UNA DICHIARAZIONE.

—Ma guardami, Andrea!…

Egli rispondeva sordamente:

—No!

—Dimmi almeno, per pietà! che cosa ti passa per la fantasia!…

—Non posso!… Non voglio!…

—O cattivo, perchè? perchè offuscare la nostra felicità? Se sapessi come non oso muovermi per timore che essa mi sfugga! Come ho paura di ripiombare in quel mare d'infinite amarezze….

A quelle parole, egli si era sollevato subitamente, l'aveva stretta con impeto fra le braccia, esclamando:

—Non lo dire!… Non lo dire un'altra volta!… Sono un pazzo, un miserabile; ma ti amo, ti amo, ti amo….

—Oh, sì; ti credo!

—No, no!… Le parole sono vuote, sono un suono effimero, non dicono nulla. Che cosa bisogna fare, Costanza, per provarti l'amor mio?

—Ma nulla, bambino! Amarmi ancora, amarmi sempre!

Bambino, egli lo era ridiventato. Le più strane, le più rischiose fanciullaggini erano state da lui poste ad effetto. Fermo dinanzi alla sua carrozza, egli le strappava un lembo della guarnizione di merletto; sotto la piccola cupola dell'ombrellino rosso, a Capodimonte, col rischio di esser veduto, le aveva rubato un bacio di una dolcezza infinita. Egli avrebbe fatte delle vere pazzie per sentirsi dire bambino da lei, per cogliere nel suo sguardo l'espressione di amoroso rimprovero e di segreta compiacenza che ella metteva nel pronunziare quella parola.

Ma un'altra volta che, nelsantuariodi Villa Valdonica, egli era stato ripreso da una di quelle repentine tristezze, mentre la baronessa aveva già cominciato a rimproverarlo dolcemente, alzò ad un tratto la testa, prendendo tutt'e due le mani di lei.

—Costanza, io vorrei domandarti soltanto una cosa. Sei stata mai amata così?

—Che domanda!… Perchè?

—Non importa, rispondi: sei stata amata così?…

Ella stette un istante silenziosa, cogli sguardi perduti in non so quale visione. Poi, abbassando lentamente le palpebre, con voce fievolissima, rispose:

—Una volta…. fui molto amata….

—Ah!

—Andrea! Perchè non mi guardi?… Che cosa ti ho detto?… Ti ho fatto male? Oh, non sei stato tu che l'hai voluto?… Andrea, io non ti conoscevo, allora!… Ne è passato del tempo!… Io sono vecchia; il torto è tuo, di esserti innamorato di una vecchia!… Ma ridi, parla, guardami una buona volta, in nome di Dio!…

Egli restò a guardarla a lungo, muto, immobile. La baronessa non poteva sostenere la fissazione di quello sguardo. Due volte, tre volte, ella aveva fatto battere le palpebre sugli occhi stanchi, ma tutte le potenze dell'uomo parevano concentrate nella facoltà visiva. Poi, lentamente, egli avvicinò le labbra alla fronte di lei, vi depose un bacio lievissimo; e, chiudendole la bocca con la mano per impedire che ella nulla dicesse, uscì.

Quella bocca era stata baciata! Quella fronte era stata baciata! Quelle mani erano state baciate! Quegli occhi avevano visto altri uomini in ginocchio dinanzi a quelle forme adorate! Dietro quella fronte, dei ricordi d'amore—di altri amori!—si svolgevano nell'istante preciso ch'egli metteva tutta l'anima nel parlarle dell'amore di lui! Quelle orecchie avevano sentite altre parole d'amore! Quelle labbra ne avevano pronunziate delle altre!… Ah! non era vero ch'ella fosse nata soltanto il giorno che era stata sua! Il passato esisteva, e fatale, irreparabile! Ah! ella aveva bene indovinato, prevedendo ch'egli sarebbe stato geloso del suo passato! Geloso egli lo era, e tanto più tormentosamente, quanto più inafferrabile era l'oggetto della sua gelosia. Disputarla ad un rivale presente, dare tutto il proprio sangue per conquistarla: che cosa sarebbe mai stato di fronte alla tortura del saperla stata già di altri, di non poterle cancellare dalla memoria il ricordo di altri? Egli non era più solo nel suo pensiero! Chi erano, quanti erano questialtri? Impossibile ancora saperlo; più presto egli si sarebbe fatta strappare la lingua, che chiederlo a qualcuno, che chiederlo alei. Come infliggere alla donna idolatrata il tormento di rievocare una storia di pianto? Come sopportarne lui stesso il racconto? E perchè?…

Noti od ignoti, i fantasmi inafferrabili di quegli uomini vagavano ancora intorno a lei; per le stanze, nelsantuariosuo, egli sentiva che la chiamavano: Costanza—come lui! che le parlavano di tu, come lui! Egli li vedeva, in attitudini familiari, avvicinarsi a lei! abbracciarla! baciarla!… Egli aveva paura di sedere dove queglialtrisi erano seduti, di muoversi come gli altri si erano mossi, di parlare come avevano parlato. Con la sua sola presenza, egli contribuiva a ridestare più chiari, più netti, i ricordi di lei! E tra i ricordi del passato e le impressioni del presente un paragone doveva necessariamente determinarsi! L'amor suo infinito veniva dunque misurato, in ogni parola, in ogni gesto, in ogni bacio!…

Dal posto dove se ne stava abbandonata, la baronessa lo attirava a sè; ma tutte le volte uno sforzo formidabile su sè stesso poteva soltanto deciderlo ad avvicinarsi a lei. Quando egli le si avvicinava, i fantasmi si frapponevano, glie la disputavano, lo afferravano con la loro gelida mano, facevano morire il suo bacio, scioglievano le sue braccia allacciate intorno alla vita di lei. E come più cresceva lo strazio dell'uomo dinanzi alla propria impotenza contro quella persecuzione, più lamentosa si faceva la voce della donna:

—Andrea, tu non mi ami più!

—Non ti amo, sì, è vero! Non ti amo, perchè tu non mi hai mai amato! Non ti amo, perchè le parole che tu mi hai dette sono una fredda ripetizione di quelle che hai dette ad altri….

Abbandonata sul divano, con la faccia nascosta fra i cuscini, la baronessa reprimeva un'esclamazione di dolore straziante.

—È orribile!… È orribile!…

Era orribile! L'idea fissa aveva finalmente compita la propria opera devastatrice. Se quel passato e quel presente fossero tutt'uno per lei? Se avesse avuto ragione la gente che la giudicava una donna leggiera, capace soltanto di fugaci capricci, passante dalle braccia dell'uno a quelle dell'altro con la stessa facilità con cui si stringe la mano? Se ella doveva dimenticarlo, come aveva dimenticato quegli altri? Se avesse avuto ragione quell'odioso cavaliere di Sammartino, che ora si dava l'aria di aver rotto con lei?…

—No, non ti amo, perchè tu sei incapace di amore! No, non ti amo, perchè io non voglio ilrifiuto—e la voce di Andrea aveva preso un accento di profondo disprezzo—perchè io non voglio ilrifiutodegli altri!

—Ah!

Ella gridava dallo spasimo, si torceva le braccia, si mordeva le dita. Accanto alla finestra, gualcendo le tendine con mano nervosa, egli stette un istante a guardarla.

Repentinamente, le fu vicino, gridando;

—Basta!… basta!… Sono un pazzo!… Non mi dare ascolto!… Non si ascoltano i pazzi!…

—No, che non basta!… Scostati!… Tu devi ora ascoltarmi!… Tu devi sapere tutta la mia vita! Tu non devi…. tu non hai il diritto di spezzarmi il cuore!….

E scoppiò in singhiozzi, disperatamente.

—Costanza, non piangere! Per pietà, non piangere, se non vuoi veder piangere me! Ti ho detto delle cose cattive? Ma è perchè ti amo, non lo vedi? perchè ti amo oggi più di ieri, perchè ti amerò domani più di oggi!… Andiamo, Costanza, basta!… La tua vita, io non voglio, non posso saperla. Che cosa mi apprenderesti? Che hai sofferto? Ma le tue sofferenze bisogna invece dimenticarle; io ci sono per questo!…

—Ah, che male!… che male mi hai fatto!…—e le sue parole erano rotte dai singhiozzi che ancora la scuotevano tutta.

—Perdono! perdono! Io ti credo, io ho fiducia in te! Non si mentisce, con quegli sguardi! Se tu non mi amassi, sarebbe stato impossibile che tu avessi fatto quello che hai fatto per me!…

—È vero? è vero?

—Sì, è vero! Povero amore, prima che t'incontrassi, quali diritti avevo io su di te? Come sono sciocco…. Tu dici che sei vecchia? Ma io sono, veramente, un bambino!

Come un raggio di sole dopo la tempesta, un sorriso splendeva negli occhi della baronessa, ancora tutti umidi di lacrime.

Che mano disgraziata egli aveva! Avrebbe voluto riscattare a prezzo di sangue le lacrime un tempo da lei versate, e invece glie ne faceva spargere di nuove! A qualunque costo, bisognava farle dimenticare le amare, le tristi parole.

Perchè dunque quell'accanimento di tutti contro la disgraziata creatura? Per quel passato!… Se l'idea pertinace di quel passato funesto aveva, a poco a poco, scossa la fiducia dilui, come non sarebbe accaduto altrettanto, e peggio, tra la folla degli indifferenti! Ancora, sempre, lo spettro di quel passato gli amareggiava la vita!..

Ora, egli faceva di tutto perchè nessuno di quegli angosciosi pensieri trapelasse dalle proprie parole. Raddoppiava d'affetto, circondava la baronessa di ogni cura e di ogni premura, pareva tornato alla serena felicità dei primi giorni. Ed i suoi sforzi erano compensati dalle mille prove d'amore che ella gli dava tuttodì. Non vi era un'ora della sua vita di cui ella non gli giustificasse l'impiego, e tutta la sua vita era impiegata per lui. Lavorare attorno a dei regalucci che gli erano destinati, studiare la musica che gli piaceva, vestirsi degli abiti che preferiva, passare per i luoghi dove erano stati insieme, ricordargli tutte le date salienti del loro romanzo, scrivergli e leggere e rileggere le lettere di lui: ella non sapeva far altro.

Un giorno, come egli entrava a Villa Valdonica e cercava di vedere se ella fosse sotto glieucaliptus, dove soleva aspettarlo, se la vide a un tratto dinanzi. In un leggerissimo abito chiaro guarnito di nastri azzurri e dalle maniche aperte che lasciavano vedere le belle braccia nude, ella aveva un'aria tutta gioconda.

—Vedi questa? È la chiave del mio archivio che oggi ho messo finalmente in ordine. Vieni con me….

Tutto il piccolo armadio della stanza da letto era stato dedicato a lui; le sue lettere erano riunite in piccoli fasci annodati con nastri rosei, i suoi fiori erano racchiusi in un sacchetto di raso bianco, e i libri, i giornali, la carta con le loro cifre intrecciate, gli altri minuti oggetti che egli le aveva regalati erano tutti disposti in bell'ordine nelle cassette odorose.

Chino dinanzi il piccolo mobile, egli le baciava la mano, sul dorso, sulla palma, lungamente, mormorando dolci parole per esprimerle la gratitudine di cui era pieno.

—Guarda quante lettere, in due mesi appena!—disse ella prendendo uno dei fasci.—Addirittura un epistolario!

Andrea lasciò cadere quella mano che aveva tenuta fra le sue. Come una nebbia di tristezza gli aveva velato la fronte.

—Set già pentito di avermele scritte?

Egli tentava d'allontanar l'improvvisa visione, ma essa persisteva: tutte lealtrelettere che ella aveva ricevute, che aveva disposte con identica cura, che aveva mostrate, com'ora….

—Andrea!…

Con voce bassa, le chiese:

—Quante altre ne conservi?

Ella fece con le labbra un piccolo movimento di disdegno.

—Non ne conservo più nessuna. Oggi stesso le ho tutte sepolte, dentro una vecchia valigia, in fondo a un sotto-scala.

—Perchè non le hai bruciate?

—Perchè sono molte, e se ne sarebbe accorta la gente di casa.

Ad un tratto, come un fanciullo che, dopo una finta indifferenza, manifesta il proprio capriccio, egli le disse rapidamente:

—Me le fai leggere?

—Oh, no!

E ad una ad una, risolutamente, richiuse le cassette dell'armadio.

Egli fece un giro per la stanza, andò a guardare prima le acqueforti disposte nell'angolo accanto alla finestra, poi la grande ceramica istoriata dell'angolo opposto, rimosse il canestrino di raso sostenuto dal tripode di bambù, e le si fece nuovamente vicino.

—Perchè non mi vuoi far leggere quelle lettere?

—Perchè te ne pentiresti, tu stesso, per il primo….

—Se te ne pregassi?

—Andrea!… Ricordati dunque quello che hai sofferto quando ho risposto soltanto ad una tua domanda!… La mia vita, te l'ho detto, tu hai il diritto di conoscerla, vuoi?… Ma quelle lettere….

—Voglio leggerle…. qualcuna almeno….

La baronessa si passò una mano sulla fronte.

—Senti, io potrei dirti che vi è una mancanza di fiducia in quello che tu pretendi; una mancanza di fiducia molto dolorosa per me. Potrei dirti ancora che il segreto di quelle lettere non mi appartiene per intero…. Ma non importa: io ti dico, io ti ripeto soltanto che è per risparmiarti un dolore, per risparmiarne un altro a me, che io mi oppongo al tuo desiderio.

—Ed io ti dico,—rispose freddamente Andrea, incrociando una gamba sull'altra e guardando la punta delle sue scarpe—ed io ti dico che tu ti opponi al mio desiderio, perchè c'è qualcuno che ti scrive ancora.

—Oh!

La baronessa ebbe un istante di esitazione. Poi, risolutamente, si avvicinò ad Andrea.

—Andrea!… Perchè mi dici delle cose tanto cattive? Che cosa ho fatto perchè tu dubiti ancora di me? Guardami in viso: sono capace di mentirti, di nasconderti qualche cosa?…

Guardandola fissamente, gli occhi gli si inumidirono.

—No, no…. ti credo!… Ma se sapessi di che tristezza mi si gonfia il cuore, quando io penso al tuo passato! Come vorrei cancellarlo! Come avrei voluto conoscerti quindici anni più presto, quando tu non eri ancora entrata nella vita! Come avrei saputo farla lieta e felice a quella vergine adorata! Come tutto avrebbe dovuto sorriderti attorno!…

Egli reclinava la testa sul seno di lei, aspirandone avidamente il profumo.

—Lo so, lo so, come mi avresti amata! Come ora, bambino! E il passato non è sepolto, scordato per sempre?

—Per sempre?

—Ne dubiti ancora?

—Giuralo….

La baronessa si rizzò in piedi, guardandolo fisso.

—Te lo giuro!…

Anch'egli s'era levato, facendosele vicino, vicino da sfiorarle la fronte con la sua, scottante e imperlata di sudore.

—Giuralo per la memoria dei tuoi morti!

—Andrea!… Lo giuro!

Egli portò le mani alla faccia, quasi per soffocare le proprie parole:

—Ebbene, no! non ti credo!…

Un'espressione di grande serietà si dipinse in volto alla baronessa.Pallida, muta, ella uscì dalla stanza.

Andrea non fece un passo per trattenerla. Si sentiva soffocare. Quelle parole gli avevano bruciato la gola. Non sapeva ancora come aveva fatto a pronunziarle. Cento volte aveva tentato, ma non gli era ancora riuscito. Il pensiero di addolorare, di offendere anche con dubbii atroci la donna amata gli era stato insostenibile. Come dire a colei che gli confessava in tutti i momenti il proprio amore: Tu pensi ad altri? Egli intuiva che non era vero; che, se vera, sarebbe stata una cosa mostruosa, da spegnere, non che l'amore, la stima; ma di quella cosa mostruosa egli era arrivato ad ammettere la possibilità. Il passato di quella donna era una macchia, e quella macchia si allargava, si diffondeva, la ricopriva tutta. Fatalmente, il dubbio, il dubbio atroce, insinuante, rinascente non sì tosto scacciato, gli era penetrato nell'anima, non gli dava più quiete…. Ella diceva di amarlo; quali prove, infine, glie ne aveva dato? Era venuta a cercarlo quando egli era fuggito…. Per qualcun altro ella aveva disciolta una famiglia, abbandonata una posizione, sfidata una intera società!…

Ella aveva avuto degli altri amanti, prima di lui, quando ancora non lo conosceva: che cosa importa? Come credere alla sincerità delle parole che gli diceva, se parole simili, se forse quelle stesse parole erano state dette ad altri? Come aver fede nella sincerità attuale di quella donna, se ella aveva giudicato di essere stata amata, una volta, come ora, più di ora?… Egli l'amava ciecamente, con tutte le forze d'un'anima rimasta giovane malgrado l'avanzarsi degli anni, aveva sofferto per lei fino al pianto, fino alla pazzia, dei suoi dolori e delle sue gioie le aveva dato le prove più eloquenti, e quando egli le aveva chiesto se era stata mai amata così, gli aveva risposto: Sì…. Una volta! Una volta! Come se non fosse già stato troppo! Ancora, sempre, malgrado tutti i suoi sforzi, lo spettro del passato gli sorgeva dinanzi, minaccioso, inevitabile. Come lottare contro l'invisibile potenza di un ricordo, se tutto quello che egli aveva fatto per lei non era bastato a vincerlo, ad eclissarlo? Quali altre prove di amore doveva egli darle per dimostrarle che si era ingannata, che mai era stata amata così?… Una volta!… E le altre? Le altre volte, dunque, non era stata amata; lo riconosceva implicitamente lei stessa! E la figura del cavaliere di Sammartino appariva ad un tratto, tanto più odiata quanto meno inverisimile diventava la sua presuntuosa vanteria…. Ed era dunque possibile? Ella sarebbe discesa fino a quell'essere abietto? Ed egli avrebbe amata una donna che era stata del Sammartino?… No, no; non era possibile, era un'aberrazione dello spirito ammalato, era un incubo prodotto dalla impotente gelosia di quel passato incancellabile. Dov'era, dov'era Costanza, la sua Costanza, perchè ella dissipasse con una sola parola l'infame sospetto?…

Allora, le parole del duca di Majoli gli tornavano alla memoria, come un rimprovero, come un'accusa. «Crediamo sempre d'esser sinceri, ma la sincerità di oggi fa a pugni con quella di ieri.» Colui aveva dunque ragione? Perchè gli aveva dette quelle parole? Era anch'egli stato un amante della baronessa?… Ah! delirava, impazziva!…

Sì, il duca aveva ragione; egli aveva creduto di esser sincero quando pensava che il passato di Costanza non esisteva per lui; che glie la rendeva, se mai, più cara—sì, le stesse parole di colui—ed era sincero anche in quel momento che le rinfacciava il suo passato come una colpa!… Come dunque accadeva, e perchè?… Perchè il suo amor proprio non ammetteva che un altro avesse potuto amarla più di lui, che ella avesse fatto per un altro più di quello che aveva fatto per lui!… Era dunque un egoista; nient'altro che un egoista sofisticatore?… No; era che egli non la sentiva più sua, più tutta sua; che qualcuno aveva ancora un posto nella memoria se non nel cuore di lei; che i fatti dai quali era stata ridotta nella condizione in cui l'aveva trovata erano di quelli che lasciano indelebili traccie. Era finita, l'amore non era più possibile; quella donna era indegna d'un amore come il suo; a momenti avrebbe voluto metterla alla tortura per farle confessare che Sammartino era stato il suo amante, per avere il diritto di disprezzarla, per abbandonarla a colui….

—No! No!… Costanza mia!…

La baronessa riappariva in quel momento. Malgrado il suo braccio destro fosse irrigidito per lo sforzo di sostenere una vecchia valigia polverosa, ella entrò nella stanza con passo affrettato, con una risolutezza in tutti i suoi movimenti. Gettò la valigia per terra, s'inginocchiò per aprirla con una piccola chiave che teneva già in mano, e rialzandosi:

—Ecco le lettere,—disse ad Andrea, freddamente.—Fatene quel che volete.

D'un movimento istintivo egli si era gettato sulla valigia come sopra una preda. Erano dunque lì le prove materiali di quel passato che egli aveva cominciato per non curare, e che, suo malgrado, gli si era imposto inesorabilmente, fino a farlo dubitare di quell'amore che aveva formato il suo più grande orgoglio! Più tangibile, più reale, più fatale ora esso gli appariva, dinanzi a quei documenti irrefutabili, dinanzi a quelle indelebili traccie che si era lasciato dietro…. E quando pure egli avesse stracciato ad una ad una quelle lettere, quando pure le avesse bruciate, quando pure ne avesse disperso al vento le ceneri, avrebbe egli abolito quel passato funesto? Quand'anche egli avesse strappato con le proprie mani il cuore della donna, quand'anche egli si fosse strappato il suo proprio cuore, lo avrebbe abolito ancora? Nulla poteva egli, nulla poteva nessuno contro quella fatalità. Chi, chi mai ne era stato la causa?… Ah! avere fra le mani uno di quegli uomini, avventarglisi alla gola, strozzarlo: ecco solo quello che avrebbe potuto ridargli la pace!

Cogli occhi accesi, febbrilmente, Andrea si era messo a disfare i pacchi, di cui la valigia era piena. Le lettere ricascavano da tutte le parti, si sparpagliavano, si confondevano; ma Andrea Ludovisi non pensava a leggerne nessuna. Preso da una specie di furore, di smania distruttrice, egli si accaniva contro quei pacchi, non riusciva a sciogliere i nodi dei lacci, li spezzava con le mani, coi denti, non avvertendo neanche il dolore che quegli sforzi gli cagionavano. Come li ebbe tutti disfatti, sostò un momento, alzando gli occhi.

Con la persona curvata, il collo teso come in attesa di un colpo mortale, gli occhi stranamente spalancati e fissi, le braccia protese indietro, le mani strettamente intrecciate, la baronessa aveva una tale espressione di angoscia e di smarrimento, che Andrea Ludovisi si rialzò di scatto. Il suo primo pensiero fu che ella era impazzita.

—Costanza! Costanza!

E fece per avvicinarsi.

Ella gridò, indietreggiando:

—Non mi toccare!—E mostrando le lettere, con un gesto imperioso:—Leggile!

—Non voglio!… Non ne ho bisogno….

Prima ancora che ella avesse potuto pensare a sfuggirgli egli l'aveva presa per lo braccia. Con una forza di cui non sarebbe stata mai creduta capace, la baronessa si sciolse da quella stretta, fuggendo per la camera. Egli la raggiunse.

Allora cominciò una lotta feroce, tra la donna che tentava di liberarsi e l'uomo che stringeva le bellissime forme scosse da lunghi fremiti, in preda a contorcimenti serpentini. Col viso di porpora, le nari aperte, gli occhi sfavillanti, la baronessa era bella d'una fiera e selvaggia bellezza. Al colmo dell'indignazione, ella balbettava confuse parole.

—Ah, no!… ah, no!… è un'infamia!… le lettere!… le lettere!…

Caddero, l'una sull'altro, sopra il divano; e traendo profitto della sua momentanea superiorità, ella abbassò un braccio per prendere una delle lettere sparpagliate per terra.

—Leggile!… è un'infamia!… leggile!

—Costanza, soffoco!… Non voglio, ti credo…. perdono!—E con la mano rimasta libera, le strappò la lettera.

Una seconda volta ella si curvò, per prenderne un'altra.

—È un'infamia!… Leggile!…

Come ella gli mise sotto gli occhi la busta, Andrea Ludovisi lesse:Alla baronessa Costanza di Fastalia, sue adorabili mani. Era il carattere del cavaliere di Sammartino.

In quello stesso momento s'intese il cigolio dell'uscio dell'anticamera, e il cameriere entrò annunziando:

—Il signor principe di Marciano.

Il duca di Majoli e il Giussi, incontratisi alla Villa Nazionale, salivano la scaletta augusta della sezione napoletana delReale Yacht Club italiano—una vera scala di bastimento—e si fermavano ogni due gradini.

—Dunque, è proprio inevitabile?—chiedeva ancora il Giussi.

—Pur troppo!

—Ma questa è già la seconda questione fra loro!

—Sammartino aveva giurato di vendicare la prima ferita.

—Una scalfittura!

—Non importa, per uno spadaccino come lui, un po'guappo, anzimafioso, come dicono in Sicilia.

—Ludovisi è forte?

—Debolissimo. Ma non lo può soffrire; l'antipatia è una forza.

—E questa antipatia?

—Chi sa!

—Cherchez la femme!

Con una scossa del capo, il duca aveva troncate le indiscrete interrogazioni del suo compagno. Era proprio la donna che bisognava cercare! egli non lo sapeva che troppo, e le sue tristi previsioni si avveravano tutte!…

Aspettando i padrini dell'avversario, in quella piccola sala deserta, mentre veniva dall'aperto il ronzio della folla che passeggiava per i viali della Villa e i mille diversi rumori del Caffè di Napoli, il duca sentiva un'agitazione interiore crescere in lui di momento in momento. Perchè aveva accettato di rappresentare Andrea Ludovisi in quella partita d'onore? Perchè non aveva trovata la forza di rifiutarsi, come si era rifiutato una prima volta? Perchè si era lasciato vincere dal pianto dell'amico?… Ah! le lacrime, i palpiti, i singhiozzi: egli non conosceva che questi!… E rivedeva la disfatta figura di Andrea, quando, non più sorretto dall'eccitazione che lo aveva spinto a sfidare ad un tratto le sorde provocazioni del Sammartino, gli aveva confessato tutta la propria miseria, il contrasto dell'amore, della gelosia, della disistima; l'impossibilità di durare in quella tortura di tutti gl'istanti…. E risentiva le parole con le quali gli aveva dato ragione: «Sì, sì; non bisognava amarla, bisognava soffocare quel sentimento fino dal nascere; ma non aveva potuto! non poteva! ed era un miserabile, e voleva farsi ammazzare da un altro miserabile suo pari!…»

Allora il duca imaginava i due uomini, armati, scagliarsi l'uno contro l'altro; vedeva il sangue scorrere, e un tremito nervoso gli passava per tutto il corpo. Il sangue ed il pianto!… L'eterna vicenda ricominciava ancora una volta; e quale fatalità condannava gli uomini a scontare in tal modo l'incerto, il fugace piacere? Perchè la fantasticata asportazione del cuore, l'abolimento di ogni sensibilità non doveva esser dunque possibile?… Ah! tutto quel che si poteva di più, era il soffrir da soli, in secreto! il soffrire come egli stesso, in quel momento, al pensiero della catastrofe che aspettava la disgraziata, soffriva….

Un'esclamazione del Giussi lo richiamò ad un tratto alla coscienza del presente.

—Ecco quei signori.

Erano il barone De Falco e il giornalista Andritti. Scambiati i saluti, i quattro rappresentanti presero posto intorno a un tavolo, su cui la lampada gettava una viva luce.

Il duca di Majoli prese la parola, seccamente.

—Sarebbe inutile ricordare il motivo che ci riunisce stasera.L'offesa fatta dal signor Sammartino….

Il barone De Falco interruppe:

—Se il signor duca permette….

—Ella vuol dire che l'offeso è il suo primo? Reclama per lui la scelta delle armi?

—Perfettamente!

—Noi abbiamo mandato di accettare qualunque condizione.

Un nuovo silenzio. E, a un tratto, echeggiarono i primi accordi della marcia delFaust.

—Alla spada e a discrezione del ferito,—disse il barone De Falco.

—Sta bene. Ciascuno porterà le proprie armi; si tirerà a sorte.

—Hanno in vista un locale?

—A Villa Bisani, a Portici…. se loro accomoda.

—A meraviglia. Allora, per domani?

—Senza dubbio.

—Alle sei del mattino?

—Alle sei.

Come ebbero preso congedo dai rappresentanti avversarii, il duca diMajoli e Vittorio Giussi scesero al caffè, in quell'ora popolatissimo.Si guardarono attorno, a lungo, attentamente; Andrea Ludovisi nonc'era.

—Cerchiamo dalla parte della musica,—disse il Giussi.

Dopo pochi passi, sotto la viva riverberazione dei fanali elettrici, esclamò:

—Eccolo lì.

Fermo accanto allavictoria, col bastone dal manico d'argento sotto l'ascella, infilando lentamente un guanto, Andrea Ludovisi conversava con la baronessa di Fastalia, che si sporgeva verso di lui con dei movimenti d'una eleganza lenta e squisita.

Vittorio Giussi si avanzò, col cappello in mano.

—Se la signora baronessa permette, il duca avrebbe da dirti qualcosa di urgente.

—Facciano pure, facciano…. E quella risposta, Ludovisi, quando me la date?

—A momenti, signora baronessa, se ella non va via….

E come i due amici si avanzavano, il duca di Majoli li raggiunse.

—È tutto fatto. Domani, alle 6, tienti pronto.

—La spada?

—La spada.

Andrea Ludovisi trasse un sospiro di sollievo.

—Grazie! Mi volete ora aspettare cinque minuti?

E andò a raggiungere la carrozza della baronessa.

—Che cosa è stato?

—Una buona notizia. I miei debitori si mettono in regola, riavrò tutto il mio; nulla mi trattiene più a Napoli. Costanza, Costanza, sono libero! Andremo via, lontano, nei paesi più belli, od anche nei brutti; che cosa importerà per noi!…

—Non è vero?

In quel momento la musica incominciava ilWiener blut; i suoni giocondi volavano per l'aria, mettevano un tripudio tutt'intorno. Cogli occhi socchiusi, assorta in un sogno di felicità, la baronessa faceva oscillare lievemente la testa, in cadenza col ritmo della danza.

Egli mormorò a bassa voce:

—Costanza, ti amo!

La baronessa portò le mani al cuore.

—È possibile? Mi par di sognare! dopo la tempesta di ieri!…

—Perchè ricordarla?

—A proposito: e quella risposta? Che cosa bisogna fare delle lettere rimaste sotto il divano?

—Bruciarle!… A domani, dunque….—E scostandosi d'un passo, col cappello abbassato, a voce più forte;—Signora baronessa, faccia una buona passeggiata!

Lentamente, la carrozza si allontanò. Il duca di Majoli e il Giussi si avvicinarono. Andrea Ludovisi si mise in mezzo agli amici, e terminando di abbottonare il suo guanto:

—Ora—disse—andiamo a vedere le armi.

Benchè fossero appena le undici, la baronessa di Fastalia, passeggiando dalla stanza da letto al salottino, andava a guardare ogni momento l'orologio. Prima del tocco, Andrea Ludovisi non sarebbe certamente venuto, e come erano lunghe, come erano eterne quelle ore d'attesa! Ella presentiva che da quel colloquio sarebbe dipesa la sua felicità avvenire. La sera innanzi Andrea le si era mostrato così affettuoso, così confidente, così lieto, da far supporre che ogni traccia della passata tempesta fosse oramai cancellata. Pure la baronessa non si sentiva ancora perfettamente sicura. Ferma dinanzi all'uscio fin dove ella lo aveva accompagnato, quando, all'arrivo di suo zio, dopo aver nascosto precipitosamente le lettere e la valigia, egli si era congedato, Costanza di Fastalia sentiva ancora sulle mani le labbra di Andrea che baciavano e mormoravano insieme parole di perdono e di amore…. Ora, ella si pentiva della durezza di cui aveva dato prova. Non conosceva dunque abbastanza di quale natura impressionabile, di quale anima vibrante ad ogni alito più lieve, Andrea Ludovisi fosse dotato? Non sapeva ella ancora che quei subitanei ed irrefrenabili trasporti erano la prova più evidente della passione che ella aveva acceso nel petto di quell'uomo? Non vi era, in quella gelosia del passato, in quel bisogno di possedere, di aver posseduto sempre e solo il cuore di lei, un sentimento di tenerezza triste e di amore prepotente che avrebbe dovuto colmarla di gioia orgogliosa?… Sì, sì; ella non era stata mai amata a quel modo; ella non aveva mai incontrata un'anima così amante; ella avrebbe dovuto accorgersene prima, molto prima, dirlo prima ancora che ne fosse stata richiesta!… Ma quello che non aveva fatto, non era forse ancora in suo potere?… Deludendo l'impazienza dell'attesa lunghissima, la baronessa pensava in qual modo avrebbe confessato ad Andrea il proprio inganno, con quali parole dolci come carezze gli avrebbe confessato che mai ella era stata amata come da lui, che nessuna donna avrebbe potuto mai sognare un amore più forte, più vivo, più caldo…. E quelle lettere rimaste in fondo al divano, non bisognava dunque bruciarle, dinanzi a lui, fino all'ultima, perchè se ne disperdesse anche la memoria? Che cosa ne avrebbe ella fatto? Non le ricordavano esse una storia di dolori? Un'amara voluttà aveva ben potuto essere da lei cercata, un tempo, nel rievocare quei tristi ricordi, nel contare tutte le menzogne che le erano state dette, nel misurare la malvagità di quanti l'avevano perseguitata con l'espressione di speranze che erano altrettanti insulti; ma ora, ora che ella si sentiva rinascere, ora che un avvenire di insperata felicità le si schiudeva dinanzi, che cosa avrebbe fatto di quei documenti d'un passato aborrito?… Però, quel passato bisognava assolutamente che Andrea lo conoscesse. Ella aveva compreso e rispettato da principio i motivi di delicatezza che lo avevano fatto opporre a tutti i suoi tentativi di confessione; ma ora che ella aveva avuto una dimostrazione dolorosamente eloquente delle lotte che si combattevano nel cuore di Andrea, il tacere più a lungo sarebbe stata una colpa. Se egli si opponeva ancora?… Ella gli avrebbe scritto! Come un lampo, questa idea le aveva illuminato lo spirito. Perchè non le era venuta più presto? Così bisognava fare; se più tardi, se fra un'ora egli non le avrebbe permesso di parlare, bisognava scrivergli tutto. E, avvampando d'impazienza, insofferente di ogni indugio, ella andò a uno stipetto, tolse da una cassetta alcuni fogli dellalorocarta, e passando allo scrittoio, vi prese posto.

Si era appena seduta che il campanello elettrico squillò.

—Andrea!

Come non aveva previsto che quel giorno egli sarebbe venuto più presto? Come era stata sciocca di non correre più presto in giardino, per aspettarlo sotto glieucaliptus? Rapidamente, ella passò nell'anticamera. Il cameriere si avanzava in quel momento.

—Il signor duca di Majoli….

—Avete detto?…

—Il signor duca di Majoli insiste per essere ricevuto un istante dalla signora baronessa.

—Fate dunque entrare….

Non era lui!… Che cosa avrebbe potuto volere, a quell'ora, il duca di Majoli?… Quantunque fosse una delle pochissime persone che ella vedeva meno malvolentieri dacchè amava Andrea Ludovisi, pure in quel momento quella visita la contrariava; Andrea poteva apparire da un momento all'altro….

—Signora baronessa… mi voglia perdonare….

Il duca era molto pallido in viso e la sua mano tremava un poco nel reggere il cappello.

—Duca!… Che cos'ha?

—Sono davvero imperdonabile… di presentarmi a quest'ora… ma io vengo da parte… di Andrea Ludovisi….

—Andrea? Avete detto?… Ma che cosa avete? Perchè evitate di guardarmi?

—Oh nulla… assolutamente! Dovevo dirle soltanto che Andrea… desidera vederla…

—Vedermi? Come vedermi? Se io l'aspetto qui… cioè…. O duca, per l'amor di Dio, che cosa è successo?…

—Suvvia, val meglio dirle la verità, che non ha nulla di allarmante.Andrea si è battuto….

La baronessa, scomposta in volto, aveva portato le mani ai capelli.

—Signore Iddio!… Ed è ferito?…

—Oh!… una cosa da nulla.

—Duca, in nome di Dio! ve lo domando in ginocchio! ditemi la verità; non mi fate impazzire!…

—Ma se le dico, nulla!… Una scalfittura alla spalla, senza nessuna importanza….

—Oh mio Dio!… E dove?… Con chi?… Avete almeno una carrozza?…

—È qui abbasso.

In un attimo, la baronessa corse a gettarsi uno scialle addosso; tornò rapidamente balbettando confuse parole dall'ansia, dal turbamento, ed uscì a braccio del duca, che la sentiva tremare da capo a piedi. La carrozza partì di corsa.

—E con chi? Non me lo avete ancor detto….

—Con Sammartino.

—Un'altra volta!

Una crisi di dolore la abbattè. Ella lacerava il fazzoletto, si infiggeva le unghie sulla testa, si torceva le mani, soffocando le grida che le salivano alle labbra.

—E non prevederlo, iersera!… Non prevederlo!… Disgraziata, la colpa è mia!…

Poi, repentinamente, afferrando il braccio al duca di Majoli, fissandolo cogli occhi atterriti:

—Ma è moribondo… dite la verità! Non mi avreste chiamato se non fosse una ferita mortale!…

E prima ancora d'aver ottenuto risposta, acquistata quella certezza, ruppe in un singhiozzo lacerante.

Il duca le aveva presa una mano, tenendola stretta fra le sue. Una parola gli saliva alle labbra, convulsamente: «Povera!… povera!…» con un impetuoso bisogno di mescere le proprie lacrime a quelle di lei; ma uno sforzo violento, un irrigidimento di tutti i nervi ricacciava indietro la parola ed il pianto.

—Fa presto!… Più presto!…—ordinava al cocchiere, sporgendo automaticamente il capo dallo sportello; ma avrebbe voluto piuttosto gridargli: «Torna indietro!… Torna a casa!…» per evitare ai due disgraziati una crisi mortale…. Così dunque finiva l'illusione della gioia; era quello il terribile risveglio: quello spasimo, quell'agonia!

La carrozza correva, correva per le vie popolose; delle grida echeggiavano, le cornette deitramsquillavano di tratto in tratto, e il sole splendeva nel cielo giocondo. «Sferza!… Più presto!…» Ma per fuggire lontano, per fuggire sempre, per mettere di mezzo lo spazio ed il tempo, per apprestare i grandi, i soli rimedii: la lontananza, la stanchezza, l'oblio….

Al cancello, Vittorio Giussi aspettava. La baronessa gli corse incontro, con le braccia tese, interrogando con lo sguardo.

—Si faccia animo!… Non sarà nulla!…

—Ah!

E la donna si slanciò avanti, di corsa. I due amici la raggiunsero, cercando di trattenerla. Ella si svincolò e passò ancora innanzi. Ma nella sala, il dottore l'arrestò.

—Signora, sia prudente; rinunzii a vederlo, per ora….

—È morto!…

—Ma no, ma no; morirà se non gli si risparmia un'emozione. L'abbiamo chiamata per farlo contento; ma sta a lei ad esser prudente, a rinunziare….

Ad un tratto s'intese una voce debole, ma chiara, che chiamava:

—Costanza!

Ella si precipitò nella stanza.

Pallidissimo, come di cera, col busto sorretto da un monte di origlieri, la camicia squarciata e sanguinosa che lasciava vedere una larga fasciatura, le braccia abbandonate da una parte e dall'altra, Andrea Ludovisi ripetè, più debolmente:

—Costanza!

Ella era caduta in ginocchio accanto al letto, aveva presa la sua mano fredda e sbiancata, stringendola fra le sue, coprendola di baci fra i singhiozzi che le spezzavano le parole.

—Andrea!… Andrea mio!… Che hai fatto!… Andrea mio!… Oh,Signore!… pietà!…

Cercando di liberare la sua mano, egli disse:

—Calmati, Costanza… calmati… se mi vuoi bene! Alzati, fatti più vicina… così… che io ti veda tutta… che io ti baci… purchè tu non pianga, Costanza….

—Ma perchè, Signore! perchè?…—e, parlando, ella gli passava una mano sui capelli, lievissimamente—perchè hai fatto questo?….

Andrea Ludovisi chiuse un istante gli occhi.

—Senti… io non potevo vivere con l'idea che quell'uomo… ti avesse… amata.

Ella si rialzò con un tremore in tutta la persona.

—Oh… ancora! Andrea, per quel Dio che ci vede, per quel Dio che deve ridarti all'amor mio, no! non è vero! non è stato mai!…

—Allora… quella lettera?

—Ma quale? Quale lettera?…

—Una di quelle, la lettera che tu volesti mostrarmi….

Un sorriso sfiorò la bocca della baronessa, mentre, curva di nuovo sul ferito, ella tornava ad accarezzarlo.

—Ma come quelle ve ne sono tante altre, povero amore!… Tu, amore, non l'hai letta!… Perchè non l'hai letta?… Sono delle dichiarazioni con le quali mi hanno perseguitata da per tutto!… Se sapessi quante me ne ha mandate colui!… Se sapessi da quante parti me ne sono piovute, da gente che non conoscevo neanche di nome!… Se sapessi come si tratta una donna nella mia posizione! Come tutto pare possibile, come tutto pare permesso!… Ma non era che questo, bambino?… Perchè non lo hai detto prima?

E nella gioia di vedere dissipato il malinteso che era stato causa di quella tragedia, ella quasi ne dimenticava le conseguenze.

—Povera Costanza!—esclamò Andrea, rivolgendole uno sguardo di compassione profonda.

—Oh, sì, povera, povera tanto! Quante amarezze, quante umiliazioni! Quanta codardia in tutti questi uomini che ci circondano!… Tu solo, tu solo sei nobile e generoso, tu solo mi hai amata….

—È vero?

Strettamente abbracciati, gli occhi negli occhi, pareva che essi volessero trasfondere le anime in quello sguardo supremo.

—Sì, è vero: tu solo! Tu, che hai avuto paura di confessarmi l'amor tuo! Tu, che mi hai rispettata prima di amarmi! Tu, che hai esposto la tua vita per me! Tu, che sei stato geloso dei miei pensieri e dei miei ricordi! Tu, che non hai mai voluto conoscerli!…

—Ancora!… ancora!…

—Tu, Andrea, che mi hai fatto rinascere; tu, che mi hai fatto credere a tutte quelle cose di cui avevo disperato, alla bontà, alla sincerità, alla fede, all'amore…. No, io non sono mai stata amata così! Non sono stata amata niente! Non lo sai? Mio marito mi ha lasciata otto giorni dopo il nostro matrimonio! Mi ha presa per la mia fortuna, che ha rovinata a metà! Mi hanno data a lui, perchè ero di peso in casa, e perchè aveva un nome! Ed ho subito gl'insulti più atroci, le vergogne più innominabili. Allora, capisci, io non ero corazzata d'acciaio contro le seduzioni… Feci….

—Costanza!… te ne scongiuro!…

—Zitto, bambino! Lascia fare a me.—E riprese, rapidamente:—Feci… come molte altre. Credetti d'avere incontrata la felicità;credetti—hai capito?—Fu una tregua soltanto. L'amore di… colui, finì presto… se pure cominciò mai… No, no; hai ragione, non cominciò mai!… Un sentimento di falso dovere non gli fece dir nulla; e, in cambio, mi oltraggiò… capisci come? preferendomi una… delle altre. Mi sentii sferzata a sangue. Vidi tutto abietto intorno a me; in quell'abiezione volli cadere anch'io, per vendetta, per rabbia impotente…. Fu una volta sola, e fu abbastanza… Andrea, te lo giuro, per l'amor nostro!… Andrea!… Andrea, che cos'hai?…

Egli si era fatto ancora più pallido, spaventosamente, ed aveva portato una mano al petto.

—Il sangue! il sangue! il sangue di Andrea! il sangue generoso versato per questa indegna!

E accostate le mani alla fasciatura tutta madida, le portò al viso.

—Che io mi lavi nel tuo sangue, ch'io lavi le mani, ch'io lavi la fronte, ch'io lavi la bocca, che io mi lavi tutta, ch'io mi purifichi—è questo?—sì, così… così….

—Tu sei redenta….

Al contatto di quelle labbra ghiacciate che si posavano sulle sue mani sanguinose, ella sentì un brivido passarle per tutto il corpo.

—Lasciami… ch'io chiami….

—Non ancora, Costanza!…

Un silenzio. A un tratto s'intese la pendola suonare le due. Egli rivolse alla donna uno sguardo pieno di passione, e disse, con voce che si sentiva appena:

—A quest'ora…. sotto glieucaliptus….

Ella non fece a tempo a contenere uno scoppio di pianto. Disperatamente, si lasciò cadere in ginocchio, mettendosi in bocca, per frenare i singhiozzi, un lembo del lenzuolo pendente.

Ad un tratto, si sentì chiamare:

—Costanza… soffoco… l'aria….

Ella corse a schiudere la finestra. Come si voltò vide gli occhi diAndrea rovesciarsi e la bocca contorcersi un poco….

Al sordo rumore di un corpo che cadeva di peso, gli aspettanti si precipitarono nella stanza; e mentre il dottore, con un gesto disperato, accertava la morte, il duca di Majoli si curvava sulla irrigidita Costanza di Fastalia, sollevandola paternamente.

Al signor Guglielmo Valdara,Castellammare.

Hôtel Royal.

Mon cher,

Ah, que c'est drôle! Ah, que c'est drôle! Permettete, j'étouffe! O povero amico mio, quelle mine piteuse! Scusate, non vi avrei mai creduto capace di una cosa simile! Francamente, non ve ne faccio i miei complimenti. Ma è una lettera à dormir debout, la vostra lettera!…

Dunque, voi mi amate? Avrei voluto voir ça, che non me lo aveste detto, dopo un mese che prendiamo posto alla stessa table d'hôte e che vediamo, dalla stessa terrazza, arrivare e partire diciotto treni il giorno—oltre i facoltativi. Li avete contati? Io sì. Ecco qua: treni omnibus alle 7 e 5, 8 e 5, 12 e 35, 3 e 20, 6 e 40, 9 e 25; diretti alle 10 e alle 5 e 25, misto alle 7 e 40. Questo per gli arrivi. Quanto alle partenze… brisons là-dessus. Ma quale cantoniera non farei! J'y songe: perchè non mi avete offerto di andare a fare i cantonieri, in fondo a una linea poco frequentata? Noi avremmo una piccola casetta gialla, con un grosso numero nero, e un giardinetto pas plus grand que ça, con molti geranii e qualche robinia. I passeri cinguetterebbero sopra le nostre tegole, e noi sotto…. Voi ispezionereste la linea ed io vi suonerei ogni tanto il corno!… En voilà une idée! Enfoncés, la «capanna e il tuo cuore!…» Decisamente, amico mio, voi non siete all'altezza del vostro secolo. Nel secolo dei treni-lampi, voi mettete un mese a dirmi che siete innamorato di me! C'est on ne peut plus petite vitesse! Almeno, aveste evitato i deraillemens! Nossignore; pare che sia di vostro gusto arrischiare ad ogni momento l'osso del collo. «Vi è un'angoscia indicibile nell'idea che la divorante passione resterà eternamente ignorata dalla persona che ha saputo destarla!» E voi partite di qui, per buttarvi a occhi chiusi sotto il tunnel dell'analisi psicologica: «L'anima ha bisogno di comunione; che cosa importa se un'altra anima non le risponderà? Confessare il proprio tormentoso secreto è renderlo più sopportabile; lo sanno i malfattori che un irrefrenabile istinto spinge a rivelare….» Lanterna rossa: ferma! assez! stop!… A chi dicono? Voi non vedete il pericolo, e finalmente: patatrac… eccovi andato a gambe per aria! «La misteriosa voce delle cose… l'universale rispondenza delle forme e degli esseri… la complice dolcezza di questa natura….» Quel baragouinage! Rimettetevi, mon cher; su via! Ripigliate fiato, così, animo!

Sapete che siete un bell'originale? Vi faccio un po' timbré, my poor fellow! Est-ce que si scrive sul serio a quel modo, nel vostro paese? Io mi ero lasciata dire che l'Italia è il paese della rettorica; ma voi siete, ma foi, incredibile!… Ah, j'y suís! Voi mi volete dare un aperçu di ciò che sarà la vostra compagnia, se io «colmerò» i vostri «voti più fervidi». Tutto il giorno a roucouler intorno a questo «Sorriso del Cielo!…» Salvo quando vi accenderete d'ira tremenda e mi «soffocherete nelle vostre braccia». C'est ça; poichè voi non siete fatto come tutti gli altri, voi! «Non sapete di quale amore io amo? Io amo come il mare ama la riva: dolcemente e furiosamente!» Bravo, very well, vortrefflich! «Nei giorni della calma esso la bacia, lieve, sussurrante, carezzante, quasi pauroso di farle del male. Quando il soffio dell'aquilone lo gonfia, esso l'assale, terribile, e la morde, la flagella, la seppellisce!» Ah, que c'est drôle! Ah, que c'est drôle! Così, quando voi siete gonfiato, voi mordete la gente? Ma andate allora da M. Pasteur, o fatevi mettere la museruola!

Ditemi un po' una cosa: v'imaginereste, per caso, di essere il primo a dirmi delle storie simili?… Connu, connu, povero amico!… Perchè non v'innamorate dunque di cotesti signori? Ciascuno di loro possiede il segreto dell'Amore (con un A maiuscolo), il segreto del Grande Amore!… «Associatevi» dunque, al loro «Destino!…» Probeblatt gratis!… Chi non respinge il primo numero si ritiene abbonato!… Io torno à mon idée: facciamo i cantonieri!

Sul serio: voi avete preso ciò che qui si dice una cantonata. Sapete che cosa ho fatto? Ho contato quante volte nella vostra lettera avete scritta la parolaamore. È come pei treni; che cosa volete! Quando l'on s'ennuie, tutto è buono. Dunque, voi avete scrittoamoretrentasette volte. Zur Güte, mi sapreste dire qu'est-ce-que c'est que ça? R. S. V. P… Sentite dunque; qualcuno si è tirato, per me, un colpo di pistola al cuore, o, più esattamente, sotto la clavicola. La palla è penetrata fra la terza e la quarta costola, ha intaccato il polmone, e non si è potuta cavar fuori. L'individuo è stato un mese tra la morte e la vita; finalmente il s'est tiré d'affaire. Je ne m'en porte, come voi vedete, nè meglio nè peggio. If you please, non partite di qui per tirarvi un colpo di revolver alla tempia, che è le bon endroit, come dice Dumas fils nellaBoîte d'Argent(l'avete letta?). Ce serait grand dommage! LoStabia's Hallverrebbe privato di uno dei suoi frequentatori più charmants. Voi vedete che io sono equa, e che faccio onore ai vostri talents d'agrément.

Torniamo dunque, come voi dite, in carreggiata. Cercando bene, ho trovato nella vostra lettera una definizione, ou presque, dell'amore; il quale sarebbe il «sacrifizio ditutto.» Ditutto, e pas plus que ça? Ma è troppo poco!… Tenez, vi ricordate di quel signore polacco che mi presentarono domenica passata alPozzano, e che mi strinse la mano con la sinistra? Era una conoscenza delle mie, vous en doutiez vous? Quel signore ha avuto tagliato il braccio destro in seguito a un colpo di pistola che gli ha spezzato il radio. Je m'y connais, in anatomia! Il colpo di pistola lo ha preso in duello, col signor principe Dimitri Borischoff, governatore di Kiew ed anche un po' mio marito. Quel signore non può più tornare in Russia, dopo essere stato sorpreso a tricher al Circolo Imperiale di Mosca, e dopo aver commessi due piccoli falsi, rien che per potermi seguire da un capo all'altro dell'Europa, dal Ladoga a Biarritz. Vi ricordate che era en grand deuil? Era per suo padre, buttatosi per la vergogna—dicono—e pel dolore, sotto un treno diretto. Si deve esser fatto un male orribile! Aussi, che modo selvaggio di spedirsi all'altro mondo! Ne peut-on s'y prendre con più garbo? Voi, per esempio, mio caro idealista, vi anneghereste in un lago azzurro, una notte azzurra, da una barca azzurra…. A Capri, per esempio; ça vous va-t-il? Già, voi avete un penchant per gli annegamenti. Non mi avete scritto che lasciate annegare la vostra anima «al suono della mia voce» ed «al profumo dei miei capelli?» Pardon, della mia «nebbia d'oro.» Perchè i miei capelli sono della «nebbia» e questa «nebbia» è per giunta «d'oro!» Ciò mi ricorda un poetino, morto poitrinaire laggiù in Russia—per me, on prétend—il quale chiamò una volta i miei occhi dei «diamanti neri.» Dire che il povero maestrino non ne aveva visti nè neri nè bianchi, in fondo a quel villaggio della Siberia dove mi confinarono le cure del principe Dimitri Borischoff, governatore di Kiew ed anche un po' mio marito!

Voi non conoscete il principe Dimitri? Avete torto. Per voi, che fate professione di scrittore, sarebbe un tipo interessantissimo. Qu'à cela ne tienne; posso darvi qualche renseignement; je me flatte di conoscerlo abbastanza. Dunque, il principe Dimitri è un russo; ma quel che si dice un russo puro sangue. Voi non conoscete la Russia? Avete torto ancora. È una terra vergine; non v'immaginate però di andarla a conoscere nelleTerres viergesdi Turguenieff. Per tornare al principe Dimitri, rappresentatevi, al fisico, un cane bull-dog, un bull-dog in giubba e cravatta bianca, che si tenga raide sur ses pattes, e ne avrete un'idea sufficiente. Quando era nella diplomazia, feu M. de Gortschiakoff ne faceva un grandissimo conto, e il n'était pas dans son tort. Pieno di forme—per esempio!—corretto, digne, impeccabile! Avec ça, egli è molto attaccato alle patrie tradizioni, ragione per cui è ben visto a Corte, e tiene in grande onore lo knut. Ne avete sentito parlare? È uno strumento, my dear fellow, del quale a noi russe non bisogna parlar male. Catulle Mendès ha molto torto di chiamar mostro quella ragazza, che avendo vista una esecuzione di knut, si sostituì alla serva condannata a 25 colpi, per farseli dar lei. Voialtri latini avete la rettorica nel sangue. Perchèmostro? Non sapete dunque che tous les goûts sont dans la nature? Non nego che applicato sulle spalle d'un idealista come voi, lo knut farebbe guarire ipso facto (un po' di latino non guasta) le più strane fantasie. Ma io son grata al principe Dimitri di avermelo fatto conoscere. Egli ne era professore, et je ne regrette pas le sue lezioni. Bisogna tâter un po' di tutto. Però, siccome tutto si paga in questo basso mondo, dopo una lezione di knut non si può andare, per esempio, en grand décolleté al ricevimento dell'ambasciata, e si soffre qualche poco al circolo dell'imperatrice. Non importa!… La vita in Russia, col principe Dimitri, governatore di Kiew ed anche un po' mio marito, è piena di distrazioni. La villeggiatura in Siberia, per esempio, in inverno, è on ne peut plus divertita. D'inverno, in Siberia? domanderete voi. Sì, mio caro, quistione di temperatura e di… temperamento. Voi dovete sapere che il principe Dimitri ha sempre presso di sè il dottor Baribine, al quale è affidata la vostra salute. Quando il principe domanda: Pietro, come sta la principessa? Pietro risponde: la principessa ha bisogno di un clima freddo. E il principe Dimitri vi manda in Siberia. Regola generale: quando il principe Dimitri s'informa della vostra salute, il dottor Baribine ha pronta la sua ordonnance. Un'altra volta il principe domanda: Pietro, di che cosa soffre la principessa? Baribine risponde: la principessa ha bisogno di riposo. E il principe vi manda nel castello di Paliskaja, dove non entra e di dove non esce âme qui vive. Un bel giorno si sentono delle fucilate; sono gli uomini del principe che tirano contro un cacciatore curioso, sorpreso a guardare alle finestre, e lo stendono morto. In questo castello di Paliskaja, si sentono la notte—histoire di non dormir troppo—dei rumori strani, gemiti sordi come di persone a cui si applichi la question; è il vento—rien que ça—il vento che s'ingolfa sotto le arcate, per le coulisses, e che fa stridere le girouettes! Ah, un gran dottore, il dottor Pietro Baribine! Dopo eseguite le sue ordonnances, voi tornate completamente rifatto; voi potete andare ogni sera dans le monde; e gare a mancare un solo invito! Il principe Dimitri si avanza verso di voi, col suo sorriso di bull-dog che scopre le sue zanne… e voi vi alzate subito, andate a fare un petit bout de toilette, sedotto da tanta amabilità.

Ah! ah! ah! Voilà che ricomincia! Ah! ah! ah! Sapete a che cosa penso? Alla vostra lettera, amico mio, alla vostra lettera famosa, colossale, gigantesca! «Voi non sapete che io vi porto nel cuore? Come è mai avvenuto, buon Dio, che io abbia messo tanto tempo a dirvelo?… Egli è che voi siete sola, che voi non avete nessuna forza presso di voi che possa difendervi; egli è che sarebbe stato offendervi il parlarvi d'amore, che le grandi parole avrebbero potuto nascondere il calcolo vigliacco di pervenire a voi per mezzo della vostra debolezza…» Ah! ah! Parfait! Voi siete tutto ciò che v'ha di più moyen âge! Come un cavaliere errante, voi andate in cerca di avventure… oh, pardon! è venuto da solo; io non l'ho fatto exprès!… Eh, «buon Dio!» voi avete una grande inclinazione per le vie di traverso! Assolutamente, non sapete dove metter le mani!… Bisogna che io completi la vostra educazione mondaine, volete? Temo soltanto di dover spezzare «l'ideale» che vi siete formato di me. Incolpatene vous-même; voi sapete che cosa dice la saggezza delle nazioni: la plus belle fille du monde ne peut donner… quel che non ha più!

Quanti anni avete?… Sono sicura di non essere indiscreta; voi siete così giovane che per dieci anni ancora non sarà la pena che ne nascondiate qualcuno. Ventotto anni? Trenta? C'est la fleur même de l'age! Volete sapere l'età mia? Con tutta la buona volontà del mondo, l'affare non sarà così facile. Se il tempo ha le ali, io faccio del mio meglio per corrergli dietro. È un combattimento ad armi corte; ma vi assicuro che non ho aucune envie di fare la vieille garde!… Quando sarà venuto il momento psicologico (…. per modo di dire) io mi arrenderò, con armi e bagagli. Toujours est-il che sono ancora presentabile, am I not? E voi avete il toupet di non «domandarmi nulla» di voler soltanto «vivere nella mia ombra» contento soltanto se le mie mani saranno «pietose alle ferite del cuore!» Honny soit qui mal y…. pense!… O merveille! o stupore! Messieurs et mesdames; entrate! Ecco l'uomo che non domanda nulla; toccatelo: è di carne e d'ossa; on ne triche pas, quoi! L'uomo che non domanda nulla! On ne paie qu'en sortant!… Sapete dunque di chi mi avete l'aria? Di quei giovanotti e di quelle ragazze che se ne vanno a far delle copie al British Museum, e si attaccano un écriteau, dove dice: visitors are requested not to stand round the student!… E i borghesi della City, le loro mogli, la loro discendenza e le loro serve si dispongono intorno allo studente, che si studia d'essere studiato! Qua la mano: vi facevo più spirito; parole d'honneur!

Dopo tutto!… A guardarci de près, io m'accorgo di essere ingrata verso di voi. Sapete che cominciavo ad annoiarmi, con questo golfo sempre dinanzi, con questo verde sempre di dietro, con questi mannequins sempre d'intorno? Ah, la noia, la noia vasta, profonda, irresistibile; la noia che vi afferra le mâchoires e che ve le disloca, la noia che vi inchioda in fondo a una causeuse, e che non vi dà guère l'envie de causer, e che vi mette una cappa di piombo sulle spalle e sul petto, come ai dannati del vostro Dante! Ah, la noia che vi accompagna dovunque, come la vostra ombra; che si attacca a voi, che vi penetra tutto, che finisce per diventarvi quasi indispensabile! Qual è stato l'uomo di spirito che ha scritto questa confessione profonda: Mi annoio tanto, che se non mi annoiassi, mi annoierei? Tenez, lo abbraccerei, se fosse qui! J'ai vécu, caro mio. E ne ho viste, come voi dite, di crude e di cotte. Quasi quasi je regrette lo sport knutesque di cui è professore il principe Dimitri Borischoff, governatore di Kiew ed anche un po' mio marito. Quasi quasi vorrei ricorrere alle ordonnances del dottor Baribine…. Tenez, sbadiglio! Come ho fatto a scrivere tanto? Je n'en reviens pas encore! Domani, meno male; avrò la curiosità di vedere quelle mine voi farete; ma dopo domani, que vais-je devenir? Tutto sommato, me ne andrò a Loèche. Di li passerò a Londra, per la season. A luglio sarò in Normandia, a Honfleur o al Tréport, c'est selon. In agosto verrò un'altra volta a casa vostra; passerò una quindicina di giorni sui laghi.

Vous voyez; faccio di tutto per distrarmi; ma prevedo che incontrerò difficilmente una persona che mi diverta più di voi. Senza rancore!

Toute à vous

Post-scriptum,—La vostra amabilità merita bene un premio. Mi permetto di offrirvelo, sotto forma di un consiglio. Se volete riuscire con le donne, non le fate ridere.

Alla signora Caterina, principessa Borischoff,

Castellammare.

Hotel Royal.

Signora,

Sono mortificatissimo di doverle dire che Ella si è stranamente ingannata sul conto di quel manoscritto da me inviatole. Oltremodo sensibile all'interessamento che Ella mostrò di prendere alla nostra letteratura, e per obbedire al desiderio espressomi di leggere qualcosa di mio, mi recai ad onore di farle pervenire quella novellina che, sotto il titolo diUna Dichiarazioneella potrà rileggere—se l'ha fatta ridere tanto—in un prossimo numero delFanfulla della Domenica. La colpa del curiosissimo equivoco è….—rida ancora!—del litografo Richter. Se egli mi avesse mandato i biglietti che aspetto da una settimana, ne avrei messo uno, con qualche parola di accompagnamento, dentro la busta contenente il manoscritto. Così, senza nessuna spiegazione, Ella lo ha preso per quel che non era, ma che del resto avrebbe potuto essere! Non mi dica che faccio il galante; la galanteria suppone—de part et d'autre—un piccolo fondo di menzogna, e ciò che io le dico è l'espressione sincera del mio pensiero. Una signora di spirito come lei, è capace di tutto, anche di darne a chi non ne hade son chef.

Chiamato da affari urgenti a Roma, mi rincresco infinitamente di non poter venire a salutarla di persona. Ma giacchè Ella andrà ai laghi in agosto, avrò l'onore di rivederla lì, quantunque sarà difficile che mi vi anneghi secondo il suo desiderio. Ad ogni modo, trovi Ella qui l'espressione dei miei più vivi ringraziamenti pei consigli materni di cui mi è stata prodiga, insieme con l'attestato del mio più profondo rispetto.

Devotissimamente

TELEGRAMMA.Guglielmo Valdara, Roma.

Venite.


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