CAPO XI.

CAPO XI.

Preparamento di lazzeretti per gl’infetti e pei sospetti. Regole per luoghi tali. Danni che provengono dai lazzeretti; sequestri ed altri rigori. Precauzioni necessarie. A chi si possa permettere il sequestro. Attenzione sopra i beccamorti.

Preparamento di lazzeretti per gl’infetti e pei sospetti. Regole per luoghi tali. Danni che provengono dai lazzeretti; sequestri ed altri rigori. Precauzioni necessarie. A chi si possa permettere il sequestro. Attenzione sopra i beccamorti.

Un’altra gran cura de’ maestrati della sanità in tempo di peste ha da esser quella de’ lazzeretti, per prepararli sul principio, se già sieno fatti, o pure per costruirli, se mancassero, con provvederli di tutto il bisognevole, cioè di ministri, letti, mobili, medicamenti, vettovaglie, ecc. Sieno questi separati, se si può, dal corpo della città, ma non molto lontani, in sito d’aria buona, ed abbiano le stanze che non comunichino l’una con l’altra, acciocchè sia diviso chi abita, e ricevano aria più tosto dalla tramontana che dal mezzogiorno, dovendosi tener chiuse le finestre allorchè spirano dalle parti meridionali venti caldi, sempre mal sani, ma specialmente in tempo di peste. Abbiano fosse e mura d’intorno che impediscano ai sani il commerciare e l’accostarsi, e agl’infermi il fuggire; con due sole porte ben custodite dalle guardie, per l’una delle quali entrino gl’infermi ed escano i cadaveri, e per l’altra passino gli uffiziali e le vettovaglie. Il cimitero sia per un gran tratto distante da essi, acciocchè i suoi vapori non arrivino ad accrescer l’infezione di chi sta ne’ lazzeretti. Le case o camere degli uffiziali sieno segregate anch’esse in buona forma dalle camere degl’infetti;anzi, se mai si può, la loro abitazione sia separata affatto dallo stesso spedale, poichè, per attestato de’ saggi, ciò ajuta di molto per conservar quelli che operano in servigio degli appestati. Si provvederà d’uno o più sacerdoti che ministrino i sacramenti e celebrino la messa nella cappellina aperta da tutti i lati, la quale sarà situata in mezzo al cortile, onde gl’infermi tutti dalle loro camere possano vedere il santo sacrifizio. S’abbia ivi, se si può, un medico; ed è indispensabile l’avervi uno o più cerusici, speziale, cuochi, vivandieri, o sia provveditori del vitto, beccamorti, oste, o sia dispensiere de’ cibi, con un direttore supremo ed altri uffiziali subalterni e serventi, tanto uomini quanto donne per servigio dell’uno e dell’altro sesso, che ivi ha da essere segregato. Tali basse persone sogliono allora non difficilmente trovarsi, avvertendo eziandio che ai disubbidienti del popolo si cambia talvolta la pena da loro meritata nell’aggravio di servire ai lazzeretti: nel che però si dee camminare con pesatezza, perchè la forza è un duro maestro al ben fare. Si tenga nota del nome, cognome e parrocchia di chi vi entra e della sua morte, occorrendo, per avvisarne poi il paroco o altri uffizi, cosa da ricordarsi anche pel resto della città. Si faccia anche provvisione di molte donne lattanti, avendole pronte pei fanciulli sani, ma rimasi orfani e abbandonati per la morte de’ suoi. E in difetto di nutrici, si procurino per tempo molte capre, le quali sono ottime balie in caso di necessità, come s’è tante volte provato. Alle donne che lattano bisogna levare, immediatamente che s’ha indizio del loromale, i fanciulli, con poscia provveder cagnoline che tirino il latte loro, quando ve ne sia bisogno. Si terranno rinchiuse tali bestie come se fossero persone sospette; e infettandosi esse (il che succede) debbono tosto ammazzarsi e prontamente seppellirsi in fosse profonde.

Due lazzeretti indispensabilmente convien costituire. Il primo per gl’infetti, ove debbono condursi senza dilazione coloro che si scoprono aver segni o infermità pestilenziale; e l’altro per gli sospetti, cioè per condurvi coloro che non sono già infetti, ma hanno praticato con infetti o robe infette. Egli è una crudeltà somma l’obbligare quest’ultima sorta di persone ai lazzeretti degli appestati, perchè potendo facilmente essere elle con tutto il sospetto ben sane, la carità e giustizia esige che non si espongano al gravissimo pericolo di divenir veramente infette nel coabitar con tanti altri appestati. Se in questo secondo lazzeretto alcuno si scoprirà ferito dalla peste, si trasferisca subito all’altro degl’infetti, acciocchè non si ammorbino gli altri; e si profumi la stanza sua per renderla abitabile ad altri che sopravvengano. Chi dei sospetti dopo 20 giorni resta sano, si licenzj; e può in questo lazzeretto tenersi unita cadauna famiglia, con che però, se venisse ad ammalarsi alcuno in essa con segni d’infezione, e perciò s’avesse immediatamente da trasferire all’altro lazzeretto, debba il resto della famiglia cominciar da capo la contumacia de’ sospetti. Ma avvertasi che prima di licenziare alcuno tanto da questo quanto dall’altro lazzeretto, s’hanno di nuovo da purgare le vesti e il corpo di lui. Cioè nel lazzeretto degl’infetti,risanato che uno sia ben bene, v’ha da essere una gran caldaia d’acqua bollente in cui si purgheranno le lenzuola, i panni e le vesti che servono o hanno servito a lui, purchè sieno robe che soffrano tal purga; e si useranno i profumi coll’altre robe incapaci di sofferir la caldaia. Intanto il guarito, trattenendosi nudo in una stanza per un quarto d’ora, si laverà o lascerà lavarsi il corpo con una buona lavanda d’aceto. A chi dovrà licenziarsi dal lazzeretto de’ sospetti, basterà fare sì a lui come a’ suoi panni un leggier profumo per lo spazio di mezz’ora. Consigliano alcuni che i liberati dal male e dal chiostro degl’infetti si facciano passare per alquanti giorni a quello dei sospetti. In tutti e due i lazzeretti si faranno giornalmente dei profumi. Veggasi che anche i poveri Ebrei costituiscano per lazzeretti della lor nazione alcune case del loro ghetto colle necessarie provvisioni, ed abbiano carretta a posta che in sito determinato fuori della città conduca i loro cadaveri ad essere seppelliti. In difetto di fabbriche di pietra pei lazzaretti, si sono talvolta fatte gran file di capanne alla campagna aperta con tavole e travicelli a guisa de’ lazzeretti formali, e tutto alle spese del pubblico. Dee anche avvertirsi che i condottieri degl’infetti, siccome gente sospetta, debbono regolarsi come tutti gli altri uffiziali e serventi de’ lazzeretti nell’abitare e vestire, acciocchè ognuno fugga il commercio loro; ed essendo costoro per lo più di genio ed impiego poco diversi da’ beccamorti, sarà necessario aver sopra di loro una somma attenzione, perchè nel trasporto degl’infermi non nascano que’ disordini, che nonsono rari, di violenze, di ruberie o di strapazzi a quei miseri pazienti. Chi poi potesse costituire un terzo lazzeretto per i convalescenti a fine di condurvi i risanati dalla peste, per assicurarsi meglio, farebbe un’utilissima provvisione. Ciò si è praticato e si pratica dalle città doviziose. Ma le altre appena han forza da reggere agli altri più necessari lazzeretti. Almeno si noti ciò che scrive il P. Maurizio cappuccino colle seguenti parole: Gli ammalati attuali s’hanno a separare dai convalescenti, perchè questi sono molto più facili ad infettarsi dei primi, come in Genova, Marsiglia e Tolone ed altrove ho diligentemente notato.

Null’altro dirò io intorno al governo de’ lazzeretti per non ingrossar di troppo quest’opera. La prudenza de’ maestrati supplirà facilmente a ciò ch’io tralascio; e il volume del cardinale Gastaldi risparmierà loro la fatica di pensarvi molto. Più tosto mi preme di esporre qui alcuni dei mali effetti e disordini che nascono dall’introduzione ed uso tanto dei lazzeretti quanto dei sequestri degli infetti o sospetti nelle loro case, in difetto di lazzeretti. Certo la sperienza ha fatto vedere che tali ritrovamenti, utilissimi senza fallo, quando se ne fa buon uso, accrescono, non diminuiscono i malori della peste, se sono male usati. Il perchè presso alcuni scrittori è un punto disputato forte, se talvolta sia maggiore l’utilità o il danno dei lazzeretti, sequestri ed altri simili rigorosi rimedi politici. Se crediamo a Lorenzo Candio e ad altri, nel 1478, essendo fiera la peste, furono introdotti rigori inusitati, e cominciarono circa que’ tempi a dirizzarsi lazzeretti (forse prima si mandavanogl’infetti alle sole capanne, praticate anche dipoi in alcune città), e a mettersi pena la vita per ogni minima cosa. La misera plebe spaventata e dal male e dai rimedi del male, cadeva morta per tal timore impresso vivamente nella loro immaginazione, massimamente al mirar tante morti ogni giorno. Si facevano tutto dì ripari nuovi e consigli di medici, ma senza frutto e sempre peggio. Finalmente aperti gli occhi, fu risoluto generosamente di rallentare l’austerità; laonde cominciò a declinare il male, e in breve cessò. Perciò non par buon consiglio l’usar talvolta eccessivi rigori, sostenendo alcuni essere alle volte stati più quelli che in tempi tali sono morti d’inopia e terrore senza peste, che gli altri estinti di peste vera.

L’invenzione de’ lazzeretti e sequestri, soggiungono essi, apre l’adito a mille ingiustizie, oppressioni e rubamenti, mentre quando non si possa convenevolmente provvedere al bisogno degl’infermi e sequestrati, è cagione che molti periscano di fame, di fetore, di doglia di cuore e disperazione, essendo i lazzeretti d’ordinario mal tenuti e mal provvisionati, e bene spesso serviti da gente empia e ladra. Il solo timore d’essere condotto colà o di essere sequestrato, fa che molti ascondano il male e conversino con gli altri; e senza medicarsi, e, quel che è peggio, senza sacramenti, se ne muoiano e facciano morir altri che alla buona hanno praticato con esso loro. Certo è che la maggior parte naturalmente abborrisce l’essere strascinato sul carro e il venir consegnato a gente non conosciuta e inumana, fra i puzzori e le schifezze di tanti ammorbati. Che se vengono nelle lor casesequestrati, niuno talora ardisce di dar loro mangiare e di medicarli, morendo perciò alcuni abbandonati e disperati, anche per mali non pestilenti, perchè nè pure i parenti osano entrare in casa di que’ meschini, per non esser poi anch’eglino sequestrati o condotti al lazzeretto. E poi, chi è d’animo sì forte che non si atterrisse e non cadesse in qualche o disperazione o passione straordinaria d’animo al vedersi per ogni picciolo motivo di male, che talvolta nè pure è di peste, levato e rapito improvvisamente, e con rigori e violenze, dal proprio letto e casa, o dalle braccia de’ suoi più cari, con pericolo ancora o perdita di tutte le robe sue (come tuttavia succede in qualche paese d’Europa), e al mirarsi portato in massa con altri ammorbati in que’ lazzeretti, che pur sono come tante beccherie, e luoghi regolati e serviti per lo più da gente di poca o niuna carità, la quale non aiuta nè consola, e se pur si risolve a soccorrere, il fa colla punta d’una lunga picca, e con roba che non sollieva, ma accresce la miseria?

E per conto degli altri usi e rigori, egli è troppo facile l’avvilirsi e il morire di spavento al vedere o sentire i ministri de’ lazzeretti e i beccamorti andare attorno con facce orribili, abiti stravaganti e voci spaventevoli, e portar via infermi e sani, vivi e morti, purchè vi sia da rubacchiare. Nè si può dire che orrore spiri il frequente suono di que’ loro campanelli. Certo si sa per relazione di persone accreditate che molti da questi e simili spaventi oppressi, senza essere appestati, vi lasciarono la vita. Perciò anche Livio narra essersiin una peste mossi i Romani a rallentar tanti rigori; il che fe’ in breve cessare la mortalità. Narrano parimente che ne’ contagi di Firenze del 1325 e 1340 fu provveduto che si levassero via certi segni funebri, certi suoni di campanelli per le strade, i quali aumentavano la mestizia e il terrore ai poveri infermi, e che si rammentassero loro i vivi e non mai i morti, con assicurarli di non muoverli dalle loro case. In Bologna nella peste del 1527 fu ritrovato in fine per miglior rimedio il levare i sequestri, e, lasciata la libertà e rimesso il commercio, permettere che tutti comprassero e vendessero: con che, tolta la strettezza, slargossi il cuore al popolo, e molti camparono che sarebbono morti. Così in Venezia una volta e in alcune terre grosse di Lombardia nel 1630 e 1631, dove moriva in quantità la povera gente, nè si sapeva più che rimedio prendere, ho letto che furono levati i sequestri, e subito que’ miseri tanto si rallegrarono, che uscendo tutti all’aria libera e andando a procacciarsi le cose necessarie, cominciarono a risanarsi la maggior parte, e cessò la mortalità.

Tali sono i sentimenti d’alcuni scrittori, ed io n’ho fatta menzione non perchè s’abbia a mutare alcuna delle regole prescritte da tanti saggi e praticate da loro, ma perchè questi disordini e danni facciano ben tenere aperti gli occhi a’ maestrati, affinchè i rimedi non diventino mali intollerabili anch’essi. Vero è che la costituzione dei lazzeretti e il rigore dei sequestri soggiacciono a diversi abusi; ma così è di tanti altri savi ritrovamenti e costumi politici, il bene de’ quali non siha da dismettere, perchè esso non vada disgiunto per l’ordinario da molti pericoli e mali. Sicchè considerino seriamente i maestrati di prevenire e rimediare, per quanto si può, agli accennati abusi. Quando non possano provvedere di tutto il bisognevole i lazzeretti, si contentino de’ sequestri. Men male sarà, o almeno men crudeltà, il lasciare in mano alla divina Provvidenza i poveri infermi nelle case loro e fra i loro parenti, che trascinarli a morire di disperazione e di stento in lazzeretti informi e senza misericordia. Che se mancassero anche le forze per mantenere i sequestrati bisognosi, meno male sarà il permettere a tutti qualche forma di libertà, attendendo allora a regolar solamente il commercio, affinchè si distinguano e si fuggano dai sani gl’infetti e i sospetti, con obbligar questi a non camminare senza certi convenienti segnali, e coll’impedire il più e il meglio che si potrà i concorsi e miscugli delle persone; ricordandosi che è un gran vantaggio nella state e nell’autunno il guadagnar tempo con salvare la gente, poichè d’ordinario il freddo del verno suol metter fine a tante miserie. Non si nieghi ai sequestrati l’ingresso de’ medici, cerusici e sacerdoti; o pure sieno essi dalle finestre o porte ascoltati e consigliati da essi medici. Chi può curarsi in sua casa nelle debite forme, o essere inviati a’ suoi poderi, sarebbe da esaudire. Coi poverelli abbandonati e privi di scampo, e con chi sarebbe troppo di danno agli altri, e massimamente per chi abita case anguste, si venga al ripiego del lazzeretto, ma con tutti i buoni termini e carità cristiana. S’abbia cura delle lorovesti, esponendole all’aria e purgandole, e salvando loro quel che lasciano in casa e quel che vogliono portar seco, giacchè non dee essere interdetto a chi è condotto ai lazzeretti il menar seco quelle comodità o robe che a lui saranno più in grado, e di cui egli sia padrone. Si procuri di non accrescere il terrore al popolo, ma di sminuirlo per quanto sia possibile. E per questo non si suonino allora campane a morto, nè si lascino mirare ai fanciulli, alle donne, ai melanconici le carrette dei cadaveri, nè altri funesti spettacoli. Consentono tutti i medici che sia di un singolar pregiudizio alla sanità in tempi sì fatti il timore e lo spavento. Una divota allegria può recare allora un giovamento incredibile. Del pari si procurerà, per quanto si può, di destinar ministri fedeli e serventi caritativi e timorati di Dio alla cura degli infermi ne’ lazzeretti ed altrove; e vi sia soprintendente il quale ogni dì faccia la visita con informarsi dalla bocca propria di ognuno se hanno avuto i medicamenti destinati, e come si portino gli astanti messi per loro servizio, i quali non saranno allora presenti, per correggerli o scacciarli occorrendo. E torno a dire che si abbia una rigorosa avvertenza sopra gli andamenti de’ beccamorti e de’ condottieri degl’infermi, nè mai si permetta che chi è solamente sospetto sia condotto ai lazzeretti degl’infetti, quando non meritasse, per essere caduto in pena, d’essere forzato a fermarsi colà per servire agl’infermi. Non si portino sullo stesso carro infetti e sospetti ai lazzeretti; non insieme morti e semivivi alla sepoltura: queste sono crudeltà indegne d’uomini, non che di cristiani.Nella peste di Milano del 1576, cioè a’ tempi di S. Carlo, accadde questo caso. Fu portato dallo spedale, o sia lazzeretto di S. Gregorio un uomo non peranche morto di peste alla sepoltura, confuso con gli altri. Stette egli tutta la notte in una massa di que’ cadaveri. Passando la mattina per quelle bande il sacerdote che portava il viatico agli appestati, il povero uomo per gran desiderio di quel divino cibo, si alzò in ginocchioni tutto pieno d’allegrezza e d’ansietà, e con quella voce che potè, siccome spirante, chiese la santa comunione. Avendogliela volontieri data il sacerdote, ed avendola egli ricevuta con somma venerazione e tenerezza, da lì a poco in quel luogo tutto consolato se ne morì. Alessandro Benedetto racconta d’una nobil matrona portata inavvertentemente alla fossa, creduta già morta. Licostene, l’Ildano, il Crafizio, il Diemerbrochio riferiscono altri simili casi accaduti nelle pesti de’ loro tempi. Adunque raccomandare e invigilare, affinchè non si commettano somiglianti errori o barbarie dai beccamorti, soliti in qualche luogo a portar via i poveri agonizzanti, o tuttavia spiranti, con quell’indegno pretesto che tal gente si può contare per morta. Alcuni già tenuti per estinti, si sono riavuti ed hanno ricuperata la vita e la salute. E perciocchè talvolta accade che alcuni cerusici o per ignoranza o per poca diligenza mandano al lazzeretto persone inferme, ma non di contagio, perciò fatti depositare gl’infermi in un lettuccio prima d’introdurli, e ben visitati da’ cerusici del lazzeretto alla presenza del religioso, se vi troverà che sieno appestati, loro si dieno ivi i sacramenti, e poscia entrino;o pure, scoperti infermi d’altro male, si mandino al luogo de’ sospetti.

Nelle città opulente e capaci di far grossissime spese per la salute del popolo suo, tutto può venir ben fatto, e non seguiranno tanti disordini, cagionati per lo più dal voler certi buoni fini senza aver anche buoni mezzi per arrivarvi. Ed eseguendosi le leggi fin qui accennate, i lazzeretti, sequestri ed altri rigori torneranno tutti in vantaggio del popolo. L’altre città o terre debbono regolarsi come possono il meglio. Almeno procurino di formare un lazzeretto per gli appestati, poichè alle persone solamente sospette si può provvedere in caso di bisogno con ben regolati sequestri, e senza lazzeretto a posta. Nella nostra città l’anno 1630 tre erano gli spedali degl’infermi, cioè uno a S. Lazzaro, un altro nelle Sgarzerie e il terzo nelle Stimmate, tutti e tre mantenuti alle spese del pubblico. Si lasciavano nelle loro abitazioni le persone comode, e molte altre che aveano case capaci per separar gl’infermi e i sospetti dai sani, restando proibito che nè essi infetti o sospetti, nè chi loro serviva potessero praticar con altri, e venendo obbligato al sequestro medesimo chiunque avesse conversato con esso loro. I poveri e alcuni altri, secondo la prudenza dei conservatori e deputati, si mandavano ai lazzeretti. Nella peste di Roma sul principio si camminò con gran rigore; e il condurre irremissibilmente ai lazzeretti anche i cittadini più comodi, fece che gli altri furono più ritirati dal conversare e più cauti dal contagio. Ma non istettero molto ivi a permettere che restassero in casa propria, per farivi la contumacia, le persone civili o agiate, purchè con rigorosa separazione dai sani. Altrettanto è da fare in altre simili funeste congiunture, asserendo ancora accreditati scrittori che basta rinserrare i sospetti nelle loro case, con profumar bene le medesime e le robe loro, e con visita giornaliera dei medesimi rinchiusi, facendoli venire alle porte o finestre, per chiarirsi se alcuno si fosse di nuovo ammalato. Dopo quindici dì trovandosi eglino tutti sani, si può dar loro la libertà. Certo i profumi serviranno di gran rimedio e di risparmio di molte altre spese ed incomodi. Morto che sia di peste alcuno, profumandosi la sua stanza colle robe ivi poste o che abbiano servito a lui, possono ivi abitar fra non molti giorni altre persone; e potendo i sospetti sequestrati in essa casa abitar altre stanze, non c’è necessità precisa di forzarli ad uscire, giacchè il soccorso dei profumi può liberar quelle stanze e le robe loro dai vapori pestilenziali che per disavventura vi fossero penetrati. Vero è che in Firenze nel 1630, essendosi osservato che il lasciar fare la quarantena nelle case ove era morto alcuno di peste, riusciva di gran nocumento ai sani, perciò fu risoluto da lì innanzi di condurli tutti al lazzeretto de’ sospetti; ma il danno procedeva dalle anguste e pestilenti stanze: al che ci è rimedio, come s’è detto, e massimamente per chi ha case larghe e abbonda di comodità. Ivi medesimamente ripullulato il contagio nel 1633, vinse il parere di chi consigliava il contentarsi dei soli sequestri nelle case proprie degl’infetti; ma conosciuto da lì a non so quanti giorni che si andava di malein peggio, si aprì di nuovo il lazzeretto, non ostante l’abborrimento che vi aveva il povero volgo, e se ne provò in breve buono effetto. In Ferrara nel 1630 fu preparato per lazzeretto il monistero di S. Giorgio degli Olivetani, ed altre città si sono pure servite d’altri conventi in sì estremo bisogno.


Back to IndexNext