CAPITOLO VII.

CAPITOLO VII.Fin qui gli annali arabi ci hanno mostrato della storia uno scheletro sì, ma non mutilo. Abbiam veduto la colonia di Palermo occupare alcuni luoghi importanti nel centro e su la costiera settentrionale infino a Messina; sforzare a tributo i paesi di mezzodìe levante, eccetto le grosse città murate e qualche regione montuosa; e non parlandosi di guasti nella maggior parte delle provincie odierne di Palermo e Trapani, è da credere che i vincitori tenessero quei terreni. Senza dubbio vi soggiornavano già in cittadi e castella: poco men che una trentina, come si ritrae dal Beladori che vivea di quel tempo a corte di Bagdad.[571]Rivolgendoci alle condizioni delle due società che si contendeano la Sicilia, scorgiamo nell'una, oltre la virtù delle armi e la operosità, anco l'accordo degli animi, che ben si mantenea quando il bottino e i tributi, scompartiti con equità patriarcale, potean soddisfare alle cupidigie. Dall'altro canto i Siciliani, avviliti dalle ubbíe monastiche e dal dispotismo, non ripugnaron troppo al nuovo giogo, assicurato che lor fu lo esercizio del culto, e, come credeano, il possedimento dei beni; nè si vollero mettere a sbaraglio per diletto di pagare il tributo all'imperatore di Costantinopoli, più tosto che ai Musulmani di Palermo. Dei principati, poi, nel cui nome si combattea, quel d'Affrica aiutò la colonia con lasciar fare: chè mite animo ebbero i primi successori di Ziadet-Allah, e lieti vedeano passare in Sicilia e in Italia gli uominipiù turbolenti. Il Basso Impero al contrario facea troppo e troppo poco in Sicilia! e intanto mostrava al mondo infino a che assurdità, confusione e vergogna possa giugnere il despotismo. La devota imperatrice Teodora (842-854) lasciò all'Impero tre nuovi flagelli: la proscrizione degli eretici Pauliciani, che si tirò dietro guerre atrocissime; la ambizione di Barda fratello, e la mala educazione di Michele terzo, figliuolo di lei, soprannominato l'Ubbriaco. Il quale, cacciata di corte la madre (854), ruppe ogni freno di pudore; dièssi a vita brutale; buffoni e ribaldi in favore; scialacquato il danaro pubblico; trasandata o stoltamente e vilmente condotta la guerra contro i nemici che accerchiavano l'Impero; a vicenda insultato il culto cristiano, e sontuosamente edificate chiese; infine accesa con leggerezza la gran briga del patriarcato di Costantinopoli, che fu conteso tra Ignazio e Fozio, ossia tra le fazioni del papa e della corte (857). Donde se d'alcuna cosa è da maravigliare negli avvenimenti di Sicilia, non fia la impotenza, ma sì la pertinacia delle armi bizantine. Del rimanente appaiono semplici e chiare le cagioni di quel continuo progredimento della colonia musulmana, nei trent'anni che corsero dalla presa di Palermo, alla morte di Abbâs-ibn-Fadhl.Verso quel tempo la fortuna cominciò a variare, come ce l'attestano gli annali arabi, or confessando, e più spesso tacendo. Ma poich'essi dicon poco, e i Bizantini nulla, gli avvenimenti ci capitano sotto gli occhi sì interrotti, sì confusi, che sarebbe da metterli in forse a ogni passo, se non si conoscessero lenuove condizioni dei vincitori e dei vinti. Però è mestieri invertir l'ordine naturale del racconto; divisar prima i fatti generali che noi possiamo dedurre; e poi venirne con quella scorta ai fatti esteriori, alla scorza della storia, che ritraggono i cronisti.Incominciando dalla colonia musulmana, ei si vede che la concordia v'era durata troppo più che non potesse. Perocchè la prospera fortuna attirò nuovi coloni; la sottomissione dei Cristiani al tributo menomò il bottino; le masnade, ingrossate e prive degli acquisti che concedea la legge, si diedero a rubare non ostante gli accordi; i Cristiani, provocati per tal modo, vennero ad atti di disperazione; e da ciò le nuove sconfitte loro, le uccisioni, le schiavitù; e occupati infine moltissimi poderi dai Musulmani, per cupidigia e necessità. Dei modi della occupazione discorreremo nel libro terzo, e basti qui notare che principalmente furon due, cioè: ispogliare a dirittura gli antichi possessori, cacciandoli o facendoli schiavi; ovvero ridurli a vassallaggio, e prender da loro una parte di ciò che fruttava il terreno. Ma le entrate che ne tornavano ai Musulmani si scompartivano in varie guise; e sempre con inevitabile disuguaglianza; avvenendo che le terre prese or si dividessero, or si tenessero in demanio; e che il ritratto dei poderi demaniali e le contribuzioni su le terre lasciate ai Cristiani si assegnassero ai corpi del giund, in una maniera che variava dal mero pagamento di stipendio infino al beneficio militare. Or i corpi del giund, consorterie autonome, civili insieme e militari, spiccandosi dalla capitale per andare ad abitar città ocastella vicine ai poderi, diventano al tutto stati nello stato, portavan seco tutti i vizii della feudalità; opprimeano la popolazione rurale; molestavano i vicini musulmani o cristiani; erano per ogni verso fomiti di turbolenze. Da un'altra mano, lo assegnamento degli stipendii o beneficii e la divisione delle terre, per legge musulmana e natura stessa della cosa, davan luogo ad arbitrio e ingiustizia: onde si raccendeano le antiche ire delle schiatte, delle tribù, delle famiglie; i Berberi si sentiano lesi dagli Arabi, gli Arabi Iemeniti dai Modhariti, questa parentela da quella; e scorreva il sangue; si perpetuavano le nimistà; il governo della colonia diveniva difficil opra ogni dì più che l'altro. Tanto era avvenuto in Affrica, in Ispagna, per ogni provincia musulmana. Io lo scrivo sì francamente anco della Sicilia, perchè quegli elementi sociali portavano a quegli effetti, e ne veggiamo spuntare i segni qua e là negli annali siciliani dei tempi susseguenti.Il principato aghlabita volle riparare a tal discordia, o trarne partito per dominare su i coloni altrimenti che di nome. La quale usurpazione, o ripetimento di dritti che dir si voglia; incominciò da uno di que' monarchi, di facil natura, Mohammed-ibn-Aghlab, che regnò, senza mai governare (841-856). Costui volendo liberarsi dalla insolenza d'un fratello che lo tenea come prigione, cospirò con Ahmed e Khafâgia, figliuoli di Sofiân-ibn-Sewâda, suoi lontani parenti;[572]i quali,come uomini di gran vaglia, fattogli conseguire l'intento, rimasero potentissimi appo di lui. Par che costoro non perdesser grado, quando, morto Mohammed, succedeagli Ahmed suo figliuolo (856 a 863). Da lui fu eletto al governo di Sicilia, a dispetto della colonia, o almeno di una grossa fazione, Khafâgia-ibn-Sofiân, detto di sopra; prode uom di guerra, ucciso a tradimento dai suoi stessi, e padre d'un altro valoroso che governò dopo lui la Sicilia, e incontrovvi lo stesso fato.Seguì anco in questo tempo la esaltazione di Basilio Macedone (867), il riformatore del Basso Impero. Basilio, salito men che onestamente da povertà ed oscurità al favor della corte; guadagnato l'animo di Michele terzo con la vergogna di sposare una concubina ch'era venuta a noia all'imperatore e dargli in cambio la propria sorella; associato indi allo impero in merito d'un assassinio; e rimasto solo sul trono, per la grazia di Dio e perchè fe' scannare sotto gli occhi suoi Michele che dormiva ubbriaco; Basilio, dico, dopo tante brutture e misfatti, regnò con vera gloria. Riforniva lo erario senza aggravare i sudditi; cessava gli scandali ecclesiastici; raffrenava gli abusi dell'azienda; facea compilare un codice di leggi che porta il suo nome; sopra tutto ristorava la milizia, riformandovi ogni ordine, a cominciar dalle paghe, dalla leva dei soldati, dagli esercizii di mosse e d'armeggiare, finoalla virtù della disciplina e alla scienza strategica.[573]Pertanto la vittoria sotto gli auspicii suoi tornò ai vessilli bizantini; la dinastia macedone regnò più lungamente e quetamente che molte altre; parve rinfuso un po' di vita nell'impero. Basilio ripigliò anco un tratto dell'Italia meridionale, e aspramente contese la Sicilia ai Musulmani.A questo effetto egli aiutò il moto delle popolazioni cristiane, incominciato, come s'è detto, dopo la presa di Castrogiovanni, e però parecchi anni innanzi la esaltazione di Basilio. Il moto era nato nell'isola stessa dal continuo disagio e pericolo in che viveano tante città tributarie dei Musulmani. Il caso di Castrogiovanni lo accelerò; forse perchè i Musulmani, imbaldanziti, si sciolsero a maggiori eccessi. Le popolazioni siciliane s'intesero tra loro, come trasparisce dalle fazioni che sappiamo di quella guerra. Sgarate nella prova, par che tentennassero; ma alla morte di Abbâs ripigliarono le armi con novello ardire, rincorandole la divisione de' Musulmani. Ciò mi par si tocchi con mano nei brani degli annali arabi, con la scorta dei quali ormai torneremo al racconto.Mentre i Cristiani provocavano, insultando al cadavere di Abbâs, la colonia rifece capitano Ahmed-ibn-Ia'kûb, zio di lui; e il principe aghlabita lo confermò.[574]Pur a capo di pochi mesi, verso il febbraio dell'ottocento sessantadue, veggiamo deposto popolarmenteAhmed, surrogatogli Abd-Allah figliuolo del morto Abbâs; e disapprovato lo scambio a corte di Kairewân.[575]Nondimeno Abd-Allah avea dato opera alla guerra; e, raro esempio ai tempi del padre, in luogo di condurla in persona vi avea mandato Ribbâh, l'antico condottiero della vanguardia, quel che primo entrò nella rôcca di Castrogiovanni. Il quale or trovossi, per certo, a fronte di soverchianti forze, poichè dopo qualche lieve avvantaggio fu rotto; presegli le bandiere e le taballe che soleano stare al centro degli eserciti; e fattogli grande numero di prigioni. Campato a stento, non volle tornare a casa senza vendetta: espugnò la città del monte d'Abu-Malek, di ignoto sito; menò in cattività tutti i borghesi; arse la terra; sparse intorno le gualdane a fare i soliti guasti. La rôcca degli Armeni, la rôcca di Mosciâri'a cadeano ancora in potere dei Musulmani. Seguiano queste fazioni nella primavera dell'ottocento sessantadue.[576]Ma il principe d'Affrica, non spuntandosi di suo proponimento, mandò a reggere la Sicilia Khafâgia-ibn-Sofiân-ibn-Sewâda, di sangue aghlabita, di gran seguito a corte, come dicemmo,chiaro alsì per vittorie in Affrica: il quale arrivò in Palermo del mese di giugno.[577]E con tutto l'ardore che il portava alle armi, e la furia di capitano nuovo, come dice il proverbio siciliano, Khafâgia mandava in sua vece alla guerra sacra il figliuolo Mahmûd: tanto ei trovò conturbata la colonia di Palermo! Mahmûd, cavalcando il contado di Siracusa, rapì, guastò, arse; ma, usciti i Cristiani a combattere, fu sconfitto e costretto a tornarsene in Palermo.[578]Nè il padre il potè vendicare; perchè l'anno che seguì, che fu il dugento quarantanove dell'egira (23 febbraio 863 a 11 febbraio 864), si sa che abbia mandato gualdane, che quelle abbiano riportato un po' di bottino; ma senza fazioni degne che se ne faccia ricordo, scrive Ibn-el-Athîr.[579]In vece delle quali troviamo cerimonie di officio: che Ziadet-Allah, succeduto al fratello Ahmed-ibn-Mohammed, confermava Khafâgia nel governo di Sicilia, e mandavagli i soliti abbigliamenti di investitura;[580]quasi a mantenere il rigor di dritto che facea amovibili i governatori a piacimento del principe.Ricominciava da senno la guerra, composte come par le liti intestine, all'entrar dell'anno dugentocinquanta (12 febbraio 864 a 31 gennaio 865), quando i Musulmani occupavano l'antica e importante città di Noto, per tradimento di un cittadino che lor mostrò la via di penetrar nella fortezza. Saccheggiatala, e presavi, dicono gli annali, una bella somma di danaro, passarono a Scicli, su la costiera di mezzogiorno, terra della quale occorre adesso il nome per la prima volta, e fu espugnata per lungo assedio.[581]Intanto, se dee starsi alla identità d'un altro nome scritto nel soloBaiân, i Musulmani aveano abbandonato Castrogiovanni, ed era ormai riabitata dai Cristiani, perchè si legge che il dugento cinquantuno (1 febbraio 865 a 20 gennaio 866) Khafâgia andava a guastar le mèssi del contado, trascorrea fino a Siracusa, e combatteavi contro i Cristiani una fazione, forse infelice, perchè senz'altro si aggiunge ch'ei tornasse in Palermo. Donde fe' uscire una gualdana capitanata dall'altro suo figliuolo Mohammed;la quale prese il fiero soprannome di gualdana dei mille cavalieri; chè tanti ne uccise, posto un agguato, com'e' parrebbe, nelle campagne di Siracusa, e attiratovi il nemico.[582]Ciò mostri con che grosse forze si combattea. Il caso stranamente sfigurato, credo io, in qualche compilazione persiana, portò il nostro Rampoldi a scrivere negliAnnali Musulmani, che l'ottocento sessantasette Khafâgia, volendo ritoglier Enna ai Cristiani, era fatto prigione dopo avere ucciso di propria mano più di mille uomini; ma il dì appresso lo riscattavano i suoi a prezzo di trentaseimila bizantini d'oro.[583]La quale prigionia diKhafâgia, non trovandosene vestigio nelle croniche arabiche scritte da senno, va messa a fascio con l'erculea prova dei mille uccisi di sua mano. Torna anco alla state dell'ottocento sessantacinque una fazione navale, in cui i Musulmani presero quattro salandre bizantine nel mar di Siracusa; ove par che l'armata fosse andata a cooperare con l'esercito, sia nella impresa di Khafâgia, sia del figliuolo.[584]Ostinandosi a fiaccar la capitale nemica, l'anno dugento cinquantadue (21 gennaio 866 a 9 gennaio 867), Khafâgia riassaltava il contado di Siracusa, ma con poco frutto; donde tornato per le falde dell'Etna guastando per ogni luogo le campagne, veniano a chiedergli l'accordo oratori, di Taormina troviamo nelle croniche, ma forse va letto Troina.[585]Perchè ei vi mandava ad ultimar la cosa una moglie sua, forse schiava cristiana, col figliuolo; e si fermò il patto: ma poi infranto dai cittadini, Mohammed figliuolo di Khafâgia sopraccorrea con lo esercito, entrava nella terra, e menava schiavi gli abitatori: la qual facile vittoria non va con le note condizioni di Taormina, a quel tempo città grossa, fortissima di sito, avvezza agli assalti e celebre poco appresso perostinate difese.[586]Mosse Khafâgia nella state del medesimo anno sopra Noto, che, s'era sciolta dall'obbedienza; l'espugnò di nuovo;[587]e verso l'autunno strinse Ragusa; la sforzò ad arrendersi, a patto che andasse libera parte de' cittadini con loro roba e giumenti: e ogni altra, cosa ch'era nella fortezza, anco gli animali e gli schiavi, andò a monte come bottino[588]. Par che seguendo la costiera di mezzogiorno giugnessero i Musulmani presso Girgenti, avendo costretto a calarsi agli accordi il popolo di Ghirân, che io credo la terra di Grotte: e moltissime altre castella occuparono; finchè il capitano infermò di malattia sì grave, che fu mestieri portarlo a Palermo in lettiga.[589]Ma non andò guarì che il rividero i Cristiani nel dugento cinquantatrè (10 gennaio a 30 dicembre 867) cavalcare i contadi di Siracusa e di Catania, distruggere le mèssi, guastar le ville; mentre le gualdane ch'ei spiccava dal grosso dell'esercito depredavano ogni parte dell'isola.[590]Basilio, ch'era salito al trono in settembre di questo anno, provvide immantinente a gagliardo sforzo di guerra in Sicilia. Onde Khafâgia uscito di Palermo a dìventi di rebi' primo del dugento cinquantaquattro (19 marzo 868), e mandato il figliuolo Mohammed per mare con leharrâke, messosi a depredare il contado di Siracusa, seppe giunto di Costantinopoli un Patrizio con armata ed esercito. A duro tirocinio li avea mandato Basilio, contro tal capitano e tal milizia, cui le vittorie dell'anno innanzi avean reso l'alacrità, l'impeto, e, men durevole, la militar fratellanza. Scontraronsi i due eserciti in aspra battaglia, lunga, sanguinosa. Trionfarono tuttavia i Musulmani; uccisero al nemico parecchie migliaia d'uomini; presero robe, armi, cavalli; e più furiosamente sbrigliatisi a guastare i dintorni di Siracusa, tornarono in Palermo il primo regeb (26 giugno). Lo stesso dì Khafâgia fea salpare il figliuolo con l'armata che s'era ritratta in Palermo, schivando le superiori forze navali dei Greci. La quale andò a combattere su le costiere di terraferma, e zeppa di bottino se ne tornò in autunno, come altrove diremo.[591]Poco mancò che a mezzo il verno, Mohammed figliuolo di Khafâgia non rinnovasse a Taormina l'audace fatto d'Abbâs-ibn-Fadhl a Castrogiovanni. Offertosi uno spione a porre i Musulmani entro la fortezza per alpestre sentiero noto a lui solo, Khafâgia mandovvi il figliuolo; il quale del mese di sefer dugento cinquantacinque (19 gennaio a 17 febbraio 869), cautamente appressavasi; poi, restando addietro egli e il grosso delle genti, mandava fanti spediti con la guida, che salsero a Taormina, secondatidalla fortuna finchè ebbero animo e prudenza. Si impadronirono d'una porta coi bastioni attigui, aspettando Mohammed che dovea venire a tal ora, ed avea lor comandato stessero raccolti senza dar mano al saccheggio. Ma que' non volendo lasciar altrui le primizie di sì ricca città, si sparsero a far prigioni e preda; scoprirono ch'erano un pugno d'uomini; onde i cittadini, risentendosi dal primo stupore, li cominciarono a incalzare: e l'ora intanto era scorsa, nè comparivano le bandiere di Mohammed. Però temendo non il nemico gli avesse intercetto il cammino, gli entrati in Taormina si tennero spacciati; diersi alla fuga; e s'imbatterono nei compagni quando la città era richiusa e fallito il colpo: nè altro partito a Mohammed restò che di tornarsi in Palermo.[592]Già la vittoria seguiva la disciplina, passava dal musulmano campo al greco. Poco appresso il fatto di Taormina, di rebi' primo del medesimo anno (18 febbraio a 19 marzo 869), Khafâgia movea sopra Tiracia, com'io leggerei in Ibn-el-Athîr, e risponderebbe a quella che poco appresso fu chiamata Randazzo.[593]Non si sa ch'ei la espugnasse. Mandata intantofortissima schiera, col figliuolo, a Siracusa, l'esercito cristiano uscì a incontrarla; si combattè fieramente d'ambo le parti; quando, caduto nella mischia un de' più valenti guerrieri musulmani, gli altri dier volta: inseguiti da' Greci e perduta molta gente, rifuggironsi al campo di Khafâgia. Il quale a rifarsi dell'onta marciò con tutto lo esercito a Siracusa; guastò il contado, pose l'assedio alla città; ma accorgendosi che gagliardamente la si difendesse, levato il campo, riprese la via di Palermo. Fece alto in riva al Dittáino, la notte del primo regeb; e innanzi l'aurora (15 giugno 869), mentre ognuno rimontava a cavallo per riprendere la marcia, un Berbero del giund, per nome Khalfûn-ibn-Ziâd della tribù di Howâra, lo trafisse d'una lancia a tradimento, e a spron battuto si fuggì a Siracusa. Recarono il cadavere di Khafâgia-ibn-Sofiân a Palermo, ove fu onorevolmente seppellito;[594]la cui fama chiarissima rimase tra i Musulmani d'Affrica per le vittorie guadagnate sopra i Bizantini.[595]Nel compianto della colonia tacque per poco la gelosia, sì che rifecero in luogo dell'ucciso il figliuolo di lui, Mohammed; e il principe d'Affrica lo confermò, com'era usanza, col diploma e col dono delle vestimenta d'uficio.[596]Pure non è indizio di tranquillità che Mohammed, sì infaticabile nelle guerre del padre, promosso che fu al sommo grado nella colonia, si rimanesse in Palermo, mandando con le gualdane Abd-Allah-ibn-Sofiân; il quale andò a distruggere le ricolte in quel di Siracusa, e altro non fece.[597]Così anco l'anno dugento cinquantasei che seguì (8 dicembre 869 a 27 novembre 870) non fu segnalato altrimenti che per una impresa marittima. Perocchè alquante navi affricane, capitanate da Ahmed-ibn-Omar-ibn-Obeid-Allah-ibn-el-Aghlab, avevano occupato Malta l'ottocento sessantanove; ma, andati i Bizantini alla riscossa, stringeano d'assedio il presidio musulmano. Mohammed mandovvi allora l'esercito di Sicilia; il cui arrivo i nemici non aspettarono: e così a' ventinove agosto ottocento settanta, rimanea quell'isola in poter della colonia siciliana.[598]Pochi mesi appresso, a' tre di regeb del dugento cinquantasette secondo l'egira (27 maggio 871), Mohammed-ibn-Khafâgia era assassinato nel palagio; in pien giorno, da' suoi servi eunuchi; i quali occultarono il misfatto infino al dì seguente, per aver agio a salvarsi. La fuga li scoprì; onde furono inseguiti, presone alcuni e messi a morte.[599]Indi la colonia eleggea capitano Mohammed-ibn-Abi-Hossein; ne scrivea in Affrica, ed era disdetta dal principe aghlabita; il quale commesse il governo a Ribbâh-ibn-Ia'kûb-ibn-Fezâra, delle cui gesta in guerra è occorso parlare, come anco della elezione e deposizione del suo fratello Ahmed l'ottocento sessantadue. Ma, come se il caso prendesse a mantenere gli agitamenti della colonia quando posavano i raggiri e le tradigioni, Ribbâh moriva tra non guari, di moharrem dugento cinquantotto (17 novembre a 16 dicembre 871).[600]Seguillo alla tomba, nel mese di sefer (17 dicembre 871 a 15 gennaio 872), il suo fratello Abd-Allah, eletto wâli della Gran Terra, il continente cioè d'Italia, che i Musulmani aspramente infestavano ormai da trent'anni.[601]

Fin qui gli annali arabi ci hanno mostrato della storia uno scheletro sì, ma non mutilo. Abbiam veduto la colonia di Palermo occupare alcuni luoghi importanti nel centro e su la costiera settentrionale infino a Messina; sforzare a tributo i paesi di mezzodìe levante, eccetto le grosse città murate e qualche regione montuosa; e non parlandosi di guasti nella maggior parte delle provincie odierne di Palermo e Trapani, è da credere che i vincitori tenessero quei terreni. Senza dubbio vi soggiornavano già in cittadi e castella: poco men che una trentina, come si ritrae dal Beladori che vivea di quel tempo a corte di Bagdad.[571]

Rivolgendoci alle condizioni delle due società che si contendeano la Sicilia, scorgiamo nell'una, oltre la virtù delle armi e la operosità, anco l'accordo degli animi, che ben si mantenea quando il bottino e i tributi, scompartiti con equità patriarcale, potean soddisfare alle cupidigie. Dall'altro canto i Siciliani, avviliti dalle ubbíe monastiche e dal dispotismo, non ripugnaron troppo al nuovo giogo, assicurato che lor fu lo esercizio del culto, e, come credeano, il possedimento dei beni; nè si vollero mettere a sbaraglio per diletto di pagare il tributo all'imperatore di Costantinopoli, più tosto che ai Musulmani di Palermo. Dei principati, poi, nel cui nome si combattea, quel d'Affrica aiutò la colonia con lasciar fare: chè mite animo ebbero i primi successori di Ziadet-Allah, e lieti vedeano passare in Sicilia e in Italia gli uominipiù turbolenti. Il Basso Impero al contrario facea troppo e troppo poco in Sicilia! e intanto mostrava al mondo infino a che assurdità, confusione e vergogna possa giugnere il despotismo. La devota imperatrice Teodora (842-854) lasciò all'Impero tre nuovi flagelli: la proscrizione degli eretici Pauliciani, che si tirò dietro guerre atrocissime; la ambizione di Barda fratello, e la mala educazione di Michele terzo, figliuolo di lei, soprannominato l'Ubbriaco. Il quale, cacciata di corte la madre (854), ruppe ogni freno di pudore; dièssi a vita brutale; buffoni e ribaldi in favore; scialacquato il danaro pubblico; trasandata o stoltamente e vilmente condotta la guerra contro i nemici che accerchiavano l'Impero; a vicenda insultato il culto cristiano, e sontuosamente edificate chiese; infine accesa con leggerezza la gran briga del patriarcato di Costantinopoli, che fu conteso tra Ignazio e Fozio, ossia tra le fazioni del papa e della corte (857). Donde se d'alcuna cosa è da maravigliare negli avvenimenti di Sicilia, non fia la impotenza, ma sì la pertinacia delle armi bizantine. Del rimanente appaiono semplici e chiare le cagioni di quel continuo progredimento della colonia musulmana, nei trent'anni che corsero dalla presa di Palermo, alla morte di Abbâs-ibn-Fadhl.

Verso quel tempo la fortuna cominciò a variare, come ce l'attestano gli annali arabi, or confessando, e più spesso tacendo. Ma poich'essi dicon poco, e i Bizantini nulla, gli avvenimenti ci capitano sotto gli occhi sì interrotti, sì confusi, che sarebbe da metterli in forse a ogni passo, se non si conoscessero lenuove condizioni dei vincitori e dei vinti. Però è mestieri invertir l'ordine naturale del racconto; divisar prima i fatti generali che noi possiamo dedurre; e poi venirne con quella scorta ai fatti esteriori, alla scorza della storia, che ritraggono i cronisti.

Incominciando dalla colonia musulmana, ei si vede che la concordia v'era durata troppo più che non potesse. Perocchè la prospera fortuna attirò nuovi coloni; la sottomissione dei Cristiani al tributo menomò il bottino; le masnade, ingrossate e prive degli acquisti che concedea la legge, si diedero a rubare non ostante gli accordi; i Cristiani, provocati per tal modo, vennero ad atti di disperazione; e da ciò le nuove sconfitte loro, le uccisioni, le schiavitù; e occupati infine moltissimi poderi dai Musulmani, per cupidigia e necessità. Dei modi della occupazione discorreremo nel libro terzo, e basti qui notare che principalmente furon due, cioè: ispogliare a dirittura gli antichi possessori, cacciandoli o facendoli schiavi; ovvero ridurli a vassallaggio, e prender da loro una parte di ciò che fruttava il terreno. Ma le entrate che ne tornavano ai Musulmani si scompartivano in varie guise; e sempre con inevitabile disuguaglianza; avvenendo che le terre prese or si dividessero, or si tenessero in demanio; e che il ritratto dei poderi demaniali e le contribuzioni su le terre lasciate ai Cristiani si assegnassero ai corpi del giund, in una maniera che variava dal mero pagamento di stipendio infino al beneficio militare. Or i corpi del giund, consorterie autonome, civili insieme e militari, spiccandosi dalla capitale per andare ad abitar città ocastella vicine ai poderi, diventano al tutto stati nello stato, portavan seco tutti i vizii della feudalità; opprimeano la popolazione rurale; molestavano i vicini musulmani o cristiani; erano per ogni verso fomiti di turbolenze. Da un'altra mano, lo assegnamento degli stipendii o beneficii e la divisione delle terre, per legge musulmana e natura stessa della cosa, davan luogo ad arbitrio e ingiustizia: onde si raccendeano le antiche ire delle schiatte, delle tribù, delle famiglie; i Berberi si sentiano lesi dagli Arabi, gli Arabi Iemeniti dai Modhariti, questa parentela da quella; e scorreva il sangue; si perpetuavano le nimistà; il governo della colonia diveniva difficil opra ogni dì più che l'altro. Tanto era avvenuto in Affrica, in Ispagna, per ogni provincia musulmana. Io lo scrivo sì francamente anco della Sicilia, perchè quegli elementi sociali portavano a quegli effetti, e ne veggiamo spuntare i segni qua e là negli annali siciliani dei tempi susseguenti.

Il principato aghlabita volle riparare a tal discordia, o trarne partito per dominare su i coloni altrimenti che di nome. La quale usurpazione, o ripetimento di dritti che dir si voglia; incominciò da uno di que' monarchi, di facil natura, Mohammed-ibn-Aghlab, che regnò, senza mai governare (841-856). Costui volendo liberarsi dalla insolenza d'un fratello che lo tenea come prigione, cospirò con Ahmed e Khafâgia, figliuoli di Sofiân-ibn-Sewâda, suoi lontani parenti;[572]i quali,come uomini di gran vaglia, fattogli conseguire l'intento, rimasero potentissimi appo di lui. Par che costoro non perdesser grado, quando, morto Mohammed, succedeagli Ahmed suo figliuolo (856 a 863). Da lui fu eletto al governo di Sicilia, a dispetto della colonia, o almeno di una grossa fazione, Khafâgia-ibn-Sofiân, detto di sopra; prode uom di guerra, ucciso a tradimento dai suoi stessi, e padre d'un altro valoroso che governò dopo lui la Sicilia, e incontrovvi lo stesso fato.

Seguì anco in questo tempo la esaltazione di Basilio Macedone (867), il riformatore del Basso Impero. Basilio, salito men che onestamente da povertà ed oscurità al favor della corte; guadagnato l'animo di Michele terzo con la vergogna di sposare una concubina ch'era venuta a noia all'imperatore e dargli in cambio la propria sorella; associato indi allo impero in merito d'un assassinio; e rimasto solo sul trono, per la grazia di Dio e perchè fe' scannare sotto gli occhi suoi Michele che dormiva ubbriaco; Basilio, dico, dopo tante brutture e misfatti, regnò con vera gloria. Riforniva lo erario senza aggravare i sudditi; cessava gli scandali ecclesiastici; raffrenava gli abusi dell'azienda; facea compilare un codice di leggi che porta il suo nome; sopra tutto ristorava la milizia, riformandovi ogni ordine, a cominciar dalle paghe, dalla leva dei soldati, dagli esercizii di mosse e d'armeggiare, finoalla virtù della disciplina e alla scienza strategica.[573]Pertanto la vittoria sotto gli auspicii suoi tornò ai vessilli bizantini; la dinastia macedone regnò più lungamente e quetamente che molte altre; parve rinfuso un po' di vita nell'impero. Basilio ripigliò anco un tratto dell'Italia meridionale, e aspramente contese la Sicilia ai Musulmani.

A questo effetto egli aiutò il moto delle popolazioni cristiane, incominciato, come s'è detto, dopo la presa di Castrogiovanni, e però parecchi anni innanzi la esaltazione di Basilio. Il moto era nato nell'isola stessa dal continuo disagio e pericolo in che viveano tante città tributarie dei Musulmani. Il caso di Castrogiovanni lo accelerò; forse perchè i Musulmani, imbaldanziti, si sciolsero a maggiori eccessi. Le popolazioni siciliane s'intesero tra loro, come trasparisce dalle fazioni che sappiamo di quella guerra. Sgarate nella prova, par che tentennassero; ma alla morte di Abbâs ripigliarono le armi con novello ardire, rincorandole la divisione de' Musulmani. Ciò mi par si tocchi con mano nei brani degli annali arabi, con la scorta dei quali ormai torneremo al racconto.

Mentre i Cristiani provocavano, insultando al cadavere di Abbâs, la colonia rifece capitano Ahmed-ibn-Ia'kûb, zio di lui; e il principe aghlabita lo confermò.[574]Pur a capo di pochi mesi, verso il febbraio dell'ottocento sessantadue, veggiamo deposto popolarmenteAhmed, surrogatogli Abd-Allah figliuolo del morto Abbâs; e disapprovato lo scambio a corte di Kairewân.[575]Nondimeno Abd-Allah avea dato opera alla guerra; e, raro esempio ai tempi del padre, in luogo di condurla in persona vi avea mandato Ribbâh, l'antico condottiero della vanguardia, quel che primo entrò nella rôcca di Castrogiovanni. Il quale or trovossi, per certo, a fronte di soverchianti forze, poichè dopo qualche lieve avvantaggio fu rotto; presegli le bandiere e le taballe che soleano stare al centro degli eserciti; e fattogli grande numero di prigioni. Campato a stento, non volle tornare a casa senza vendetta: espugnò la città del monte d'Abu-Malek, di ignoto sito; menò in cattività tutti i borghesi; arse la terra; sparse intorno le gualdane a fare i soliti guasti. La rôcca degli Armeni, la rôcca di Mosciâri'a cadeano ancora in potere dei Musulmani. Seguiano queste fazioni nella primavera dell'ottocento sessantadue.[576]Ma il principe d'Affrica, non spuntandosi di suo proponimento, mandò a reggere la Sicilia Khafâgia-ibn-Sofiân-ibn-Sewâda, di sangue aghlabita, di gran seguito a corte, come dicemmo,chiaro alsì per vittorie in Affrica: il quale arrivò in Palermo del mese di giugno.[577]

E con tutto l'ardore che il portava alle armi, e la furia di capitano nuovo, come dice il proverbio siciliano, Khafâgia mandava in sua vece alla guerra sacra il figliuolo Mahmûd: tanto ei trovò conturbata la colonia di Palermo! Mahmûd, cavalcando il contado di Siracusa, rapì, guastò, arse; ma, usciti i Cristiani a combattere, fu sconfitto e costretto a tornarsene in Palermo.[578]Nè il padre il potè vendicare; perchè l'anno che seguì, che fu il dugento quarantanove dell'egira (23 febbraio 863 a 11 febbraio 864), si sa che abbia mandato gualdane, che quelle abbiano riportato un po' di bottino; ma senza fazioni degne che se ne faccia ricordo, scrive Ibn-el-Athîr.[579]In vece delle quali troviamo cerimonie di officio: che Ziadet-Allah, succeduto al fratello Ahmed-ibn-Mohammed, confermava Khafâgia nel governo di Sicilia, e mandavagli i soliti abbigliamenti di investitura;[580]quasi a mantenere il rigor di dritto che facea amovibili i governatori a piacimento del principe.

Ricominciava da senno la guerra, composte come par le liti intestine, all'entrar dell'anno dugentocinquanta (12 febbraio 864 a 31 gennaio 865), quando i Musulmani occupavano l'antica e importante città di Noto, per tradimento di un cittadino che lor mostrò la via di penetrar nella fortezza. Saccheggiatala, e presavi, dicono gli annali, una bella somma di danaro, passarono a Scicli, su la costiera di mezzogiorno, terra della quale occorre adesso il nome per la prima volta, e fu espugnata per lungo assedio.[581]Intanto, se dee starsi alla identità d'un altro nome scritto nel soloBaiân, i Musulmani aveano abbandonato Castrogiovanni, ed era ormai riabitata dai Cristiani, perchè si legge che il dugento cinquantuno (1 febbraio 865 a 20 gennaio 866) Khafâgia andava a guastar le mèssi del contado, trascorrea fino a Siracusa, e combatteavi contro i Cristiani una fazione, forse infelice, perchè senz'altro si aggiunge ch'ei tornasse in Palermo. Donde fe' uscire una gualdana capitanata dall'altro suo figliuolo Mohammed;la quale prese il fiero soprannome di gualdana dei mille cavalieri; chè tanti ne uccise, posto un agguato, com'e' parrebbe, nelle campagne di Siracusa, e attiratovi il nemico.[582]Ciò mostri con che grosse forze si combattea. Il caso stranamente sfigurato, credo io, in qualche compilazione persiana, portò il nostro Rampoldi a scrivere negliAnnali Musulmani, che l'ottocento sessantasette Khafâgia, volendo ritoglier Enna ai Cristiani, era fatto prigione dopo avere ucciso di propria mano più di mille uomini; ma il dì appresso lo riscattavano i suoi a prezzo di trentaseimila bizantini d'oro.[583]La quale prigionia diKhafâgia, non trovandosene vestigio nelle croniche arabiche scritte da senno, va messa a fascio con l'erculea prova dei mille uccisi di sua mano. Torna anco alla state dell'ottocento sessantacinque una fazione navale, in cui i Musulmani presero quattro salandre bizantine nel mar di Siracusa; ove par che l'armata fosse andata a cooperare con l'esercito, sia nella impresa di Khafâgia, sia del figliuolo.[584]

Ostinandosi a fiaccar la capitale nemica, l'anno dugento cinquantadue (21 gennaio 866 a 9 gennaio 867), Khafâgia riassaltava il contado di Siracusa, ma con poco frutto; donde tornato per le falde dell'Etna guastando per ogni luogo le campagne, veniano a chiedergli l'accordo oratori, di Taormina troviamo nelle croniche, ma forse va letto Troina.[585]Perchè ei vi mandava ad ultimar la cosa una moglie sua, forse schiava cristiana, col figliuolo; e si fermò il patto: ma poi infranto dai cittadini, Mohammed figliuolo di Khafâgia sopraccorrea con lo esercito, entrava nella terra, e menava schiavi gli abitatori: la qual facile vittoria non va con le note condizioni di Taormina, a quel tempo città grossa, fortissima di sito, avvezza agli assalti e celebre poco appresso perostinate difese.[586]Mosse Khafâgia nella state del medesimo anno sopra Noto, che, s'era sciolta dall'obbedienza; l'espugnò di nuovo;[587]e verso l'autunno strinse Ragusa; la sforzò ad arrendersi, a patto che andasse libera parte de' cittadini con loro roba e giumenti: e ogni altra, cosa ch'era nella fortezza, anco gli animali e gli schiavi, andò a monte come bottino[588]. Par che seguendo la costiera di mezzogiorno giugnessero i Musulmani presso Girgenti, avendo costretto a calarsi agli accordi il popolo di Ghirân, che io credo la terra di Grotte: e moltissime altre castella occuparono; finchè il capitano infermò di malattia sì grave, che fu mestieri portarlo a Palermo in lettiga.[589]Ma non andò guarì che il rividero i Cristiani nel dugento cinquantatrè (10 gennaio a 30 dicembre 867) cavalcare i contadi di Siracusa e di Catania, distruggere le mèssi, guastar le ville; mentre le gualdane ch'ei spiccava dal grosso dell'esercito depredavano ogni parte dell'isola.[590]

Basilio, ch'era salito al trono in settembre di questo anno, provvide immantinente a gagliardo sforzo di guerra in Sicilia. Onde Khafâgia uscito di Palermo a dìventi di rebi' primo del dugento cinquantaquattro (19 marzo 868), e mandato il figliuolo Mohammed per mare con leharrâke, messosi a depredare il contado di Siracusa, seppe giunto di Costantinopoli un Patrizio con armata ed esercito. A duro tirocinio li avea mandato Basilio, contro tal capitano e tal milizia, cui le vittorie dell'anno innanzi avean reso l'alacrità, l'impeto, e, men durevole, la militar fratellanza. Scontraronsi i due eserciti in aspra battaglia, lunga, sanguinosa. Trionfarono tuttavia i Musulmani; uccisero al nemico parecchie migliaia d'uomini; presero robe, armi, cavalli; e più furiosamente sbrigliatisi a guastare i dintorni di Siracusa, tornarono in Palermo il primo regeb (26 giugno). Lo stesso dì Khafâgia fea salpare il figliuolo con l'armata che s'era ritratta in Palermo, schivando le superiori forze navali dei Greci. La quale andò a combattere su le costiere di terraferma, e zeppa di bottino se ne tornò in autunno, come altrove diremo.[591]

Poco mancò che a mezzo il verno, Mohammed figliuolo di Khafâgia non rinnovasse a Taormina l'audace fatto d'Abbâs-ibn-Fadhl a Castrogiovanni. Offertosi uno spione a porre i Musulmani entro la fortezza per alpestre sentiero noto a lui solo, Khafâgia mandovvi il figliuolo; il quale del mese di sefer dugento cinquantacinque (19 gennaio a 17 febbraio 869), cautamente appressavasi; poi, restando addietro egli e il grosso delle genti, mandava fanti spediti con la guida, che salsero a Taormina, secondatidalla fortuna finchè ebbero animo e prudenza. Si impadronirono d'una porta coi bastioni attigui, aspettando Mohammed che dovea venire a tal ora, ed avea lor comandato stessero raccolti senza dar mano al saccheggio. Ma que' non volendo lasciar altrui le primizie di sì ricca città, si sparsero a far prigioni e preda; scoprirono ch'erano un pugno d'uomini; onde i cittadini, risentendosi dal primo stupore, li cominciarono a incalzare: e l'ora intanto era scorsa, nè comparivano le bandiere di Mohammed. Però temendo non il nemico gli avesse intercetto il cammino, gli entrati in Taormina si tennero spacciati; diersi alla fuga; e s'imbatterono nei compagni quando la città era richiusa e fallito il colpo: nè altro partito a Mohammed restò che di tornarsi in Palermo.[592]

Già la vittoria seguiva la disciplina, passava dal musulmano campo al greco. Poco appresso il fatto di Taormina, di rebi' primo del medesimo anno (18 febbraio a 19 marzo 869), Khafâgia movea sopra Tiracia, com'io leggerei in Ibn-el-Athîr, e risponderebbe a quella che poco appresso fu chiamata Randazzo.[593]Non si sa ch'ei la espugnasse. Mandata intantofortissima schiera, col figliuolo, a Siracusa, l'esercito cristiano uscì a incontrarla; si combattè fieramente d'ambo le parti; quando, caduto nella mischia un de' più valenti guerrieri musulmani, gli altri dier volta: inseguiti da' Greci e perduta molta gente, rifuggironsi al campo di Khafâgia. Il quale a rifarsi dell'onta marciò con tutto lo esercito a Siracusa; guastò il contado, pose l'assedio alla città; ma accorgendosi che gagliardamente la si difendesse, levato il campo, riprese la via di Palermo. Fece alto in riva al Dittáino, la notte del primo regeb; e innanzi l'aurora (15 giugno 869), mentre ognuno rimontava a cavallo per riprendere la marcia, un Berbero del giund, per nome Khalfûn-ibn-Ziâd della tribù di Howâra, lo trafisse d'una lancia a tradimento, e a spron battuto si fuggì a Siracusa. Recarono il cadavere di Khafâgia-ibn-Sofiân a Palermo, ove fu onorevolmente seppellito;[594]la cui fama chiarissima rimase tra i Musulmani d'Affrica per le vittorie guadagnate sopra i Bizantini.[595]

Nel compianto della colonia tacque per poco la gelosia, sì che rifecero in luogo dell'ucciso il figliuolo di lui, Mohammed; e il principe d'Affrica lo confermò, com'era usanza, col diploma e col dono delle vestimenta d'uficio.[596]Pure non è indizio di tranquillità che Mohammed, sì infaticabile nelle guerre del padre, promosso che fu al sommo grado nella colonia, si rimanesse in Palermo, mandando con le gualdane Abd-Allah-ibn-Sofiân; il quale andò a distruggere le ricolte in quel di Siracusa, e altro non fece.[597]Così anco l'anno dugento cinquantasei che seguì (8 dicembre 869 a 27 novembre 870) non fu segnalato altrimenti che per una impresa marittima. Perocchè alquante navi affricane, capitanate da Ahmed-ibn-Omar-ibn-Obeid-Allah-ibn-el-Aghlab, avevano occupato Malta l'ottocento sessantanove; ma, andati i Bizantini alla riscossa, stringeano d'assedio il presidio musulmano. Mohammed mandovvi allora l'esercito di Sicilia; il cui arrivo i nemici non aspettarono: e così a' ventinove agosto ottocento settanta, rimanea quell'isola in poter della colonia siciliana.[598]

Pochi mesi appresso, a' tre di regeb del dugento cinquantasette secondo l'egira (27 maggio 871), Mohammed-ibn-Khafâgia era assassinato nel palagio; in pien giorno, da' suoi servi eunuchi; i quali occultarono il misfatto infino al dì seguente, per aver agio a salvarsi. La fuga li scoprì; onde furono inseguiti, presone alcuni e messi a morte.[599]Indi la colonia eleggea capitano Mohammed-ibn-Abi-Hossein; ne scrivea in Affrica, ed era disdetta dal principe aghlabita; il quale commesse il governo a Ribbâh-ibn-Ia'kûb-ibn-Fezâra, delle cui gesta in guerra è occorso parlare, come anco della elezione e deposizione del suo fratello Ahmed l'ottocento sessantadue. Ma, come se il caso prendesse a mantenere gli agitamenti della colonia quando posavano i raggiri e le tradigioni, Ribbâh moriva tra non guari, di moharrem dugento cinquantotto (17 novembre a 16 dicembre 871).[600]Seguillo alla tomba, nel mese di sefer (17 dicembre 871 a 15 gennaio 872), il suo fratello Abd-Allah, eletto wâli della Gran Terra, il continente cioè d'Italia, che i Musulmani aspramente infestavano ormai da trent'anni.[601]


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