CAPO III.

CAPO III.

Preservativi da prendersi per bocca. Erbe e tavolette a questo effetto. Mitridate minore commendato da molti. Altre bevande, polveri, conserve, elettuari, vini, unguenti, ecc., creduti preservativi. Aceto, e lodi d’esso, e d’altri acidi contro il veleno pestilenziale. Metodo d’alcuni medici per preservarsi nel commercio con appestati.

Preservativi da prendersi per bocca. Erbe e tavolette a questo effetto. Mitridate minore commendato da molti. Altre bevande, polveri, conserve, elettuari, vini, unguenti, ecc., creduti preservativi. Aceto, e lodi d’esso, e d’altri acidi contro il veleno pestilenziale. Metodo d’alcuni medici per preservarsi nel commercio con appestati.

Un’altra classe di preservativi contro la peste si è quella dei rimedi che possono prendersi per bocca. E primieramente in que’ fieri tempi, siccome vien consigliato dai saggi il non aprir le finestre delle case se non dopo la nascita del sole, e il chiuderle prima ch’esso tramonti; e siccome per loro parere non si dee uscir di casa finchè non sia levato il sole, e vi s’ha a tornare avanti il fine della giornata, quando gravi urgenze non impedissero l’uso di questa regola, così ci viene da tutti consigliato il non partirsi la mattina di casa, nè accostarsi a parlar ad altri, o a medicare infermi, o trattar persone o robe sospette, senza aver prima preso qualche medicamento preservativo. Quando altro non s’abbia, almeno si faccia colazione con qualche cibo sano e una bevuta divino generoso. Il ventre digiuno è un mal compagno in questi pericoli. Uscendo dal corpo e specialmente dalla bocca di chi s’è così premunito una evacuazione odorosa, non tanto per la qualità della bevanda, quanto perchè l’aiuto sopravvenuto allo stomaco mette più in moto gli umori del corpo, e viene a formarsi, per così dire, un’atmosfera di buoni aliti, che hanno forza di tener lontani gl’impuri e pestilenziali, o pure di correggerli allorchè si accostano.

Ma quali saranno questi interni preservativi? Ne contengono una gran farragine i libri de’ medici. Io ne trasceglierò quelli che scorgerò più accreditati dalla sperienza e dalla riputazione degli autori, dovendosi qui anteporre quelli che per la loro balsamica, odorosa e spiritosa qualità si conoscono più propri per resistere ai veleni, alla putredine e ai vapori maligni. Correndo dunque tempi di peste, può giovare molto, massimamente a quei che debbono uscir di casa, il tenere in bocca e andar masticando qualche cosa odorosa e sana. L’Ingrascia asserisce che moltissimi si preservarono dalla peste ch’egli descrive, e in particolare i beccamorti e i serventi de’ lazzeretti e simili altre persone, col masticare fra giorno l’erba zedoaria e inghiottir quella saliva. Altri lodano il tenere in bocca la radice d’essa erba, o quella di dittamo, o di genziana, o dieci grani di ginepro macerati in aceto, o pure la polvere di cardo santo. Anche il nostro Falloppio scrive che a’ suoi dì chi serviva agli appestati, non si preservò con altro che col masticare la mattina zenzero e bevervi appresso un bicchiero di malvagìa e coll’andaremasticando dipoi tutto il giorno zedoaria. Così un grano di garofano di quei di Levante tenuto in bocca, quando non s’abbia di meglio, vien creduto giovevole, siccome ancora le scorze di cedro o di melangolo. Altrettanto scrivono alcuni della mirra coll’inghiottire di quando in quando la saliva; ma questa suol riuscire pel suo sapore troppo spiacevole, e l’Elmonzio l’ha osservata fallace in casi tali. La radice d’angelica viene assaissimo consigliata ai poveri da masticare. Quella poi dell’elenio, o masticata secca, o presa in polvere, o condita con un poco di zucchero, in guisa però che resti più tosto disgustosa al palato, è sommamente lodata dal Diemerbrochio, il quale consigliò a moltissimi questo solo preservativo, facendone mangiar delle condite due o tre o quattro la mattina, perchè dice d’averle trovate più giovevoli che assaissimi altri medicamenti preparati con gran fatica e spesa. Jacopo Primerosio ed altri credono che il tabacco nulla vaglia contro la peste. Ma il fumarlo nelle pipe vien decretato da altri per un potente preservativo; e il suddetto Diemerbrochio attesta d’averne provato in sè stesso e in assaissimi altri un insigne giovamento nel contagio dei suoi giorni; sostenendolo per un’erba di qualità specifica per resistere a simili veleni e alla corruzione, ed aggiungendo che non solo moltissimi coll’unico uso del fumar tabacco restarono illesi da quel morbo, ma che alcuni ancora, colpiti dal medesimo, coll’uso del solo fumo di tabacco sul principio del male se ne liberarono. Ma conviene adoperarne, dell’ottimo e colle foglie non putride e ben torte, e valersene poi anche moderatamente.Chi però se ne serve (che tutti non possono) si guardi dall’acquavite, non convenendo insieme tal rimedio con tal disposizione, secondo il parere di alcuni. Nè credesse persona che il bere sugo di tabacco o l’inghiottire la sua sostanza, producesse l’effetto medesimo. Sarebbe anzi un veleno tanto nella preservativa quanto nella curativa della peste, per le deiezioni di ventre e per gli sconvolgimenti di spirito che da esso provengono. Il noto, perchè l’esempio d’alcuni pazzi potrebbe tornarsi a vedere.

Per preservativi da prendersi per bocca vengono lodate le seguenti

Tavolette preservative.

℞.Fiori di solfo mez. onc., trocisci di vipera dram. 3, polvere di diarrbodon e diamargariton freddi, ana onc. 1, confezione d’alchermes e di giacinti, ana scrup. 4, zucchero bianco dissoluto in acqua di scorzonera o di cardo santo quanto basta. Con ciò formerai pasta e tavolette. Pigliane la mattina una dramma, bevendovi appresso un poco di vino puro.

Altra sorta di tavolette preservative.

℞.Fiori di solfo dram. 6, canfora scrup. 1, zucchero bianco dissoluto in acqua di scabbiosa quanto basta. Formane tavolette come sopra; e camminando o dimorando in luoghi infetti potrai tenerne in bocca.

Altre tavolette preservative.

℞.Polvere bezoartica dram. 1, liberante mez. dram., radici d’elenio secche, d’angelica, di petasitide, ana scrup. 1 e mez., fiori di solfo tre volte sublimati dram. 1. Se ne faccia polvere sottilissima, e discioltala con zucchero bianco e acqua di cardo santo quanto basta, se ne formino tavolette.

Altre tavolette sono prescritte dai medici, impreziosite ancora da perle e coralli preparati, da oro in foglia e da altre gemme: cose tutte che bene spesso entrano per sovrammercato in composizioni per altro buone.

A tutti, ma specialmente ai poveri, si può consigliare il Mitridato minore, che è un preservativo antichissimo, attribuito, non so se con tutta ragione, a Mitridate re di Ponto, ma certo comunque sia, generalmente lodato da tutti i medici per i tempi di peste, dicendosi ancora che Carlo V salvò dal contagio con questo sì facile, ma stimatissimo rimedio l’esercito suo: nel che io lascio la verità a suo luogo.

Mitridato minore preservativo.

℞.Foglie di ruta num. 20, due fichi secchi, due noci secche con 4 grani di sale comune. Se ne faccia un boccone da prendere la mattina a digiuno. Il sale però non è di necessità. O pure si formi con una libbra per uno dei tre suddetti ingredienti. Vi si può anche aggiungere siroppo dilimoni quanto basta per fare elettuario, dopo aver pestato ben bene in mortaio di pietra con pestello di legno gl’ingredienti ad uno ad uno.

E qui si noti che per parere di tutti la ruta è di una singolare efficacia contro la pestilenza; e però doversene far molto capitale, giovando anche sola. Ma perchè non a tutti sempre è permesso l’avere ruta fresca, si può prepararne molto medicamento in una volta sola, a proporzione della seguente composizione. ℞.Foglie di ruta fresche onc. 1 e mez., noci secche nette onc. 2, fichi secchi onc. 1. Si pesti ogni cosa benissimo, e si faccia passare per setaccio con aceto rosato quanto basti per distemperare la mistura. Fatta questa, se vi si vede soprannuotare l’aceto ed esser troppo, si ponga al sole o a simil caldo in vaso atto ad asciugarsi, finchè resti in debita forma d’elettuario, del quale si debbono prendere ogni mattina due cucchiai. Si potrebbe anche aggiungere all’elettuario fatto un’oncia d’estratto di bacche di ginepro. Le noci si monderanno dalla pellicina con tenerle per un poco in acqua caldetta.

Che se taluno vorrà conservarsi delle foglie di ruta come fresche per ogni tempo, ne ponga molte in qualche vaso di vetro dalla bocca larga, acciocchè ne possa cavar fuori senza gran pena, e le cuopra di buon aceto, tenendo anche il vaso ben coperto. Così egli conserverà la ruta, ed avrà pure aceto preparato con essa, il quale anche da per sè viene molto stimato in tempi di peste, e serve per odorarlo, e per prenderne anche la mattina un poco in bevanda. Altri medici hanno accresciuto, ciascuno a suo gusto, il Mitridatominore; ma io penso d’avere accennato quello che basta.

Altri lodano come utilissima la seguente

Bevanda preservativa.

℞.Dieci noci fresche mondate dalla pellicina, 10 spicchi d’aglio mediocri mondati, 3 onc. in circa di bacche di ginepro, un pugno di foglie di ruta. Le prime si pestino grossamente; la ruta si tagli minuta. Posto tutto in pignatta vetriata con una inghistara in circa di buon aceto, si copra essa pignatta sicchè non respiri, accomodando creta o simil cosa tra il coperchio e la pignatta, e lasciandola per 24 ore sopra le ceneri calde. Poi si levi dal fuoco e si ponga ogni cosa insieme in fiasco ben turato al sole per tre o quattro giorni. Di tal composizione si beva ogni mattina a digiuno mezzo cucchiaio, ed anche un intero; e con lo stesso aceto si bagnino le tempie, i polsi e le narici.

Io volentieri accenno qui le composizioni facili e di poca spesa, affinchè tutti, e massimamente i poveri, possano provvedersi di qualche riparo contro gli assalti della pestilenza. Allorchè questa è padrona del campo, a molti mancano gl’ingredienti, e a più manca ancora il danaro per procacciarseli. E se taluno dicesse di non aver gran fede in certe semplici o vili composizioni, ho il dispiacere di rispondergli che nè pur egli s’ha a fidar troppo d’altre composizioni e preservativi più preziosi e faticosi; perciocchè in mezzo alla peste nessun altro rimedio sicuro e privilegiato c’è se non la mano di Dio; e per conto dei rimediumani più talvolta gioverà un poco d’aceto, di solfo, di ruta, di canfora o altro semplice, che un lunghissimo recipe composto dall’ambizione. Seguitiamo dunque a dire che alcuni trovano buono il seguente

Preservativo antipestilenziale.

℞.Fiori di solfo e zucchero bianco in polvere in egual quantità; e mescolati insieme, prendine la mattina a digiuno un mezzo cucchiaio per bocca, bevendovi appresso un poco di vino bianco buono.

Potrà parimente giovare ai poveri il porre in infusione entro vino buono foglie verdi di pimpinella, e beverlo alquante ore dopo. Ovvero mettere la sera in aceto buono, sicchè stia coperta, una noce secca mondata dalla pelle; e la mattina seguente si mungi la noce e si beva l’aceto. Questo, benchè tanto facile, pure si dà per un buon difensivo. Può essere che si metta a ridere qualche medico, non però addottorato in medicina; ma sappia egli che in fatti alcuni, anche valentuomini, col solo aiuto dell’aceto, preso in picciola dose le mattina con un poco di pane, e fiatato alle occasioni, si sono preservati. Ne parleremo fra poco. Le bacche poi di ginepro mature e fresche, cioè di color nero o pavonazzo, e non rosse, vengono commendate da tutti, ed entrano in moltissime composizioni contro la peste. Si potrà farne estratto, cioè cavarne il sugo con acqua, dove sieno state infuse e calde per tre giorni, spremendole dipoi per pezza netta. O pure si tengano in fiasco con vino buono sopra, per mangiarne tre o quattro per volta, riuscendo anche utile lo stesso vino.

Angelo Sala insegna a fare il mele, o sia l’estratto di ginepro, con pestare grossamente nel mortaio le bacche fresche, e cuocerle poi in acqua, finchè si vegga separata la materia glutinosa. Spremuta la decozione, per quanto si può, si faccia essa di nuovo cuocere, finchè si riduca in consistenza di mele, che sarà dolce e fragrante. Servivasi poi il medesimo autore di questo estratto per uno degl’ingredienti a formare la seguente composizione, chiamata da lui Triaca de’ poveri, e consigliata come un eccellente antidoto contro la peste:

Triaca de’ poveri.

℞.Erb. veronica, scordio, cardo santo seccate, ana onc. 2, feccie d’aro, fiori di solfo, ana onc. 1, zedoaria, radice d’imperatoria, di elenio, di irundinaria (che m’immagino essere la chelidonia), di carlina, di valeriana, mirra eletta, dram. 6, olio di vitriuolo dram. 1, mele odoroso spumato lib. 3, estratto di ginepro mez. lib. L’erbe e le radici separatamente si polverizzino bene, e si triti a parte la radice d’aro preparata. Poi si mettano il mele e l’estratto in pignatta ben vetriata, facendo solamente scaldare e non bollire la materia; e dopo vi si mescolino le polveri suddette, movendo tutto fortemente con pestello di legno, finchè si riducano in forma di elettuario. Raffreddata la composizione, aggiungi i fiori di solfo, la mirra e l’olio di vitriuolo; e mettendo tutto in vaso di terra vetriata, riponlo a fermentarsi. Se ne prenda, secondo la diversità de’ corpi che debbono valersene, da uno scrupolo fino a una dramma.

Varie erbe possono servire di preservativo. Sei d’esse fra l’altre sono credute contravveleni, cioè l’ipperico, il vincetossico, l’enula, il dittamo, l’aristolochia e il rafano selvaggio. Marsilio Ficino dice d’aver dato del rafano un poco per volta ai poveri con utile notabile. Si prendono tali erbe in boccone mattina e sera, o seccate in polvere con buon vino, o il loro sugo si bee al peso di un’oncia in circa. L’assenzio, che anche medichetto si chiama, è tenuto da tutti per un egregio preservativo contro il veleno pestilenziale, e moderatamente preso tiene in buon appetito le persone. In varie maniere si può prendere; la più facile è d’infonderlo nel vino, e prendere talvolta una bevuta di questo. Sono ancora lodate quest’altre: Scabbiosa, tormentilla, pimpinella, sassifraga, acetosella, imperatoria, scorzonera, angelica, carlina. A chi la borsa non suggerisce di meglio, potranno giovare questi facili medicamenti, che in fine anche dai medici migliori sono riconosciuti per non inutili, anzi adoperati come molto proficui nelle loro ricette. La galega, o sia ruta capraria, appellata da alcuni castracane, si tiene anch’essa per potente preservativo contro il veleno pestilenziale. Si usa in vari modi, cioè cruda in insalata, o cotta in minestra. Si piglia polverizzata in vino o altra bevanda appropriata. Si mette in infusione entro il vino o in aceto, che poi di quando in quando si bevono. Se ne bee anche il brodo e l’acqua distillata; ed è nel verno buona anche la sua radice. Dell’una e dell’altra piantaggine dicono cose grandi alcuni medici per preservarsi dalla peste; e lodano altri non poco l’acetosa, cioèl’oxalide, prescrivendone un boccone d’essa ogni mattina a digiuno.

Per la gente delicata possono servire, secondo il Diemerbrochio, le scorze di melarancio o di cedro condite, o alcune gocce d’olio di ginepro da bersi con un poco di vino, o sia l’estratto di bacche di ginepro, quanto una noce moscata da mangiarsi. Anche gli spiriti di sale e di vitriuolo, e di zolfo, e di sugo di cedro ed altri simili acidi, appunto per questa loro qualità, vengono celebrati per efficacissimi in resistere alle putredini, se mi lice usar questo termine degli antichi. Si prendono in bevanda d’acqua di scabbiosa, di cardo santo, di betonica, di melissa, o in altro liquore. I coriandoli preparati, e presi la mattina a digiuno, e anche dopo pasto, possono essere di qualche utilità. Per rimedio facile, di poca spesa e di non poca virtù, viene consigliata da alcuni la seguente

Polvere preservativa.

℞.Bolo armeno onc. 1, tormentilla, dittamo bianco, ana mezz’onc. Pesta ogni cosa sottilmente, e pigliane la mattina un meno cucchiaio in mezzo bicchiero di vino o in acqua d’acetosa.

Il cardinale Gastaldi insegna quest’altro preservativo, da prendersi per bocca in rotoline di peso d’una dramma prima di cena o prima di dormire, aggiungendo che se ne videro degli ottimi effetti nella peste di Roma del 1656.

Tavolette o rotoline preservative.

℞.Confezione di giacinto dram. 1, bolo armeno, radici di carlina, perle preparate, succino, ana mez. dram; zucchero bianco disciolto in acqua di cardo santo quanto basta per farne delle rotoline.

Il Diemerbrochio, lasciati stare tanti altri elettuari, sciroppi, conditi, polveri, tavolette, ecc., formati con gran moltiplicità d’ingredienti, più per ostentazion di sapere che per altrui utilità, usava di prescrivere in qualunque tempo l’uso del mitridato minore, descritto di sopra, e talvolta le seguenti composizioni:

Condito preservativo.

℞.Polvere liberante scrup. 4, radici d’elenio condite con zucchero, scorze di aranci condite dram. 6, diascordio del Fracastoro dram. 3, olio di ginepro scrup. 1, sciroppo di limoni quanto basta, e se ne formi condito, o più tosto conserva.

Altro condito preservativo.

℞.Conserva d’acetosa di rose rosse, scorze d’aranci condite, rob di ribes rosso, rob di ginepro, ana mez. onc., polvere liberante dram. 1 e mez., sciroppo di limoni quanto basta. Mesci, e fanne condito, o più tosto conserva.

Elettuario preservativo.

℞.Triaca d’Andromaco, mitridato di Damocrate, ana dram. 1 e mez., diascordio del Fracastoro mez. onc., scorte d’aranci condite, rob di ribes rosso, ana dram. 6, succino mez. scrup., sciroppo di scordio quanto basta. Mesci, e formane elettuario.

Altro elettuario preservativo.

℞.Polvere bezoartica del Renodeo dram. 1 e mez., fiori di solfo dram. 1, conserva d’assenzio dram. 3, radici d’elenio condite onc. 1, mitridato minore, diascordio del Fracastoro, ana mez. onc., sciroppo di sugo di cedro quanto basta, e fanne elettuario.

Non vi mischiava egli polvere di corno di cervo, terra sigillata, croco, e assaissimi altri ingredienti, perchè tutti stanno nella confezione liberante, nella polvere bezoartica, nel diascordio, ecc. Prescriveva ancora ad alcuni il seguente

Aceto bezoartico preservativo.

℞.Radici d’angelica, carlina, petasitide, elenio, dittamo, ana mez. onc., zedoaria dram. 2, erbe cardo santo, scordio, ana dram. 6, centaurea minore, ruta ana mez. onc., fiori di stecade dram. 2 e mez., semi di cardo santo, di cedro, ana dram. 1, bacche di ginepro dram. 3. Facciasi polvere grossa, e s’infonda in lib. 5 o 6 d’aceto fortissimo, esponendo il vaso ai raggi del sole per 14 o più dì, e dipoi si coli con forte spremitura. Potrai, sevuoi, infondere una sola volta di nuovo in tale aceto la medesima polvere, e allora sarà molto più efficace.

Il Minderero scrive d’essersi servito per suo primario rimedio preservativo nella peste de’ suoi tempi del seguente

Vino medicinale preservativo.

℞.Assenzio volgare un manip. e mez., scordio, cardo santo, ana un manip., dittamo cretico mez. manip., scorze di cedro mez. onc., radici di pimpinella onc. 1 e mez. Si taglino grossamente, e se ne faccia massa entro tela bianca da sospendersi nel vino, di cui si beva un bicchiero dopo la colezione.

Scrivono alcuni che in una peste d’Inghilterra fu approvata da tutti i medici, e trovata alle prove un felice antidoto per chi ne prendeva un poco ogni mattina, la seguente

Polvere preservativa.

℞.Aloè epatico, cinnamomo eletto, mirra eletta, ana dram. 3, garofani, macis, legno aloè, mastico, bolo armeno, ana mez. onc. Si polverizzino sottilissimamente.

Può confermare la buona opinione di questo antidoto il vedere che Cornelio Gemma scrive tenersi dal re di Spagna per segreto riguardevole (poco importa quand’anco non sia vero) una composizione affatto simile colla giunta d’una porzione eguale di terra sigillata e di croco, o siazafferano. Giovanni Cratone anch’egli con poca diminuzione insegna lo stesso; e nella peste di Napoli e di Roma del 1656 fu formato di questa polvere un elisire chiamatopreservativo potentissimonelle Regole pel Contagio pubblicate l’anno 1680 in Ferrara, con aggiungervisolfo puro e rosmarino, ana dram.4macerando poi tutto in acquavite secondo l’arte, ed estraendone il liquore. La dose era di3in4gocciole prese in acqua di cardo santo o scorzonera.Abbiamo detto di sopra che il mitridato minore è un preservativo stimatissimo anche per la facilità di comporlo; ora si vuol aggiungere che la triaca, il diascordio del Fracastoro, e altri simili rinomati contravveleni sono de’ più lodati, e consigliati in tempo di contagio, anche per preservarsi, ma non già col solo odore, che questo gioverebbe poco. L’Etmullero antepone il diascordio; e il Pareo preferisce a tutti i cordiali creduti preservativi la triaca e il mitridato, prendendo mezz’oncia della prima, mischiata nelle stagioni calde con un’oncia e mezzo di conserva di rose, o di borraggine o di viole, e dramme 3 di bolo armeno. Altri però stimano necessario il mischiare e temperare la triaca con qualche acido in tempi di peste. E qui avverto, per chi nol sapesse, venire stimata più la triaca vecchia che la nuova, purchè non passi i trenta anni, dopo il qual tempo essa va perdendo la forza. Di più se per ogni libbra di triaca impasterai dentro once 4 di polvere di contrajerba, lasciandola così riposare e fermentare per alquanto tempo, dicono che riuscirà essa di gran lunga migliore contro la peste e i veleni. È anche lodatissimoil prendere la mattina prima d’uscire di casa un bicchiero di vino canforato. Si accende un grano di canfora grosso come un pisello, e si mette a nuotar sopra il vino tanto che finisca ivi di bruciarsi; e tornandolo ad accendere finchè si consumi, si bee dipoi quel vino. Così nell’ultima peste di Lipsia si trovò sommamente giovevole l’olio di succino canforato con prenderne alcune poche gocce in acqua di scordio; anzi pare che d’esso si valessero i medici anche nella curativa.

Nell’ultima pestilenza di Polonia del 1709 il miglior preservativo che si dica ivi provato fu l’elisire dello Schomberi, i cui ingredienti sono quei che seguono:

Elisire preservativo.

℞.Tintura bezoartica secondo l’arte, elisire di proprietà secondo l’arte, tintura di genziana, essenza di canfora parti eguali. Mesci tutto insieme, e bevine da 40 a 60 gocce nell’acquavite, o nella birra calda, o nel buon vino.

L’elettuario, chiamato d’Angrisani, vien chiamato dal Cristini con parola assai magnifica miracoloso contro la peste, aggiungendo egli che dell’anno 1656 nella peste di Napoli, Roma ed altri luoghi fu il medesimo con gli esperimenti provato per uno de’ migliori preservativi ed anche curativi. Eccone la ricetta:

Elettuario d’Angrisani preservativo.

℞.Radici d’angelica, carlina, dittamo bianco, imperatoria, tormentilla, contrajerba, corallina, bistorta,aristolochia rotonda, legno aloè, seme di senape bianca, di cardo santo, d’acetosa e di portulaca, ana onc. 1; croco orientale mez. onc. Si polverizzi tutto, e sia ben lamisato. Poi prendi estratto di bacche di ginepro delle rosse e delle nere, ana lib. 2, triaca d’Andromaco vecchia lib. 2, unicorno, belzoaro ottimo, corno di cervo, ana dram. 2; siroppo d’agro di cedro quanto basta per unir le robe; e se ne formi elettuario, di cui prendi per bocca una mezza dramma o un’intera per volta.

Scrive il P. Chirchero che nella peste di Roma del 1656 chiunque si servì del seguente rimedio si preservò, ancorchè dimorasse nella casa stessa con appestati o avesse cura di loro. Tanto più volentieri il rapporto, quanto che è di poca spesa. Così avesse egli anche notata la dose.

Antidoto preservativo del P. Chirchero.

℞.Aceto esquisitissimo, ruta, pimpinella, betonica, noci, aglio, bacche di ginepro. Aggiungi, se hai il comodo, un pocchetto di canfora, o almeno un poco di spodio cervino. Fa stare tutto infuso nell’aceto per 40 ore al sole o pure in qualche stufa. Poscia colatolo, serbalo per valertene al bisogno, prendendone un cucchiaio la mattina a stomaco digiuno, ed avrai per quel giorno un preservativo sicurissimo. Nè ti dispiaccia il sapore ingrato, perchè tanto più simili antidoti sono contrarj alla peste, quanto più dispiacciono al gusto.

Stimo anche bene di aggiungere, benchè fuor di luogo, che lo spirito d’orina per testimonianza del Doleo e del Wedelio s’è provato utile fiutandoloin simili tempi, e m’immagino che si potrà sperar lo stesso dagli spiriti e sali ammoniacali per la salutevol forza del loro odore. Parimente non reputo inutile il descrivere qui un’unzione, che dicono adoperata da coloro che in Milano nel 1630 dilatarono con veleni la peste, preservandosi eglino che forse non ebbero bisogno o non si servirono mai d’antidoto alcuno. Soggiugnerò tre altre composizioni, attribuite pure ai medesimi, forse per dare ad esse più credito, ma che tuttavia non paiono da sprezzarsi.

Unguento preservativo.

℞.Cera nuova, olio comune, olio di lauro, olio di sasso, erba aneto, bacche di lauro, rosmarino e salvia, pestate tutte grossamente. Poi fa bollir tutto insieme con un poco di aceto, e riducendolo in forma d’unguento, ungine alle occorrente le narici, i polsi e sotto le braccia e le piante de’ piedi.

Altro unguento preservativo.

℞.Cera nuova onc. 3, olio comune, olio di edera, ana onc. 2, olio di sasso, foglie d’aneto, bacche di lauro, ana onc. 5, foglie di rosmarino onc. 2 e mez., foglie di salvia onc. 2. Si polverizzino le foglie e le bacche, e con un poco di buon aceto unito ai suddetti olj si faccia bollir tutto, mescolando, finchè se ne formi unguento da ungere i polsi, ecc.

Elettuario preservativo.

℞.Imperatoria, carlina, genziana, dittamo cretico, dittamo bianco, bacche di lauro parti eguali. Polverizzato tutto si mescoli con mele spumato e chiarificato, facendone elettuario da prenderne per bocca un cucchiaio la mattina ed anche altra volta fra il giorno.

Altro unguento preservativo.

℞.Olio di trementina, di sasso, di gelsomino, di lauro, grasso di tasso, ana onc. 5, cera nuova, olio comune, ana onc. 3. Si facciano bollire insieme circa un quarto d’ora; poi vi si aggiunga polvere d’assenzio, aneto, camedrio, salvia, ruta, ana un’oncia in circa o un pugno. Si faccia bollir tutto a bagno finchè si riduca in forma d’unguento da ungerne i polsi e la region del cuore.

E giacchè abbiam nominato il celebre olio di sasso che nasce nello stato di Modena, dirò che forse non è peranche ben conosciuto tutto il suo valore, quantunque esso venga portato e ricercato per tutta l’Europa. Bisognerebbe che eccellenti fisici ne tentassero con varie prove le virtù. Forse anche egli è da mettere fra i preservativi contra la peste, sì per l’odore suo, e sì per le qualità balsamiche, delle quali abbonda, se pure la sua calidità non sia da temere in tali casi.

Ma io avrei un bel che fare, se volessi rapportar qui tanti altri antidoti preservativi che si leggono ne’ libri dell’Untzero, Alberti, Quercetano,Cratone, Foresto, Horstio, Dodoneo, Sennerio, Etmullero, Diemerbrochio, di Cellino Pinto e di altri autori. Forse ne ho anche rapportato troppi, potendo nascerne confusione ai lettori in tanta copia; e finalmente nè pur io son persuaso che tanti bei rimedj abbiano la forza che talun crede contra la peste. Ma che si ha a fare? La gente vuol dei rimedj da preservarsi. Io ne suggerisco i più facili, o pure altri, i quali se non gioveranno, certamente nè pur dovrebbono nuocere, e sono in fine i più commendati dai pratici. Finirò dunque la serie de’ preservativi con ritoccare per consolazion de’ poveri un punto di molta importanza, cioè che il Diemerbrochio, uno de’ più eccellenti medici osservatori e trattatisti di questa materia ch’io conosca, consigliava nel contagio de’ suoi giorni alla gente povera il bere ogni mattina uno, due o tre cucchiai d’aceto ben forte, e fatto di buon vino, con alcuni pochi grani di sal comune, o pur senza, mangiandovi immediatamente dietro un pezzo di pane, avendo egli osservato che questo fu allora uno degli ottimi preservativi purchè non se ne servissero gli asmatici ed altri afflitti da mal di petto o di polmoni o di reni. Anzi aggiunge d’aver veduto gran copia di poveri meglio preservati con questo solo antidoto che molti altri provveduti di preziosissimi preservativi. Anche S. Carlo e i suoi che lo servivano nella peste di Milano, benchè praticassero sì spesso con persone e in luoghi infetti, pure si preservarono tutti, senza usare altro preservativo che non spugna bagnata in aceto, e posta entro una palla che andavano odorando. Oh! si dirà: egli era un santo. Or bene: Francescode le Boe Silvio non è stato altro che eccellente medico, e pure anch’egli attesta di non aver preso altro preservativo nella peste de’ suoi dì, se non un cucchiaio d’aceto con una fetta di pane inzuppata in esso ogni mattina prima di visitar gli appestati; e benchè seguitasse per otto mesi continui a curare tal sorta di gente, pure con questo solo rimedio non sentì mai infezione di pestilenza. Avendone egli nel declinar del morbo dismesso l’uso, provava solamente un certo dolor di capo ogni volta che entrava in qualunque casa infetta. Non tutti, e spezialmente quei di temperamento melanconico, potrebbono seguitare per alcune settimane l’uso dell’aceto; ma a noi basta di poter qui conchiudere che la virtù dell’aceto per resistere al veleno pestilenziale è grandissima, ed halla per tale comprovata anche la sperienza di troppi secoli; ne si troverà medico rinomato che non la commendi assaissimo. Insino l’antico Rasis tanto la stimava, che in tempo di peste consigliava il mischiarne ne’ cibi e nelle bevande e ne’ medicamenti, e il premunirsene coll’odore e lo spargerne insino per casa. Alcuni medici aggiungono all’aceto in infusione, o in altra forma, qualche altro semplice di qualità antipestilenziale, e preferiscono a tutti i preservativi gli aceti triacali. Forse non han torto. Ecco la composizione d’uno di questi aceti fatta dal Timeo, che dice d’averne veduto un felicissimo successo nella peste de’ suoi tempi. Altre simili men ricche, ma forse egualmente efficaci, se ne possono fare.

Aceto triacale preservativo.

℞.Orvietano onc. 2, diascordio onc. 2 e mez., triaca onc. 1, radici d’angelica, di contrajerba, d’enula, di pimpinella, di tormentilla, di scorzonera, di dittamo bianco, di petasitide, ana dram. 6; foglie di scordio, di ruta, di millefiori, ana manipol. 1; fiori di calendola, di tunica, ana mez. manipol., scorze di frassino, di cedro, ana mez. onc.; bacche di ginepro onc. 1 e mez.; macis, sedoaria, ana dram. 3, canfora scrup. 2, croco orientale mez. dram., mirra eletta mez. onc., aceto di sugo di rovo ideo, cioè di fambrois, quanto basta. Mischiati tutti gl’ingredienti stieno in luogo caldo ben coperti, finchè se ne cavi la tintura, la quale colata si conservi per valersene a suo tempo.

Anche l’aceto solo in cui sia stata disciolta canfora, dicono che preservi egregiamente. Egli è probabile che gli spiriti pestilenziali ordinariamente penetrino ne’ corpi de’ sani coll’aria, che si tira col respiro; e però bisogna più di tutto difendere le entrate dell’aria infetta nelle viscere nostre; al che può mirabilmente servire l’odore e la sostanza dell’aceto, anche per correggere quegli aliti maligni. Il Massaria scrive che nella crudelissima peste del suo tempo molti in vece di aceto, si valevano dell’erba acetosa con effetto felicissimo, prendendo il sugo d’essa, spremuto, o solo o mischiato con altri medicamenti, e da questa unicamente riconoscevano la salute preservata. E perciò il Gordoni ed altri lodano cotanto e con gran ragione per gli tempi della pestilenza tutti gli acidi, come sono isughi degli agrumi, dell’agresta, de’ meli granati, del ribes, dell’acetosa e d’altri simili, fra’ quali è forse dovuto il primo luogo all’aceto stesso. Anche il sale comune si trova commendato come un buon preservativo contra il veleno pestilenziale dell’Augenio, Jouberto, Witichio e da altri autori.

Solo dee avvertirsi che in tutti questi antidoti, consigliati per la preservazione, ci vuol parsimonia, per non cadere nel troppo, che in tutte le cose suol essere nocivo, affinchè per guardarsi da un male, disavvedutamente gli uomini non se ne tirino addosso degli altri. Così gli acidi si prendano a poco a poco, e non in furia, affinchè lo stomaco non se ne risenta, e massimamente vadano cauti quei che patiscono mali di petto, come asma, tosse, ecc. Il soverchio uso dell’aceto o del vino d’assenzio o d’altre simili bevande prese per preservativo, può indurre tali indisposizioni o sconcerti di stomaco che taluno giunga a credersi appestato senza però esser tale. Anzi l’Ingrascia è di parere che si debbano andar mutando fra la settimana que’ preservativi che si prendono per bocca, sul timore che assuefacendosi troppo la natura ad un solo, non ne provasse poi il benefizio che suol venir dalle cose nuove. Perciò consigliava egli il prendere nel primo dì le pillole di Rufo al peso di una dramma in circa, la sera o la mattina, due o tre ore avanti il cibo, per ripigliarle dopo quattro o cinque giorni. Nel secondo triaca dram. 1. Nel terzo qualche bevanda o conserva appropriata. Nel quarto l’elettuariode sanguinibus, noto agli speziali, e lodato comunemente dai medici. Nel quinto triaca di dioscoride o sia mitridato minorecon la giunta d’altri ingredienti; e così di mano in mano.

Bernardino Cristini, che fu uno dei medici dei lazzeretti di Roma nella peste del 1656, e discepolo del Riverio, confessa che sulle prime si sentiva battere forte il cuore in petto. Cominciò a valersi di rimedj antimoniali (da fiero chimico ch’egli era) e di vomitivi e di bezoartici, bagnando i polsi, le narici e la region del cuore con balsami o essenza di scorza di cedro, e usando la triaca, canfora, controierva, angelica, carlina, rosmarino, ginepro, tormentilla, ecc., e vedendone benefizio, prese coraggio con altri medici. Il costume, tanto suo, come de’ suoi famigliari, fu di andar prendendo due o tre volte per settimana, un quarto d’ora avanti cena, al peso di mezza dramma, certe pillole piacevolmente purganti e corroborative, le quali in fine son quelle di Rufo, caricate con altri ingredienti, e descritte a noi dal Riverio. Eccone la composizione.

Pillole preservative.

℞.Aloè lavato ed estratto con sugo di rose fatto ad uso d’estratti, zafferano, mirra, ana mezz’oncia; balsamo orientale e occidentale chiamato opobalsamo, ana mezza dramma, ossa di cuor di cervo num. 6; unicorno e bezoartico orientale, legno aloè, ana grani 10; ambra grisa gr. 5, magisterio di tartaro e tintura d’elettro quanto basta per formar la massa delle pillole.

Il medesimo ogni mattina ancora si ungeva le tempie, le narici, la gola, il cuore e i polsi colla sopraddetta composizione liquida, aggiuntevi tre gocce d’essenza di rosmarino e tre altre d’olio di carabe: il qual uso fu seguitato da altri medici, nessun dei quali risentì nocumento dalla peste. E certo si noti che l’olio di carabe pel suo potente e confortativo odore è da stimare assaissimo per preservarsi. In Firenze nel contagio del 1630 fu esso molto usitato, ungendosene alcuni le narici ed altri portandone una spugnetta inzuppata entro la palla di ginepro bucata. Per altro hanno alcuni chimici ed empirici non poca inclinazione ad esaltar come mirabili tutti i lor medicamenti, che per lo più sono anche astrusi e difficili a prepararsi e trovarsi, allorchè il contagio fa il padrone delle città e impedisce troppo il commercio. Lascerò dunque stare molti di quei meravigliosi alessifarmaci, estratti, tinture, quintessenze e simili strepitosi e prolissi recipe d’Angelo Sala, dell’Untzero, del suddetto Cristini e di altri lor confratelli, sì per non eccedere di troppo, e sì perchè la sperienza ha fatto vedere alle occasioni essere bene spesso splendidissime le promesse di tal gente, ma poco felici gli effetti. E questo sia detto col rispetto sempre dovuto ai veri e non ai ciarlatani e non visionarj chimici, da’ quali riconosce la medicina molti utilissimi rimedj e dei gran vantaggi. Tali sono il Quercetano, lo Scrodero, lo Zvelfer, il Rolfiacio, l’Homberg, il Lemery, ecc., e tali reputo io i due nostri viventi cittadini, cioè il sig. Domenico Corradi, commessario generale dell’artiglieria e matematico del mio padron serenissimo, rinomato per altri suoi studj,e il sig. Giovangirolamo Zannichelli, che ultimamente ha pubblicato in Venezia un suo trattatoDe ferro ejusque nivis praeparatione.Molto più poi lascerò alla gente troppo facilmente credula il Fioravanti con tutti gli altri cerretani e segretisti, perchè quantunque ne’ libri loro probabilmente v’abbia de’ rimedj anche eccellenti, pure il miscuglio di molti altri inutili e falsi fa che non si può fidar nè pure dei veri, senza vederne prima le prove. Anzi qualora io lodo, o dico essere lodati da altri alcuni rimedj, non intendo io mai di fare la sicurtà che se ne abbiano a veder dei miracoli.

Darò fine alla parte preservativa coll’accennare ancora il metodo tenuto dal Diemerbrochio (insigne autore, come dissi, d’uno de’ più utili e più celebri trattati della peste che si abbiano) per guardarsi dal contagio dell’anno 1635 e dei due seguenti che afflisse tutta la Fiandra e gran parte della Germania. Si maravigliava la gente com’egli visitasse tanti infermi e case d’infetti, intrepido sempre ed illeso. Ecco la sua forma di vivere. Non avea punto paura del male, nè permetteva che collera, terrore o tristezza d’animo alloggiasse con esso lui. Venendo la malinconia, facile a lasciarsi vedere, mentre in tutta Nimega non v’era casa esente da peste, egli ordinava a tre o quattro bicchieri di vino che la cacciassero tosto di casa. Non potendo dormire assai la notte per le troppe faccende del giorno, dopo il pranzo prendeva sonno d’un’ora. Medicava per carità anche i poveri. Il suo vitto era di cibi di buon sugo e di facil digestione, con fuggire gli opposti; e la bevandavino mediocre, preso talvolta sino all’ilarità, non mai all’ubbriachezza. Una o due volte fra la settimana prima d’andare a letto prendeva una o due delle seguenti

Pillole antipestilenziali.

℞.Radici di petasitide, carlina, dittamo, angelica, elenio, ana mezz’oncia, gentiana dram. 1 e mezz., rabarbaro ottimo onc. 1 e mezz., agarico bianchissimo mezz. oncia, erbe di scordio, centaurea minore, ruta, ana mez. onc., cardo santo dram. 6, fiori di steccade dram. 1 e mez., semi di cedro d’aranci, di zedoaria, ana dram. 1. Di tutto si formi polvere grossa che per due o tre dì si maceri in due o tre libbre di vino bianco, poi si faccia cuocere per un quarto d’ora e si coli con forte spremitura nel torchio e la colatura si coli di nuovo per carta sorbitrice. In questa colatura disciogli aloè ottimo onc. 3 e mez., mirra chiara in gocce dram. 3 e mez., e in una scudella si faccia svaporare l’umidità, finchè diventi massa da comporne pillole provate utilissime in tempo di peste.

La mattina per la nausea egli non poteva prendere medicamento alcuno prima d’andare alla visita degli ammalati, ma solamente masticava alcuni grani di cardamomo minore. Da lì però a due ore prendeva un poco di triaca o di diascordio o una scorza d’aranci condita, ovvero per lo più tre o quattro pezzetti di radici d’elenio condite. Da lì a poco mangiava un pezzo di pane con butirro e cacio verde pecorino, bevendovi appresso birra e talvolta un bicchier di vino medicato con assenzioo sia medichetto. Due ore prima del mezzodì, se gli era permesso, fumava una pipa di tabacco; dopo il pranzo ne fumava due o tre altre, e dopo cena altrettante. Talvolta in qualche ora del dopo pranzo ne prendeva ancora qualche altra pipata. Se punto punto si sentiva alterato dal fetore delle case o persone appestate, subito, lasciato stare ogni altro anche necessario affare, qualunque ora del giorno fosse, fumava due o tre pipe di tabacco, avendo egli sempre creduto e coll’esperienza provato per un primario preservativo nella peste il tabacco in fumo. Teneva egli che non fosse mai stato inventato migliore preservativo contra la peste, purchè fosse tabacco d’ottima qualità e colle foglie ben mature ridotto in corda, e purchè fumato, appena che si sentisse qualche vertigine, nausea o ansietà di cuore, che possono facilmente assalire chi pratica tra i fetori degli appestati, con passar poco dopo in vera infezione. Contento egli del tabacco solo, non si valeva d’altri suffumigi ed odori, avendone consumato non poca quantità, durante essa peste, la qual poi finita finì anch’egli di fumar tabacco, affinchè l’uso lodevole non passasse in un abuso detestabile, come si vede tuttodì avvenire a molti. Può essere che non pochi alla prova non ne sentissero tanto profitto; ma egli attesta che altri ancora il provarono utilissimo. Arrigo Sayer, medico valentissimo d’Oxford, per quello narra il Willis, medicava tuttodì francamente poveri e ricchi appestati, e maneggiava le ulcere loro senza danno alcuno e senza adoperare altro preservativo che una buona bevuta di vino generoso prima di uscir di casa. Chiamato posciaad un castello dove la peste era più atroce, avendo avuto l’animo di dormire nel medesimo letto con un duca suo grande amico infetto della medesima, la contrasse anch’egli e vi lasciò la vita. Majuscola fu questa bestialità. Non mi fermerò a pregare i medici nostri di non imitarlo. E ciò basti intorno alla preservazion della peste per quanto si può sperare dalla medicina.


Back to IndexNext