MCCCLXXXIX

MCCCLXXXIXAnno diCristomccclxxxix. Indiz.XII.Bonifazio IXpapa 1.Venceslaore de' Romani 12.Dimorando in Romapapa Urbano VI, andava meditando d'aprir egli il giubileo romano per l'anno 1390, giacchè desiderava questa gloria e contento[Theodoric. de Niem, Hist. Gobelinus, in Cosmod.], con aver insieme ordinato che da lì innanzi ogni trentatrè anni si celebrasse esso giubileo. Ma verso la metà d'agosto cominciòa decadere la sua sanità, in maniera che alcuni sospettarono cagionata da veleno la sua infermità[Sozomenus, Chron., tom. 16 Rer. Ital.]. Continuò peggiorando sino al dì 18 di ottobre, in cui Dio il chiamò all'altra vita[Raynaldus, Annal. Eccles. Platina, Vit. Roman. Pontif.]. Lasciò di sè stesso una memoria infausta appresso gli storici, perchè colla sua imprudenza ed alterigia diede non picciola occasione al deplorabile scisma suscitato dall'altrui malignità ed ambizione, e perchè uomo rotto, implacabile, crudele, e volto più che ad altro ad ingrandire i proprii nipoti, che tardarono poco a svanire con tutte le lor grandezze e ricchezze. Per questo fu chiamato dall'autore degli Annali di Forlì[Annales Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.]:Vir pessimus, crudelis, et scandalosus, absque Consilio cardinalium, cujus dolis schismata incepere in Ecclesia Christi. Io so che la sua memoria è difesa dall'Ammirato[Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.]; e pure è da pregar Dio che di simili teste calde, sprezzatrici del consiglio dei fratelli, ed atte a rovinar sè stesse ed altrui, niuna più sia posta al governo della Chiesa sua santa. Dai cardinali raunati in Roma al numero di quattordici fu poscia eletto papa nel dì 2 di novembre il cardinalPietro TomacelliNapoletano, benchè assai giovine, perchè uomo di petto, che assunse il nome diBonifazio IX, e ricevette la corona nel dì 11 di esso mese. Eransi lusingati i Franzesi di veder finito lo scisma colla morte dipapa Urbano VI, e che il loro antipapaClementeverrebbe invitato a Roma. Poco stettero a disingannarsi, udita la creazion del novello pontefice, il quale non tardò a rimettere nei lor gradi quattro de' cardinali che per la acerbità del suo predecessore si erano ritirati dalla Chiesa romana. Continuava intanto la guerra nel regno di Napoli[Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.]; e perciocchè ilre Ladislao, dimorante in Gaeta collaregina Margheritasua madre,era giunto ad età tollerabile per contraere matrimonio, fu conchiuso l'accasamento di lui conCostanzafigliuola diManfredipotentissimoconte di Chiaramontein Sicilia[Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.]; e questa nel dì 5 di settembre giunse a Gaeta, condottavi da quattro galee siciliane. Si accomodò a queste nozze il giovinetto principe per cogliere una ricca dote in danaro, di cui era egli allora sommamente necessitoso; ma col tempo vedremo qual conto egli facesse di questa moglie e degli altrui benefizii. L'acquisto fatto nell'anno precedente dell'isola di Zerbi verso le coste dell'Africa[Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.]animò maggiormente in quest'anno i cristiani a tentar nuove imprese contra de' corsari tunesini. Quaranta furono le galee armate da' Genovesi, comandate daGiovanni Centurione, con venti altri legni grossi. Loro si unirono ancora alcune navi inglesi, e in questa flotta andò a militare con un corpo di bella gente ilduca di Borbonedella casa di Francia. Sbarcarono i cristiani verso Tunisi, fecero più battaglie, ma con isvantaggio, contro quei Barbari; laonde se ne tornarono indietro non sol senza guadagno, ma con grave danno e vergogna loro.La potenza diGian-Galeazzo Visconte, appellato conte di Virtù, la quale a passi di gigante andava crescendo, cominciò a mettere in apprensione non solamente i Bolognesi, ma anche i Fiorentini. I primi, perchè temeano ch'egli risvegliasse le pretensioni passate della casa sua sopra la loro città; e il timore passò presto in certezza[Matthaeus de Griffonibus, Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di Bologna, tom. eod.]. Essendosi scoperto nel dì 21 di novembre un trattato di alcuni cittadini di Bologna di dar quella città al conte di Virtù, costò loro la testa, e molti altri furono confinati. Per conto poi dei Fiorentini, vedeano essi che il conte di Virtù facea leva di gente inRomagna[Ammirati, Istoria Fiorentina, lib. 15.]; eravi principio di rotture coi Sanesi, malcontenti de' Fiorentini a cagione di Montepulciano, e già inclinati a chiamare per lor protettore il Visconte, istigati dal desiderio di far calar l'alterigia a' lor vicini; e già ne aveano impetrato ducento lance. Ma che? il Visconte colla sua fina politica tanto in voce, che per mezzo de' suoi ambasciatori, non d'altro parlava che di pace, e si esibiva ancora a metterla in Toscana. Anzi, per meglio addormentare i potentati d'Italia, si mostrò ben pronto alla buona volontà diPietro Gambacortasignore di Pisa, che facea premura di stabilire una lega per quiete d'ognuno. In Pisa dunque si trovarono gli ambasciatori delVisconte, diFerrara, Mantova, Bologna, Perugia, Siena, Lucca e Firenze, degliOrdelaffi, deiMalatestie d'altri signori; e si stipulò una lega fra loro; con qual frutto, non tarderemo a vederlo. Fino al dì 16 di febbraio restò la città di Trevigi[Gatari, Istor. di Pad., tom, 17 Rer. Ital. Caresin., Chron., tom. 12 Rer. Ital. Redusius, Chron., tom. 19 Rer. Ital.]in mano degli uffiziali del conte di Virtù. Forse anche di più vi sarebbe restata; ma l'apprensione della potenza veneta, e il sapere che il popolo di quella città acclamò solamente San Marco, e sospirava di passare sotto il saggio governo de' Veneziani, indussero finalmente il Visconte a consegnar quella città colle fortezze, e insieme Ceneda col suo distretto ad essa repubblica in esecuzion de' capitoli della lega. Parimente nel dì 17 di ottobre miseAlberto marchesedi Ferrara[Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.]in possesso della nobil terra d'Este cogli altri luoghi a lui destinati nella lega suddetta. Nel dì 25 di giugno (e non già nel dì 15 di novembre, come ha il Corio[Corio, Istor. di Milano.]) esso conte di Virtù inviò a ParigiValentinasua figliuola, maritata aLodovico di Valois, che già dicemmo duca di Turena e fratello del re di Francia. Negli AnnaliMilanesi[Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital. Chron. Placentin., tom. eod.]e nella Storia del Corio si legge l'ampia nota dei gioielli, vasi d'oro e di argento, ed altri ricchi arnesi che seco portò questa principessa in Francia. Nel mese di novembre[Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 7.]era stato gravemente infermoGuido da Polentasignor di Ravenna, e i suoi figliuoliObizzo,OstasioePietrogià si credeano colla morte di lui di assumere il sospirato comando. Si riebbe egli dall'infermità; ma ciò che questa non fece, gli scellerati figliuoli fecero poco appresso, con prendere il padre, e confinarlo in una prigione, dove (il quando non si sa) infelicemente egli terminò la sua vita. Il Rossi e l'autor degli Annali di Forlì[Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.]scrivono ciò avvenuto nel dì 28 di gennaio dell'anno seguente; ma l'autore della Cronica Estense, allora vivente[Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.], mette questo orrido fatto nel dicembre del presente. In Perugia ancora sorse fiera discordia fra i nobili e il popolo[Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.]. Furono uccisi da esso popolo venti persone di quei che si appellavano i Beccarini, e più di cinquecento esiliati, con occupar tutti i loro beni, in guisa che restò come desolata quella città.DimoravanoFrancesco il vecchioda Carrara in Cremona, eFrancesco Novellosuo figliuolo in Milano[Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.], continuamente menati a spasso con belle parole dai ministri di Gian-Galeazzo conte di Virtù, ma senza mai poter muoversi di colà, e molto men di vedere la faccia del conte, che risedeva in Pavia. La rabbia di Francesco il giovane era immensa contra di lui, perchè contra de' patti gli avea preso il dominio di Padova senza prima seco accordarsi, e senza finora avergli assegnato alcun onorevol compenso. Tutto dì il chiamava traditore co' suoi famigliari; gli cadde anche in pensiero di ammazzarlo, e ne divisò anche la maniera; maavendo confidato l'affare ad Artuso conte, nobile padovano, a lui spedito dal padre, questi non per malizia, ma imprudentemente si lasciò uscir di bocca il segreto, tanto che la notizia ne pervenne a Gian-Galeazzo. Nulla di meno (e ciò sia detto in sua lode) Gian-Galeazzo, senza voler imitare i crudi tiranni, lo scusò, e dopo qualche tempo assegnò al Carrarese il possesso e dominio del castello di Cortesone nell'Astigiano, abitato da gente micidiaria, e inoltre cinquecento fiorini d'oro il mese. Mostrò Francesco Novello d'esserne contento, e solamente chiese licenza di poter abitare per quattro mesi in Asti, città ceduta dal Visconte al genero suo duca di Turena, finchè potesse far acconciare la casa dirupata che dovea servirgli di stanza. Accordatagli tal grazia, e preso il possesso del castello, andò conTaddea Estensesua moglie ad Asti. Quivi stando, ossia, come vuole l'Ammirati[Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.], che segreto impulso gli fosse dato dai Fiorentini; oppure, come scrivono gli storici padovani, che lo sdegno suo incredibile contra del conte di Virtù, e insieme la speranza di ricuperare la perduta città di Padova, il movessero: determinò di fuggirsene. Fingendo dunque di voler andare a Vienna del Delfinato per adempiere un suo voto a santo Antonio, senza chiedere licenza, imprese il viaggio colla moglie nel mese di marzo di quest'anno, per quanto io credo, e passò l'Alpi. Nè sì tosto fu uscito de' confini del conte di Virtù, che fece anche uscir d'Asti tutti i suoi figliuoli, con ordine di passare a Firenze, dove anch'egli avea stabilito di portarsi. Andato ad Avignone, trattò coll'antipapaClemente; poscia, imbarcatosi a Marsiglia, venne verso Genova, e parte per mare, parte per terra arrivò a Pisa, e finalmente a Firenze, dove si riposò. I pericoli da lui passati nel viaggio, e i patimenti sofferti furono ben molti. Bella è la dipintura che ne fa il Gatari iuniore nella sua Cronica. L'inaspettata fugadel Carrarese sommamente dispiacque aGian-Galeazzo Visconte, e fu poi cagione che sul fine di luglio facesse passare ilvecchio Francescodi lui padre da Cremona nel castello di Como sotto buone guardie, senza dargli qualche libertà di trattare co' suoi, e con avergli occupato tutti i danari, gioie ed argenti per la somma di trecento mila fiorini d'oro. Avea lo scaltro vecchio mostrato, ed anche fatto intendere al conte di Virtù il singolar suo dispiacere per la fuga del figliuolo, e si esibì anche di farlo ritornare: al qual fine scrisse anche lettere assai calde al medesimo. Ma internamente giubilò per la coraggiosa risoluzione da lui presa; e a chi portava quelle lettere diede segreto ordine di maggiormente confortarlo a ricuperare il suo, senza apprendere i pericoli del padre, e di non mettersi mai più in mano del conte del Virtù con tutte le magnifiche sue esibizioni. FermossiFrancesco Novelloin Firenze non poco tempo. Parve sulle prime grande il freddo di quei magistrati verso di lui, per non dar gelosia a Gian-Galeazzo; ma probabilmente in segreto trattavano con lui; e certo nell'andare innanzi gli mostrarono più affetto; giacchè quegli accorti cittadini tenevano per inevitabile la guerra coll'insaziabile signor di Milano. Un pezzo curioso e gustoso di istoria (torno a dirlo) è quello dei Gatari Padovani[Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.]nella descrizion minuta delle avventure del suddetto Francesco Novello. Io appena le ho accennate, di più non permettendo l'assunto mio. Essendo ito in quest'annoCarlo VIre di Francia ad Avignone a visitar l'antipapaClemente[Vita Clementis antipap., P. II, tom. 3 Rer. Italic.], per opera sua fu coronato nella festa dell'Ognissanti re delle due SicilieLodovico iuniore d'Angiò, che già meditava di venire in Italia. L'atto di quella funzione si legge nella raccolta del Leibnizio[Leibnitius, Cod. Jur. Gent., tom. 1, n. 107.].

Dimorando in Romapapa Urbano VI, andava meditando d'aprir egli il giubileo romano per l'anno 1390, giacchè desiderava questa gloria e contento[Theodoric. de Niem, Hist. Gobelinus, in Cosmod.], con aver insieme ordinato che da lì innanzi ogni trentatrè anni si celebrasse esso giubileo. Ma verso la metà d'agosto cominciòa decadere la sua sanità, in maniera che alcuni sospettarono cagionata da veleno la sua infermità[Sozomenus, Chron., tom. 16 Rer. Ital.]. Continuò peggiorando sino al dì 18 di ottobre, in cui Dio il chiamò all'altra vita[Raynaldus, Annal. Eccles. Platina, Vit. Roman. Pontif.]. Lasciò di sè stesso una memoria infausta appresso gli storici, perchè colla sua imprudenza ed alterigia diede non picciola occasione al deplorabile scisma suscitato dall'altrui malignità ed ambizione, e perchè uomo rotto, implacabile, crudele, e volto più che ad altro ad ingrandire i proprii nipoti, che tardarono poco a svanire con tutte le lor grandezze e ricchezze. Per questo fu chiamato dall'autore degli Annali di Forlì[Annales Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.]:Vir pessimus, crudelis, et scandalosus, absque Consilio cardinalium, cujus dolis schismata incepere in Ecclesia Christi. Io so che la sua memoria è difesa dall'Ammirato[Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.]; e pure è da pregar Dio che di simili teste calde, sprezzatrici del consiglio dei fratelli, ed atte a rovinar sè stesse ed altrui, niuna più sia posta al governo della Chiesa sua santa. Dai cardinali raunati in Roma al numero di quattordici fu poscia eletto papa nel dì 2 di novembre il cardinalPietro TomacelliNapoletano, benchè assai giovine, perchè uomo di petto, che assunse il nome diBonifazio IX, e ricevette la corona nel dì 11 di esso mese. Eransi lusingati i Franzesi di veder finito lo scisma colla morte dipapa Urbano VI, e che il loro antipapaClementeverrebbe invitato a Roma. Poco stettero a disingannarsi, udita la creazion del novello pontefice, il quale non tardò a rimettere nei lor gradi quattro de' cardinali che per la acerbità del suo predecessore si erano ritirati dalla Chiesa romana. Continuava intanto la guerra nel regno di Napoli[Giornal. Napol., tom. 21 Rer. Ital.]; e perciocchè ilre Ladislao, dimorante in Gaeta collaregina Margheritasua madre,era giunto ad età tollerabile per contraere matrimonio, fu conchiuso l'accasamento di lui conCostanzafigliuola diManfredipotentissimoconte di Chiaramontein Sicilia[Bonincontrus, Annal., tom. 21 Rer. Ital.]; e questa nel dì 5 di settembre giunse a Gaeta, condottavi da quattro galee siciliane. Si accomodò a queste nozze il giovinetto principe per cogliere una ricca dote in danaro, di cui era egli allora sommamente necessitoso; ma col tempo vedremo qual conto egli facesse di questa moglie e degli altrui benefizii. L'acquisto fatto nell'anno precedente dell'isola di Zerbi verso le coste dell'Africa[Georgius Stella, Annal. Genuens., tom. 17 Rer. Ital.]animò maggiormente in quest'anno i cristiani a tentar nuove imprese contra de' corsari tunesini. Quaranta furono le galee armate da' Genovesi, comandate daGiovanni Centurione, con venti altri legni grossi. Loro si unirono ancora alcune navi inglesi, e in questa flotta andò a militare con un corpo di bella gente ilduca di Borbonedella casa di Francia. Sbarcarono i cristiani verso Tunisi, fecero più battaglie, ma con isvantaggio, contro quei Barbari; laonde se ne tornarono indietro non sol senza guadagno, ma con grave danno e vergogna loro.

La potenza diGian-Galeazzo Visconte, appellato conte di Virtù, la quale a passi di gigante andava crescendo, cominciò a mettere in apprensione non solamente i Bolognesi, ma anche i Fiorentini. I primi, perchè temeano ch'egli risvegliasse le pretensioni passate della casa sua sopra la loro città; e il timore passò presto in certezza[Matthaeus de Griffonibus, Chron., tom. 18 Rer. Ital. Cronica di Bologna, tom. eod.]. Essendosi scoperto nel dì 21 di novembre un trattato di alcuni cittadini di Bologna di dar quella città al conte di Virtù, costò loro la testa, e molti altri furono confinati. Per conto poi dei Fiorentini, vedeano essi che il conte di Virtù facea leva di gente inRomagna[Ammirati, Istoria Fiorentina, lib. 15.]; eravi principio di rotture coi Sanesi, malcontenti de' Fiorentini a cagione di Montepulciano, e già inclinati a chiamare per lor protettore il Visconte, istigati dal desiderio di far calar l'alterigia a' lor vicini; e già ne aveano impetrato ducento lance. Ma che? il Visconte colla sua fina politica tanto in voce, che per mezzo de' suoi ambasciatori, non d'altro parlava che di pace, e si esibiva ancora a metterla in Toscana. Anzi, per meglio addormentare i potentati d'Italia, si mostrò ben pronto alla buona volontà diPietro Gambacortasignore di Pisa, che facea premura di stabilire una lega per quiete d'ognuno. In Pisa dunque si trovarono gli ambasciatori delVisconte, diFerrara, Mantova, Bologna, Perugia, Siena, Lucca e Firenze, degliOrdelaffi, deiMalatestie d'altri signori; e si stipulò una lega fra loro; con qual frutto, non tarderemo a vederlo. Fino al dì 16 di febbraio restò la città di Trevigi[Gatari, Istor. di Pad., tom, 17 Rer. Ital. Caresin., Chron., tom. 12 Rer. Ital. Redusius, Chron., tom. 19 Rer. Ital.]in mano degli uffiziali del conte di Virtù. Forse anche di più vi sarebbe restata; ma l'apprensione della potenza veneta, e il sapere che il popolo di quella città acclamò solamente San Marco, e sospirava di passare sotto il saggio governo de' Veneziani, indussero finalmente il Visconte a consegnar quella città colle fortezze, e insieme Ceneda col suo distretto ad essa repubblica in esecuzion de' capitoli della lega. Parimente nel dì 17 di ottobre miseAlberto marchesedi Ferrara[Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.]in possesso della nobil terra d'Este cogli altri luoghi a lui destinati nella lega suddetta. Nel dì 25 di giugno (e non già nel dì 15 di novembre, come ha il Corio[Corio, Istor. di Milano.]) esso conte di Virtù inviò a ParigiValentinasua figliuola, maritata aLodovico di Valois, che già dicemmo duca di Turena e fratello del re di Francia. Negli AnnaliMilanesi[Annales Mediolan., tom. 16 Rer. Ital. Chron. Placentin., tom. eod.]e nella Storia del Corio si legge l'ampia nota dei gioielli, vasi d'oro e di argento, ed altri ricchi arnesi che seco portò questa principessa in Francia. Nel mese di novembre[Rubeus, Histor. Ravenn., lib. 7.]era stato gravemente infermoGuido da Polentasignor di Ravenna, e i suoi figliuoliObizzo,OstasioePietrogià si credeano colla morte di lui di assumere il sospirato comando. Si riebbe egli dall'infermità; ma ciò che questa non fece, gli scellerati figliuoli fecero poco appresso, con prendere il padre, e confinarlo in una prigione, dove (il quando non si sa) infelicemente egli terminò la sua vita. Il Rossi e l'autor degli Annali di Forlì[Annal. Foroliviens., tom. 22 Rer. Ital.]scrivono ciò avvenuto nel dì 28 di gennaio dell'anno seguente; ma l'autore della Cronica Estense, allora vivente[Chron. Estense, tom. 15 Rer. Ital.], mette questo orrido fatto nel dicembre del presente. In Perugia ancora sorse fiera discordia fra i nobili e il popolo[Sozomenus, Hist., tom. 16 Rer. Ital.]. Furono uccisi da esso popolo venti persone di quei che si appellavano i Beccarini, e più di cinquecento esiliati, con occupar tutti i loro beni, in guisa che restò come desolata quella città.

DimoravanoFrancesco il vecchioda Carrara in Cremona, eFrancesco Novellosuo figliuolo in Milano[Gatari, Istor. di Pad., tom. 17 Rer. Ital.], continuamente menati a spasso con belle parole dai ministri di Gian-Galeazzo conte di Virtù, ma senza mai poter muoversi di colà, e molto men di vedere la faccia del conte, che risedeva in Pavia. La rabbia di Francesco il giovane era immensa contra di lui, perchè contra de' patti gli avea preso il dominio di Padova senza prima seco accordarsi, e senza finora avergli assegnato alcun onorevol compenso. Tutto dì il chiamava traditore co' suoi famigliari; gli cadde anche in pensiero di ammazzarlo, e ne divisò anche la maniera; maavendo confidato l'affare ad Artuso conte, nobile padovano, a lui spedito dal padre, questi non per malizia, ma imprudentemente si lasciò uscir di bocca il segreto, tanto che la notizia ne pervenne a Gian-Galeazzo. Nulla di meno (e ciò sia detto in sua lode) Gian-Galeazzo, senza voler imitare i crudi tiranni, lo scusò, e dopo qualche tempo assegnò al Carrarese il possesso e dominio del castello di Cortesone nell'Astigiano, abitato da gente micidiaria, e inoltre cinquecento fiorini d'oro il mese. Mostrò Francesco Novello d'esserne contento, e solamente chiese licenza di poter abitare per quattro mesi in Asti, città ceduta dal Visconte al genero suo duca di Turena, finchè potesse far acconciare la casa dirupata che dovea servirgli di stanza. Accordatagli tal grazia, e preso il possesso del castello, andò conTaddea Estensesua moglie ad Asti. Quivi stando, ossia, come vuole l'Ammirati[Ammirati, Istor. Fiorentina, lib. 15.], che segreto impulso gli fosse dato dai Fiorentini; oppure, come scrivono gli storici padovani, che lo sdegno suo incredibile contra del conte di Virtù, e insieme la speranza di ricuperare la perduta città di Padova, il movessero: determinò di fuggirsene. Fingendo dunque di voler andare a Vienna del Delfinato per adempiere un suo voto a santo Antonio, senza chiedere licenza, imprese il viaggio colla moglie nel mese di marzo di quest'anno, per quanto io credo, e passò l'Alpi. Nè sì tosto fu uscito de' confini del conte di Virtù, che fece anche uscir d'Asti tutti i suoi figliuoli, con ordine di passare a Firenze, dove anch'egli avea stabilito di portarsi. Andato ad Avignone, trattò coll'antipapaClemente; poscia, imbarcatosi a Marsiglia, venne verso Genova, e parte per mare, parte per terra arrivò a Pisa, e finalmente a Firenze, dove si riposò. I pericoli da lui passati nel viaggio, e i patimenti sofferti furono ben molti. Bella è la dipintura che ne fa il Gatari iuniore nella sua Cronica. L'inaspettata fugadel Carrarese sommamente dispiacque aGian-Galeazzo Visconte, e fu poi cagione che sul fine di luglio facesse passare ilvecchio Francescodi lui padre da Cremona nel castello di Como sotto buone guardie, senza dargli qualche libertà di trattare co' suoi, e con avergli occupato tutti i danari, gioie ed argenti per la somma di trecento mila fiorini d'oro. Avea lo scaltro vecchio mostrato, ed anche fatto intendere al conte di Virtù il singolar suo dispiacere per la fuga del figliuolo, e si esibì anche di farlo ritornare: al qual fine scrisse anche lettere assai calde al medesimo. Ma internamente giubilò per la coraggiosa risoluzione da lui presa; e a chi portava quelle lettere diede segreto ordine di maggiormente confortarlo a ricuperare il suo, senza apprendere i pericoli del padre, e di non mettersi mai più in mano del conte del Virtù con tutte le magnifiche sue esibizioni. FermossiFrancesco Novelloin Firenze non poco tempo. Parve sulle prime grande il freddo di quei magistrati verso di lui, per non dar gelosia a Gian-Galeazzo; ma probabilmente in segreto trattavano con lui; e certo nell'andare innanzi gli mostrarono più affetto; giacchè quegli accorti cittadini tenevano per inevitabile la guerra coll'insaziabile signor di Milano. Un pezzo curioso e gustoso di istoria (torno a dirlo) è quello dei Gatari Padovani[Gatari, Istor. di Padova, tom. 17 Rer. Ital.]nella descrizion minuta delle avventure del suddetto Francesco Novello. Io appena le ho accennate, di più non permettendo l'assunto mio. Essendo ito in quest'annoCarlo VIre di Francia ad Avignone a visitar l'antipapaClemente[Vita Clementis antipap., P. II, tom. 3 Rer. Italic.], per opera sua fu coronato nella festa dell'Ognissanti re delle due SicilieLodovico iuniore d'Angiò, che già meditava di venire in Italia. L'atto di quella funzione si legge nella raccolta del Leibnizio[Leibnitius, Cod. Jur. Gent., tom. 1, n. 107.].


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