riferiva come, per amore della pace, fosse stato proposto un armistizio, durante il quale si tratterebbe sopra la base dell’indipendenza della Lombardia, salvo alcuni accomodamenti finanziarj e commerciali; il Governo provvisorio aveva ricusato trattare, perchè la questione non era lombarda ma italiana; in conseguenza non restar all’Austria che appellarsi al giudizio del mondo, e raddoppiare di sforzi per sottomettere il paese insorto. Infatti Wessemberg, il 5 giugno, da Innspruck avea scritto al Casati tali proposizioni e Hümelauer le avea portate a Palmerston, che credette non vi s’acconcerebbero gli animi, sopreccitati in Lombardia.79.A mezzo aprile 1848, il Governo provvisorio di Venezia insisteva presso Carlalberto e il generale Durando perchè mandassero truppe a soccorso del Veneto: «Dell’onore del nome piemontese e pontifizio, dell’onore del nome italiano si tratta. Ogni indugio potrebbe far perdere il merito de’ sacrifizj, la lode della vittoria. Noi, che da secoli siamo dissuefatti dalle armi, legati il braccio e il pensiero, noi non ci vergogniamo di tendere la mano a fratelli più agguerriti di noi, a fratelli che ci obbligarono la sacra lor fede; di tendere la mano dopo aver fatto ogni possibile per armarci, munirci, ordinarci, rinnovare a un tratto noi stessi».80.Un lodatore esclama:Que dire d’un chef d’armée, se trompant si longtemps sur sa position, continuant à si mal évaluer les forces qui sont dévant lui, alors que dépuis trois jours l’ennemi a combattu de tous côtés à Rivoli, à Sona, à Salionze, à Staffalo, qu’il est en ce moment à si peu de distance, et qu’on vient de lui faire tant de prisonniers?81.Dottore Maestri, avvocato Restelli, generale Fanti.82.Nella Cronistoria dell’Indipendenza Italianail Cantù ha descritta a minuto quella trista giornata. (Gli Editori).83.Dispaccio 15 agosto di Abercromby a Reiset.84.Il Governo provvisorio di Venezia, dando annunzio di sè a quel della Repubblica francese, scriveva:Le temps des interventions est passé; et ce ne serait pas un secours dangereux qui nous viendrait d’un pays, où Lamartine est ministre. Bisogna vedere come i giornali piemontesi s’avventarono contro questa invocazione degli stranieri!85.Articolo 1º: «Un’assemblea costituente è convocata per tutti gli Stati italiani, la quale avrà per unico mandato di compilare un patto federale, che, rispettando l’esistenza de’ singoli Stati, e lasciando inalterata la loro forma di governo, valga ad assicurare le libertà , l’unione e l’indipendenza assoluta d’Italia, ed a promuovere il ben essere della nazione».86.Crederei del Rossi l’articolo dellaGazzetta di Roma20 aprile, che fra altre cose diceva: «Il più grave pericolo per gl’Italiani non è mai venuto dallo straniero. Le armi nostre lo hanno sempre disfatto quando sono state concordi: e la nostra civiltà ha sempre trionfato della sua quando si è potuta sviluppare liberamente. Il più grave pericolo degl’Italiani è sempre stato nell’abuso de’ più grandi doni che Iddio abbia loro fatti, di questa varietà di caratteri, di questa ricchezza d’intelligenza, di questo rigoglio di volontà , di quest’abbondanza di vita: fa mestieri pertanto, se non vogliamo ricadere negli errori e nelle sventure de’ nostri maggiori, guardarci da questo pericolo e da questo abuso, subordinando ad un principio solo tutte le nostre volontà ...».Egli allora scriveva ad una signora come i fatti di Milano l’avessero commosso al pianto, ma non osava sperare fossero principio d’un risorgimento durativo e glorioso, anzichè causa di una caduta più irreparabile. Nè tanto lo spaventava la forza dell’Austria, ridotta a tale che potrebbe essere cacciata quando l’Italia veramente e solennemente il volesse. «Non sono io di quelli stolti, che della possanza e del valore austriaco parlano e scrivono leggermente. So che la vittoria non può ottenersi che con molto sangue; ma so pure che ove gl’italiani tutti siano pronti a spargerlo, come già molti fanno, da valorosi assennati ad un tempo, mostreranno all’universo che è impossibile incatenare un gran popolo che voglia assolutamente essere libero e donno di sè.«Ma saranno essi ad un tempo valorosi ed assennati? Valorosi, ne sono certo; assennati, dubito.«Tre moti diversi agitano l’Italia; giusto l’uno, santo l’altro, pazzo il terzo, e che porrà tutto in rovina se nol si reprime. L’Italia non vuol più Governi assoluti, paterni o no; chè anche i più paterni sono stupidi ed iniqui se assoluti. Questo primo moto, se l’Italia fa senno, è omai compiuto; le costituzioni hanno ricondotto nella penisola la libertà politica; l’Italia, schiava jeri, è oggi libera quanto l’Inghilterra, e la vince in eguaglianza civile. Che vuole di più?«Ma tal articolo della costituzione ci spiace, tale o tal mutamento ci sembra opportuno. Miserie! Chi impedirà , dopo maturo studio, sufficiente sperienza e regolari discussioni, di variare in alcun che gli statuti, e di meglio adattarli alle condizioni morali e politiche? E che? ancora siete nuovi nell’arringo, avete appena allacciata la corazza e brandite le armi, e già prima di farne la prova volete sputar sentenze da censori, e dare al mondo insegnamenti di tattica costituzionale? E che? il sangue italiano scorre gloriosamente sull’Adige e sulla Piave, i vostri fratelli minacciati dal ferro austriaco implorano soccorso; e voi, invece di correr all’armi, di chiedere, di gridare soltanto armi, vi state disputando, chiaccherando, scribacchiando di statuti e di leggi, e ponete la somma delle cose nel sapere se avrete qualche elettore di più o di meno, una o due Camere, categorie più o meno larghe!«Che direste del padrone d’una casa che, vedendola sul punto d’essere preda alle fiamme, si stesse arzigogolando coll’architetto sul modo di correggerne la scala e di addobbarne le stanze? Chiunque preoccupa oggi le menti con sì fatte questioni, o è cieco, o è segreto nemico dell’indipendenza italiana, o è un fanatico che tenta tutto sovvertire e porre a soqquadro l’Italia, come i settarj suoi confratelli hanno messo a soqquadro la Francia.«Il Governo rappresentativo può senza fatica stabilirsi e lodevolmente procedere, a poco a poco perfezionarsi, e, se sia duopo, allargarsi per tutto in Italia; chè di ciò m’assicurano l’ingegno italiano, la crescente civiltà di questi popoli, e più ancora la loro politica condizione. Servi erano tutti in Italia, piccoli e grandi, poveri e ricchi; e quindi tutti gli ordini dello Stato devono portare l’istesso amore alla libertà . Qui non v’ha antiche gare, vecchi odj, acerbe reminiscenze, desiderj di vendetta fra un ordine e l’altro. I privilegi de’ signori erano tal fumo, che non può lasciare, dissipandosi, nè profondi rancori, nè pericolosi desiderj. Fruisca l’Italia di questo singolare benefizio, e non guasti, per stolta impazienza e vane ambizioni, un’opera ad essa più agevole, che non è stata a qualsivoglia altra nazione.«Solo lo Stato Pontifizio, per le sue peculiari condizioni, sembra opporre ostacoli di qualche rilievo al sincero stabilimento del Governo costituzionale. Giova sperare che, quel che non si è fatto da prima, si farà poi. Il cuore del principe è ottimo, l’animo de’ sudditi moderato; volesse Iddio non vi fosse a Roma altra difficoltà a vincere in questi difficilissimi tempi!«Il secondo moto italiano è quel che vuolsi chiamare nazionale; quest’impeto santo della risorgente Italia, che la spinge a scuotere qualsiasi giogo straniero, a spezzarlo coll’armi. Questi due moti non sono da confondere uno coll’altro: il primo poteva separarsi dal secondo, come il secondo dal primo. Anzi, se i grandi avvenimenti delle civili società dovessero essere governati dall’umano giudizio, agevol cosa sarebbe il dimostrare che in via meno breve ma forse più sicura sarebbe entrata l’Italia, ove, prima di por mano alle armi contro l’Austria, avesse avuto agio sufficiente a svolgere e rassodare in ciascuno Stato italiano i nuovi ordinamenti politici. Il sentimento nazionale sarebbesi fatto per la nuova vita politica più veemente ancora, e al tutto universale; le armi sarebbero state pronte, la milizia educata a servirsene. Ma che giova fermarsi in queste supposizioni? L’opportunità politica s’è offerta inaspettata, e più bella che desiderare non osavasi; Italia l’ha afferrata con animo fervido e mano gagliarda; il fervore ha supplito agli apparecchiamenti. La prima vittoria può essere meno facile, ma più gloriosa; la seconda meno pronta, ma più durevole; chè più cari e più sacri sono i conquisti che costarono lunghe fatiche e molto sangue. Inviolabile e santo è ad animi ben nati il suolo che ricopre le ossa de’ valorosi; e l’Italia vorrà essa soffrire che piede straniero le insulti e le calpesti? Ma se l’amore della patria è fiamma divina, non vuolsi però scambiarla co’ sogni di fantasie sregolate, e, peggio ancora, co’ precipitosi giudizj di menti leggiere...«L’impero austriaco, sconvolto ed infiacchito, non è spento; un nuovo esercito ha potuto scendere dall’Alpi e manomettere il suolo veneto. Chi ne assicura che un forte Governo non sia per sorgere a Vienna dalle rovine di quel vecchio e putrido?«Riassumo. L’Austria nemica, gagliarda ancora ed ostinata, Russia non amica, Germania ed Inghilterra neutrali, ma per cagioni diverse attente e sospettose. E Francia? Voi avete sorriso, come tutti hanno dovuto sorridere, udendo il Lamartine provare lungamente, minutamente, che gli Italiani non vogliono a nessun patto i soccorsi francesi, e che neppure le armi francesi si addensino alla frontiera italiana? — Che vuolsi! diceva l’illustre poeta: in Polonia non possiamo andare; in Italia non ci desiderano». E come gongolava di gioja del poter provare che gli Italiani nè punto nè poco pensano a chiamare le armi di Francia!«Giova pertanto attentamente considerare in quali condizioni si trovi l’Italia, volendo fare da sè, siccome essa desidera e si è proposto. Desiderio e proponimento che i buoni diranno santi, nobilissimi, generosi, se all’altezza del pensiero rispondono i fatti, i sacrifizj, il senno. Ove ciò non fosse, il desiderio sarebbe giudicato vanagloria, il proponimento presunzione e follia...».87.Vedi il foglio del Governo 2 ottobre 1848, e la dichiarazione del Rossi nellaGazzetta di Roma4 novembre, ove tende a mostrare che gli ostacoli venivano dal Piemonte, il quale voleva acquistaremagnifiche accessionicoll’armi e col denaro degli alleati.88.Lettera al Gioberti 30 ottobre.89.L’Epocaal 16 novembre. — NelContemporaneoal 17 novembre: «Jeri cadde sotto i colpi della pubblica indignazione il ministro Rossi, che per continue provocazioni con parole inserite nellaGazzetta, e con fatti mal pensati in politica aveva talmente esacerbati gli animi del popolo romano, che ognuno ambiva a cooperare alla sua caduta... S’illuminavano i balconi, le finestre, le loggie, e uscendo dai quartieri le truppe fraternizzavano col popolo; e i carabinieri, ch’erano stati più degli altri presi in sospetto per la comparsa di più centinaja di loro nella capitale, giravano con bandiere tricolori in mezzo al popolo, giurando fedeltà ». — E nell’Albadi Firenze: «Nella fucilata che ha avuto luogo per tre ore circa, è morto monsignor Palma e alcuni Svizzeri... L’esterno del palazzo del papa è crivellato dalle fucilate... Di Rossi non si parla più. Jeri sera il popolo andò per il corso con torcie e bandiere cantandoBenedetta quella mano che il tiranno pugnalò».90.Decreto di convocazione, 29 dicembre.91.Discorso dell’Armellini.92.Appena avvenuta la fuga di Pio IX, Mamiani mandava una circolare ai diplomatici, scagionando il Ministero di quei mali, e soggiungeva: «Di tutto quello che di più duro e violento è succeduto negli ultimi tempi in Roma e nelle provincie, è stato cagione perpetua il problema difficilissimo di convenientemente accordare il temporale dominio collo spirituale, desiderando i popoli tutti, con unanimi voti, che fra i due poteri intervenga una divisione profonda e compiuta, salva rimanendo l’unità d’ambidue nella stessa augusta persona, laddove dall’altro lato si è voluto e sperato ostinatamente di tenerli, come per addietro, strettamente congiunti e confusi. Alla soluzione quieta e durevole di tanto problema occorreva un mutuo spirito di tolleranza, di conciliazione e di longanimità , e soprattutto occorreva la lenta azione del tempo e la forza degli abiti nuovi, e di nuovi interessi. Ma le passioni di ambidue gli estremi partiti, e quella fiera impazienza, che spinge in ogni parte d’Europa e del mondo le presenti generazioni a rompere tutto ciò che non vagliano a piegare, condussero in Roma la resistenza e il conflitto, e le subite e forse immature trasformazioni; e poi aggiuntò asprezza e impetuosità al conflitto il sentimento nazionale soddisfatto, e il credersi in questi ultimi tempi che venisse a contesa colla politica nuova italiana la vecchia politica della romana curia, la quale ha pensato troppe volte di scampare sè sola nel naufragio delle nazioni».93.«Odio e fama grave procacciavano gli assassinj politici, dacchè la vendetta dalle sêtte nudrita in animi selvatici prorompeva traditrice con impeto tale, che i sicarj erano tiranni di alcuna città . Dirò d’Ancona, ove uccidevano di pien meriggio nelle piazze, negli atrj privati, nei pubblici ridotti, al cospetto delle milizie che lasciavano misfare: dirò che vi erano uffiziali di Polizia, i quali, sgherri, giudici e carnefici ad un tempo, davano morte ai cittadini, cui per ufficio dovevano sicurare dalle offese. Felice chi potesse coll’oro comperare la vita, o camparla colla fuga, tanto gli animi erano dal terrore signoreggiati, tanto caduta nell’abjezione ogni autorità , tanto profligata la tirannide. La libertà diserta dalle terre contaminate dall’assassinio, la civiltà rinega, e Dio castiga oggi con dura servitù le scellerate costumanze! Gl’impuniti delitti d’Ancona giunsero a tale, che i consoli stranieri ne fecero doglianza al Governo, e ne mandarono fuori la fama orribile. Alcuni deputati anconitani, il Baldi, il Pollini, il Berretta domandavano risolute opere di repressione, ed il Baldi si offeriva andare commissario per compierle. Ma essi avevano reso il partito contrario alla proclamazione della repubblica, ed erano in voce di moderati; il perchè non ebbero tanto d’autorità che il Mazzini volesse fare a fidanza con loro. Invece mandò commissarj il Dall’Ongaro ed un Bernabei di Sinigaglia, i quali, vili cortigiani degli scatenati carnefici e della bordaglia principe, accrebbero la fama odiosa del Governo».Farini,Lo Stato romano, vol.III.94.Pro Deo et populoera stata la divisa anche di Giuseppe II.95.«Quel che i giornali toscani fossero in quei mesi di giugno e di luglio, vietami il pudore di riferire».Ranalli, lib.XII.96.Lettera 6 ottobre.97.Ajutò a crederlo l’essersi nel giorno medesimo mosse a tumulto Parigi, Vienna, Berlino, Cracovia. Così all’insurrezione di Milano erano state contemporanee quelle di Berlino, di Monaco, d’altri paesi di Germania, e fino di Stoccolma.98.Correspondence, 9 marzo 1849.* La Camera legislativa francese voleva intervento rispettoso e Touqueville ministro degli affari esteri diceva: «Per correggere gli abusi nello Stato Pontifizio cos’abbiam noi a fare se non supplicare il S. Padre stesso di seguitar a camminare nella via dov’era entrato da solo per generosa e gloriosa iniziativa; a ricordarsi de’ proprj esempj, e del felice esito de’ suoi primi atti?» 8 agosto.99.«Eppure nessuno volle prestar fede alle dolorose rivelazioni, perchè gli uomini da cui erano fatte non ispiravano confidenza (!).Ove ciò non fosse stato, chi avrebbe persistito nel proposito della guerra con un esercito che a nessun patto la voleva?»Brofferio,Storia del Piemonte, part.III, c. 3.100.Dispaccio al marchese Ricci, 11 dicembre 1848.101.Nell’Opinionedel novembre 1848, si legge: «Signor ministro dell’interno, sapete voi che un vivajo di spie Radetzkiane e Pachtiane formicola per Torino, e a Genova e dappertutto?... perchè non ne fate impiccar alcuna a mo’ di esempio? (qui seguono indicazioni affatto vaghe, e conchiude) E noi non faremo fucilare nessuna spia?proh dolor!» Nelle Camere, il 17 novembre, si prendeva a ribattere tali asserzioni, assicurando che i Lazzaroni sanfedisti di Lombardia erano rimasti tutti di là dal Ticino.102.Dispaccio di Schwarzenberg, 12 febbrajo 1849.103.Dispaccio 14 marzo di Palmerston a Ponsonby.104.Gioberti, negliScritti varj intorno alla quistione italiana, stampati nel 1847, pag. 47.Nella tornata del 21 febbrajo 1849, egli, accusato di questa intervenzione, diceva non essere intervenzione l’entrare in uno Stato qualunque con uomini armati, quando si è chiesti dal principe e dal popolo. Ecco scagionata l’Austria.105.Alla vigilia della riscossa, fondava ilSaggiatorecon trenta pagine di prefazione, e tra un profluvio di parole diceva: «Una mano di forsennati testè sconvolgeva la Toscana, e faceva sì che questo giardino d’Italia, già meta gradita de’ più lontani peregrinatori, divenisse intollerabile a proprj figli... Ministri subdoli, spergiuri e traditori, portati al seggio da un tumulto, fecero forza al Parlamento col terrore, lo costrinsero a votare contro coscienza una legge distruttiva dei patti giurati; aggirarono, carrucolarono, strascinarono l’ottimo principe nel precipizio, necessitandolo infine a fuggire... E chi è questo principe? il medesimo che timoneggiò sempre i suoi popoli con benigni e mitissimi reggimenti, che spontaneo li privilegiava di libere istituzioni ecc.... Tutti gli statisti convengono che l’intervento a rigore di lettera sia lecito quando viene comandato dalla suprema legge della necessità e della propria salvezza, ecc.».I triumviri di Toscana ristamparono questo passo, anteponendovi parole ove diceano che «Dio volle umiliare questo non degno suo sacerdote colla perdita della ragione».106.Normanby scriveva a Palmerston l’11 marzo: «Il signor Mercier fu spedito da Parigi a Torino per mostrare nella più stringente maniera al re di Sardegna ilsuicidale effettodella sua condotta nel provocare in questo momento la rinnovazione delle ostilità , e assicurarlo non s’aspetti verun sostegno dalla Francia se con ciò provocasse un’invasione de’ suoi dominj per l’esercito vincitore».Palmerston, al 19 marzo, ricevuta la denunzia dell’armistizio, incaricava di esprimere quanto gli dispiacesse la strada in cui metteasi il Gabinetto di Torino; sperava ancora non si comincierebbero le ostilità ; in ogni caso si procurasse cessarle ove fossero cominciate.Mercier presentavasi a Novara al re, in nome del Governo francese, per dissuaderlo dal cominciare le ostilità (Edwards a Palmerston, 24 marzo). Abercromby faceva altrettanto (dispaccio 21 marzo), dopo che al 14 aveva scritto dolergli senza fine che il re, malgrado i ripetuti consigli delle Potenze mediatrici, esponesse la pace universale e il proprio paese con un attacco non provocato contro un vicino.107.Lettera a Colloredo 18 marzo 1848, e dispaccio di Edwards a Palmerston 23 marzo.Io non credo possa trovarsi romanzo che pareggi la commozione del leggere adesso gli scritti e i giornali che uscirono dal 18 al 30 marzo 1849. Vero è che, a differenza dei romanzi, bisogna conoscere prima la catastrofe.108.Di pagine che straziano il cuore per la continua immagine d’occulte mene, di trame liberticide, di corruzione diffusa, tali da far vergognare d’essere italiani, può raccogliersi lo stillato in queste poche righe: «Udito il disastro di Novara, che tutti giudicarono tradimento, udite le condizioni dell’armistizio che a tutti parvero disonorevoli, Genova alzò il capo fieramente, e non volle sottoporsi nè al croato che invadeva, nè al Ministero che pareva essere di così buona intelligenza coll’invasore, ma difendere la città , come essi dicevano, dagli Austriaci di Vienna e da quelli di Torino... Per poco che il Governo avesse voluto essere umano, nulla era più facile che ridurre Genova a obbedienza senza lacrime e senza sangue. I soldati di Lamarmora, volendo emulare gli esempj di Novara, s’abbandonarono a deplorabili eccessi contro le proprietà e le persone... Partivano gl’infelici in traccia di men crudeli spiaggie sulle rive dell’Ellesponto sotto la protezione della mezza luna. Più infelici ancora quelli che rimasero... Nè le ire si spensero colle tolte sostanze, coll’oltraggiata onestà , col versato sangue».Brofferio,Storia del Piemonte, tom.III, p. 116-120.109.Un uffiziale polacco amico del generale Chrzanowsky, e un uffiziale piemontese, nelleConsiderazioni sugli avvenimenti militari del marzo 1849, gettarono tutte le colpe sul Ministero. Chiodo, Cadorna, Tecchio cessati ministri vi risposero, mostrando con documenti che il generale fu istruito a tempo dell’armistizio disdetto, e aveva assentito.110.Le prompt accomplissement de la régénération de l’Italie a pu être empêché par degrandes fautescommises à Turin, scriveva lord Minto a Massimo D’Azeglio.La France ne permettra jamais que la Sardaigne fût,malgré ses fautes, réduite à un état voisin de l’anéantissement, diceva Drouyn de Lhuys al Gallina. Ma l’avrebbero professato prima dell’esito? Tocqueville, nuovo ministro in Francia, diceva:Après une guerre qu’a justifié et accru la juste renomée de bravoure dont jouit dans le monde l’armés piémontaise, mais qui c’est terminée par de très-grands revers, il était peut-être difficile d’espérer des meilleures conditions.«Arrossisco pel mio paese de’ tanti inni di guerra cantati al tempo addietro; nè certo io mi resi mai complice di siffatte ciarlatanerie».D’Azeglio,Dispaccio19 maggio 1819 al conte Gallina.111.Si l’Autriche veut une paix solide et durable, il faut qu’elle se montre généreuse; il faut qu’elle aide le roi à surmonter les immenses difficultés qui l’entourent.Il ministro De Launay al generale Dabormida, 13 aprile.112.Giornale militare, al 3 settembre 1848.113.Il console Goodwin a lord Napier, 1848.114.Le imprese degli Svizzeri nelle Due Sicilie furono raccontate dal R. De Steiger nellaRevue contemporaine, gennaio e marzo 1861, da soldato senza passione e in tono ben altro da quello consueto. Loda assai la moderazione del Filangieri e dei vincitori.115.19 gennajo 1849 il ministro Gioberti richiamava il proprio ministro a Napoli per «l’indegna calunnia spacciata in Francia dal principe di Cariati, colla quale ci attribuiva l’offerta di togliere al papa le Legazioni». Spero che il sospetto di tanta infamia non anniderà per un solo istante nell’animo del pontefice.116.Il principe Butéra al viceammiraglio Parker, 17 marzo 1849.117.Vedansi il rapporto di Ferdinando Tadini e Leopoldo Galeotti sul Ministero democratico e il triumvirato, stampato nel 1850, e iRicordidi L. G. De Cambray Digny sulla Commissione governativa del 1849, stampato nel 1853.118.Pochi uccisi nel breve assalto; fucilati dopo non meno di sessanta, fra cui un rumoroso prete Maggini.119.La Farina. E vedansi i dispacci di Moore nella citataCorrespondence. Ranalli divisa a lungo que’ micidj e soggiunge: «Non è improbabile che secretamente vi dessero mano i settarj della tirannide, mascherandosi da repubblicani, e co’ più licenziosi della democrazia accontandosi, per interesse d’infamare la repubblica». Lib.XXIII. Insinuazione gratuita, che ricorre di spesso. Vedi ancheFatti atroci dello spirito demagogico negli Stati romani; racconto estratto dai processi originali, Firenze 1853.120.L’orbe cattolico a Pio IX p. m. esulante da Roma, 1848-49. Napoli 1850.121.Vedasi Drouyn de Lhuys ministro, al sig. La Cour ambasciadore a Vienna il 17 aprile.122.Freeborn a lord Palmerston.123.Nelle istruzioni a Oudinot leggessi: «Tutte le informazioni ci fanno credere che sarete lietamente ricevuto a Civitavecchia, dagli uni come liberatore, dagli altri come mediatore contro i pericoli della riazione. Se però contro ogni verosimiglianza si pretendesse impedirvene l’entrata, voi non dovreste arrestarvi per la resistenza oppostavi in nome d’un Governo che nessuno ha riconosciuto in Europa, e che a Roma si mantiene contro il voto dell’immensa maggioranza della popolazione».124.Seduta del 2 giugno 1849.125.VediGiornale di Roma, 16 luglio 1849; e il discorso del cardinale Tosti.126.Più tardi Bastide stampòLa République française et l’Italie en1848,récits et documents(Bruxelles 1858), dove mostra come il re e il Ministero di Piemonte avessero soprattutto paura della Francia perchè produrrebbe un movimento repubblicano, pericoloso alla Casa di Savoja; come Pareto non meno che Brignole ripetessero che Italia voleva far da sè; come di rimpatto gli Ungheresi e Kossuth specialmente riguardassero la lotta come fosse tra l’Austria e Carlalberto, e perciò convenisse sostenere quella.127.Nei carteggi diplomatici dell’agosto appare evidente questo pensiero, che basta a giustificare il Governo veneto. Beaumont, ambasciadore francese a Londra, scriveva in tal senso a Palmerston, e conchiudeva: «Certo la Francia non può dispensarsi dal portar prontamente soccorsi a Venezia, salvo il caso d’una mediazione pacifica conforme alla politica sua: ma per questa è duopo che cessi subito ogni ostilità ». 29 agosto 1848.Nell’indirizzo di Manin ai ministri d’Inghilterra e Francia, del 4 aprile 1849, è detto:Si d’autres Etats italiens ont jadis rejété le secours de la France, Venise était, en revanche, accusée, du contraire: les journaux du temps en font foi... La durée de la résistance est elle-même un titre, puisqu’elle démontre que ce n’est pas une ivresse turbulente, mais une volonté réfléchie. Tout en recommandant à V. E. l’Italie toute entière, dont les intérêts sont solidaires, et dont la pacification, c’est-à -dire l’affranchissement est devenu la condition indispensable de la paix de l’Europe, nous devons vous supplier de prendre dès l’abord en considération notre Etat, qui, faute de moyens économiques, ne saurait se prolonger sans donner gain de cause à nos ennemis. Ses délais sont calculés... Venise affranchie ne saurait donner de l’ombrage; Venise autrichienne serait une honte et un embarras.Palmerston rispondea il 20 aprile, che Venezia appartiene all’Austria pel trattato di Vienna, e che «il componimento proposto dai Governi inglese e francese a quello d’Austria nell’11 agosto 1848 come base della negoziazione, non alterava in ciò il trattato di Vienna: nessun cangiamento può essere fatto nella condizione politica di Venezia se non col consenso e l’opera del Governo imperiale; e questo ha già annunziato la sua intenzione a tal riguardo».Simile, ma più ipocrito era quello di Drouyn de Lhuys:Si la liberté italienne eût été partout défendue ainsi, elle n’aurait pas succombé, ou de moins, en recourant à temps, après une honorable résistance, à la négociation, elle eût obtenu des conditions, qui lui eussent assuré une partie des bénéfices de la victoire. Il en a été autrement. Des fautes irréparables ont été commises, et les Vénitiens qui n’ont pas à se le reprocher,doiventaujourd’hui, par la force des choses, en supporter les conséquences.128.È singolarmente memorabile la canzone del Mameli:Fra le lagune adriacheGiace una gran mendica....Date a Venezia un obolo ecc.129.Agostino Stefani muratore si offre al colonnello Cosenz d’andare a mettere fuoco al ponte ove il nemico s’accalcava. I difensori lo vedono, lo credono una spia, e a furore lo ammazzano.130.«Il ministro dalle prime ci disse tenessimo un franco linguaggio: l’Austria del passato non è quella d’oggi; gli uomini che al presente dirigono, sono di liberali principj, e comprendono avere gl’Italiani avute poche garantigie, e queste pure talvolta non rispettate ecc.»Relazione di Foscolo a Calucci.
66.Balbo assicurava l’ambasciadore inglese Abercromby sapere di buona fonte che «se il Governo indugiasse a soccorrere i Lombardi, sovrasterebbe al Piemonte una rivoluzione repubblicana; onde, riconoscendo impossibile reprimere l’entusiasmo delle popolazioni sarde, avea soddisfatto alle domande dei deputati di Milano: Pareto diceagli, per poco che s’indugiasse, Genova sarebbesi sollevata, e scissa dagli Stati regj: a Vienna pure scriveasi dovere temere che le numerose società politiche di Lombardia e la prossimità della Svizzera non facessero proclamare un Governo repubblicano, disastroso alla causa italiana e a Casa di Savoja.Correspondance, ecc. Lettera di Abercromby a Palmerston del 23 e 24 marzo: — Il pericolo della monarchia di Sardegna divenne così imminente agli occhi de’ ministri, che furono costretti ad accondiscendere alle domande di ajuto presentate dai capi dell’insurrezione milanese, e appigliarsi a una linea di politica che non avrebbero adottata spontaneamente». «Supposto un principe il più schivo del nome e delle cose di guerra, il più freddo per la causa della nazionalità italiana, certo è, che suo malgrado, ei sarebbe stato trascinato dal torrente dell’opinione pubblica a recare soccorso ai Lombardi, salvo che amasse meglio vedere ribellati i sudditi e Genova repubblicana».Cibrario,Ricordi d’una missione a Carlalberto.
66.Balbo assicurava l’ambasciadore inglese Abercromby sapere di buona fonte che «se il Governo indugiasse a soccorrere i Lombardi, sovrasterebbe al Piemonte una rivoluzione repubblicana; onde, riconoscendo impossibile reprimere l’entusiasmo delle popolazioni sarde, avea soddisfatto alle domande dei deputati di Milano: Pareto diceagli, per poco che s’indugiasse, Genova sarebbesi sollevata, e scissa dagli Stati regj: a Vienna pure scriveasi dovere temere che le numerose società politiche di Lombardia e la prossimità della Svizzera non facessero proclamare un Governo repubblicano, disastroso alla causa italiana e a Casa di Savoja.Correspondance, ecc. Lettera di Abercromby a Palmerston del 23 e 24 marzo: — Il pericolo della monarchia di Sardegna divenne così imminente agli occhi de’ ministri, che furono costretti ad accondiscendere alle domande di ajuto presentate dai capi dell’insurrezione milanese, e appigliarsi a una linea di politica che non avrebbero adottata spontaneamente». «Supposto un principe il più schivo del nome e delle cose di guerra, il più freddo per la causa della nazionalità italiana, certo è, che suo malgrado, ei sarebbe stato trascinato dal torrente dell’opinione pubblica a recare soccorso ai Lombardi, salvo che amasse meglio vedere ribellati i sudditi e Genova repubblicana».Cibrario,Ricordi d’una missione a Carlalberto.
67.Il generale Franzini, dopo la sconfitta, diceva in Parlamento d’avere prima della guerra rappresentato in iscritto al re «la poca attitudine sua e degli altri generali, avendo brevissima esperienza, con gradi poco elevati. Il re mi disse che l’Italia doveva far da sè, e che non accettava la proposta d’un maresciallo francese, ch’io proponeva come valente a raddoppiare il valore della sua armata». E più tardi Massimo d’Azeglio diceva ai suoi elettori: «In Italia nulla era preparato negli animi, nei costumi, nelle abitudini militari».
67.Il generale Franzini, dopo la sconfitta, diceva in Parlamento d’avere prima della guerra rappresentato in iscritto al re «la poca attitudine sua e degli altri generali, avendo brevissima esperienza, con gradi poco elevati. Il re mi disse che l’Italia doveva far da sè, e che non accettava la proposta d’un maresciallo francese, ch’io proponeva come valente a raddoppiare il valore della sua armata». E più tardi Massimo d’Azeglio diceva ai suoi elettori: «In Italia nulla era preparato negli animi, nei costumi, nelle abitudini militari».
68.Questo sentimento è da un pezzo in cuore degli Italiani, e la scuola liberale lo professò apertamente dacchè Ciro Menotti, spirando sul patibolo di Modena, ci gridò: — Italiani, non fidatevi a promesse di forestieri». Ma la frase crediamo siasi formolata primamente nell’opuscolo di Giacomo Durando sullaNazionalità italiana.Poi il cardinale Ferretti, visitando la guardia civica di Roma, contento di quella tenuta esclamò: «L’Italia farà da sè».
68.Questo sentimento è da un pezzo in cuore degli Italiani, e la scuola liberale lo professò apertamente dacchè Ciro Menotti, spirando sul patibolo di Modena, ci gridò: — Italiani, non fidatevi a promesse di forestieri». Ma la frase crediamo siasi formolata primamente nell’opuscolo di Giacomo Durando sullaNazionalità italiana.Poi il cardinale Ferretti, visitando la guardia civica di Roma, contento di quella tenuta esclamò: «L’Italia farà da sè».
69.Presidente Casati: membri Vitaliano Borromeo, Giuseppe Darmi, Pompeo Litta storico, Strigelli, Beretta, Giulini, e Guerrieri per Mantova, Anelli per Lodi, Rezzonico per Como, Turoni per Pavia, Carbonera per Sondrio, Grasselli per Cremona, Moroni per Bergamo.
69.Presidente Casati: membri Vitaliano Borromeo, Giuseppe Darmi, Pompeo Litta storico, Strigelli, Beretta, Giulini, e Guerrieri per Mantova, Anelli per Lodi, Rezzonico per Como, Turoni per Pavia, Carbonera per Sondrio, Grasselli per Cremona, Moroni per Bergamo.
70.«Non vedo gran differenza tra le due forme di Governo. Che cos’è un principe costituzionale se non un capo ereditario di repubblica? e un presidente di repubblica, che un principe elettivo?»Gioberti,Lettera del26febbr. 1848.Molti giornali del Piemonte asserivano essere forte e temuto in Lombardia un partito che volevasminuzzare l’Italia in centinaja di repubblichette come nel medioevo. Per cercare, noi non ne trovammo orma; e gli scrittori non meno che gli atti uffiziali parlavano sempre di repubblica italiana, più o meno estesa. A tacere Venezia, di cui tanto generosi furono i proclami, il popolo di Padova nell’inaugurare il suo Governo provvisorio diceva al 26 marzo: — Il popolo che oggi vi ha costituito, ha un unico voto, l’unione italiana. Bando ai municipalismi. La repubblica delle città d’Italia, qualunque sia per essere la sua estensione, deve intitolarsi italiana. Stringetevi con Venezia e colle altre città italiane che si sono dichiarate o stanno per dichiararsi libere, onde operare con quelle di fraterno consenso. Viva la repubblica italiana!».
70.«Non vedo gran differenza tra le due forme di Governo. Che cos’è un principe costituzionale se non un capo ereditario di repubblica? e un presidente di repubblica, che un principe elettivo?»Gioberti,Lettera del26febbr. 1848.
Molti giornali del Piemonte asserivano essere forte e temuto in Lombardia un partito che volevasminuzzare l’Italia in centinaja di repubblichette come nel medioevo. Per cercare, noi non ne trovammo orma; e gli scrittori non meno che gli atti uffiziali parlavano sempre di repubblica italiana, più o meno estesa. A tacere Venezia, di cui tanto generosi furono i proclami, il popolo di Padova nell’inaugurare il suo Governo provvisorio diceva al 26 marzo: — Il popolo che oggi vi ha costituito, ha un unico voto, l’unione italiana. Bando ai municipalismi. La repubblica delle città d’Italia, qualunque sia per essere la sua estensione, deve intitolarsi italiana. Stringetevi con Venezia e colle altre città italiane che si sono dichiarate o stanno per dichiararsi libere, onde operare con quelle di fraterno consenso. Viva la repubblica italiana!».
71.«Il grande ingegno... ama il popolo, ma non i suoi favori; aspira al suo bene, non alle lodi; e sta ritirato dalla turba per poterla beneficare».Gioberti,Introduz. alla storia della filosofia, pag. 219. E a pag. 183: «Il Governo rappresentativo è ottimo in se stesso, attissimo a felicitare una nazione, e si assesta mirabilmente a tutti i progressi civili, purchè non si fondi sulla base assurda e funesta della sovranità popolare».
71.«Il grande ingegno... ama il popolo, ma non i suoi favori; aspira al suo bene, non alle lodi; e sta ritirato dalla turba per poterla beneficare».Gioberti,Introduz. alla storia della filosofia, pag. 219. E a pag. 183: «Il Governo rappresentativo è ottimo in se stesso, attissimo a felicitare una nazione, e si assesta mirabilmente a tutti i progressi civili, purchè non si fondi sulla base assurda e funesta della sovranità popolare».
72.La più bella esposizione e apologia di quell’intrigo è nei cenni di Antonio Casati suMilano e i principi di Savoja. Raccontata la venuta di Gioberti a Milano, e come dall’albergo del Marino si trasferisse a quello della Bella Venezia «che, per la piazza che vi sta davanti, era atto alle ovazioni popolari», dice che «la folla giunse e si accalcò sotto le finestre della locanda: ma questa volta era folla di costituzionali plaudenti all’apostolo della fusione; e quell’occupazione loro della piazza San Fedele, fin allora tenuta in dominio esclusivo (?) dai repubblicani, preconizzava il trionfo del partito moderato».
72.La più bella esposizione e apologia di quell’intrigo è nei cenni di Antonio Casati suMilano e i principi di Savoja. Raccontata la venuta di Gioberti a Milano, e come dall’albergo del Marino si trasferisse a quello della Bella Venezia «che, per la piazza che vi sta davanti, era atto alle ovazioni popolari», dice che «la folla giunse e si accalcò sotto le finestre della locanda: ma questa volta era folla di costituzionali plaudenti all’apostolo della fusione; e quell’occupazione loro della piazza San Fedele, fin allora tenuta in dominio esclusivo (?) dai repubblicani, preconizzava il trionfo del partito moderato».
73.«Il partito liberale (a Torino) e il ministro dell’interno che vi appartiene, temono che il suffragio universale non metta sotto l’influenza de’ sacerdoti e del partito aristocratico»: preziosa confessione, che troviamo nella lettera 16 maggio dell’incaricato lombardo al Governo provvisorio. E al 26 maggio scriveva, che il ritorno del ministro Ricci da Lombardia coll’annunzio della fusione «ha contribuito a far rinascere quella simpatia in Torino, che era da più di un mese morta, e quasi sepolta per sempre».
73.«Il partito liberale (a Torino) e il ministro dell’interno che vi appartiene, temono che il suffragio universale non metta sotto l’influenza de’ sacerdoti e del partito aristocratico»: preziosa confessione, che troviamo nella lettera 16 maggio dell’incaricato lombardo al Governo provvisorio. E al 26 maggio scriveva, che il ritorno del ministro Ricci da Lombardia coll’annunzio della fusione «ha contribuito a far rinascere quella simpatia in Torino, che era da più di un mese morta, e quasi sepolta per sempre».
74.Hujus falsissimæ conjurationis prætextu inimici homines eo spectabant, ut populi contemptum, invidiam, furorem contra quosdam lectissimos quoque viros, virtute, religione præstantes, et ecclesiastica etiam dignitate insignes nefarie commoverent atque excitarent. Allocuzione 20 aprile 1848.
74.Hujus falsissimæ conjurationis prætextu inimici homines eo spectabant, ut populi contemptum, invidiam, furorem contra quosdam lectissimos quoque viros, virtute, religione præstantes, et ecclesiastica etiam dignitate insignes nefarie commoverent atque excitarent. Allocuzione 20 aprile 1848.
75.Pillersdorf, allora ministro dell’Austria, nel ragguaglio che dappoi pubblicò sopra la rivoluzione viennese, espone: «Mentre Inghilterra e Francia facevano ragione delle nostre pratiche di conciliazione, un ambasciatore della Corte romana (monsignor Morichini) al ministero fece senza riguardi la proposta di rinunzia a tutte le provincie italiane, dicendolo unico mezzo per l’Austria d’evitare pericoli maggiori...; i trattati antichi non avere nissun valore».
75.Pillersdorf, allora ministro dell’Austria, nel ragguaglio che dappoi pubblicò sopra la rivoluzione viennese, espone: «Mentre Inghilterra e Francia facevano ragione delle nostre pratiche di conciliazione, un ambasciatore della Corte romana (monsignor Morichini) al ministero fece senza riguardi la proposta di rinunzia a tutte le provincie italiane, dicendolo unico mezzo per l’Austria d’evitare pericoli maggiori...; i trattati antichi non avere nissun valore».
76.Il Comitato generale ai rappresentanti del Governo britannico, il 3 febbrajo. — «La nazione siciliana, che il despotismo si lusingava avere cancellato dal novero delle nazioni, ha rivendicato col suo sangue il suo diritto»; Atto di convocazione del Parlamento, 24 febbrajo 1848.
76.Il Comitato generale ai rappresentanti del Governo britannico, il 3 febbrajo. — «La nazione siciliana, che il despotismo si lusingava avere cancellato dal novero delle nazioni, ha rivendicato col suo sangue il suo diritto»; Atto di convocazione del Parlamento, 24 febbrajo 1848.
77.Dispaccio 24 aprile.
77.Dispaccio 24 aprile.
78.Dico almeno in pubblico, giacchè Abercromby scriveva al Ministero inglese, aver lettera autografa del re, del 7 luglio, ove mostrasi disposto accettare come base di pace il territorio fino all’Adige; pace che, attesa la forza relativa della Sardegna e dell’Austria, non potrebbe dalle Camere e dalla Nazione esser considerata che onorevole e gloriosa.Correspondance, part.III, pag. 62.LaGazzetta di Vienna1º luglio 1848 riferiva come, per amore della pace, fosse stato proposto un armistizio, durante il quale si tratterebbe sopra la base dell’indipendenza della Lombardia, salvo alcuni accomodamenti finanziarj e commerciali; il Governo provvisorio aveva ricusato trattare, perchè la questione non era lombarda ma italiana; in conseguenza non restar all’Austria che appellarsi al giudizio del mondo, e raddoppiare di sforzi per sottomettere il paese insorto. Infatti Wessemberg, il 5 giugno, da Innspruck avea scritto al Casati tali proposizioni e Hümelauer le avea portate a Palmerston, che credette non vi s’acconcerebbero gli animi, sopreccitati in Lombardia.
78.Dico almeno in pubblico, giacchè Abercromby scriveva al Ministero inglese, aver lettera autografa del re, del 7 luglio, ove mostrasi disposto accettare come base di pace il territorio fino all’Adige; pace che, attesa la forza relativa della Sardegna e dell’Austria, non potrebbe dalle Camere e dalla Nazione esser considerata che onorevole e gloriosa.Correspondance, part.III, pag. 62.
LaGazzetta di Vienna1º luglio 1848 riferiva come, per amore della pace, fosse stato proposto un armistizio, durante il quale si tratterebbe sopra la base dell’indipendenza della Lombardia, salvo alcuni accomodamenti finanziarj e commerciali; il Governo provvisorio aveva ricusato trattare, perchè la questione non era lombarda ma italiana; in conseguenza non restar all’Austria che appellarsi al giudizio del mondo, e raddoppiare di sforzi per sottomettere il paese insorto. Infatti Wessemberg, il 5 giugno, da Innspruck avea scritto al Casati tali proposizioni e Hümelauer le avea portate a Palmerston, che credette non vi s’acconcerebbero gli animi, sopreccitati in Lombardia.
79.A mezzo aprile 1848, il Governo provvisorio di Venezia insisteva presso Carlalberto e il generale Durando perchè mandassero truppe a soccorso del Veneto: «Dell’onore del nome piemontese e pontifizio, dell’onore del nome italiano si tratta. Ogni indugio potrebbe far perdere il merito de’ sacrifizj, la lode della vittoria. Noi, che da secoli siamo dissuefatti dalle armi, legati il braccio e il pensiero, noi non ci vergogniamo di tendere la mano a fratelli più agguerriti di noi, a fratelli che ci obbligarono la sacra lor fede; di tendere la mano dopo aver fatto ogni possibile per armarci, munirci, ordinarci, rinnovare a un tratto noi stessi».
79.A mezzo aprile 1848, il Governo provvisorio di Venezia insisteva presso Carlalberto e il generale Durando perchè mandassero truppe a soccorso del Veneto: «Dell’onore del nome piemontese e pontifizio, dell’onore del nome italiano si tratta. Ogni indugio potrebbe far perdere il merito de’ sacrifizj, la lode della vittoria. Noi, che da secoli siamo dissuefatti dalle armi, legati il braccio e il pensiero, noi non ci vergogniamo di tendere la mano a fratelli più agguerriti di noi, a fratelli che ci obbligarono la sacra lor fede; di tendere la mano dopo aver fatto ogni possibile per armarci, munirci, ordinarci, rinnovare a un tratto noi stessi».
80.Un lodatore esclama:Que dire d’un chef d’armée, se trompant si longtemps sur sa position, continuant à si mal évaluer les forces qui sont dévant lui, alors que dépuis trois jours l’ennemi a combattu de tous côtés à Rivoli, à Sona, à Salionze, à Staffalo, qu’il est en ce moment à si peu de distance, et qu’on vient de lui faire tant de prisonniers?
80.Un lodatore esclama:Que dire d’un chef d’armée, se trompant si longtemps sur sa position, continuant à si mal évaluer les forces qui sont dévant lui, alors que dépuis trois jours l’ennemi a combattu de tous côtés à Rivoli, à Sona, à Salionze, à Staffalo, qu’il est en ce moment à si peu de distance, et qu’on vient de lui faire tant de prisonniers?
81.Dottore Maestri, avvocato Restelli, generale Fanti.
81.Dottore Maestri, avvocato Restelli, generale Fanti.
82.Nella Cronistoria dell’Indipendenza Italianail Cantù ha descritta a minuto quella trista giornata. (Gli Editori).
82.Nella Cronistoria dell’Indipendenza Italianail Cantù ha descritta a minuto quella trista giornata. (Gli Editori).
83.Dispaccio 15 agosto di Abercromby a Reiset.
83.Dispaccio 15 agosto di Abercromby a Reiset.
84.Il Governo provvisorio di Venezia, dando annunzio di sè a quel della Repubblica francese, scriveva:Le temps des interventions est passé; et ce ne serait pas un secours dangereux qui nous viendrait d’un pays, où Lamartine est ministre. Bisogna vedere come i giornali piemontesi s’avventarono contro questa invocazione degli stranieri!
84.Il Governo provvisorio di Venezia, dando annunzio di sè a quel della Repubblica francese, scriveva:Le temps des interventions est passé; et ce ne serait pas un secours dangereux qui nous viendrait d’un pays, où Lamartine est ministre. Bisogna vedere come i giornali piemontesi s’avventarono contro questa invocazione degli stranieri!
85.Articolo 1º: «Un’assemblea costituente è convocata per tutti gli Stati italiani, la quale avrà per unico mandato di compilare un patto federale, che, rispettando l’esistenza de’ singoli Stati, e lasciando inalterata la loro forma di governo, valga ad assicurare le libertà , l’unione e l’indipendenza assoluta d’Italia, ed a promuovere il ben essere della nazione».
85.Articolo 1º: «Un’assemblea costituente è convocata per tutti gli Stati italiani, la quale avrà per unico mandato di compilare un patto federale, che, rispettando l’esistenza de’ singoli Stati, e lasciando inalterata la loro forma di governo, valga ad assicurare le libertà , l’unione e l’indipendenza assoluta d’Italia, ed a promuovere il ben essere della nazione».
86.Crederei del Rossi l’articolo dellaGazzetta di Roma20 aprile, che fra altre cose diceva: «Il più grave pericolo per gl’Italiani non è mai venuto dallo straniero. Le armi nostre lo hanno sempre disfatto quando sono state concordi: e la nostra civiltà ha sempre trionfato della sua quando si è potuta sviluppare liberamente. Il più grave pericolo degl’Italiani è sempre stato nell’abuso de’ più grandi doni che Iddio abbia loro fatti, di questa varietà di caratteri, di questa ricchezza d’intelligenza, di questo rigoglio di volontà , di quest’abbondanza di vita: fa mestieri pertanto, se non vogliamo ricadere negli errori e nelle sventure de’ nostri maggiori, guardarci da questo pericolo e da questo abuso, subordinando ad un principio solo tutte le nostre volontà ...».Egli allora scriveva ad una signora come i fatti di Milano l’avessero commosso al pianto, ma non osava sperare fossero principio d’un risorgimento durativo e glorioso, anzichè causa di una caduta più irreparabile. Nè tanto lo spaventava la forza dell’Austria, ridotta a tale che potrebbe essere cacciata quando l’Italia veramente e solennemente il volesse. «Non sono io di quelli stolti, che della possanza e del valore austriaco parlano e scrivono leggermente. So che la vittoria non può ottenersi che con molto sangue; ma so pure che ove gl’italiani tutti siano pronti a spargerlo, come già molti fanno, da valorosi assennati ad un tempo, mostreranno all’universo che è impossibile incatenare un gran popolo che voglia assolutamente essere libero e donno di sè.«Ma saranno essi ad un tempo valorosi ed assennati? Valorosi, ne sono certo; assennati, dubito.«Tre moti diversi agitano l’Italia; giusto l’uno, santo l’altro, pazzo il terzo, e che porrà tutto in rovina se nol si reprime. L’Italia non vuol più Governi assoluti, paterni o no; chè anche i più paterni sono stupidi ed iniqui se assoluti. Questo primo moto, se l’Italia fa senno, è omai compiuto; le costituzioni hanno ricondotto nella penisola la libertà politica; l’Italia, schiava jeri, è oggi libera quanto l’Inghilterra, e la vince in eguaglianza civile. Che vuole di più?«Ma tal articolo della costituzione ci spiace, tale o tal mutamento ci sembra opportuno. Miserie! Chi impedirà , dopo maturo studio, sufficiente sperienza e regolari discussioni, di variare in alcun che gli statuti, e di meglio adattarli alle condizioni morali e politiche? E che? ancora siete nuovi nell’arringo, avete appena allacciata la corazza e brandite le armi, e già prima di farne la prova volete sputar sentenze da censori, e dare al mondo insegnamenti di tattica costituzionale? E che? il sangue italiano scorre gloriosamente sull’Adige e sulla Piave, i vostri fratelli minacciati dal ferro austriaco implorano soccorso; e voi, invece di correr all’armi, di chiedere, di gridare soltanto armi, vi state disputando, chiaccherando, scribacchiando di statuti e di leggi, e ponete la somma delle cose nel sapere se avrete qualche elettore di più o di meno, una o due Camere, categorie più o meno larghe!«Che direste del padrone d’una casa che, vedendola sul punto d’essere preda alle fiamme, si stesse arzigogolando coll’architetto sul modo di correggerne la scala e di addobbarne le stanze? Chiunque preoccupa oggi le menti con sì fatte questioni, o è cieco, o è segreto nemico dell’indipendenza italiana, o è un fanatico che tenta tutto sovvertire e porre a soqquadro l’Italia, come i settarj suoi confratelli hanno messo a soqquadro la Francia.«Il Governo rappresentativo può senza fatica stabilirsi e lodevolmente procedere, a poco a poco perfezionarsi, e, se sia duopo, allargarsi per tutto in Italia; chè di ciò m’assicurano l’ingegno italiano, la crescente civiltà di questi popoli, e più ancora la loro politica condizione. Servi erano tutti in Italia, piccoli e grandi, poveri e ricchi; e quindi tutti gli ordini dello Stato devono portare l’istesso amore alla libertà . Qui non v’ha antiche gare, vecchi odj, acerbe reminiscenze, desiderj di vendetta fra un ordine e l’altro. I privilegi de’ signori erano tal fumo, che non può lasciare, dissipandosi, nè profondi rancori, nè pericolosi desiderj. Fruisca l’Italia di questo singolare benefizio, e non guasti, per stolta impazienza e vane ambizioni, un’opera ad essa più agevole, che non è stata a qualsivoglia altra nazione.«Solo lo Stato Pontifizio, per le sue peculiari condizioni, sembra opporre ostacoli di qualche rilievo al sincero stabilimento del Governo costituzionale. Giova sperare che, quel che non si è fatto da prima, si farà poi. Il cuore del principe è ottimo, l’animo de’ sudditi moderato; volesse Iddio non vi fosse a Roma altra difficoltà a vincere in questi difficilissimi tempi!«Il secondo moto italiano è quel che vuolsi chiamare nazionale; quest’impeto santo della risorgente Italia, che la spinge a scuotere qualsiasi giogo straniero, a spezzarlo coll’armi. Questi due moti non sono da confondere uno coll’altro: il primo poteva separarsi dal secondo, come il secondo dal primo. Anzi, se i grandi avvenimenti delle civili società dovessero essere governati dall’umano giudizio, agevol cosa sarebbe il dimostrare che in via meno breve ma forse più sicura sarebbe entrata l’Italia, ove, prima di por mano alle armi contro l’Austria, avesse avuto agio sufficiente a svolgere e rassodare in ciascuno Stato italiano i nuovi ordinamenti politici. Il sentimento nazionale sarebbesi fatto per la nuova vita politica più veemente ancora, e al tutto universale; le armi sarebbero state pronte, la milizia educata a servirsene. Ma che giova fermarsi in queste supposizioni? L’opportunità politica s’è offerta inaspettata, e più bella che desiderare non osavasi; Italia l’ha afferrata con animo fervido e mano gagliarda; il fervore ha supplito agli apparecchiamenti. La prima vittoria può essere meno facile, ma più gloriosa; la seconda meno pronta, ma più durevole; chè più cari e più sacri sono i conquisti che costarono lunghe fatiche e molto sangue. Inviolabile e santo è ad animi ben nati il suolo che ricopre le ossa de’ valorosi; e l’Italia vorrà essa soffrire che piede straniero le insulti e le calpesti? Ma se l’amore della patria è fiamma divina, non vuolsi però scambiarla co’ sogni di fantasie sregolate, e, peggio ancora, co’ precipitosi giudizj di menti leggiere...«L’impero austriaco, sconvolto ed infiacchito, non è spento; un nuovo esercito ha potuto scendere dall’Alpi e manomettere il suolo veneto. Chi ne assicura che un forte Governo non sia per sorgere a Vienna dalle rovine di quel vecchio e putrido?«Riassumo. L’Austria nemica, gagliarda ancora ed ostinata, Russia non amica, Germania ed Inghilterra neutrali, ma per cagioni diverse attente e sospettose. E Francia? Voi avete sorriso, come tutti hanno dovuto sorridere, udendo il Lamartine provare lungamente, minutamente, che gli Italiani non vogliono a nessun patto i soccorsi francesi, e che neppure le armi francesi si addensino alla frontiera italiana? — Che vuolsi! diceva l’illustre poeta: in Polonia non possiamo andare; in Italia non ci desiderano». E come gongolava di gioja del poter provare che gli Italiani nè punto nè poco pensano a chiamare le armi di Francia!«Giova pertanto attentamente considerare in quali condizioni si trovi l’Italia, volendo fare da sè, siccome essa desidera e si è proposto. Desiderio e proponimento che i buoni diranno santi, nobilissimi, generosi, se all’altezza del pensiero rispondono i fatti, i sacrifizj, il senno. Ove ciò non fosse, il desiderio sarebbe giudicato vanagloria, il proponimento presunzione e follia...».
86.Crederei del Rossi l’articolo dellaGazzetta di Roma20 aprile, che fra altre cose diceva: «Il più grave pericolo per gl’Italiani non è mai venuto dallo straniero. Le armi nostre lo hanno sempre disfatto quando sono state concordi: e la nostra civiltà ha sempre trionfato della sua quando si è potuta sviluppare liberamente. Il più grave pericolo degl’Italiani è sempre stato nell’abuso de’ più grandi doni che Iddio abbia loro fatti, di questa varietà di caratteri, di questa ricchezza d’intelligenza, di questo rigoglio di volontà , di quest’abbondanza di vita: fa mestieri pertanto, se non vogliamo ricadere negli errori e nelle sventure de’ nostri maggiori, guardarci da questo pericolo e da questo abuso, subordinando ad un principio solo tutte le nostre volontà ...».
Egli allora scriveva ad una signora come i fatti di Milano l’avessero commosso al pianto, ma non osava sperare fossero principio d’un risorgimento durativo e glorioso, anzichè causa di una caduta più irreparabile. Nè tanto lo spaventava la forza dell’Austria, ridotta a tale che potrebbe essere cacciata quando l’Italia veramente e solennemente il volesse. «Non sono io di quelli stolti, che della possanza e del valore austriaco parlano e scrivono leggermente. So che la vittoria non può ottenersi che con molto sangue; ma so pure che ove gl’italiani tutti siano pronti a spargerlo, come già molti fanno, da valorosi assennati ad un tempo, mostreranno all’universo che è impossibile incatenare un gran popolo che voglia assolutamente essere libero e donno di sè.
«Ma saranno essi ad un tempo valorosi ed assennati? Valorosi, ne sono certo; assennati, dubito.
«Tre moti diversi agitano l’Italia; giusto l’uno, santo l’altro, pazzo il terzo, e che porrà tutto in rovina se nol si reprime. L’Italia non vuol più Governi assoluti, paterni o no; chè anche i più paterni sono stupidi ed iniqui se assoluti. Questo primo moto, se l’Italia fa senno, è omai compiuto; le costituzioni hanno ricondotto nella penisola la libertà politica; l’Italia, schiava jeri, è oggi libera quanto l’Inghilterra, e la vince in eguaglianza civile. Che vuole di più?
«Ma tal articolo della costituzione ci spiace, tale o tal mutamento ci sembra opportuno. Miserie! Chi impedirà , dopo maturo studio, sufficiente sperienza e regolari discussioni, di variare in alcun che gli statuti, e di meglio adattarli alle condizioni morali e politiche? E che? ancora siete nuovi nell’arringo, avete appena allacciata la corazza e brandite le armi, e già prima di farne la prova volete sputar sentenze da censori, e dare al mondo insegnamenti di tattica costituzionale? E che? il sangue italiano scorre gloriosamente sull’Adige e sulla Piave, i vostri fratelli minacciati dal ferro austriaco implorano soccorso; e voi, invece di correr all’armi, di chiedere, di gridare soltanto armi, vi state disputando, chiaccherando, scribacchiando di statuti e di leggi, e ponete la somma delle cose nel sapere se avrete qualche elettore di più o di meno, una o due Camere, categorie più o meno larghe!
«Che direste del padrone d’una casa che, vedendola sul punto d’essere preda alle fiamme, si stesse arzigogolando coll’architetto sul modo di correggerne la scala e di addobbarne le stanze? Chiunque preoccupa oggi le menti con sì fatte questioni, o è cieco, o è segreto nemico dell’indipendenza italiana, o è un fanatico che tenta tutto sovvertire e porre a soqquadro l’Italia, come i settarj suoi confratelli hanno messo a soqquadro la Francia.
«Il Governo rappresentativo può senza fatica stabilirsi e lodevolmente procedere, a poco a poco perfezionarsi, e, se sia duopo, allargarsi per tutto in Italia; chè di ciò m’assicurano l’ingegno italiano, la crescente civiltà di questi popoli, e più ancora la loro politica condizione. Servi erano tutti in Italia, piccoli e grandi, poveri e ricchi; e quindi tutti gli ordini dello Stato devono portare l’istesso amore alla libertà . Qui non v’ha antiche gare, vecchi odj, acerbe reminiscenze, desiderj di vendetta fra un ordine e l’altro. I privilegi de’ signori erano tal fumo, che non può lasciare, dissipandosi, nè profondi rancori, nè pericolosi desiderj. Fruisca l’Italia di questo singolare benefizio, e non guasti, per stolta impazienza e vane ambizioni, un’opera ad essa più agevole, che non è stata a qualsivoglia altra nazione.
«Solo lo Stato Pontifizio, per le sue peculiari condizioni, sembra opporre ostacoli di qualche rilievo al sincero stabilimento del Governo costituzionale. Giova sperare che, quel che non si è fatto da prima, si farà poi. Il cuore del principe è ottimo, l’animo de’ sudditi moderato; volesse Iddio non vi fosse a Roma altra difficoltà a vincere in questi difficilissimi tempi!
«Il secondo moto italiano è quel che vuolsi chiamare nazionale; quest’impeto santo della risorgente Italia, che la spinge a scuotere qualsiasi giogo straniero, a spezzarlo coll’armi. Questi due moti non sono da confondere uno coll’altro: il primo poteva separarsi dal secondo, come il secondo dal primo. Anzi, se i grandi avvenimenti delle civili società dovessero essere governati dall’umano giudizio, agevol cosa sarebbe il dimostrare che in via meno breve ma forse più sicura sarebbe entrata l’Italia, ove, prima di por mano alle armi contro l’Austria, avesse avuto agio sufficiente a svolgere e rassodare in ciascuno Stato italiano i nuovi ordinamenti politici. Il sentimento nazionale sarebbesi fatto per la nuova vita politica più veemente ancora, e al tutto universale; le armi sarebbero state pronte, la milizia educata a servirsene. Ma che giova fermarsi in queste supposizioni? L’opportunità politica s’è offerta inaspettata, e più bella che desiderare non osavasi; Italia l’ha afferrata con animo fervido e mano gagliarda; il fervore ha supplito agli apparecchiamenti. La prima vittoria può essere meno facile, ma più gloriosa; la seconda meno pronta, ma più durevole; chè più cari e più sacri sono i conquisti che costarono lunghe fatiche e molto sangue. Inviolabile e santo è ad animi ben nati il suolo che ricopre le ossa de’ valorosi; e l’Italia vorrà essa soffrire che piede straniero le insulti e le calpesti? Ma se l’amore della patria è fiamma divina, non vuolsi però scambiarla co’ sogni di fantasie sregolate, e, peggio ancora, co’ precipitosi giudizj di menti leggiere...
«L’impero austriaco, sconvolto ed infiacchito, non è spento; un nuovo esercito ha potuto scendere dall’Alpi e manomettere il suolo veneto. Chi ne assicura che un forte Governo non sia per sorgere a Vienna dalle rovine di quel vecchio e putrido?
«Riassumo. L’Austria nemica, gagliarda ancora ed ostinata, Russia non amica, Germania ed Inghilterra neutrali, ma per cagioni diverse attente e sospettose. E Francia? Voi avete sorriso, come tutti hanno dovuto sorridere, udendo il Lamartine provare lungamente, minutamente, che gli Italiani non vogliono a nessun patto i soccorsi francesi, e che neppure le armi francesi si addensino alla frontiera italiana? — Che vuolsi! diceva l’illustre poeta: in Polonia non possiamo andare; in Italia non ci desiderano». E come gongolava di gioja del poter provare che gli Italiani nè punto nè poco pensano a chiamare le armi di Francia!
«Giova pertanto attentamente considerare in quali condizioni si trovi l’Italia, volendo fare da sè, siccome essa desidera e si è proposto. Desiderio e proponimento che i buoni diranno santi, nobilissimi, generosi, se all’altezza del pensiero rispondono i fatti, i sacrifizj, il senno. Ove ciò non fosse, il desiderio sarebbe giudicato vanagloria, il proponimento presunzione e follia...».
87.Vedi il foglio del Governo 2 ottobre 1848, e la dichiarazione del Rossi nellaGazzetta di Roma4 novembre, ove tende a mostrare che gli ostacoli venivano dal Piemonte, il quale voleva acquistaremagnifiche accessionicoll’armi e col denaro degli alleati.
87.Vedi il foglio del Governo 2 ottobre 1848, e la dichiarazione del Rossi nellaGazzetta di Roma4 novembre, ove tende a mostrare che gli ostacoli venivano dal Piemonte, il quale voleva acquistaremagnifiche accessionicoll’armi e col denaro degli alleati.
88.Lettera al Gioberti 30 ottobre.
88.Lettera al Gioberti 30 ottobre.
89.L’Epocaal 16 novembre. — NelContemporaneoal 17 novembre: «Jeri cadde sotto i colpi della pubblica indignazione il ministro Rossi, che per continue provocazioni con parole inserite nellaGazzetta, e con fatti mal pensati in politica aveva talmente esacerbati gli animi del popolo romano, che ognuno ambiva a cooperare alla sua caduta... S’illuminavano i balconi, le finestre, le loggie, e uscendo dai quartieri le truppe fraternizzavano col popolo; e i carabinieri, ch’erano stati più degli altri presi in sospetto per la comparsa di più centinaja di loro nella capitale, giravano con bandiere tricolori in mezzo al popolo, giurando fedeltà ». — E nell’Albadi Firenze: «Nella fucilata che ha avuto luogo per tre ore circa, è morto monsignor Palma e alcuni Svizzeri... L’esterno del palazzo del papa è crivellato dalle fucilate... Di Rossi non si parla più. Jeri sera il popolo andò per il corso con torcie e bandiere cantandoBenedetta quella mano che il tiranno pugnalò».
89.L’Epocaal 16 novembre. — NelContemporaneoal 17 novembre: «Jeri cadde sotto i colpi della pubblica indignazione il ministro Rossi, che per continue provocazioni con parole inserite nellaGazzetta, e con fatti mal pensati in politica aveva talmente esacerbati gli animi del popolo romano, che ognuno ambiva a cooperare alla sua caduta... S’illuminavano i balconi, le finestre, le loggie, e uscendo dai quartieri le truppe fraternizzavano col popolo; e i carabinieri, ch’erano stati più degli altri presi in sospetto per la comparsa di più centinaja di loro nella capitale, giravano con bandiere tricolori in mezzo al popolo, giurando fedeltà ». — E nell’Albadi Firenze: «Nella fucilata che ha avuto luogo per tre ore circa, è morto monsignor Palma e alcuni Svizzeri... L’esterno del palazzo del papa è crivellato dalle fucilate... Di Rossi non si parla più. Jeri sera il popolo andò per il corso con torcie e bandiere cantandoBenedetta quella mano che il tiranno pugnalò».
90.Decreto di convocazione, 29 dicembre.
90.Decreto di convocazione, 29 dicembre.
91.Discorso dell’Armellini.
91.Discorso dell’Armellini.
92.Appena avvenuta la fuga di Pio IX, Mamiani mandava una circolare ai diplomatici, scagionando il Ministero di quei mali, e soggiungeva: «Di tutto quello che di più duro e violento è succeduto negli ultimi tempi in Roma e nelle provincie, è stato cagione perpetua il problema difficilissimo di convenientemente accordare il temporale dominio collo spirituale, desiderando i popoli tutti, con unanimi voti, che fra i due poteri intervenga una divisione profonda e compiuta, salva rimanendo l’unità d’ambidue nella stessa augusta persona, laddove dall’altro lato si è voluto e sperato ostinatamente di tenerli, come per addietro, strettamente congiunti e confusi. Alla soluzione quieta e durevole di tanto problema occorreva un mutuo spirito di tolleranza, di conciliazione e di longanimità , e soprattutto occorreva la lenta azione del tempo e la forza degli abiti nuovi, e di nuovi interessi. Ma le passioni di ambidue gli estremi partiti, e quella fiera impazienza, che spinge in ogni parte d’Europa e del mondo le presenti generazioni a rompere tutto ciò che non vagliano a piegare, condussero in Roma la resistenza e il conflitto, e le subite e forse immature trasformazioni; e poi aggiuntò asprezza e impetuosità al conflitto il sentimento nazionale soddisfatto, e il credersi in questi ultimi tempi che venisse a contesa colla politica nuova italiana la vecchia politica della romana curia, la quale ha pensato troppe volte di scampare sè sola nel naufragio delle nazioni».
92.Appena avvenuta la fuga di Pio IX, Mamiani mandava una circolare ai diplomatici, scagionando il Ministero di quei mali, e soggiungeva: «Di tutto quello che di più duro e violento è succeduto negli ultimi tempi in Roma e nelle provincie, è stato cagione perpetua il problema difficilissimo di convenientemente accordare il temporale dominio collo spirituale, desiderando i popoli tutti, con unanimi voti, che fra i due poteri intervenga una divisione profonda e compiuta, salva rimanendo l’unità d’ambidue nella stessa augusta persona, laddove dall’altro lato si è voluto e sperato ostinatamente di tenerli, come per addietro, strettamente congiunti e confusi. Alla soluzione quieta e durevole di tanto problema occorreva un mutuo spirito di tolleranza, di conciliazione e di longanimità , e soprattutto occorreva la lenta azione del tempo e la forza degli abiti nuovi, e di nuovi interessi. Ma le passioni di ambidue gli estremi partiti, e quella fiera impazienza, che spinge in ogni parte d’Europa e del mondo le presenti generazioni a rompere tutto ciò che non vagliano a piegare, condussero in Roma la resistenza e il conflitto, e le subite e forse immature trasformazioni; e poi aggiuntò asprezza e impetuosità al conflitto il sentimento nazionale soddisfatto, e il credersi in questi ultimi tempi che venisse a contesa colla politica nuova italiana la vecchia politica della romana curia, la quale ha pensato troppe volte di scampare sè sola nel naufragio delle nazioni».
93.«Odio e fama grave procacciavano gli assassinj politici, dacchè la vendetta dalle sêtte nudrita in animi selvatici prorompeva traditrice con impeto tale, che i sicarj erano tiranni di alcuna città . Dirò d’Ancona, ove uccidevano di pien meriggio nelle piazze, negli atrj privati, nei pubblici ridotti, al cospetto delle milizie che lasciavano misfare: dirò che vi erano uffiziali di Polizia, i quali, sgherri, giudici e carnefici ad un tempo, davano morte ai cittadini, cui per ufficio dovevano sicurare dalle offese. Felice chi potesse coll’oro comperare la vita, o camparla colla fuga, tanto gli animi erano dal terrore signoreggiati, tanto caduta nell’abjezione ogni autorità , tanto profligata la tirannide. La libertà diserta dalle terre contaminate dall’assassinio, la civiltà rinega, e Dio castiga oggi con dura servitù le scellerate costumanze! Gl’impuniti delitti d’Ancona giunsero a tale, che i consoli stranieri ne fecero doglianza al Governo, e ne mandarono fuori la fama orribile. Alcuni deputati anconitani, il Baldi, il Pollini, il Berretta domandavano risolute opere di repressione, ed il Baldi si offeriva andare commissario per compierle. Ma essi avevano reso il partito contrario alla proclamazione della repubblica, ed erano in voce di moderati; il perchè non ebbero tanto d’autorità che il Mazzini volesse fare a fidanza con loro. Invece mandò commissarj il Dall’Ongaro ed un Bernabei di Sinigaglia, i quali, vili cortigiani degli scatenati carnefici e della bordaglia principe, accrebbero la fama odiosa del Governo».Farini,Lo Stato romano, vol.III.
93.«Odio e fama grave procacciavano gli assassinj politici, dacchè la vendetta dalle sêtte nudrita in animi selvatici prorompeva traditrice con impeto tale, che i sicarj erano tiranni di alcuna città . Dirò d’Ancona, ove uccidevano di pien meriggio nelle piazze, negli atrj privati, nei pubblici ridotti, al cospetto delle milizie che lasciavano misfare: dirò che vi erano uffiziali di Polizia, i quali, sgherri, giudici e carnefici ad un tempo, davano morte ai cittadini, cui per ufficio dovevano sicurare dalle offese. Felice chi potesse coll’oro comperare la vita, o camparla colla fuga, tanto gli animi erano dal terrore signoreggiati, tanto caduta nell’abjezione ogni autorità , tanto profligata la tirannide. La libertà diserta dalle terre contaminate dall’assassinio, la civiltà rinega, e Dio castiga oggi con dura servitù le scellerate costumanze! Gl’impuniti delitti d’Ancona giunsero a tale, che i consoli stranieri ne fecero doglianza al Governo, e ne mandarono fuori la fama orribile. Alcuni deputati anconitani, il Baldi, il Pollini, il Berretta domandavano risolute opere di repressione, ed il Baldi si offeriva andare commissario per compierle. Ma essi avevano reso il partito contrario alla proclamazione della repubblica, ed erano in voce di moderati; il perchè non ebbero tanto d’autorità che il Mazzini volesse fare a fidanza con loro. Invece mandò commissarj il Dall’Ongaro ed un Bernabei di Sinigaglia, i quali, vili cortigiani degli scatenati carnefici e della bordaglia principe, accrebbero la fama odiosa del Governo».Farini,Lo Stato romano, vol.III.
94.Pro Deo et populoera stata la divisa anche di Giuseppe II.
94.Pro Deo et populoera stata la divisa anche di Giuseppe II.
95.«Quel che i giornali toscani fossero in quei mesi di giugno e di luglio, vietami il pudore di riferire».Ranalli, lib.XII.
95.«Quel che i giornali toscani fossero in quei mesi di giugno e di luglio, vietami il pudore di riferire».Ranalli, lib.XII.
96.Lettera 6 ottobre.
96.Lettera 6 ottobre.
97.Ajutò a crederlo l’essersi nel giorno medesimo mosse a tumulto Parigi, Vienna, Berlino, Cracovia. Così all’insurrezione di Milano erano state contemporanee quelle di Berlino, di Monaco, d’altri paesi di Germania, e fino di Stoccolma.
97.Ajutò a crederlo l’essersi nel giorno medesimo mosse a tumulto Parigi, Vienna, Berlino, Cracovia. Così all’insurrezione di Milano erano state contemporanee quelle di Berlino, di Monaco, d’altri paesi di Germania, e fino di Stoccolma.
98.Correspondence, 9 marzo 1849.* La Camera legislativa francese voleva intervento rispettoso e Touqueville ministro degli affari esteri diceva: «Per correggere gli abusi nello Stato Pontifizio cos’abbiam noi a fare se non supplicare il S. Padre stesso di seguitar a camminare nella via dov’era entrato da solo per generosa e gloriosa iniziativa; a ricordarsi de’ proprj esempj, e del felice esito de’ suoi primi atti?» 8 agosto.
98.Correspondence, 9 marzo 1849.
* La Camera legislativa francese voleva intervento rispettoso e Touqueville ministro degli affari esteri diceva: «Per correggere gli abusi nello Stato Pontifizio cos’abbiam noi a fare se non supplicare il S. Padre stesso di seguitar a camminare nella via dov’era entrato da solo per generosa e gloriosa iniziativa; a ricordarsi de’ proprj esempj, e del felice esito de’ suoi primi atti?» 8 agosto.
99.«Eppure nessuno volle prestar fede alle dolorose rivelazioni, perchè gli uomini da cui erano fatte non ispiravano confidenza (!).Ove ciò non fosse stato, chi avrebbe persistito nel proposito della guerra con un esercito che a nessun patto la voleva?»Brofferio,Storia del Piemonte, part.III, c. 3.
99.«Eppure nessuno volle prestar fede alle dolorose rivelazioni, perchè gli uomini da cui erano fatte non ispiravano confidenza (!).Ove ciò non fosse stato, chi avrebbe persistito nel proposito della guerra con un esercito che a nessun patto la voleva?»Brofferio,Storia del Piemonte, part.III, c. 3.
100.Dispaccio al marchese Ricci, 11 dicembre 1848.
100.Dispaccio al marchese Ricci, 11 dicembre 1848.
101.Nell’Opinionedel novembre 1848, si legge: «Signor ministro dell’interno, sapete voi che un vivajo di spie Radetzkiane e Pachtiane formicola per Torino, e a Genova e dappertutto?... perchè non ne fate impiccar alcuna a mo’ di esempio? (qui seguono indicazioni affatto vaghe, e conchiude) E noi non faremo fucilare nessuna spia?proh dolor!» Nelle Camere, il 17 novembre, si prendeva a ribattere tali asserzioni, assicurando che i Lazzaroni sanfedisti di Lombardia erano rimasti tutti di là dal Ticino.
101.Nell’Opinionedel novembre 1848, si legge: «Signor ministro dell’interno, sapete voi che un vivajo di spie Radetzkiane e Pachtiane formicola per Torino, e a Genova e dappertutto?... perchè non ne fate impiccar alcuna a mo’ di esempio? (qui seguono indicazioni affatto vaghe, e conchiude) E noi non faremo fucilare nessuna spia?proh dolor!» Nelle Camere, il 17 novembre, si prendeva a ribattere tali asserzioni, assicurando che i Lazzaroni sanfedisti di Lombardia erano rimasti tutti di là dal Ticino.
102.Dispaccio di Schwarzenberg, 12 febbrajo 1849.
102.Dispaccio di Schwarzenberg, 12 febbrajo 1849.
103.Dispaccio 14 marzo di Palmerston a Ponsonby.
103.Dispaccio 14 marzo di Palmerston a Ponsonby.
104.Gioberti, negliScritti varj intorno alla quistione italiana, stampati nel 1847, pag. 47.Nella tornata del 21 febbrajo 1849, egli, accusato di questa intervenzione, diceva non essere intervenzione l’entrare in uno Stato qualunque con uomini armati, quando si è chiesti dal principe e dal popolo. Ecco scagionata l’Austria.
104.Gioberti, negliScritti varj intorno alla quistione italiana, stampati nel 1847, pag. 47.
Nella tornata del 21 febbrajo 1849, egli, accusato di questa intervenzione, diceva non essere intervenzione l’entrare in uno Stato qualunque con uomini armati, quando si è chiesti dal principe e dal popolo. Ecco scagionata l’Austria.
105.Alla vigilia della riscossa, fondava ilSaggiatorecon trenta pagine di prefazione, e tra un profluvio di parole diceva: «Una mano di forsennati testè sconvolgeva la Toscana, e faceva sì che questo giardino d’Italia, già meta gradita de’ più lontani peregrinatori, divenisse intollerabile a proprj figli... Ministri subdoli, spergiuri e traditori, portati al seggio da un tumulto, fecero forza al Parlamento col terrore, lo costrinsero a votare contro coscienza una legge distruttiva dei patti giurati; aggirarono, carrucolarono, strascinarono l’ottimo principe nel precipizio, necessitandolo infine a fuggire... E chi è questo principe? il medesimo che timoneggiò sempre i suoi popoli con benigni e mitissimi reggimenti, che spontaneo li privilegiava di libere istituzioni ecc.... Tutti gli statisti convengono che l’intervento a rigore di lettera sia lecito quando viene comandato dalla suprema legge della necessità e della propria salvezza, ecc.».I triumviri di Toscana ristamparono questo passo, anteponendovi parole ove diceano che «Dio volle umiliare questo non degno suo sacerdote colla perdita della ragione».
105.Alla vigilia della riscossa, fondava ilSaggiatorecon trenta pagine di prefazione, e tra un profluvio di parole diceva: «Una mano di forsennati testè sconvolgeva la Toscana, e faceva sì che questo giardino d’Italia, già meta gradita de’ più lontani peregrinatori, divenisse intollerabile a proprj figli... Ministri subdoli, spergiuri e traditori, portati al seggio da un tumulto, fecero forza al Parlamento col terrore, lo costrinsero a votare contro coscienza una legge distruttiva dei patti giurati; aggirarono, carrucolarono, strascinarono l’ottimo principe nel precipizio, necessitandolo infine a fuggire... E chi è questo principe? il medesimo che timoneggiò sempre i suoi popoli con benigni e mitissimi reggimenti, che spontaneo li privilegiava di libere istituzioni ecc.... Tutti gli statisti convengono che l’intervento a rigore di lettera sia lecito quando viene comandato dalla suprema legge della necessità e della propria salvezza, ecc.».
I triumviri di Toscana ristamparono questo passo, anteponendovi parole ove diceano che «Dio volle umiliare questo non degno suo sacerdote colla perdita della ragione».
106.Normanby scriveva a Palmerston l’11 marzo: «Il signor Mercier fu spedito da Parigi a Torino per mostrare nella più stringente maniera al re di Sardegna ilsuicidale effettodella sua condotta nel provocare in questo momento la rinnovazione delle ostilità , e assicurarlo non s’aspetti verun sostegno dalla Francia se con ciò provocasse un’invasione de’ suoi dominj per l’esercito vincitore».Palmerston, al 19 marzo, ricevuta la denunzia dell’armistizio, incaricava di esprimere quanto gli dispiacesse la strada in cui metteasi il Gabinetto di Torino; sperava ancora non si comincierebbero le ostilità ; in ogni caso si procurasse cessarle ove fossero cominciate.Mercier presentavasi a Novara al re, in nome del Governo francese, per dissuaderlo dal cominciare le ostilità (Edwards a Palmerston, 24 marzo). Abercromby faceva altrettanto (dispaccio 21 marzo), dopo che al 14 aveva scritto dolergli senza fine che il re, malgrado i ripetuti consigli delle Potenze mediatrici, esponesse la pace universale e il proprio paese con un attacco non provocato contro un vicino.
106.Normanby scriveva a Palmerston l’11 marzo: «Il signor Mercier fu spedito da Parigi a Torino per mostrare nella più stringente maniera al re di Sardegna ilsuicidale effettodella sua condotta nel provocare in questo momento la rinnovazione delle ostilità , e assicurarlo non s’aspetti verun sostegno dalla Francia se con ciò provocasse un’invasione de’ suoi dominj per l’esercito vincitore».
Palmerston, al 19 marzo, ricevuta la denunzia dell’armistizio, incaricava di esprimere quanto gli dispiacesse la strada in cui metteasi il Gabinetto di Torino; sperava ancora non si comincierebbero le ostilità ; in ogni caso si procurasse cessarle ove fossero cominciate.
Mercier presentavasi a Novara al re, in nome del Governo francese, per dissuaderlo dal cominciare le ostilità (Edwards a Palmerston, 24 marzo). Abercromby faceva altrettanto (dispaccio 21 marzo), dopo che al 14 aveva scritto dolergli senza fine che il re, malgrado i ripetuti consigli delle Potenze mediatrici, esponesse la pace universale e il proprio paese con un attacco non provocato contro un vicino.
107.Lettera a Colloredo 18 marzo 1848, e dispaccio di Edwards a Palmerston 23 marzo.Io non credo possa trovarsi romanzo che pareggi la commozione del leggere adesso gli scritti e i giornali che uscirono dal 18 al 30 marzo 1849. Vero è che, a differenza dei romanzi, bisogna conoscere prima la catastrofe.
107.Lettera a Colloredo 18 marzo 1848, e dispaccio di Edwards a Palmerston 23 marzo.
Io non credo possa trovarsi romanzo che pareggi la commozione del leggere adesso gli scritti e i giornali che uscirono dal 18 al 30 marzo 1849. Vero è che, a differenza dei romanzi, bisogna conoscere prima la catastrofe.
108.Di pagine che straziano il cuore per la continua immagine d’occulte mene, di trame liberticide, di corruzione diffusa, tali da far vergognare d’essere italiani, può raccogliersi lo stillato in queste poche righe: «Udito il disastro di Novara, che tutti giudicarono tradimento, udite le condizioni dell’armistizio che a tutti parvero disonorevoli, Genova alzò il capo fieramente, e non volle sottoporsi nè al croato che invadeva, nè al Ministero che pareva essere di così buona intelligenza coll’invasore, ma difendere la città , come essi dicevano, dagli Austriaci di Vienna e da quelli di Torino... Per poco che il Governo avesse voluto essere umano, nulla era più facile che ridurre Genova a obbedienza senza lacrime e senza sangue. I soldati di Lamarmora, volendo emulare gli esempj di Novara, s’abbandonarono a deplorabili eccessi contro le proprietà e le persone... Partivano gl’infelici in traccia di men crudeli spiaggie sulle rive dell’Ellesponto sotto la protezione della mezza luna. Più infelici ancora quelli che rimasero... Nè le ire si spensero colle tolte sostanze, coll’oltraggiata onestà , col versato sangue».Brofferio,Storia del Piemonte, tom.III, p. 116-120.
108.Di pagine che straziano il cuore per la continua immagine d’occulte mene, di trame liberticide, di corruzione diffusa, tali da far vergognare d’essere italiani, può raccogliersi lo stillato in queste poche righe: «Udito il disastro di Novara, che tutti giudicarono tradimento, udite le condizioni dell’armistizio che a tutti parvero disonorevoli, Genova alzò il capo fieramente, e non volle sottoporsi nè al croato che invadeva, nè al Ministero che pareva essere di così buona intelligenza coll’invasore, ma difendere la città , come essi dicevano, dagli Austriaci di Vienna e da quelli di Torino... Per poco che il Governo avesse voluto essere umano, nulla era più facile che ridurre Genova a obbedienza senza lacrime e senza sangue. I soldati di Lamarmora, volendo emulare gli esempj di Novara, s’abbandonarono a deplorabili eccessi contro le proprietà e le persone... Partivano gl’infelici in traccia di men crudeli spiaggie sulle rive dell’Ellesponto sotto la protezione della mezza luna. Più infelici ancora quelli che rimasero... Nè le ire si spensero colle tolte sostanze, coll’oltraggiata onestà , col versato sangue».Brofferio,Storia del Piemonte, tom.III, p. 116-120.
109.Un uffiziale polacco amico del generale Chrzanowsky, e un uffiziale piemontese, nelleConsiderazioni sugli avvenimenti militari del marzo 1849, gettarono tutte le colpe sul Ministero. Chiodo, Cadorna, Tecchio cessati ministri vi risposero, mostrando con documenti che il generale fu istruito a tempo dell’armistizio disdetto, e aveva assentito.
109.Un uffiziale polacco amico del generale Chrzanowsky, e un uffiziale piemontese, nelleConsiderazioni sugli avvenimenti militari del marzo 1849, gettarono tutte le colpe sul Ministero. Chiodo, Cadorna, Tecchio cessati ministri vi risposero, mostrando con documenti che il generale fu istruito a tempo dell’armistizio disdetto, e aveva assentito.
110.Le prompt accomplissement de la régénération de l’Italie a pu être empêché par degrandes fautescommises à Turin, scriveva lord Minto a Massimo D’Azeglio.La France ne permettra jamais que la Sardaigne fût,malgré ses fautes, réduite à un état voisin de l’anéantissement, diceva Drouyn de Lhuys al Gallina. Ma l’avrebbero professato prima dell’esito? Tocqueville, nuovo ministro in Francia, diceva:Après une guerre qu’a justifié et accru la juste renomée de bravoure dont jouit dans le monde l’armés piémontaise, mais qui c’est terminée par de très-grands revers, il était peut-être difficile d’espérer des meilleures conditions.«Arrossisco pel mio paese de’ tanti inni di guerra cantati al tempo addietro; nè certo io mi resi mai complice di siffatte ciarlatanerie».D’Azeglio,Dispaccio19 maggio 1819 al conte Gallina.
110.Le prompt accomplissement de la régénération de l’Italie a pu être empêché par degrandes fautescommises à Turin, scriveva lord Minto a Massimo D’Azeglio.La France ne permettra jamais que la Sardaigne fût,malgré ses fautes, réduite à un état voisin de l’anéantissement, diceva Drouyn de Lhuys al Gallina. Ma l’avrebbero professato prima dell’esito? Tocqueville, nuovo ministro in Francia, diceva:Après une guerre qu’a justifié et accru la juste renomée de bravoure dont jouit dans le monde l’armés piémontaise, mais qui c’est terminée par de très-grands revers, il était peut-être difficile d’espérer des meilleures conditions.
«Arrossisco pel mio paese de’ tanti inni di guerra cantati al tempo addietro; nè certo io mi resi mai complice di siffatte ciarlatanerie».D’Azeglio,Dispaccio19 maggio 1819 al conte Gallina.
111.Si l’Autriche veut une paix solide et durable, il faut qu’elle se montre généreuse; il faut qu’elle aide le roi à surmonter les immenses difficultés qui l’entourent.Il ministro De Launay al generale Dabormida, 13 aprile.
111.Si l’Autriche veut une paix solide et durable, il faut qu’elle se montre généreuse; il faut qu’elle aide le roi à surmonter les immenses difficultés qui l’entourent.Il ministro De Launay al generale Dabormida, 13 aprile.
112.Giornale militare, al 3 settembre 1848.
112.Giornale militare, al 3 settembre 1848.
113.Il console Goodwin a lord Napier, 1848.
113.Il console Goodwin a lord Napier, 1848.
114.Le imprese degli Svizzeri nelle Due Sicilie furono raccontate dal R. De Steiger nellaRevue contemporaine, gennaio e marzo 1861, da soldato senza passione e in tono ben altro da quello consueto. Loda assai la moderazione del Filangieri e dei vincitori.
114.Le imprese degli Svizzeri nelle Due Sicilie furono raccontate dal R. De Steiger nellaRevue contemporaine, gennaio e marzo 1861, da soldato senza passione e in tono ben altro da quello consueto. Loda assai la moderazione del Filangieri e dei vincitori.
115.19 gennajo 1849 il ministro Gioberti richiamava il proprio ministro a Napoli per «l’indegna calunnia spacciata in Francia dal principe di Cariati, colla quale ci attribuiva l’offerta di togliere al papa le Legazioni». Spero che il sospetto di tanta infamia non anniderà per un solo istante nell’animo del pontefice.
115.19 gennajo 1849 il ministro Gioberti richiamava il proprio ministro a Napoli per «l’indegna calunnia spacciata in Francia dal principe di Cariati, colla quale ci attribuiva l’offerta di togliere al papa le Legazioni». Spero che il sospetto di tanta infamia non anniderà per un solo istante nell’animo del pontefice.
116.Il principe Butéra al viceammiraglio Parker, 17 marzo 1849.
116.Il principe Butéra al viceammiraglio Parker, 17 marzo 1849.
117.Vedansi il rapporto di Ferdinando Tadini e Leopoldo Galeotti sul Ministero democratico e il triumvirato, stampato nel 1850, e iRicordidi L. G. De Cambray Digny sulla Commissione governativa del 1849, stampato nel 1853.
117.Vedansi il rapporto di Ferdinando Tadini e Leopoldo Galeotti sul Ministero democratico e il triumvirato, stampato nel 1850, e iRicordidi L. G. De Cambray Digny sulla Commissione governativa del 1849, stampato nel 1853.
118.Pochi uccisi nel breve assalto; fucilati dopo non meno di sessanta, fra cui un rumoroso prete Maggini.
118.Pochi uccisi nel breve assalto; fucilati dopo non meno di sessanta, fra cui un rumoroso prete Maggini.
119.La Farina. E vedansi i dispacci di Moore nella citataCorrespondence. Ranalli divisa a lungo que’ micidj e soggiunge: «Non è improbabile che secretamente vi dessero mano i settarj della tirannide, mascherandosi da repubblicani, e co’ più licenziosi della democrazia accontandosi, per interesse d’infamare la repubblica». Lib.XXIII. Insinuazione gratuita, che ricorre di spesso. Vedi ancheFatti atroci dello spirito demagogico negli Stati romani; racconto estratto dai processi originali, Firenze 1853.
119.La Farina. E vedansi i dispacci di Moore nella citataCorrespondence. Ranalli divisa a lungo que’ micidj e soggiunge: «Non è improbabile che secretamente vi dessero mano i settarj della tirannide, mascherandosi da repubblicani, e co’ più licenziosi della democrazia accontandosi, per interesse d’infamare la repubblica». Lib.XXIII. Insinuazione gratuita, che ricorre di spesso. Vedi ancheFatti atroci dello spirito demagogico negli Stati romani; racconto estratto dai processi originali, Firenze 1853.
120.L’orbe cattolico a Pio IX p. m. esulante da Roma, 1848-49. Napoli 1850.
120.L’orbe cattolico a Pio IX p. m. esulante da Roma, 1848-49. Napoli 1850.
121.Vedasi Drouyn de Lhuys ministro, al sig. La Cour ambasciadore a Vienna il 17 aprile.
121.Vedasi Drouyn de Lhuys ministro, al sig. La Cour ambasciadore a Vienna il 17 aprile.
122.Freeborn a lord Palmerston.
122.Freeborn a lord Palmerston.
123.Nelle istruzioni a Oudinot leggessi: «Tutte le informazioni ci fanno credere che sarete lietamente ricevuto a Civitavecchia, dagli uni come liberatore, dagli altri come mediatore contro i pericoli della riazione. Se però contro ogni verosimiglianza si pretendesse impedirvene l’entrata, voi non dovreste arrestarvi per la resistenza oppostavi in nome d’un Governo che nessuno ha riconosciuto in Europa, e che a Roma si mantiene contro il voto dell’immensa maggioranza della popolazione».
123.Nelle istruzioni a Oudinot leggessi: «Tutte le informazioni ci fanno credere che sarete lietamente ricevuto a Civitavecchia, dagli uni come liberatore, dagli altri come mediatore contro i pericoli della riazione. Se però contro ogni verosimiglianza si pretendesse impedirvene l’entrata, voi non dovreste arrestarvi per la resistenza oppostavi in nome d’un Governo che nessuno ha riconosciuto in Europa, e che a Roma si mantiene contro il voto dell’immensa maggioranza della popolazione».
124.Seduta del 2 giugno 1849.
124.Seduta del 2 giugno 1849.
125.VediGiornale di Roma, 16 luglio 1849; e il discorso del cardinale Tosti.
125.VediGiornale di Roma, 16 luglio 1849; e il discorso del cardinale Tosti.
126.Più tardi Bastide stampòLa République française et l’Italie en1848,récits et documents(Bruxelles 1858), dove mostra come il re e il Ministero di Piemonte avessero soprattutto paura della Francia perchè produrrebbe un movimento repubblicano, pericoloso alla Casa di Savoja; come Pareto non meno che Brignole ripetessero che Italia voleva far da sè; come di rimpatto gli Ungheresi e Kossuth specialmente riguardassero la lotta come fosse tra l’Austria e Carlalberto, e perciò convenisse sostenere quella.
126.Più tardi Bastide stampòLa République française et l’Italie en1848,récits et documents(Bruxelles 1858), dove mostra come il re e il Ministero di Piemonte avessero soprattutto paura della Francia perchè produrrebbe un movimento repubblicano, pericoloso alla Casa di Savoja; come Pareto non meno che Brignole ripetessero che Italia voleva far da sè; come di rimpatto gli Ungheresi e Kossuth specialmente riguardassero la lotta come fosse tra l’Austria e Carlalberto, e perciò convenisse sostenere quella.
127.Nei carteggi diplomatici dell’agosto appare evidente questo pensiero, che basta a giustificare il Governo veneto. Beaumont, ambasciadore francese a Londra, scriveva in tal senso a Palmerston, e conchiudeva: «Certo la Francia non può dispensarsi dal portar prontamente soccorsi a Venezia, salvo il caso d’una mediazione pacifica conforme alla politica sua: ma per questa è duopo che cessi subito ogni ostilità ». 29 agosto 1848.Nell’indirizzo di Manin ai ministri d’Inghilterra e Francia, del 4 aprile 1849, è detto:Si d’autres Etats italiens ont jadis rejété le secours de la France, Venise était, en revanche, accusée, du contraire: les journaux du temps en font foi... La durée de la résistance est elle-même un titre, puisqu’elle démontre que ce n’est pas une ivresse turbulente, mais une volonté réfléchie. Tout en recommandant à V. E. l’Italie toute entière, dont les intérêts sont solidaires, et dont la pacification, c’est-à -dire l’affranchissement est devenu la condition indispensable de la paix de l’Europe, nous devons vous supplier de prendre dès l’abord en considération notre Etat, qui, faute de moyens économiques, ne saurait se prolonger sans donner gain de cause à nos ennemis. Ses délais sont calculés... Venise affranchie ne saurait donner de l’ombrage; Venise autrichienne serait une honte et un embarras.Palmerston rispondea il 20 aprile, che Venezia appartiene all’Austria pel trattato di Vienna, e che «il componimento proposto dai Governi inglese e francese a quello d’Austria nell’11 agosto 1848 come base della negoziazione, non alterava in ciò il trattato di Vienna: nessun cangiamento può essere fatto nella condizione politica di Venezia se non col consenso e l’opera del Governo imperiale; e questo ha già annunziato la sua intenzione a tal riguardo».Simile, ma più ipocrito era quello di Drouyn de Lhuys:Si la liberté italienne eût été partout défendue ainsi, elle n’aurait pas succombé, ou de moins, en recourant à temps, après une honorable résistance, à la négociation, elle eût obtenu des conditions, qui lui eussent assuré une partie des bénéfices de la victoire. Il en a été autrement. Des fautes irréparables ont été commises, et les Vénitiens qui n’ont pas à se le reprocher,doiventaujourd’hui, par la force des choses, en supporter les conséquences.
127.Nei carteggi diplomatici dell’agosto appare evidente questo pensiero, che basta a giustificare il Governo veneto. Beaumont, ambasciadore francese a Londra, scriveva in tal senso a Palmerston, e conchiudeva: «Certo la Francia non può dispensarsi dal portar prontamente soccorsi a Venezia, salvo il caso d’una mediazione pacifica conforme alla politica sua: ma per questa è duopo che cessi subito ogni ostilità ». 29 agosto 1848.
Nell’indirizzo di Manin ai ministri d’Inghilterra e Francia, del 4 aprile 1849, è detto:Si d’autres Etats italiens ont jadis rejété le secours de la France, Venise était, en revanche, accusée, du contraire: les journaux du temps en font foi... La durée de la résistance est elle-même un titre, puisqu’elle démontre que ce n’est pas une ivresse turbulente, mais une volonté réfléchie. Tout en recommandant à V. E. l’Italie toute entière, dont les intérêts sont solidaires, et dont la pacification, c’est-à -dire l’affranchissement est devenu la condition indispensable de la paix de l’Europe, nous devons vous supplier de prendre dès l’abord en considération notre Etat, qui, faute de moyens économiques, ne saurait se prolonger sans donner gain de cause à nos ennemis. Ses délais sont calculés... Venise affranchie ne saurait donner de l’ombrage; Venise autrichienne serait une honte et un embarras.
Palmerston rispondea il 20 aprile, che Venezia appartiene all’Austria pel trattato di Vienna, e che «il componimento proposto dai Governi inglese e francese a quello d’Austria nell’11 agosto 1848 come base della negoziazione, non alterava in ciò il trattato di Vienna: nessun cangiamento può essere fatto nella condizione politica di Venezia se non col consenso e l’opera del Governo imperiale; e questo ha già annunziato la sua intenzione a tal riguardo».
Simile, ma più ipocrito era quello di Drouyn de Lhuys:Si la liberté italienne eût été partout défendue ainsi, elle n’aurait pas succombé, ou de moins, en recourant à temps, après une honorable résistance, à la négociation, elle eût obtenu des conditions, qui lui eussent assuré une partie des bénéfices de la victoire. Il en a été autrement. Des fautes irréparables ont été commises, et les Vénitiens qui n’ont pas à se le reprocher,doiventaujourd’hui, par la force des choses, en supporter les conséquences.
128.È singolarmente memorabile la canzone del Mameli:Fra le lagune adriacheGiace una gran mendica....Date a Venezia un obolo ecc.
128.È singolarmente memorabile la canzone del Mameli:
Fra le lagune adriacheGiace una gran mendica....Date a Venezia un obolo ecc.
Fra le lagune adriacheGiace una gran mendica....Date a Venezia un obolo ecc.
Fra le lagune adriache
Giace una gran mendica....
Date a Venezia un obolo ecc.
129.Agostino Stefani muratore si offre al colonnello Cosenz d’andare a mettere fuoco al ponte ove il nemico s’accalcava. I difensori lo vedono, lo credono una spia, e a furore lo ammazzano.
129.Agostino Stefani muratore si offre al colonnello Cosenz d’andare a mettere fuoco al ponte ove il nemico s’accalcava. I difensori lo vedono, lo credono una spia, e a furore lo ammazzano.
130.«Il ministro dalle prime ci disse tenessimo un franco linguaggio: l’Austria del passato non è quella d’oggi; gli uomini che al presente dirigono, sono di liberali principj, e comprendono avere gl’Italiani avute poche garantigie, e queste pure talvolta non rispettate ecc.»Relazione di Foscolo a Calucci.
130.«Il ministro dalle prime ci disse tenessimo un franco linguaggio: l’Austria del passato non è quella d’oggi; gli uomini che al presente dirigono, sono di liberali principj, e comprendono avere gl’Italiani avute poche garantigie, e queste pure talvolta non rispettate ecc.»Relazione di Foscolo a Calucci.