MDCLXXXVIII

MDCLXXXVIIIAnno diCristoMDCLXXXVIII. Indiz.XI.Innocenzo XIpapa 13.Leopoldoimperadore 31.Più feroce che mai si scoprì ilre Luigi XIVnell'anno presente contra del buon ponteficeInnocenzo XI, sperando pure col moltiplicare le violenze di ottenere ciò che egli non dovea pretendere, perchè contrario alla giustizia, alla pietà e alla riverenza professata dai re Cristianissimi alla Sedia apostolica. Ordinò dunqueal marchese di Lavardino di far ben conoscere al popolo romano il suo disprezzo per le censure pontifizie, di sostener più che mai vigorosamente il possesso delle franchigie, e di camminare per Roma con più fasto che mai, come se si trattasse di città sottoposta ai gigli, e in cui avesse da prevalere all'autorità del pontefice sovrano quella del re di Francia. Il santo padre mirava tutto senza scomporsi, risoluto di vincere colla pazienza l'indebita persecuzione. Gli furono proposte leghe; ma egli riponeva tutta la sua difesa nella protezion di Dio e nella giustizia della sua causa. Portossi una mattina il Lavardino colla guardia di trecento uffiziali da trionfante alla basilica Vaticana, ed ebbe non so se il contento, oppure il rammarico di veder fuggire i sacerdoti dagli altari, per non comunicare con chi era aggravato di censure. Non contento di passi cotanto ingiuriosi il re Luigi, fece interporre dal parlamento di Parigi un'appellazione al futuro concilio contro la pretesa ingiustizia del papa, il quale non altro intendea che di poter esercitare la giustizia in casa sua, come usano nelle loro città gli altri principi, e massimamente la corte di Francia. Richiamato da Parigi il nunzio pontifiziocardinal Ranucci, il re non volle lasciarlo partire, e gli mise intorno le guardie col pretesto della sua sicurezza. Tanto innanzi andò l'izza di quel monarca, tuttochè fregiato del titolo di Cristianissimo, che mandò le sue armi a spogliare il pontefice del possesso di Avignone, come se questi avesse imbrandite l'armi per far guerra alla Francia. Al punto di sua morte non si sarà certamente rallegrato quel gran re di avere così maltrattato il capo visibile della religione da lui professata, e per una pretensione che niun saggio potrà mai asserire appoggiata al giusto.Nella primavera di quest'anno arrivò al fine de' suoi giorniMarc'Antonio Giustinianodoge di Venezia. Tale era il merito acquistatosi dal capitan generaleFrancesco Morosinoin tante sue passate prodezze, che i voti di tutti concorsero a conferirgli quella dignità, unita al comando dell'armi: unione troppo rara in quella prudente repubblica. Mentre egli dimorava nel golfo di Egina, gli arrivò questa nuova nel dì primo di giugno, e gran feste ne fece tutta l'armata. Otto galee di Malta comparvero in aiuto dei Veneti con un battaglione di mille fanti, e poscia quattro altre galee, e due navi del gran duca di Toscana con ottocento fanti e sessanta cavalieri. Ma andò a male un grosso convoglio di genti e munizioni spedito nella primavera da Venezia: colpo, che fu amaramente sentito dal Morosino. Contuttociò si prese nel consiglio militare la risoluzione di tentar l'acquisto dell'importante città di Negroponte, capitale della grande e ricca penisola appellata dagli antichi Eubea, conosciuta oggidì collo stesso nome di Negroponte. Ma non furono ben conosciute le maniere per progredire in così difficile impresa, e si cominciarono gli approcci dove non conveniva. Si venne al generale assalto di un gran trincierone fabbricato dagli infedeli, e fu superato con istrage loro, ed acquisto di trentanove pezzi di cannone e di cinque mortari; ma per questo e per tanti altri assalti, e più per le malattie cagionate dall'aria cattiva essendo periti lo stesso generaleconte di Konigsmarched assaissimi altri valorosi uffiziali con gran copia di soldati; venuto che fu l'autunno, si trovò forzato il doge Morosino a ritirarsi ben mal contento da quello sfortunato assedio, senza poter fare altra impresa nella campagna presente. Maggior fortuna si provò in Dalmazia, dove il provveditor generaleGirolamo Cornaros'impadronì della fortezza di Knin, benchè armata di tre recinti, e poscia di Verlicca, Zounigrad, Grassaz e delle torre di Norin. Tali acquisti non compensarono già l'infelice successo di Negroponte, per cui rimase sommamente afflitta la veneta repubblica.Ebbe all'incontro la corte cesareamotivi di singolar allegrezza per la prosperità delle sue armi nell'anno presente. Alba Regale città dell'Ungheria, che può contendere il primato colla regal città di Buda, fu bloccata nella primavera; ed allorchè quel bassà e presidio videro giunte le artiglierie da Giavarino, il dì 10 di maggio si esentarono da maggiori perigli, cedendo quella città ai cristiani con assai onorevoli condizioni. Si formò in questi tempi anche il blocco di Zighet e Canissa, piazze di molta conseguenza. Spedito eziandio ilconte Caraffaalla città di Lippa, dacchè ebbe alzate le batterie e formata la breccia, vi entrò, essendosi ritirati tutti i Turchi nel castello, il quale bersagliato dalle bombe, da lì a poco ottenne di rendersi con buoni patti; siccome ancora fece Titul. Nè pure il generalconte Caprarastette in ozio, avendo col terrore fatto fuggire dalle due fortezze di Illoch e Petervaradino i nemici. Nella stessa maniera l'importante posto di Karancebes, chiave della Transilvania, fu preso dal generalVeterani. In somma davanti ai passi delle cesaree armate marciava dappertutto la vittoria. Imprese più grandi meditava intanto il prodeelettor di Baviera, giunto nel dì 29 di luglio all'esercito primario di Cesare, che era composto di quaranta mila bravi Alemanni, oltre agli Ungheri del partito austriaco. Le mire sue erano contro l'insigne città di Belgrado capitale della Servia. Passò felicemente di là dal Savo la coraggiosa armata, ancorchè in faccia le stesse il saraschiere con circa dodici mila cavalli e alcuni corpi di Tartari ed Ungheri ribelli, comandati dal Tekely. Quindi s'inoltrò a Belgrado, con trovare abbandonata da coloro una gran trincea, che potea far lunga difesa, e dati alle fiamme tutti i borghi della città, dove si contavano migliaia di case. Accostavasi il fine d'agosto, quando giunsero da Buda le artiglierie, le quali tosto cominciarono a fracassar le mura della città. Nel dì 6 di settembre tutto fu all'ordine pel generale assalto, a cui inanimato ciascuno dallapresenza e dalle voci dell'intrepido elettore, allegramente volò. Superata la breccia, vi restava un interno fosso; ma nè pur questo trattenne l'ardor dei soldati, che penetrarono vittoriosi nel cuor della piazza, e sfogarono dipoi la rabbia, la sensualità e l'avidità della roba coi miseri abitanti. Restituita la croce in quella nobil città, nel dì 8 d'esso mese quivi si renderono grazie a Dio per sì maravigliosi successi. Passò dipoi con magnifico corteggio e passaporto un'ambasceria del nuovo gran signore Solimano all'imperador Leopoldo, per chieder pace. Anche nella Schiavonia in questi tempiLuigi principe di Baden, generale di gran grido, si rendè padrone di Costanizza, Brodt e Gradisca al Savo, e diede appresso una rotta al bassà di Bossina, o, come altri dicono, Bosna. Sicchè per tanti felici avvenimenti ben parea dichiarato il cielo in favore dell'armi cristiane, nè da gran tempo s'erano vedute sì ben fondate le speranze dei fedeli per iscacciar dall'Europa il superbo tiranno dell'Oriente.Ma, bisogna pur dirlo: fu parere di molti che sempre sarà invincibile la potenza ottomana, non già per le proprie forze, ma per la protezione d'una potenza cristiana che non ha scrupolo di sacrificare il riguardo della religione, affinchè troppo non s'ingrandisca l'imperador de' cristiani. Almen comunemente fu creduto, che per reprimere cotanto felici progressi dell'armi cesaree contro del Turco, ilre Luigi XIVmovesse in questo anno l'armi sue contro la Germania. Se vere o apparenti fossero le ragioni del re suddetto di turbar la quiete della cristianità, meglio ne giudicheranno altri che io. Le pretensioni della cognata duchessa d'Orleans, almen sopra i beni allodiali del fu suo padre e fratello, erano tenute in Francia per giuste; ma non per motivi da mettere sossopra la Germania. Volea quella corte sostener le ragioni del cardinaleGuglielmo di Furstemberg, eletto alla chiesa di Colonia da una parte dei canonici in concorrenza del principeClemente di Bavierafratello dell'elettore; benchè al primo mancasse il breve dell'eligibilità e si trattasse d'un affare spettante al corpo germanico, e che si sarebbe dovuto decidere dal romano pontefice e dal capo dell'imperio. Si fecero anche gravi querele dal re Luigi, perchè l'imperadore, il re di Spagna e molti principi della Germania, nei dì 28 di giugno del 1686, in Augusta avessero formata una lega a comune difesa. Veniva questa considerata a Versaglies per un delitto. Pertanto nel settembre di quest'anno esso re, pubblicato un manifesto, a cui fu poi data buona risposta, improvvisamente mosse l'armi contra dell'imperatore, le cui forze si trovavano impegnate in Ungheria, senza che fosse preceduta offesa o ingiuria alcuna dalla parte di Cesare. Filisburgo fu preso; s'impadronirono le armi franzesi di Magonza, Treveri, Bonna, Vormazia, Spira e di altri luoghi. Penetrarono nel Palatinato, occupando Heidelberga, Manheim, Franckendal ed ogni altra piazza di quell'elettorato. Avvegnachè la maggior parte di quegli abitanti fossero seguaci di Calvino, pur fecero orrore anche presso i cattolici le crudeltà ivi usate, perchè ogni cosa fu messa a sacco, a ferro e fuoco, con desolazion tale, che le più barbare nazioni non avrebbero potuto far di peggio. Stesesi questo flagello anche a varie città cattoliche, dove, benchè amichevolmente fossero aperte le porte, neppure gli altari e i sacri templi e i sepolcri, non che le case dei privati, andarono esenti dal lor furore. Per atti tali, accaduti in tempo che niun pensava alla difesa, e contra di tanti innocenti popoli, coi quali niuna lite avea la Francia, un gran dire dappertutto fu della prepotenza franzese.Ma qui non finirono le tragedie dell'anno presente. Avea, nel dì 18 di giugno, la regina d'InghilterraMaria Beatrice d'Estedato alla luce un principino, che oggidì con titolo di re Cattolico della Gran Bretagna e col nome diJacopo IIIsoggiorna in Roma. All'avviso di questoparto mirabilmente esultarono i regni cattolici, per poco tempo nondimeno; perciocchè verso il fine d'autunno riuscì aGugliemo principe d'Orangescoll'aiuto degli Olandesi di occupare il trono della Gran Bretagna, con obbligare alla fuga il cattolicore Giacomo II, il quale colla moglie e col figlio si ricoverò in Francia. Allora fu che per questo lagrimevole avvenimento maggiormente si scatenò l'universale risentimento contra del re Luigi, che collegato col suddetto re britannico, tuttochè vedesse gli Olandesi fare da gran tempo uno straordinario armamento di genti e di navi, pure niun riparo, siccome egli poteva, vi fece: tanta era la sua smania per far conquiste nella Germania, e, se lice il dirlo (giacchè universale fu questa doglianza), per salvare da maggior tracollo il nemico comune. Esibì egli veramente al re Giacomo venti mila Franzesi, che non furono accettati, perchè truppe straniere avrebbero maggiormente irritata la feroce nazione inglese. Tuttavia se il re Luigi avesse inviato un esercito a chiedere conto all'Olanda di quel grandioso preparamento d'armi, per sentimento dei saggi, non sarebbe seguita la dolorosa rivoluzione dell'Inghilterra, la quale a me basterà di averla solamente accennata. Così Dio permise, e a quel gabinetto ognun di noi dee chinare il capo. Seguì nel presente anno il maritaggio diFerdinando de Mediciprincipe di Toscana colla principessaViolante Beatrice, figlia diFerdinando elettore e duca di Baviera, la quale condotta dipoi a Firenze, fu ivi accolta con sontuose solennità. Rovesciò in quest'anno un terribile tremuoto quasi tutte le fabbriche e mura di Benevento, e recò l'eccidio ad altre circonvicine città, e gravissimo danno anche a quella di Napoli. Fu considerato per miracolosa protezion del cielo che il piissimo cardinaleVincenzo Maria Orsinoarcivescovo di Benevento, seppellito fra le rovine, salvasse la vita, avendolo destinato Dio a governar la Chiesa universale sulla sedia di San Pietro, siccome a suo tempo vedremo.

Più feroce che mai si scoprì ilre Luigi XIVnell'anno presente contra del buon ponteficeInnocenzo XI, sperando pure col moltiplicare le violenze di ottenere ciò che egli non dovea pretendere, perchè contrario alla giustizia, alla pietà e alla riverenza professata dai re Cristianissimi alla Sedia apostolica. Ordinò dunqueal marchese di Lavardino di far ben conoscere al popolo romano il suo disprezzo per le censure pontifizie, di sostener più che mai vigorosamente il possesso delle franchigie, e di camminare per Roma con più fasto che mai, come se si trattasse di città sottoposta ai gigli, e in cui avesse da prevalere all'autorità del pontefice sovrano quella del re di Francia. Il santo padre mirava tutto senza scomporsi, risoluto di vincere colla pazienza l'indebita persecuzione. Gli furono proposte leghe; ma egli riponeva tutta la sua difesa nella protezion di Dio e nella giustizia della sua causa. Portossi una mattina il Lavardino colla guardia di trecento uffiziali da trionfante alla basilica Vaticana, ed ebbe non so se il contento, oppure il rammarico di veder fuggire i sacerdoti dagli altari, per non comunicare con chi era aggravato di censure. Non contento di passi cotanto ingiuriosi il re Luigi, fece interporre dal parlamento di Parigi un'appellazione al futuro concilio contro la pretesa ingiustizia del papa, il quale non altro intendea che di poter esercitare la giustizia in casa sua, come usano nelle loro città gli altri principi, e massimamente la corte di Francia. Richiamato da Parigi il nunzio pontifiziocardinal Ranucci, il re non volle lasciarlo partire, e gli mise intorno le guardie col pretesto della sua sicurezza. Tanto innanzi andò l'izza di quel monarca, tuttochè fregiato del titolo di Cristianissimo, che mandò le sue armi a spogliare il pontefice del possesso di Avignone, come se questi avesse imbrandite l'armi per far guerra alla Francia. Al punto di sua morte non si sarà certamente rallegrato quel gran re di avere così maltrattato il capo visibile della religione da lui professata, e per una pretensione che niun saggio potrà mai asserire appoggiata al giusto.

Nella primavera di quest'anno arrivò al fine de' suoi giorniMarc'Antonio Giustinianodoge di Venezia. Tale era il merito acquistatosi dal capitan generaleFrancesco Morosinoin tante sue passate prodezze, che i voti di tutti concorsero a conferirgli quella dignità, unita al comando dell'armi: unione troppo rara in quella prudente repubblica. Mentre egli dimorava nel golfo di Egina, gli arrivò questa nuova nel dì primo di giugno, e gran feste ne fece tutta l'armata. Otto galee di Malta comparvero in aiuto dei Veneti con un battaglione di mille fanti, e poscia quattro altre galee, e due navi del gran duca di Toscana con ottocento fanti e sessanta cavalieri. Ma andò a male un grosso convoglio di genti e munizioni spedito nella primavera da Venezia: colpo, che fu amaramente sentito dal Morosino. Contuttociò si prese nel consiglio militare la risoluzione di tentar l'acquisto dell'importante città di Negroponte, capitale della grande e ricca penisola appellata dagli antichi Eubea, conosciuta oggidì collo stesso nome di Negroponte. Ma non furono ben conosciute le maniere per progredire in così difficile impresa, e si cominciarono gli approcci dove non conveniva. Si venne al generale assalto di un gran trincierone fabbricato dagli infedeli, e fu superato con istrage loro, ed acquisto di trentanove pezzi di cannone e di cinque mortari; ma per questo e per tanti altri assalti, e più per le malattie cagionate dall'aria cattiva essendo periti lo stesso generaleconte di Konigsmarched assaissimi altri valorosi uffiziali con gran copia di soldati; venuto che fu l'autunno, si trovò forzato il doge Morosino a ritirarsi ben mal contento da quello sfortunato assedio, senza poter fare altra impresa nella campagna presente. Maggior fortuna si provò in Dalmazia, dove il provveditor generaleGirolamo Cornaros'impadronì della fortezza di Knin, benchè armata di tre recinti, e poscia di Verlicca, Zounigrad, Grassaz e delle torre di Norin. Tali acquisti non compensarono già l'infelice successo di Negroponte, per cui rimase sommamente afflitta la veneta repubblica.

Ebbe all'incontro la corte cesareamotivi di singolar allegrezza per la prosperità delle sue armi nell'anno presente. Alba Regale città dell'Ungheria, che può contendere il primato colla regal città di Buda, fu bloccata nella primavera; ed allorchè quel bassà e presidio videro giunte le artiglierie da Giavarino, il dì 10 di maggio si esentarono da maggiori perigli, cedendo quella città ai cristiani con assai onorevoli condizioni. Si formò in questi tempi anche il blocco di Zighet e Canissa, piazze di molta conseguenza. Spedito eziandio ilconte Caraffaalla città di Lippa, dacchè ebbe alzate le batterie e formata la breccia, vi entrò, essendosi ritirati tutti i Turchi nel castello, il quale bersagliato dalle bombe, da lì a poco ottenne di rendersi con buoni patti; siccome ancora fece Titul. Nè pure il generalconte Caprarastette in ozio, avendo col terrore fatto fuggire dalle due fortezze di Illoch e Petervaradino i nemici. Nella stessa maniera l'importante posto di Karancebes, chiave della Transilvania, fu preso dal generalVeterani. In somma davanti ai passi delle cesaree armate marciava dappertutto la vittoria. Imprese più grandi meditava intanto il prodeelettor di Baviera, giunto nel dì 29 di luglio all'esercito primario di Cesare, che era composto di quaranta mila bravi Alemanni, oltre agli Ungheri del partito austriaco. Le mire sue erano contro l'insigne città di Belgrado capitale della Servia. Passò felicemente di là dal Savo la coraggiosa armata, ancorchè in faccia le stesse il saraschiere con circa dodici mila cavalli e alcuni corpi di Tartari ed Ungheri ribelli, comandati dal Tekely. Quindi s'inoltrò a Belgrado, con trovare abbandonata da coloro una gran trincea, che potea far lunga difesa, e dati alle fiamme tutti i borghi della città, dove si contavano migliaia di case. Accostavasi il fine d'agosto, quando giunsero da Buda le artiglierie, le quali tosto cominciarono a fracassar le mura della città. Nel dì 6 di settembre tutto fu all'ordine pel generale assalto, a cui inanimato ciascuno dallapresenza e dalle voci dell'intrepido elettore, allegramente volò. Superata la breccia, vi restava un interno fosso; ma nè pur questo trattenne l'ardor dei soldati, che penetrarono vittoriosi nel cuor della piazza, e sfogarono dipoi la rabbia, la sensualità e l'avidità della roba coi miseri abitanti. Restituita la croce in quella nobil città, nel dì 8 d'esso mese quivi si renderono grazie a Dio per sì maravigliosi successi. Passò dipoi con magnifico corteggio e passaporto un'ambasceria del nuovo gran signore Solimano all'imperador Leopoldo, per chieder pace. Anche nella Schiavonia in questi tempiLuigi principe di Baden, generale di gran grido, si rendè padrone di Costanizza, Brodt e Gradisca al Savo, e diede appresso una rotta al bassà di Bossina, o, come altri dicono, Bosna. Sicchè per tanti felici avvenimenti ben parea dichiarato il cielo in favore dell'armi cristiane, nè da gran tempo s'erano vedute sì ben fondate le speranze dei fedeli per iscacciar dall'Europa il superbo tiranno dell'Oriente.

Ma, bisogna pur dirlo: fu parere di molti che sempre sarà invincibile la potenza ottomana, non già per le proprie forze, ma per la protezione d'una potenza cristiana che non ha scrupolo di sacrificare il riguardo della religione, affinchè troppo non s'ingrandisca l'imperador de' cristiani. Almen comunemente fu creduto, che per reprimere cotanto felici progressi dell'armi cesaree contro del Turco, ilre Luigi XIVmovesse in questo anno l'armi sue contro la Germania. Se vere o apparenti fossero le ragioni del re suddetto di turbar la quiete della cristianità, meglio ne giudicheranno altri che io. Le pretensioni della cognata duchessa d'Orleans, almen sopra i beni allodiali del fu suo padre e fratello, erano tenute in Francia per giuste; ma non per motivi da mettere sossopra la Germania. Volea quella corte sostener le ragioni del cardinaleGuglielmo di Furstemberg, eletto alla chiesa di Colonia da una parte dei canonici in concorrenza del principeClemente di Bavierafratello dell'elettore; benchè al primo mancasse il breve dell'eligibilità e si trattasse d'un affare spettante al corpo germanico, e che si sarebbe dovuto decidere dal romano pontefice e dal capo dell'imperio. Si fecero anche gravi querele dal re Luigi, perchè l'imperadore, il re di Spagna e molti principi della Germania, nei dì 28 di giugno del 1686, in Augusta avessero formata una lega a comune difesa. Veniva questa considerata a Versaglies per un delitto. Pertanto nel settembre di quest'anno esso re, pubblicato un manifesto, a cui fu poi data buona risposta, improvvisamente mosse l'armi contra dell'imperatore, le cui forze si trovavano impegnate in Ungheria, senza che fosse preceduta offesa o ingiuria alcuna dalla parte di Cesare. Filisburgo fu preso; s'impadronirono le armi franzesi di Magonza, Treveri, Bonna, Vormazia, Spira e di altri luoghi. Penetrarono nel Palatinato, occupando Heidelberga, Manheim, Franckendal ed ogni altra piazza di quell'elettorato. Avvegnachè la maggior parte di quegli abitanti fossero seguaci di Calvino, pur fecero orrore anche presso i cattolici le crudeltà ivi usate, perchè ogni cosa fu messa a sacco, a ferro e fuoco, con desolazion tale, che le più barbare nazioni non avrebbero potuto far di peggio. Stesesi questo flagello anche a varie città cattoliche, dove, benchè amichevolmente fossero aperte le porte, neppure gli altari e i sacri templi e i sepolcri, non che le case dei privati, andarono esenti dal lor furore. Per atti tali, accaduti in tempo che niun pensava alla difesa, e contra di tanti innocenti popoli, coi quali niuna lite avea la Francia, un gran dire dappertutto fu della prepotenza franzese.

Ma qui non finirono le tragedie dell'anno presente. Avea, nel dì 18 di giugno, la regina d'InghilterraMaria Beatrice d'Estedato alla luce un principino, che oggidì con titolo di re Cattolico della Gran Bretagna e col nome diJacopo IIIsoggiorna in Roma. All'avviso di questoparto mirabilmente esultarono i regni cattolici, per poco tempo nondimeno; perciocchè verso il fine d'autunno riuscì aGugliemo principe d'Orangescoll'aiuto degli Olandesi di occupare il trono della Gran Bretagna, con obbligare alla fuga il cattolicore Giacomo II, il quale colla moglie e col figlio si ricoverò in Francia. Allora fu che per questo lagrimevole avvenimento maggiormente si scatenò l'universale risentimento contra del re Luigi, che collegato col suddetto re britannico, tuttochè vedesse gli Olandesi fare da gran tempo uno straordinario armamento di genti e di navi, pure niun riparo, siccome egli poteva, vi fece: tanta era la sua smania per far conquiste nella Germania, e, se lice il dirlo (giacchè universale fu questa doglianza), per salvare da maggior tracollo il nemico comune. Esibì egli veramente al re Giacomo venti mila Franzesi, che non furono accettati, perchè truppe straniere avrebbero maggiormente irritata la feroce nazione inglese. Tuttavia se il re Luigi avesse inviato un esercito a chiedere conto all'Olanda di quel grandioso preparamento d'armi, per sentimento dei saggi, non sarebbe seguita la dolorosa rivoluzione dell'Inghilterra, la quale a me basterà di averla solamente accennata. Così Dio permise, e a quel gabinetto ognun di noi dee chinare il capo. Seguì nel presente anno il maritaggio diFerdinando de Mediciprincipe di Toscana colla principessaViolante Beatrice, figlia diFerdinando elettore e duca di Baviera, la quale condotta dipoi a Firenze, fu ivi accolta con sontuose solennità. Rovesciò in quest'anno un terribile tremuoto quasi tutte le fabbriche e mura di Benevento, e recò l'eccidio ad altre circonvicine città, e gravissimo danno anche a quella di Napoli. Fu considerato per miracolosa protezion del cielo che il piissimo cardinaleVincenzo Maria Orsinoarcivescovo di Benevento, seppellito fra le rovine, salvasse la vita, avendolo destinato Dio a governar la Chiesa universale sulla sedia di San Pietro, siccome a suo tempo vedremo.


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