CAPO VII.

CAPO VII.

Metodo da tenersi nel curar gl’infetti. Sudoriferi rimedio creduto il più utile degli altri. Aforismi intorno ai sudori, e maniera di far sudare. Camere degl’infermi come s’abbiano a custodire. Quai cibi e bevande loro convengano.

Metodo da tenersi nel curar gl’infetti. Sudoriferi rimedio creduto il più utile degli altri. Aforismi intorno ai sudori, e maniera di far sudare. Camere degl’infermi come s’abbiano a custodire. Quai cibi e bevande loro convengano.

Veniamo ora al metodo tenuto dai migliori medici nella cura degli appestati. Sogliono precedere in qualsivoglia peste alcuni sintomi, indicanti che uno sia già stato preso dal male. Tali sono dolori acuti di capo, vertigini, vomiti, abbattimenti di forze, una fiera ansietà, rosseggiamento d’occhi, sonnolenza, febbre, ecc., riuscendo in ciò molto diverse l’una dall’altra le pestilenze, ma riuscendo anche facile in cadauna l’accorgersene dall’esempio degli altri. Appena dunque si ha un giusto sospetto o una chiara cognizione di aver contratto il morbo, debbono il più presto che sia possibile le persone infette ricorrere all’ajuto di qualche buon sudorifero, mettendosi in letto ben coperti e procurando di promuovere il sudore. Quanto più tardi si darà di piglio a questo rimedio, tanto più difficile sarà il superar l’infezione; siccome all’incontro quanto più presto, tanto più agevolmente si potrà vincere l’interno nemico, purchè non sia di quei terribilissimi che in poche ore affogano la fiamma vitale e fanno cader morte all’improvviso le persone, come in alcune pesti è accaduto. Il perchè dee ben procurarsi di non perdere tempo, ma di venire ai sudoriferi, prima che le particelle pestilenziali abbiano onninamente infettati i fluidi edissipati gli spiriti salutevoli, e in tempo che la natura non peranche abbattuta fa i suoi sforzi per cacciar fuori il veleno; altrimenti a poco o a nulla servirebbe poi la virtù delle medicine. Al che riflettendo anche l’Ippocrate dei latini, voglio dir Celso, in proposito della peste lasciò così scritto:Quo celerius ejusmodi tempestates corripiunt, eo maturius auxilia, etiam cum quadam temeritate, rapienda sunt.

I sudori dunque per quanto abbiamo dalla sperienza, o spontanei, o provocati sollecitamente con antidoti antipestilenziali, son creduti un potentissimo rimedio, anzi il migliore di tutti contra il morbo della peste, e forse non si troverà contagio, in cui i sudoriferi non sieno stati di giovamento, in tanto che infiniti esempj han fatto conoscere che pochissimi senza sudare e moltissimi all’incontro col sudare sono scampati da quel fierissimo tossico. Vero è che muoiono allora anche persone che pure son ricorse ai sudoriferi; ma può essere che alcuni d’essi vi sieno ricorsi troppo tardi; o che la loro immaginazione o soverchia paura gli abbia, malgrado i medicamenti, strascinati alla morte; o che sopra la loro malsana costituzione abbiano preso tal possesso i cattivi afflati del veleno che non sia rimasto campo all’operazion degli antidoti. Perciò, a riserva d’alcuni pochi medici, che forse son di coloro, i quali non altronde cercano gloria fuorchè dall’impugnare coi loro acuti raziocinj, ma non già colla sperienza alla mano, le sentenze degli altri: comune parere dei medici e spezialmente dei più accreditati, si è che speditamente si ha da far sudare chiunque è feritodal morbo, e che da questo più che da altri rimedj si può sperar la salute. Quasi tutti gli antidoti da me rapportati ne’ due capi antecedenti hanno questa mira. Si noti pertanto che non facendo i sudoriferi idonei sudare, per lo più morranno quegl’infermi. Dove è sudore spontaneo più copioso, ivi è maggiore speranza di salute. Provocato esso ancora con medicamenti diaforetici e temperanti l’acrimonia del veleno pestilente, fa molto sperare. Per lo più esce fetente; e tal fetore può essere che sia dispiacevole al malato, ma non si sa che punto gli riesca dannoso. Allorchè l’infermo suda, il dormire sarebbe per lui nocivissimo (il che però parrà strano ad alcuni che veggono diversamente succedere in altre febbri); e però se ne guardi ben egli con gran premura, e se non altro, abbia d’intorno chi colle parole, o in altra guisa il tenga svegliato. Gioverà per tener lontano il sonno l’odore dell’aceto semplice o rosato, accostando alle narici una spugna o pezza bagnata in esso. Chi prima d’aver finito di sudare la seconda volta dorme, s’è osservato esserglisi talmente sminuite le forze che più non le ricuperò; e pochissimi si salvarono di quei che dormirono nel primo sudore. E qui mi sovviene d’aver lodato per sudoriferi la triaca, il diascordio ed altri oppiati, che pure incitano al sonno; perciò chi non avesse buoni svegliarini appresso, pensi se abbia da ricorrere a sudoriferi tali. Appresso si badi che il malato non sudi più di due o tre, o al più quattro ore, avuto riguardo alle forze maggiori o minori del corpo suo. E perciocchè dall’un canto non si può di meno che il sudore non debiliti, esarebbe dall’altro di sommo pregiudizio, se restassero abbattute le forze dell’infermo, appena finito il tempo di sudare ed ancora, occorrendo, durante la sudatura, egli si dee rifocillare e corroborare con odori confortativi o con acque o bocconi cordiali, e con vino generoso o in altra guisa. I medici suggeriscono alcune compositioni utili a questo effetto, perchè composte d’ingredienti che resistono alla malignità, ed eccone un saggio:

Condito corroborativo.

℞.Scorze di melaranci condite, miva di cotogni, rob di ribes rossi, ana dram. 5; polvere liberante dram. 1, magisterio di perle, confezion di giacinto, ana scrup. 2; sciroppo di limoni quanto basta: formane condito.

Bevanda ristorativa.

℞.Acqua di rose odorosissima, di acetosa, ana onc. 8; aceto di rovo ideo, aceto rosato, ana onc. 6; vin bianco odoroso lib. 1; sciroppo di limoni, giulebbe rosato, ana onc. 2; scorze di cedro esteriori fresche, minutamente tagliate onc. 1 e mez. Tutto mischiato stia in vaso di vetro, tanto che tiri ben l’odore delle scorze di cedro, e se ne diano all’infermo dopo il sudore onc. 5 ovvero 6.

Acqua ristorativa.

℞.Scorze di cedri fresche, esteriori e ben nettate dalla polpa. Bagnate con sugo di pomi, acqua rosata e vino malvatico; poi cavane secondo l’arte il liquore, che resiste alla peste, e rimette egregiamente le forze del cuore.

Sciroppo confortativo.

℞.Vino di granati acidi onc. 4; sciroppo di sugo d’acetosa onc. 3; di limoni onc. 2; di sugo di cicoria, d’agresta, ana onc. 1; giulebbe rosato onc. 1 e mez.; olio di vitriuolo quanto basta per un acido giocondo. Mischia insieme, e prendine ad ogni due ore un’oncia e mez., o mescolandovi qualche acqua cotta, formane un giulebbe da estinguer la sete.

È creduto da’ più saggi un grande errore il negar da bere o brodo caldo, o acque calde ai malati allorchè sudano, ed anche allorchè il sudore non vuol uscire, lasciando che i miseri si tormentino, e venga loro deliquio per mancanza d’umidità. Una bevanda calda e moderata fa più facilmente sudare. Se l’acqua fresca possa anch’ella convenire nel sudar che fanno gli appestati, siccome certo conviene in altre febbri, io nol trovo, nè oso determinarlo.

Quando il sudore uscisse difficilmente, consigliano alcuni che si applichi ai piedi, alle ascelle e all’anguinaia qualche sacchetto di tela di lino pieno di rena secca riscaldata, che questo aiuterà.Se il malato rigettasse col vomito i sudoriferi, si replichino due e anche tre volte; o pure in vece di bevanda se gli diano bocconi o polveri sudorifere, come sarebbetriaca, diascordio, ana scrup. 1 e mez., sale di scordio mez. scrup., olio di vitriuolo goc. 5. Mischia insieme e fanne un boccone, a cui si può aggiugnere ancora qualche grano di bezoar orientale, o scrup. 1 di confezione di giacinto senza muschio, ecc. O pure se gli dia polvere liberante scrup. 1, bezoar orientale mez. scrup., canfora gran. 2, ovvero 3, formandone polvere.Il Sydenham osservò che appena promosso alquanto il sudore, cessava la nausea; e però a chi rigettava i sudoriferi, consigliava il procurar di sudare alquanto a forza di coperte; ed appena bagnati da un poco di sudore, porgeva loro triaca, o altri sudoriferi, che erano poi molto ben ritenuti, e faceano buon effetto. Alcuni lodano il mutare spesso le camice e le lenzuola degl’infermi nel sudare e dopo aver sudato; ma altri, come il Diemerbrochio e il Barbetta, hanno osservato che i panni freschi di bucato, ed anche i chiusi lungo tempo nelle casse, sono di sommo nocumento, e a ciò attribuiscono il peggioramento, anzi la morte d’alcuni infermi. Per questo consigliano essi l’adoperar panni lini o tovaglie scaldate per asciugare il sudore, o pure il mutarsi con camice e lenzuola prima adoperate da altri; aggiungendo che il fetente sudore degli appestati loro non è punto nocivo. Io non so se così riuscirà in altre pesti; ma non sel dimentichino i medici e i lettori. Abbiamo detto altrove che il sapone e il ranno o sia lisciva, in tempi di pestesi sono osservati nocivi. Participando della loro qualità i panni di bucato, non sarebbe da maravigliarsi che nocessero anch’essi. Crederei nulladimeno che si potesse rimediarvi con far prima profumare tali biancherie con solfo, mirra, o altro odore antipestilenziale e distruttivo o correttivo de’ sali lisciviali. Se non sente il malato dopo il primo sudore alleviamento, ma cresce il male, dopo alcune poche ore si ripeta, e poi si torni a ripetere il sudorifero, non dovendosi per questo desistere dagli antidoti, nè perdere il coraggio. Se dopo il secondo sudore la febbre con gli altri sintomi cresce, è pessimo segno; siccome all’incontro il sollievo suo e la diminuzione dei sintomi dopo il primo o secondo sudore, suol dare grande speranza di salute. Dopo dieci o dodici ore, e ne’ dì seguenti anche per quattro o cinque volte, secondo il bisogno, si potranno ripetere i sudoriferi. Il Barbetta loda il dare due ed anche tre volte il giorno i sudoriferi, e crede meglio il non ammettere indugio. Nelle ore frapposte si facciano pigliare all’infermo vari antidoti antipestilenziali, che anch’essi è creduto che spingano la malignità dal centro alla circonferenza. Il sudor freddo, e massimamente se grosso e vischioso, dà indizio di cattivo stato. Venendo esso poi caldo, vi resterà da sperare per l’infermo. L’esporsi dopo il sudore all’aria o al freddo, non andrà sì di leggieri esente da un gran precipizio. Dopo tali osservazioni gioverà avvertire che il sopra mentovato Sydenham riprova forte l’interrompere i sudori per paura che i malati perdano le forze, mentre quando sudano, allora eglino si sentono in vigore meglio diprima. Però egli usava di far continuare il sudore per 24 ore agl’infermi, nè voleva che si asciugassero punto, nè che mutassero camicia, anzi nè pure permetteva che questa si levasse finito il sudore, desiderando ch’ella si seccasse in dosso al malato. Imperocchè dice d’aver colla sperienza conosciuto che promovendo il sudore per sole poche ore, i sintomi dipoi tornano crudi come prima, e resta di nuovo in pericolo la vita dell’infermo, che sarebbe in salvo mediante una sudata più prolissa. Che quanto più sudavano le persone, tanto più crescevano loro le forze. Osservò ancora più volte che verso le ultime ore del sudare soleva uscire un sudore più naturale e copioso di quel primo che era tirato fuori a forza di medicamenti. Però potersi dare a chi suda brodi ed altri liquori confortativi, se ne avessero bisogno; e se verso il fine paresse che venissero meno, si dia loro un uovo da sorbire, o brodo caldo, o altro liquore congiunto a cordiali e a sudoriferi, come sarebbesythogalaalterata dalla salvia, per continuare il sudore. Finalmente dice che questo metodo gli riusciva utilissimo, avendo guarito moltissimi appestati, e che dopo averlo trovato non gliene morì alcuno. Sarà cura dei medici il farne la prova. A me basta d’averlo notato. Aggiungo che nel Ferrarese l’anno 1630, siccome abbiamo dalle Memorie stampate di quella città,fu provato che il sudare in eccesso fu il migliore d’ogni rimedio, laonde chi ebbe forze sufficienti si salvò.

Si tengano poi ben pulite e nette le stanze degl’infermi, e ne’ primi tre o quattro dì ben chiuse(se così richiedesse il tempo) affinchè gli umori maligni possano uscire o per sudore, o per insensibil traspirazione, nè vengano serrati i pori dal freddo. Ma se il vomito, la diarrea, o altra cagione di fetore vi fosse, allora converrà per un quarto d’ora, ed una o due volte il dì, aprir qualche finestra verso settentrione o verso oriente, per dissipare la puzza. Ne’ tempi freddi si tenga continuamente ivi acceso il fuoco, diminuendolo secondochè diminuisce il freddo; e ne’ tempi caldi si lasci affatto il fuoco, e in sua vece si spargano per la camera foglie di ninfea, pimpinella, ed altre erbe odorose refrigeranti immerse in aceto non caldo. Tre o quattro fiate ciascun giorno si facciano profumi per le stanze. Finiti i tempi di sudare, potranno i malati dormire, ma con moderazione scrupolosa.

Dopo l’uso de’ sudoriferi, che avanti ad ogni altra cosa si hanno da adoperare nel principio dell’infezione, bisogna attendere a cibare e cibar bene gl’infetti. Non è questo come alcuni altri morbi. Qui si fa una gran dissipazione e corruzione di spiriti vitali; e però bisogna rimetterli, e si debbono anche sforzare allora gl’infermi a prender cibo. Chi patisce inedia allora, dà segno d’essere spedito. Conobbero ciò anche i medici antichi; anzi Ippocrate, Galeno ed Avicenna scrivono che solamente o più facilmente guariva nelle pesti chi più valorosamente mangiava e beveva. Credo nulladimeno che tutti intendano non doversi empiere spropositatamente il sacco, perchè gli eccessi sono sempre eccessi. Buon consiglio pertanto sarà il prendere allora (eccetto che neidue o tre primi giorni) il vitto con mano liberale. I cibi sieno di buon sugo, e facili a digerire, come il lesso, i brodi, e cose simili, astenendosi da tutti i pesci e da tutte le carni salate, o di porco, o molto calide, quando la necessità altrimenti non vi costringa. Ai cibi stessi gioverà aggiugnere qualche acido sano, che non solo svegli o mantenga l’appetito ai malati, ma anche resista alla putredine e alla malignità del veleno. Tali sono i sughi de’ limoni, cedri ed aranci, e l’aceto semplice, o pure rosato, o calendolato, co’ quali sarà bene andar condendo i cibi. Vengono massimamente stimati dal concorde giudizio dei medici i cedri, e credo ancora i limoni, per la loro forza antidotale, e tanto il sugo quanto i semi e la scorza loro, e specialmente l’esteriore gialla. Tagliati dunque in fette questi agrumi, possono cuocersi coi cibi, e il sugo loro mischiarsi con le bevande. Similmente saranno utili i brodi di carne bollita con acetosa, pimpinella, borraggine, melissa, radici di petrosemolo, ribes rossi, marene, cedri, limoni, aranci, cotogni, ed altre simili cose. Coi cibi non si mescoli triaca, nè altra materia disgustosa, per non far prendere loro abborrimento dai malati. Fra i medici è gran disputa se convenga e sia giovevole l’acqua in sì fatto morbo. Gli antichi tengono di sì; buona parte de’ moderni inclina al contrario. I neutrali tengono per utile la medesima, purchè sia purissima ed ottima, come appunto sono le ammirabili fontane della nostra città, celebrate dal chiarissimo nostro Ramazzini, e purchè se ne beva con parsimonia, giovando ancora l’aggiungervi un poco di sugo dicedro o limone. Non è minore fra i medici la lite se abbia a permettersi o negarsi il vino agl’infermi di pestilenza. I più saggi tengono ch’esso allora giovi, purchè di buon odore, brusco, leggiero o inacquato, e purchè moderatamente preso, e purchè non vi sia delirio o grande infiammazione. Certo la sperienza concorre ad accreditarlo nelle infermità di peste anche per un gran medicamento; e il Minderero, il Riverio, Zacuto Portoghese ne contano degli ottimi successi. Se non mancano medici che ancora in altre febbri hanno permesso l’uso moderato del vino, dicendo d’aver eglino fatto più felici e numerose cure con tal metodo, e con cibare di buoni cibi gl’infermi, che non faceano altri ai nemici di questo liquore; quanto più converrà esso nella peste, ove certo è da osservarsi che mirabilmente si ricreano gli spiriti e si ristorano le forze dei malati? Ma in Firenze si attribuì all’aver bevuto di soppiatto un po’ di vino l’essere alcuni poche ore appresso mancati di vita. Ma nè pur questa è sperienza sicura. Certo è bensì aver usato alcuni in qualche città, allorchè ai sentivano presi dalla peste, di correre ad ubbriacarsi con del buon vino, credendolo un valoroso antidoto; ma a quasi tutti è costato la vita questo spropositato ripiego. Altre bevande, acque stillate, giulebbi, conserve, ecc., sono insegnate qui dai medici. Io non credo necessario il riferirne di più.


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