Chapter 14

184.La copia della lettera, che scrisse Giulio Genoino al re Filippo IV, quando gl'inviò il modello, leggesi ne'Soccessi varii, fol. 428, 4.185.Carta de aviso della gratia ricevuta da sua Maestà ai 12 febbraio 1634.Soccessi variicit. f. 420 c. In piedi si nota: dal suo originale delli fragmenti remasti dalle scritture del Genoino portata in questo luogo nel 1672.186.V. Biglietto del Vicerè al Reggente Matthias Casanatte, neiSuccessif. 431. Il fatto è narrato pure abbastanza diffusamente dalCapecelatro,Annali, p. 158.187.Apologia di Giulio Genoino all'Abbate Torrese, f. 432.188.Racconto, f. 8 ec.189.Bisaccioni,Op. cit.P. II, p. 129.190.Campanile,Diario, f. 16;Tontoli,Il Masaniellop. 132.191.Campanile,Diariof. 13;Diario anonimoMs. p. 30, e 11;Raccontocit. al dì 13 luglio;Buragnap. 137;Nicolaip. 77:CapecelatroDiariop. 168.192.Secondo alcuni scrittori, la moglie di Masaniello andò più volte a Palazzo, prima della solenne visita della Domenica, ed ebbe in tale occasione, o in altre, parecchi regali. Il Fuidoro dice al f. 35 v. “quest'andare e venire in Palazzo della moglie di Masaniello et sua sorella, durò più volte sempre in carrozza fino a tanto che si fecero le capitolazioni. E, per imprimere azioni di corrispondenza fra di loro, acciocchè si fosse effettuata la capitolazione per la quiete, il Vicerè e la viceregina alternavano regali a Masaniello e a sua moglie, portati da soldati della sua guardia d'alabardieri et soldati di fanteria„. In un altro manoscritto che tratta pure dei fatti di Masaniello fino alla sua morte, e di cui non posso indicare il titolo, perchè monco del principio, si dice: “La signora Viceregina ha mandato in dono alla moglie del detto Tommaso Aniello un'altra collana d'oro con cannacca di diamanti; con gli orecchini anche di diamanti del valore di diecimila scudi in circa, et una catena d'oro alla siviglia a Giovanni d'Amalfi fratello del detto Tommaso Aniello, e parola di voler battezzare il figlio che haverebbe partorito la moglie del detto Tommaso per esser gravida, ed il titolo di Duca di S. Giorgio„. Il manoscritto contemporaneo si conserva dal mio egregio amico d. Bernardo Gaetani, cassinese, abate di S. Paolo in Perugia ed ora vescovo di Sansevero in Puglia. — Dei regali parlano pure altri scrittori del tempo, e specialmente ilGiraffi, giorn. VI p. 142, ilBirago,Delle Historie memorabili, Ven. 1663, p. 245, ed ilBuragnap. 137, che fa menzione di alcuni vestiti molto costosi, di scelte paste e di altre cose dolci.193.Alcuni dicono che la carrozza appartenesse al Duca di Maddaloni (Buragna156,Giraffi165); ma i più affermano che fosse di Corte.194.Basile,Pentam.ss, 10; Pragm. 446, eSupplem., I, 190.195.Sgruttendio,O. c.f. 80;Caputo,AnnaliMs. f. 48 mihi.196.La visita della moglie di Masaniello a Palazzo è narrata da tutti gli scrittori di quegli avvenimenti. Cito, tra gl'inediti,Campanilef. 160;Della Portaf. 56;Raccontoai 14 Luglio:De Fiore,Racconto dei tumulti popolari di Napoli, Ms.Diario anonimoMs. f. 38 v.; 43; e tra gli stampati:DonzelliO. c.p. 127;Capecelatro,DiarioI. 86;Giraffip. 166;Buragnap. 158;De Santisp. 108:De Turrip. 192;Mém. du baron de Modène, I, p. 148.Mi piace però riferire le parole del gentiluomo della Corte della Viceregina sul proposito, che si leggono nelMs. Relacionesecc., di cui ho parlato più sopra nellaNotiziapremessa a questo libro: “A las siete de la tarde fue la mujer de Masaniello con sus parientas a ber a mi Señora la Duquesa, vestidas de tela de oro, y su Excellenzia las dio a todas halandrias.„ f. 17. Aggiungo la notizia, che ne dà D. Miguel de Miranda altro gentiluomo spagnuolo al signor Duca di Montalto, in questo modo: “No perdono el desbanecimiento a la mujer de Thomas Anielo, y el ritentar ber a so Ex.ª la Señora Duquesa de Arcos, y asi se dio a intender quererla visitar; y como en su Ex.ª son yguales la grandeça y agasado no les nogu la acojida, dispuso de la benida de esta Dama al Castillo ynbiando las carroças que la trajessen, prebiniendo las sillas, enquien trase con su madre y parientes. Los adornos, con que benia eran mejorados en la sustancia, mudados ya el lienço y lana en sedas y telas de oro, tan ajustado a su traje que auno havia dejado la forma de la marineria, culpa o descuydo del tiempo, pues obrando tan apriesa en el marido, ce descuydo del aseo de la muger. Mandola regalar Su Ex.ª con una joja de balor, a su Hermana con una cadena, y a las de mas con muchos dulces que llebaron„ f. 750. — Le parole poste in bocca alla Viceregina ed alla moglie di Masaniello sono testualmente riportate da' più gravi scrittori di questi avvenimenti.197.DonzelliO. c.p. 81 — Che fosse stata regalata la moglie del Visitatore perchè non si togliesse la gabella sui frutti lo asserisce ilPollioO. c.f. 305, e lo fa intravedere ilDe Santisp. 26. Egli come dice costui a p. 4,sotto il manto del servizio del re cercava i proprii interessi.198.Il Pollio così racconta questo fatto: “La moglie di Masaniello al ritorno da Palazzo fu accompagnata alla carrozza dai Tedeschi con le Alabarde, e questo fu da me visto con la carrozza di S. E., e con un presente appresso di detta carrozza, portato sopra di un portarobba, coperto con una tovaglia di taffetà turchino; che fusse dentro non posso sapere„ f. 40. Ed altrove ripetendo, dice: “La mooglie di Tommaso Aniello, licenziata e fattole un gran dono dalla Viceregina di argento et oro et gioie, di modo che furon ricevute dentro un canestro spaso et accompagnatele fino alla scala... e per Napoli andarono li detti Labardieri et servitori con li donativi appresso della carrozza, et quando furono di nuovo nel Mercato sonorno di nuovo le trombe.... et smontate...., riceverno lo detto reale (regalo) portato dalli Tedeschi„. f. 240 v.199.Con questo titolo solevano allora chiamarsi le donne attempate della più bassa plebe, maritate o vedove che fossero. In tempi più antichi era esso una qualificazione onorifica delle regine e delle persone reali, non fanciulle. V.De Ritis,Vocab. Nap.in v.200.Questo bando leggesi nella sua originaria pubblicazione tra iBandi editti, capitoli ed altri ordiniemanati durante la rivoluzione del 1647, rara ed importante collezione, che si conserva nella biblioteca dei PP. dell'Oratorio o Gerolamini di questa città. È segnato col num. d'ordine IX. Nessuno degli scrittori recenti di quella rivoluzione lo ha ristampato, o ne ha fatto cenno. Ai 19 luglio fu replicato altro bando sul proposito, che con altri dello stesso tempo tanto in stampe originali, che in copie Mss. si conserva da me, ed è riferito nell'Appendiceal n. 3.201.Pollio,Op. cit., f. 242 v.202.Con tutte le mende da fuora, dice ilPollioOp. cit.fol. 42 v. Altrove ripete: pigliorno la moglie et la sorella..., che le portavano collegranfenel petto f. 242 v. — La ragione o almeno il pretesto di un tale trattamento ce la dà il Ms., di cui ho parlato nella nota (89) che dice: “havendole il popolo tolto alcune perle, e quantità di zecchini, che aveva posto in petto„.203.Costui era stato ucciso nella stessa mattina a buon'ora. Era figlio del dott. Matteo Vitale della Cava, che in tempo del governo del Duca d'Ossuna volendo esser nominato governatore della casa dell'Annunciata, offrì al Genoino una somma di danaro, il che saputosi dal Duca l'obbligò a spenderla in servizio del pio luogo, facendone costruire una grossa lampada d'argento a forma di nave per la Chiesa.Campanilefol. 17 v. Postilla neiSuccessicit. f. 369.204.Istoria della vera cagione, e dei principali motivi della solleuazione napoletana accaduta nel 1646(sic)al tempo de Tommaso Agnello di Amalfi descritta da D. Carlo Calà duca di Diano.Ms. di c. 109, una volta posseduto dal Miniconi, che termina colla morte di Masaniello. V. a f. 79.205.Giraffi,Le rivoluzioni di Napoli, p. 190, ediz. del 1705. Quest'opera che va anche sotto il nome di Nescipio Liponari, e tratta solo delle dieci giornate di Masaniello, ha avuto moltissime edizioni. Le più antiche sono quelle di Venezia 1847, e di Padova (Napoli) e Gaeta 1648 in 8º. In quest'ultima vi è aggiunto un curiosodiscorso sopra i quarantaquattro ribelli bruciati ed incendiati dal popolo fedelissimo napoletano l'anno 1647, dove nome per nome si raccontano tutt'i loro passati difetti; e sono 44 quartine composte da un poeta sciocco ed ignorante per nome (se pur non è finto) Simone Alleone.Il libro del Giraffi ha avuto pure due traduzioni, una in olandese e l'altra in inglese; ambedue stampate nel 1664. Per cortesia dell'egregio Signor Adolfo Parascandolo, io recentemente ho potuto vedere la traduzione inglese, che per essere poco nota, e per la sua seconda parte, che contiene la storia della rivoluzione fino alla prigionia del Guisa, merita che io ne faccia qui speciale menzione. Essa si compone di due parti. Il titolo della prima è il seguente;An exact history of the late revolutions in Naples, and of their monstrons successes not to be paralleled by and ancient of modern hystory: published by the lord Alexander Giraffi in Italian, and (for the rareness of the subject) rendered to english by J. H. Esq. (James Howell). In two parts. London 1664 in 8º.Questa prima parte, che è tradotta dal Giraffi, ed ha innanzi il ritratto di Masaniello, consta di 154 pagine oltre la dedica e finisce colManifesto del fedelissimo popolo di Napolidel 17 settembre 1647. La seconda parte è così intitolata:The second part of Masaniello. His body taken out of the Town-Ditch, and solemny buried with epitaphs upon him. A continuation of tumult; the D. of Guise made Generalissimo; Taken prisoner by young Don John of Austria. The end of Commotions by J. H. Esq.London 1666. Essa ha innanzi i ritratti a medaglioni di Genoino, Masaniello e Gennaro Annese, e consta di p. 123 oltre la dedica ed un proemio, nel quale l'a. dice di aver composto questa sua storia sopra autentici manoscritti e sopra collazioni e confronti di lettere scritte da diversi distinti personaggi. Nell'opera poi egli comincia dal ricapitolare i fatti narrati nella prima parte e riporta pure il sonetto:Altra paga sperai, altra mercede, e l'iscrizione composta da Bernardo Spirito pel monumento, che si voleva erigere nella piazza del Mercato. Narra indi i fatti del secondo (p. 32) e del terzo (p. 44) tumulto, e finisce coll'entrata degli Spagnuoli e colla partenza di D. Giovanni d'Austria. Singolare è la notizia, che trovo in questo racconto ap. 116, di essersi cioè nel tumulto accaduto nel febbraio 1648, inteso tra gli altri gridi quello di:Viva il parlamento d'Inghilterra.Ora il libro trovasi nella biblioteca dellaSocietà Napoletana di storia patria.206.Il fratello di Masaniello cercato nella sua casa dopo la morte di quello, si salvò fuggendo per gli astrici, secondo si afferma da un contemporaneo, che scrisse dei fatti accaduti dal 7 luglio al 6 ottobre 1647 in unaStoria della sollevazione del 1647; Ms. di cui ho fatto menzione sopra.207.Pollio,O. c.f. 43. Ivi lo scrivano è chiamato Vito, e poi sopra è aggiunto Tonno o Antonio.208.Il bando del 17 luglio è riportato dalDe Santis, p. 117, il quale soggiunge che parve al popolo che esso avesse del maligno, perchè non comprendeva il cognato di Masaniello. E però il Vicerè con un secondo bando del 21 luglio non riferito da alcuno, ripetè l'indulto del 17 aggiungendovi anche il cognato di Masaniello, che era stato nell'antecedente omesso. Ambedue i Bandi si trovano nella miaCollezione di bandi, Capitali, editti, ed ordinidel 1647-48.209.Buragna,O. c.P. II, p. 4;Capecelatro,Diario, I, 98.210.Capecelatro;l. c.Della casa del Genoino a S. Agnello dei Grassi parla della Porta.211.Piacente,Storia del 1647p. 69;De Santis, p. 128,Capecelatro, p. 136, 137,Raccontoai 13 agosto.212.LaPlateadi S. Severino, che io ho consultato e che un tempo conservavasi nel monastero, fu fatta tra il 1779 ed il 1790 sopra registri più antichi. Le notizie sulla regione diCapo di Piazzain essa notate sono le seguenti: “A' 5 febbraio dell'ind. 14, regnando Errico imp. Pietro di Moneta donò al Monastero una casa con orto sita dentro Napoli; dentro di un portico comunale in capo della strada dettaCapo di Piazza, pertinenza di Portanova non lontana dalla porta dettadelli Monaci, giusta li beni di Elia Ganga, di Giuda ebreo, ed altri confini, come dalLibro dell'inventarion. 1977; ed a 6 decembre 1198, in tempo di Federico II, il monastero diede a censo di un sestaro di olio ad Adam Scatola e suoi figli mascoli tantum, una porzione di detta casa che allora era rinnovata, vicino alla chiesa dei SS. Cosmo e Damiano, la corte comune ed altri beni del Monastero, la via pubblica ed altri confini come dall'Inventarion. 1898; e nell'anno 1263 il Monastero dà a censo di due sestara di olio a Tommaso Saperta un'altra porzione di detta casa, sita ut supra, giusta la strada che va a Sant'Arcangelo, lo muro pubblico e la Torre vecchia della città con altri confini, come dall'Inventarion. 28; e finalmente nel 1267 il Monastero diede a censo di tarì 7 e mezzo l'anno a Giovanni Scossidato parte di dette case site ut supra, giusta la chiavica che scorre per li Ferri Vecchi, come dall'Inventarion. 74.„In un inventario fatto nel 1454 si fa menzione che il Monastero possedeva “una casa grande isolata dalle vie che la circondavano con molti membri, posta nelle pertinenze di Portanova, dove si diceCapo di Piazza, dalla parte dov'è il principale ingresso, giusta la via pubblica che viene dalla Sellaria e va al Seggio di Portanova, dall'altra parte giusta la via per la quale si va al vicolo delli Coppola, e dall'altra parte giusta il vicariello posto tra le dette case ed il fondaco della chiesa dell'Incoronata, per la quale passa la via, che scende da Pistase, dall'altra parte giusta la corte, per la quale si passa alla Rua delli Spadari o Armieri, come dall'Inventarion. 260„.Plateacit. f. 126.213.Il Vicodeposolum qui et armentariorumtrovasi in un doc. del 966 v.Reg. Neap.nn. 156, 374, 445. Del fondaco di S. Martinointer plateam armentariorum et Judecamsi ha memoria negliActa visit. Cathedr. ab arch. Ann. de Capua; a. 1580 f.214.Plateacit. f. 805.215.Generalmente costui anche dagli scrittori contemporanei è chiamato Gio. Vincenzo Starace, ma egli nei registri dell'archiv. munic. si firma sempre Storace. — Del terribile fatto parlano largamente ilSummonte. (O. c.IV, p. 446 e ss.) che con esso pone termine alla sua storia, ed il Costo nelle addizioni alCollenuccio, III, p. 399 e ss. Una narrazione speciale di esso fu pubblicata nell'Archivio stor. per le prov. Napolitane, a. I, pag. 131, ed un'altra intitolata:Dell'infelice morte di Giov. Vincenzo Staracetrovasi al f. 838 del Ms. della bibl. Nazionale segnato V, C, 51.216.Il disegno di questo monumento infame può vedersi nel Mutinelli,Relazione degli ambasciatori venetiecc. II, p. 166, ed ora dal medesimo è stato riprodotto nella recente pubblicazione deiDiurnalidi Scipione Guerra: l'iscrizione è riportata dal Parrino, I, p. 374.217.Relazione dei 20 giugno 1586 presso il lodato Mutinelli, II, 158.218.V. la mia scritturasulla casa di Pietro della Vigna in Napoli nel Rendiconto dell'Accad. Pontan.a. 1858. NelGiornale storicoda me sopra citato alla nota (74) sotto il mese di aprile 1649, si narra la modificazione fatta dal Vicerè al fondaco della Zecca de' Panni nel seguente modo: “L'eccellenza del signor Vicerè di Napoli, Conte di Gnatta (sic) avendo visto e riconosciuto il luogo della Zecca de' Panni di Napoli, ed essendo stato di persona a vedere detto luogo ch'era rinchiuso a modo di Sinagoga, che chi non ci avea che fare non potea in detta Zecca entrare, per essere un Benevento piccolo[219], dove di continuo si commettevano diversi peccati, ordinò che come stava rinchiuso s'aprisse, e che si potesse passare dall'una parte all'altra, cioè dalla parte della Selleria si buttarono quattro botteghe con tre appartamenti, uno sopra l'altro, e si fè una larga strada di palmi 60, con buttare anco molte altre case dentro di detta Zecca, e si fè un largo grande come ho detto, tanto dalla parte di S. Palma dalla strada delli Ferri Vecchi... e per grazia di Dio benedetto si è levato quel nido di tante male genti, che in Napoli quando si dicea, Dio ti guardi degli uomini della Zecca, Dio te ne liberi, che questi uomini della Zecca de' Panni, sono uomini senza coscienza, nè hanno timor di Dio. Ms. elt. f. 57„.219.Benevento, appartenendo allora alla Chiesa, era l'asilo di tutti coloro, che potevano temere la giustizia del governo di Napoli.220.A dichiarazione e documento di quanto ho riferito nel racconto, raccolgo in questa nota le poche memorie, che ci rimangono intorno al sedile diCapo di Piazza, le quali si collegano alle vicende deiSedilidi Napoli, argomento importantissimo per la storia di questa Città e non ancora trattato, come dovrebbe esserlo, dai nostri scrittori. Una larga discussione, comunque fosse necessaria, sarebbe qui certamente, affatto inopportuna.Or tralasciando i tempi più antichi, da sicuri documenti è dimostrato che verso la fine del secolo XIII ed i principii del XIV, la nostra Città per la tassa delle collette e per le altre contribuzioni, o servizi fiscali era divisa in tante regioni o piazze, il numero ed il nome delle quali variano talvolta secondo l'aggregazione e la separazione di talune delle vie che le componevano, e secondo il predominio che davasi piuttosto all'una che all'altra di esse. Nel 1301 queste piazze erano quindici per i nobili, e 33 per i popolani[221]; con quest'avvertenza però che alcune di esse, per la contemporanea esistenza di ambo i ceti, si veggono ripetute nell'una e nell'altra categoria. Non è certamente inverisimile che tutte questepiazze, com'è indubitato per la maggior parte, avessero un proprio luogo, ove i nobili che i popolari, ivi abitanti, potessero radunarsi per discutere la distribuzione delle tasse fra i contribuenti, la nomina dei giudici annuali, l'amministrazione delle estaurite proprie, ed altri pubblici negozi della piazza, o anche semplicemente per oziare in private conversazioni. Questi luoghi che si chiamavanotocchi,sedili, oteatri, esistevano da tempo antichissimo nella vecchia città, e non erano, come generalmente si è creduto, un ritrovo esclusivo de'maggiorentie dellanobiltà. Nel 1806, imposta la gabella delbuon danaro, destinata principalmente al pagamento delle collette, ed aboliti o tramutati in altre prestazioni i servizi reali e personali, non si trova più documento alcuno, che ci ripeta la circoscrizione delle piazze del 1301 e la distribuzione delle tasse. Anche verso quel tempo, secondochè a me pare, iSediliebbero una prima riforma. Conseguenza di questo ordine di cose fu l'abolizione di molti Sedili, o forse anche la riduzione di tutti a 29, secondochè (comunque senza appoggiarsi a sicuro documento) i nostri scrittori affermano.Il seggio diCapo di Piazza, che dal Tutini per errore fu confuso con quello diSomma Piazza(Origine dei seggip. 46) era e restò dei popolari. Di esso trovo la prima memoria in un istrumento dei 29 novembre del 1265, ind. X, in cui interviene un tal Costantino Primesede illu Toccu publico de capu de Placza regione Portanobensis(Notam. Istrum. S. Marcellini, lit. K p. 151). In altro documento del 1304 nell'Archivio di Stato in Napoli si ha pure memoria che gli uomini diCapo Piazza, avendo acquistato da' Frati Predicatori del convento di S. Pietro Martire un suolo in quella contrada, che ad essi Frati era stato donato dal Re,construxerunt in terra hujusmodi vacua novum opus quod ad usum Sedile, seu segium deputarunt. E siccome ciò erasi fatto in pregiudizio dei dritti di Gualtiero Melia, al quale apparteneva il detto suolo, posto vicino alla sua casa, e ad un andito di essa; così il Re ordina al Capitano di Napoli, che esaminata la cosa, provveda alla giustizia (Reg. n. 135 (1304, C.) f. 179). — Poco dopo in un diploma del 1313 si fa parola di certa rissa accaduta insegio Platee capitis Platee(Camera,Annali, II, 211). Finalmente nel fascicolo 93 il 1.º a p. 562, in carta del 1349, questo sedile è chiamatoTeatro, e così pure in un istrumento del 1392 ricordato dal Tutini ne' suoiNotamentimss. nella biblioteca Brancacciana (II, E. 31) f. 96, ove dicesi posto inplatea Sellarie.Dopo quest'opera, come ho detto nel racconto, non trovo più menzione di esso nei documenti, e nelle memorie del tempo; il che mi ha fatto sospettare che, verso la fine del secolo XIV o i principii del secolo XV, si fosse trasformato in quello dellaSellaria, donde una ottina della Città prendeva pure allora la sua denominazione (V. la nota delle piazze popolari della città nel 1442 in Passaro,Giornalip. 14).Pel sito poi del seggio della Sellaria si vegga ilTutiniO. c.p. 170, il Celano ed altri. Secondo ilSummonte(I, 209), esso sarebbe stato nell'angolo del convento di S. Agostino; ma io credo che il benemerito scrittore fosse indotto a credere così dall'erronea applicazione, che egli faceva a quel sedile, della iscrizione antica, ov'egli malamente leggeva:In Curia basilicae augustinianae.221.Fasc. 9, f. 3 ap.Alitto,Vetusta r. Neap. monum.f. È allegato e compendiato dalSummonte, II, 365 e dalTutinip. 63. — IlBolvitonel vol. IV,Variarum rerum, Ms. conservato una volta nell'archivio dei santi Apostoli, ed ora nella biblioteca di S. Martino della nostra città al f. 18 riportando questo documento, nota:Subsequens collectarium extat scriptum in quodam augusti 1585 in fasciculo 9, f. 9. Nam extat colligatus in praedicto fasciculo insimul cum certis aliis consimilibus libellis, et propterea archivarius faciens fidem dicit copias fuisse extractas a praedictis fasciculis, sed in rei veritate extant scriptae in supradictis libellis, quorum aliqui sunt etiam de pergameno.222.DellaSellariorom ruga, ubi decurrit acqua de fonte Fistulaetrovasi menzione nel Registro n. 111 (1301 F.) f. 113, nel grande Archivio di Stato in Napoli.223.“Nell'anno 1334 a 13 Giugno II indizione in Napoli. Teodora del Gaudio, vedova del q. Bartolomeo Caracciolo Bisquitio, tutrice testamentaria di Cubello e Bartolomeo Caraccioli Bisquitij, fratelli, suoi nipoti, figli ed eredi del q. Filippo Caracciolo detto Bullone, in nome di detti pupilli; ed Alogara Piscicella, vedova del q. Matteo Caracciolo Bisquitio, milite, tutrice testamentaria di Nicolello, Alogarella e Mariella Caracciolo Bisquitie sue nipoti, figlie ed eredi del q. Filippo Caracciolo Bisquitio suo figlio, in nome similmente di detti pupilli, assegnarono a Belardisca Caracciolo Bisquitia moglie di Riccardo Filomarino milite, a Bianca, moglie di Tomaso Dentice, e Filippa, moglie di Tommasello Tomacello, sorelle figlie del q. Ligorio Caracciolo Bisquitio, milite, la lor porzione, cioè la terza parte lor toccata nella divisione fra di esse in detti nomi fatta di certe case vecchie ed orto, seu terra vacua, site dentro Napoli, giusta la via pubblica dettaPullaria, nella regione di Portanova....„ Come dall'istrumento fasc. 6, n. 65 nellaPlatea, oReassunto degli antichi strumenti che si conservano nell'Archivio del monastero di Santa Patrizia, già presso il Cuomo, ed ora nella biblioteca Municipale.224.Tutini,Op. cit.p. 171.225.Intorno all'abbattimento delsedile popolare, e successiva esclusione del popolo dal governo del Comune, momento importantissimo della storia di Napoli, grande confusione ed oscurità regna ne' nostri scrittori, e nelle scarse memorie, che ci rimangono di quell'epoca. Le cronache generalmente con poche parole e anche con qualche errore cronologico, accennano ad un tal fatto senza avvertirne la gravità. Così ilPassaro, ai 7 Dicembre, dice: “S'ei abbattuto lo siegio della Sellaria,„ col quale è concorde notar Ambrosio Casanova, nel suoProtocollo. V.Pelliccia, I, 152.Notar Giacomo, per l'opposto segna un tal fatto al 2 Dicembre 1465 con evidente trasposizione di cifre. Lo stessoPassaropoi nota a' 31 marzo 1457: “Se sono levate le silice della insilicata della Sellaria„ mentre notar Giacomo segna questo avvenimento a' 31 Maggio 1456. Finalmente un diploma citato dalSicola(Vita di S. Aspreno, II, 430) di Re Alfonso I, col quale a' 26 Marzo 1444, si ordina al Vescovo di Valenza che si togliesse il detto sedile, commettendone l'esecuzione a quattro gentiluomini del Seggio di Portanova, farebbe rimontare ad un'epoca più antica la disposizione, se non l'esecuzione di un tal abbattimento.Se non che qualche più precisa particolarità si può ricavare da una cronaca o piuttostoRaccolta di Cronachefatta verso la metà del secolo XVI, copia della quale Ms. si conservava dal lodato sig. Cuomo, ed ora trovasi nella biblioteca Municipale. NellaHist. Dipl. r. Sic. ab. a. 1250 ad annum 1266a p. (51) io ho fatto menzione di essa; ed in altra mia scrittura ne parlerò anche più diffusamente. Per ora mi basterà notare qui semplicemente come la medesima fosse nota al Tutini, il quale ne compendiò le parole a pagina 246 della sua opera sui seggi. Nella cronaca dunque si legge: “Alli 1456, alli 7 Dicembre, s'abbattè uno Seggio che stava alla Sellaria di Napoli, quale seggio l'havevano fatto li nobili cittadini popolani — Alli 1457, alli 31 di Maggio, fu un gran rumore nel Popolo contro li gentiluomini, ed ebbe ad essere grande scandalo per lo seggio abbattuto del popolo. Cavalcò lo re Alfonso e si fermò alla piazza della Sellaria, parlando a Giovanni Miroballi ed alli altri cittadini, (dicendo) che quello non era stato fatto a mala fine, ma perchè volea annobilire la città; che la strada della Sellaria era bella, (e che) se levava quello Seggio et una casa che stava al mezzo, per posser fare la processione et altre feste e giostre. E quello dì fece abbattere la casa, che stava allo costato dello Seggio, e dette fama che lo prossimo maggio si voleva fare una bella giostra alla tornata delle galere, cioè per tutto maggio ma per lo primo Sabato si faria la processione delli preti giorlannati con la testa e lo sangue di San Gennaro, e che Sua Maestà volea venire a stare a vedere alla Sellaria, e molte altre belle parole. Così per quello, come per la sua cavalcata e per sua presenza, in parte furo placati, e fè incontinenti incominciare a levare la silicata della piazza della Sellaria, e spianare lo terreno, come se ci volesse far la giostra, e la strata restò longa e dritta et eguale dal Capo de lo Pendino fino a lo pede della via di Pistaso. E lo dì seguente fè lo bando come al nuovo Seggio di Portanova, volea Sua Maestà aggregare li cittadini de lo Popolo grasso e furo fatti gentiluomini li Catanei, li Coppoli, li Miroballi per leggieri favori.„ Ms. p. 536 Cf.SummonteOp. cit.t. I, p. 209.226.Notar Giacomo,Cronica di Nap.p. 190, ePassaro,Giornalep. 73. — I principali patti delle capitolazioni conchiuse tra i nobili ed i popolani si trovano compendiati neiDiurnalidel Gallo ai 17 giugno 1495 p. 12; una copia poi dell'istrumento stipulato in quell'occasione, sebbene alquanto scorretta, leggesi nellaRaccolta di Cronache, di cui sopra ho parlato, a p. 869 con la data dei 12 giugno. Oltre a ciò, secondochè narrasi ivi a p. 856, prima che Carlo VIII fosse partito da Napoli (20 Maggio 1495) i popolani per mezzo di quattro cittadini, i quali furono Messer Parise Scotio, Messer Giovanni Folliero, Messer Antonio Sasso, e Messer Franco Fiorentino presentarono memoriale al re della città “che li facesse graziain scriptische potessero eleggere un loco della città dove si potessero adunare liberamente, e trattare le cose occorressero per loro seggio. Il re concesse le grazie, e fece chiamare gli Eletti gentiluomini dicendoli che volessero essere boni fratelli coli popoli (popolani), e che, come anticamente erano stati, in uno governo unitamente trattassero in S. Lorenzo le cose occorrenti per la città, e che essi erano cinque piazze e lo popolo una, che saria lo suo Eletto, e saria la sesta voce e saria lo suo reggimento popolare in la sala de lo inclaustro di S. Agostino, e fu chiamato lo primo Eletto del popolo, che fu Giovan Carlo Tramontano.„ Il fatto è riferito anche dal Summonte, il quale nel t. I, p. 145 compendia le parole di questa cronaca.Ma con queste capitolazioni non furono interamente acchetate le differenze tra i nobili ed il popolo. Restavan sempre materie di controversia, alcune delle quali furono definite da re Federico II d'Aragona nel 1488, ed altre dal re Cattolico nel 1506. Chi di esse vuole più ampie nozioni vegga il Summonte nell. c.e gli altri scrittori patrii.227.Ilcatafalconella piazza della Sellaria per la processione antichissima di San Gennaro cominciò a farsi nel 1528.SummonteI, 338. — Per la festa di S. Giovanni ai 24 giugno si veggano le descrizioni fattane dal Capaccio nel 1626 e 1627, dal Giuliani nel 1621, e dall'Origlia col libro:Il Zodiacoec. nel 1630 Cf.Monografia di S. Giovanni a MareperMichele Radognap. 74.228.Acta Visit. Paroch. maj.a. 1580, nella parrocchia di San Giorgio maggiore.229.Del Pendino di S. Agostino, la cui denominazione tirava anche per la via dei Calderai, si fa cenno nellaPlat.cit. di San Severino fol. 79. — Intorno alla nascita di Urbano VI parla ilSummonte, II, 453, ilTutini,Op. cit.p. 192, eCelano,Op. cit.IV, 185. Taluni però contraddicono ad una tale tradizione.230.Erano così chiamate allora le persone civili, e specialmente quell appartenenti al foro, dall'abito nero che portavano. V.Bandodi Gennaro Annese inCapecelatro,DiarioII,Ann.p. 68.231.Capecelatro, nelDiarioI, p. 109, e 116 dà le accennate particolarità intorno al Genoino.232.Che il clero napoletano in quel tempo fosse di sentimenti piuttosto francesi ed amico del popolo si rileva dalCampanile,Diario, f. 27, dalDella Monica, f. 129 v. e da altri. — IlBassopubblicò:Il trionfo della bellezza nelle nozze di Placido, ed Isabella de Sangro; Nap. 1640 in 12;Il Pomo di Venere, dramma per musica nelle feste delle nozze suddette. Nap. in 4, e lePoesie, Napoli 1645 in 4.233.Giannizzeri, parola tolta dalla lingua turchesca, con la quale gli spagnuoli chiamano quei del loro sangue, che sono nati da padre o madre forestieri nelle altre regioni d'Europa.Nicolai, p. 154.Interessatichiamavansi coloro, che avevano posto i loro capitali negli arrendamenti.234.V. Lettera del Card. Filomarino.Arch. Stor. It.IX, p. 390; e tutti gli scrittori della rivoluzione. IlDella Monica, Ms. cit. al f. 93 narra della madre di Masaniello.235.De Turri,Op. cit.p. 137.236.Di questa seconda sollevazione parlano più specificatamente ilRacccontoMs., ilRicca,IstoriaMs. cit., ilDiario, ed altri.237.NelDiario Anonimofol. 95, circa il 21 agosto si narra come il San Vincenzo, nipote del Genoino, si trovasse nel castello. “Ritrovandosi, leggesi ivi, una grossa moltitudine di Popolo avanti la casa di Giovanni Zavaglio, (Zevallos, poscia del principe di Stigliano), in strata di Toleto, di guardia, per non fare passare avanti li Spagnuoli, passò per detta strada GiuseppealiasPeppe Sanvincenzo, quale in detto tempo era giudice criminale, lo pigliarono con molti strapazzi e li levarono la toga da sopra e lo buttarono in terra, con dirli molte ingiurie e farli molti maltrattamenti, per la qual cosa fu forzato ritirarsi in Castello nuovo, dove stava salvato D. Giulio Genoino, suo zio„ — In seguito col c. 2 delleGrazie, concessioniecc. stipulate il 7 settembre fu stabilito che il Genoino ed i suoi nipoti fossero privati di tutti i carichi ed onori che avevano, e che fossero essi e loro discendenti in linea mascolinainfinitum disterratidal regno, per aver macchinato falsamente contro il fedelissimo popolo. Il Fuidoro, o Vincenzo d'Onofrio, in una postilla alDiariodel Campanile f. 25, tratta della fine di D. Giulio Genoino, e narra, che imbarcato coi suoi nipoti sopra il vascello di capitan Giaime Canales di Majorca andò in Sardegna, ove giunto, diede le lettere del Duca d'Arcos a quel vicerè, e fu trattato amorevolmente con alloggiare in palazzo per spazio di tre mesi e mezzo. Poscia, avendo deliberato di portarsi in Corte a Madrid, si partì di là, ed ammalatosi per via, sbarcò a Porto Maone, ove morì, e fu sepolto nella chiesa maggiore di Majorca.238.Queste parenti di Masaniello dopo qualche tempo furono ivi fatte morire.Capecelatro,Diario, II, 360. IlBrusoniStor. d'It.lib. XV f, p. 499 parla pure della sorella e del cognato di Masaniello, ed anche di un loro figliuoletto di anni tre.239.Capecelatro,Diario, II, 7;Campanile,Diario, f. 13.240.Del figlio di Masaniello, maschio o femina che fusse, non ho trovato memoria nei registri parrocchiali di S. Caterina inforo magno. Bisogna supporre che o la Bernardina dopo questo tempo avesse dovuto sconciarsi o che avesse partorito nel distretto di altra parrocchia.241.Turge-Loredan,Ètat de la repubblique de Naplesp. 71. Il libro è scritto sulle note dello stesso P. Capece, confessore del Duca di Guisa. Ivi si dice che il fatto avvenne nelle feste di Natale. Il Duca di Guisa però si vanta di aver egli mandato a chiamare la Bernardina per soccorrerla, a fin di gratificarsi il popolo.Memorie del Duca di Guisa, t. I p. 277.242.Lo stato triste e miserable, in cui si trovò la plebe in Napoli nell'inverno del 1648-1649 nei seguenti termini è esposto in una scrittura contemporanea: “Furono così grandi et inauditi i disordini cagionati dai popolari tumulti.... che, quelli per divina misericordia quietati, nell'anno seguente 1648 restò nulla di meno così nella città di Napoli come in tutto il Regno tanta estrema miseria, così gran penuria di tutte le cose, che il prezzo dei grani ascese al valore di duc. sei e più il tomolo, e di tutte le altre cose commestibili era la valuta esorbitantissima. Perlochè i poveri e particolarmente i figliuoli (che allora erano in gran copia) orfani derelitti, per aver la maggior parte perduti i loro padri o ammazzati o morti di disagio, si trovavano in estrema necessità.... a segno tale che estenuati dalla fame, dal freddo e da' cotidiani patimenti andavano mendicando il vitto. E quel che era peggio non essendo chi lor desse qualche limosina (per ritrovarsi in quel tempo ognuno secondo il suo stato in qualche bisogno) miseramente si morivano nelle pubbliche strade. E molti che nè anche avevano luogo da ricettarsi dormivano la notte sotto qualche supportico, tenna o baracca, o in altro luogo simile, dove oppressi dall'eccessivo freddo che fu in quell'anno, et estenuati dalla fame si ritrovavano la mattina morti, restando insepolti ed alle volte anche mangiati dai cani. Taccio le miserie delle povere filiuole di qualche età, che correvano grandissimo pericolo nell'onore e nell'offesa di Dio„.Del Conservatorio delle orfane di S. NicolaNotizia aggiunta alCampanile,Diariofol. 103, forse scrittura dello stesso. — Che Bernardina fosse poi divenuta pubblica meretrice nel borgo di S. Antonio Abbate lo affermano ilCapecelatroII, 360, ed il Pollio, la cui testimonianza più innanzi riporterò.

184.La copia della lettera, che scrisse Giulio Genoino al re Filippo IV, quando gl'inviò il modello, leggesi ne'Soccessi varii, fol. 428, 4.

184.La copia della lettera, che scrisse Giulio Genoino al re Filippo IV, quando gl'inviò il modello, leggesi ne'Soccessi varii, fol. 428, 4.

185.Carta de aviso della gratia ricevuta da sua Maestà ai 12 febbraio 1634.Soccessi variicit. f. 420 c. In piedi si nota: dal suo originale delli fragmenti remasti dalle scritture del Genoino portata in questo luogo nel 1672.

185.Carta de aviso della gratia ricevuta da sua Maestà ai 12 febbraio 1634.Soccessi variicit. f. 420 c. In piedi si nota: dal suo originale delli fragmenti remasti dalle scritture del Genoino portata in questo luogo nel 1672.

186.V. Biglietto del Vicerè al Reggente Matthias Casanatte, neiSuccessif. 431. Il fatto è narrato pure abbastanza diffusamente dalCapecelatro,Annali, p. 158.

186.V. Biglietto del Vicerè al Reggente Matthias Casanatte, neiSuccessif. 431. Il fatto è narrato pure abbastanza diffusamente dalCapecelatro,Annali, p. 158.

187.Apologia di Giulio Genoino all'Abbate Torrese, f. 432.

187.Apologia di Giulio Genoino all'Abbate Torrese, f. 432.

188.Racconto, f. 8 ec.

188.Racconto, f. 8 ec.

189.Bisaccioni,Op. cit.P. II, p. 129.

189.Bisaccioni,Op. cit.P. II, p. 129.

190.Campanile,Diario, f. 16;Tontoli,Il Masaniellop. 132.

190.Campanile,Diario, f. 16;Tontoli,Il Masaniellop. 132.

191.Campanile,Diariof. 13;Diario anonimoMs. p. 30, e 11;Raccontocit. al dì 13 luglio;Buragnap. 137;Nicolaip. 77:CapecelatroDiariop. 168.

191.Campanile,Diariof. 13;Diario anonimoMs. p. 30, e 11;Raccontocit. al dì 13 luglio;Buragnap. 137;Nicolaip. 77:CapecelatroDiariop. 168.

192.Secondo alcuni scrittori, la moglie di Masaniello andò più volte a Palazzo, prima della solenne visita della Domenica, ed ebbe in tale occasione, o in altre, parecchi regali. Il Fuidoro dice al f. 35 v. “quest'andare e venire in Palazzo della moglie di Masaniello et sua sorella, durò più volte sempre in carrozza fino a tanto che si fecero le capitolazioni. E, per imprimere azioni di corrispondenza fra di loro, acciocchè si fosse effettuata la capitolazione per la quiete, il Vicerè e la viceregina alternavano regali a Masaniello e a sua moglie, portati da soldati della sua guardia d'alabardieri et soldati di fanteria„. In un altro manoscritto che tratta pure dei fatti di Masaniello fino alla sua morte, e di cui non posso indicare il titolo, perchè monco del principio, si dice: “La signora Viceregina ha mandato in dono alla moglie del detto Tommaso Aniello un'altra collana d'oro con cannacca di diamanti; con gli orecchini anche di diamanti del valore di diecimila scudi in circa, et una catena d'oro alla siviglia a Giovanni d'Amalfi fratello del detto Tommaso Aniello, e parola di voler battezzare il figlio che haverebbe partorito la moglie del detto Tommaso per esser gravida, ed il titolo di Duca di S. Giorgio„. Il manoscritto contemporaneo si conserva dal mio egregio amico d. Bernardo Gaetani, cassinese, abate di S. Paolo in Perugia ed ora vescovo di Sansevero in Puglia. — Dei regali parlano pure altri scrittori del tempo, e specialmente ilGiraffi, giorn. VI p. 142, ilBirago,Delle Historie memorabili, Ven. 1663, p. 245, ed ilBuragnap. 137, che fa menzione di alcuni vestiti molto costosi, di scelte paste e di altre cose dolci.

192.Secondo alcuni scrittori, la moglie di Masaniello andò più volte a Palazzo, prima della solenne visita della Domenica, ed ebbe in tale occasione, o in altre, parecchi regali. Il Fuidoro dice al f. 35 v. “quest'andare e venire in Palazzo della moglie di Masaniello et sua sorella, durò più volte sempre in carrozza fino a tanto che si fecero le capitolazioni. E, per imprimere azioni di corrispondenza fra di loro, acciocchè si fosse effettuata la capitolazione per la quiete, il Vicerè e la viceregina alternavano regali a Masaniello e a sua moglie, portati da soldati della sua guardia d'alabardieri et soldati di fanteria„. In un altro manoscritto che tratta pure dei fatti di Masaniello fino alla sua morte, e di cui non posso indicare il titolo, perchè monco del principio, si dice: “La signora Viceregina ha mandato in dono alla moglie del detto Tommaso Aniello un'altra collana d'oro con cannacca di diamanti; con gli orecchini anche di diamanti del valore di diecimila scudi in circa, et una catena d'oro alla siviglia a Giovanni d'Amalfi fratello del detto Tommaso Aniello, e parola di voler battezzare il figlio che haverebbe partorito la moglie del detto Tommaso per esser gravida, ed il titolo di Duca di S. Giorgio„. Il manoscritto contemporaneo si conserva dal mio egregio amico d. Bernardo Gaetani, cassinese, abate di S. Paolo in Perugia ed ora vescovo di Sansevero in Puglia. — Dei regali parlano pure altri scrittori del tempo, e specialmente ilGiraffi, giorn. VI p. 142, ilBirago,Delle Historie memorabili, Ven. 1663, p. 245, ed ilBuragnap. 137, che fa menzione di alcuni vestiti molto costosi, di scelte paste e di altre cose dolci.

193.Alcuni dicono che la carrozza appartenesse al Duca di Maddaloni (Buragna156,Giraffi165); ma i più affermano che fosse di Corte.

193.Alcuni dicono che la carrozza appartenesse al Duca di Maddaloni (Buragna156,Giraffi165); ma i più affermano che fosse di Corte.

194.Basile,Pentam.ss, 10; Pragm. 446, eSupplem., I, 190.

194.Basile,Pentam.ss, 10; Pragm. 446, eSupplem., I, 190.

195.Sgruttendio,O. c.f. 80;Caputo,AnnaliMs. f. 48 mihi.

195.Sgruttendio,O. c.f. 80;Caputo,AnnaliMs. f. 48 mihi.

196.La visita della moglie di Masaniello a Palazzo è narrata da tutti gli scrittori di quegli avvenimenti. Cito, tra gl'inediti,Campanilef. 160;Della Portaf. 56;Raccontoai 14 Luglio:De Fiore,Racconto dei tumulti popolari di Napoli, Ms.Diario anonimoMs. f. 38 v.; 43; e tra gli stampati:DonzelliO. c.p. 127;Capecelatro,DiarioI. 86;Giraffip. 166;Buragnap. 158;De Santisp. 108:De Turrip. 192;Mém. du baron de Modène, I, p. 148.Mi piace però riferire le parole del gentiluomo della Corte della Viceregina sul proposito, che si leggono nelMs. Relacionesecc., di cui ho parlato più sopra nellaNotiziapremessa a questo libro: “A las siete de la tarde fue la mujer de Masaniello con sus parientas a ber a mi Señora la Duquesa, vestidas de tela de oro, y su Excellenzia las dio a todas halandrias.„ f. 17. Aggiungo la notizia, che ne dà D. Miguel de Miranda altro gentiluomo spagnuolo al signor Duca di Montalto, in questo modo: “No perdono el desbanecimiento a la mujer de Thomas Anielo, y el ritentar ber a so Ex.ª la Señora Duquesa de Arcos, y asi se dio a intender quererla visitar; y como en su Ex.ª son yguales la grandeça y agasado no les nogu la acojida, dispuso de la benida de esta Dama al Castillo ynbiando las carroças que la trajessen, prebiniendo las sillas, enquien trase con su madre y parientes. Los adornos, con que benia eran mejorados en la sustancia, mudados ya el lienço y lana en sedas y telas de oro, tan ajustado a su traje que auno havia dejado la forma de la marineria, culpa o descuydo del tiempo, pues obrando tan apriesa en el marido, ce descuydo del aseo de la muger. Mandola regalar Su Ex.ª con una joja de balor, a su Hermana con una cadena, y a las de mas con muchos dulces que llebaron„ f. 750. — Le parole poste in bocca alla Viceregina ed alla moglie di Masaniello sono testualmente riportate da' più gravi scrittori di questi avvenimenti.

196.La visita della moglie di Masaniello a Palazzo è narrata da tutti gli scrittori di quegli avvenimenti. Cito, tra gl'inediti,Campanilef. 160;Della Portaf. 56;Raccontoai 14 Luglio:De Fiore,Racconto dei tumulti popolari di Napoli, Ms.Diario anonimoMs. f. 38 v.; 43; e tra gli stampati:DonzelliO. c.p. 127;Capecelatro,DiarioI. 86;Giraffip. 166;Buragnap. 158;De Santisp. 108:De Turrip. 192;Mém. du baron de Modène, I, p. 148.

Mi piace però riferire le parole del gentiluomo della Corte della Viceregina sul proposito, che si leggono nelMs. Relacionesecc., di cui ho parlato più sopra nellaNotiziapremessa a questo libro: “A las siete de la tarde fue la mujer de Masaniello con sus parientas a ber a mi Señora la Duquesa, vestidas de tela de oro, y su Excellenzia las dio a todas halandrias.„ f. 17. Aggiungo la notizia, che ne dà D. Miguel de Miranda altro gentiluomo spagnuolo al signor Duca di Montalto, in questo modo: “No perdono el desbanecimiento a la mujer de Thomas Anielo, y el ritentar ber a so Ex.ª la Señora Duquesa de Arcos, y asi se dio a intender quererla visitar; y como en su Ex.ª son yguales la grandeça y agasado no les nogu la acojida, dispuso de la benida de esta Dama al Castillo ynbiando las carroças que la trajessen, prebiniendo las sillas, enquien trase con su madre y parientes. Los adornos, con que benia eran mejorados en la sustancia, mudados ya el lienço y lana en sedas y telas de oro, tan ajustado a su traje que auno havia dejado la forma de la marineria, culpa o descuydo del tiempo, pues obrando tan apriesa en el marido, ce descuydo del aseo de la muger. Mandola regalar Su Ex.ª con una joja de balor, a su Hermana con una cadena, y a las de mas con muchos dulces que llebaron„ f. 750. — Le parole poste in bocca alla Viceregina ed alla moglie di Masaniello sono testualmente riportate da' più gravi scrittori di questi avvenimenti.

197.DonzelliO. c.p. 81 — Che fosse stata regalata la moglie del Visitatore perchè non si togliesse la gabella sui frutti lo asserisce ilPollioO. c.f. 305, e lo fa intravedere ilDe Santisp. 26. Egli come dice costui a p. 4,sotto il manto del servizio del re cercava i proprii interessi.

197.DonzelliO. c.p. 81 — Che fosse stata regalata la moglie del Visitatore perchè non si togliesse la gabella sui frutti lo asserisce ilPollioO. c.f. 305, e lo fa intravedere ilDe Santisp. 26. Egli come dice costui a p. 4,sotto il manto del servizio del re cercava i proprii interessi.

198.Il Pollio così racconta questo fatto: “La moglie di Masaniello al ritorno da Palazzo fu accompagnata alla carrozza dai Tedeschi con le Alabarde, e questo fu da me visto con la carrozza di S. E., e con un presente appresso di detta carrozza, portato sopra di un portarobba, coperto con una tovaglia di taffetà turchino; che fusse dentro non posso sapere„ f. 40. Ed altrove ripetendo, dice: “La mooglie di Tommaso Aniello, licenziata e fattole un gran dono dalla Viceregina di argento et oro et gioie, di modo che furon ricevute dentro un canestro spaso et accompagnatele fino alla scala... e per Napoli andarono li detti Labardieri et servitori con li donativi appresso della carrozza, et quando furono di nuovo nel Mercato sonorno di nuovo le trombe.... et smontate...., riceverno lo detto reale (regalo) portato dalli Tedeschi„. f. 240 v.

198.Il Pollio così racconta questo fatto: “La moglie di Masaniello al ritorno da Palazzo fu accompagnata alla carrozza dai Tedeschi con le Alabarde, e questo fu da me visto con la carrozza di S. E., e con un presente appresso di detta carrozza, portato sopra di un portarobba, coperto con una tovaglia di taffetà turchino; che fusse dentro non posso sapere„ f. 40. Ed altrove ripetendo, dice: “La mooglie di Tommaso Aniello, licenziata e fattole un gran dono dalla Viceregina di argento et oro et gioie, di modo che furon ricevute dentro un canestro spaso et accompagnatele fino alla scala... e per Napoli andarono li detti Labardieri et servitori con li donativi appresso della carrozza, et quando furono di nuovo nel Mercato sonorno di nuovo le trombe.... et smontate...., riceverno lo detto reale (regalo) portato dalli Tedeschi„. f. 240 v.

199.Con questo titolo solevano allora chiamarsi le donne attempate della più bassa plebe, maritate o vedove che fossero. In tempi più antichi era esso una qualificazione onorifica delle regine e delle persone reali, non fanciulle. V.De Ritis,Vocab. Nap.in v.

199.Con questo titolo solevano allora chiamarsi le donne attempate della più bassa plebe, maritate o vedove che fossero. In tempi più antichi era esso una qualificazione onorifica delle regine e delle persone reali, non fanciulle. V.De Ritis,Vocab. Nap.in v.

200.Questo bando leggesi nella sua originaria pubblicazione tra iBandi editti, capitoli ed altri ordiniemanati durante la rivoluzione del 1647, rara ed importante collezione, che si conserva nella biblioteca dei PP. dell'Oratorio o Gerolamini di questa città. È segnato col num. d'ordine IX. Nessuno degli scrittori recenti di quella rivoluzione lo ha ristampato, o ne ha fatto cenno. Ai 19 luglio fu replicato altro bando sul proposito, che con altri dello stesso tempo tanto in stampe originali, che in copie Mss. si conserva da me, ed è riferito nell'Appendiceal n. 3.

200.Questo bando leggesi nella sua originaria pubblicazione tra iBandi editti, capitoli ed altri ordiniemanati durante la rivoluzione del 1647, rara ed importante collezione, che si conserva nella biblioteca dei PP. dell'Oratorio o Gerolamini di questa città. È segnato col num. d'ordine IX. Nessuno degli scrittori recenti di quella rivoluzione lo ha ristampato, o ne ha fatto cenno. Ai 19 luglio fu replicato altro bando sul proposito, che con altri dello stesso tempo tanto in stampe originali, che in copie Mss. si conserva da me, ed è riferito nell'Appendiceal n. 3.

201.Pollio,Op. cit., f. 242 v.

201.Pollio,Op. cit., f. 242 v.

202.Con tutte le mende da fuora, dice ilPollioOp. cit.fol. 42 v. Altrove ripete: pigliorno la moglie et la sorella..., che le portavano collegranfenel petto f. 242 v. — La ragione o almeno il pretesto di un tale trattamento ce la dà il Ms., di cui ho parlato nella nota (89) che dice: “havendole il popolo tolto alcune perle, e quantità di zecchini, che aveva posto in petto„.

202.Con tutte le mende da fuora, dice ilPollioOp. cit.fol. 42 v. Altrove ripete: pigliorno la moglie et la sorella..., che le portavano collegranfenel petto f. 242 v. — La ragione o almeno il pretesto di un tale trattamento ce la dà il Ms., di cui ho parlato nella nota (89) che dice: “havendole il popolo tolto alcune perle, e quantità di zecchini, che aveva posto in petto„.

203.Costui era stato ucciso nella stessa mattina a buon'ora. Era figlio del dott. Matteo Vitale della Cava, che in tempo del governo del Duca d'Ossuna volendo esser nominato governatore della casa dell'Annunciata, offrì al Genoino una somma di danaro, il che saputosi dal Duca l'obbligò a spenderla in servizio del pio luogo, facendone costruire una grossa lampada d'argento a forma di nave per la Chiesa.Campanilefol. 17 v. Postilla neiSuccessicit. f. 369.

203.Costui era stato ucciso nella stessa mattina a buon'ora. Era figlio del dott. Matteo Vitale della Cava, che in tempo del governo del Duca d'Ossuna volendo esser nominato governatore della casa dell'Annunciata, offrì al Genoino una somma di danaro, il che saputosi dal Duca l'obbligò a spenderla in servizio del pio luogo, facendone costruire una grossa lampada d'argento a forma di nave per la Chiesa.Campanilefol. 17 v. Postilla neiSuccessicit. f. 369.

204.Istoria della vera cagione, e dei principali motivi della solleuazione napoletana accaduta nel 1646(sic)al tempo de Tommaso Agnello di Amalfi descritta da D. Carlo Calà duca di Diano.Ms. di c. 109, una volta posseduto dal Miniconi, che termina colla morte di Masaniello. V. a f. 79.

204.Istoria della vera cagione, e dei principali motivi della solleuazione napoletana accaduta nel 1646(sic)al tempo de Tommaso Agnello di Amalfi descritta da D. Carlo Calà duca di Diano.Ms. di c. 109, una volta posseduto dal Miniconi, che termina colla morte di Masaniello. V. a f. 79.

205.Giraffi,Le rivoluzioni di Napoli, p. 190, ediz. del 1705. Quest'opera che va anche sotto il nome di Nescipio Liponari, e tratta solo delle dieci giornate di Masaniello, ha avuto moltissime edizioni. Le più antiche sono quelle di Venezia 1847, e di Padova (Napoli) e Gaeta 1648 in 8º. In quest'ultima vi è aggiunto un curiosodiscorso sopra i quarantaquattro ribelli bruciati ed incendiati dal popolo fedelissimo napoletano l'anno 1647, dove nome per nome si raccontano tutt'i loro passati difetti; e sono 44 quartine composte da un poeta sciocco ed ignorante per nome (se pur non è finto) Simone Alleone.Il libro del Giraffi ha avuto pure due traduzioni, una in olandese e l'altra in inglese; ambedue stampate nel 1664. Per cortesia dell'egregio Signor Adolfo Parascandolo, io recentemente ho potuto vedere la traduzione inglese, che per essere poco nota, e per la sua seconda parte, che contiene la storia della rivoluzione fino alla prigionia del Guisa, merita che io ne faccia qui speciale menzione. Essa si compone di due parti. Il titolo della prima è il seguente;An exact history of the late revolutions in Naples, and of their monstrons successes not to be paralleled by and ancient of modern hystory: published by the lord Alexander Giraffi in Italian, and (for the rareness of the subject) rendered to english by J. H. Esq. (James Howell). In two parts. London 1664 in 8º.Questa prima parte, che è tradotta dal Giraffi, ed ha innanzi il ritratto di Masaniello, consta di 154 pagine oltre la dedica e finisce colManifesto del fedelissimo popolo di Napolidel 17 settembre 1647. La seconda parte è così intitolata:The second part of Masaniello. His body taken out of the Town-Ditch, and solemny buried with epitaphs upon him. A continuation of tumult; the D. of Guise made Generalissimo; Taken prisoner by young Don John of Austria. The end of Commotions by J. H. Esq.London 1666. Essa ha innanzi i ritratti a medaglioni di Genoino, Masaniello e Gennaro Annese, e consta di p. 123 oltre la dedica ed un proemio, nel quale l'a. dice di aver composto questa sua storia sopra autentici manoscritti e sopra collazioni e confronti di lettere scritte da diversi distinti personaggi. Nell'opera poi egli comincia dal ricapitolare i fatti narrati nella prima parte e riporta pure il sonetto:Altra paga sperai, altra mercede, e l'iscrizione composta da Bernardo Spirito pel monumento, che si voleva erigere nella piazza del Mercato. Narra indi i fatti del secondo (p. 32) e del terzo (p. 44) tumulto, e finisce coll'entrata degli Spagnuoli e colla partenza di D. Giovanni d'Austria. Singolare è la notizia, che trovo in questo racconto ap. 116, di essersi cioè nel tumulto accaduto nel febbraio 1648, inteso tra gli altri gridi quello di:Viva il parlamento d'Inghilterra.Ora il libro trovasi nella biblioteca dellaSocietà Napoletana di storia patria.

205.Giraffi,Le rivoluzioni di Napoli, p. 190, ediz. del 1705. Quest'opera che va anche sotto il nome di Nescipio Liponari, e tratta solo delle dieci giornate di Masaniello, ha avuto moltissime edizioni. Le più antiche sono quelle di Venezia 1847, e di Padova (Napoli) e Gaeta 1648 in 8º. In quest'ultima vi è aggiunto un curiosodiscorso sopra i quarantaquattro ribelli bruciati ed incendiati dal popolo fedelissimo napoletano l'anno 1647, dove nome per nome si raccontano tutt'i loro passati difetti; e sono 44 quartine composte da un poeta sciocco ed ignorante per nome (se pur non è finto) Simone Alleone.

Il libro del Giraffi ha avuto pure due traduzioni, una in olandese e l'altra in inglese; ambedue stampate nel 1664. Per cortesia dell'egregio Signor Adolfo Parascandolo, io recentemente ho potuto vedere la traduzione inglese, che per essere poco nota, e per la sua seconda parte, che contiene la storia della rivoluzione fino alla prigionia del Guisa, merita che io ne faccia qui speciale menzione. Essa si compone di due parti. Il titolo della prima è il seguente;An exact history of the late revolutions in Naples, and of their monstrons successes not to be paralleled by and ancient of modern hystory: published by the lord Alexander Giraffi in Italian, and (for the rareness of the subject) rendered to english by J. H. Esq. (James Howell). In two parts. London 1664 in 8º.Questa prima parte, che è tradotta dal Giraffi, ed ha innanzi il ritratto di Masaniello, consta di 154 pagine oltre la dedica e finisce colManifesto del fedelissimo popolo di Napolidel 17 settembre 1647. La seconda parte è così intitolata:The second part of Masaniello. His body taken out of the Town-Ditch, and solemny buried with epitaphs upon him. A continuation of tumult; the D. of Guise made Generalissimo; Taken prisoner by young Don John of Austria. The end of Commotions by J. H. Esq.London 1666. Essa ha innanzi i ritratti a medaglioni di Genoino, Masaniello e Gennaro Annese, e consta di p. 123 oltre la dedica ed un proemio, nel quale l'a. dice di aver composto questa sua storia sopra autentici manoscritti e sopra collazioni e confronti di lettere scritte da diversi distinti personaggi. Nell'opera poi egli comincia dal ricapitolare i fatti narrati nella prima parte e riporta pure il sonetto:Altra paga sperai, altra mercede, e l'iscrizione composta da Bernardo Spirito pel monumento, che si voleva erigere nella piazza del Mercato. Narra indi i fatti del secondo (p. 32) e del terzo (p. 44) tumulto, e finisce coll'entrata degli Spagnuoli e colla partenza di D. Giovanni d'Austria. Singolare è la notizia, che trovo in questo racconto ap. 116, di essersi cioè nel tumulto accaduto nel febbraio 1648, inteso tra gli altri gridi quello di:Viva il parlamento d'Inghilterra.Ora il libro trovasi nella biblioteca dellaSocietà Napoletana di storia patria.

206.Il fratello di Masaniello cercato nella sua casa dopo la morte di quello, si salvò fuggendo per gli astrici, secondo si afferma da un contemporaneo, che scrisse dei fatti accaduti dal 7 luglio al 6 ottobre 1647 in unaStoria della sollevazione del 1647; Ms. di cui ho fatto menzione sopra.

206.Il fratello di Masaniello cercato nella sua casa dopo la morte di quello, si salvò fuggendo per gli astrici, secondo si afferma da un contemporaneo, che scrisse dei fatti accaduti dal 7 luglio al 6 ottobre 1647 in unaStoria della sollevazione del 1647; Ms. di cui ho fatto menzione sopra.

207.Pollio,O. c.f. 43. Ivi lo scrivano è chiamato Vito, e poi sopra è aggiunto Tonno o Antonio.

207.Pollio,O. c.f. 43. Ivi lo scrivano è chiamato Vito, e poi sopra è aggiunto Tonno o Antonio.

208.Il bando del 17 luglio è riportato dalDe Santis, p. 117, il quale soggiunge che parve al popolo che esso avesse del maligno, perchè non comprendeva il cognato di Masaniello. E però il Vicerè con un secondo bando del 21 luglio non riferito da alcuno, ripetè l'indulto del 17 aggiungendovi anche il cognato di Masaniello, che era stato nell'antecedente omesso. Ambedue i Bandi si trovano nella miaCollezione di bandi, Capitali, editti, ed ordinidel 1647-48.

208.Il bando del 17 luglio è riportato dalDe Santis, p. 117, il quale soggiunge che parve al popolo che esso avesse del maligno, perchè non comprendeva il cognato di Masaniello. E però il Vicerè con un secondo bando del 21 luglio non riferito da alcuno, ripetè l'indulto del 17 aggiungendovi anche il cognato di Masaniello, che era stato nell'antecedente omesso. Ambedue i Bandi si trovano nella miaCollezione di bandi, Capitali, editti, ed ordinidel 1647-48.

209.Buragna,O. c.P. II, p. 4;Capecelatro,Diario, I, 98.

209.Buragna,O. c.P. II, p. 4;Capecelatro,Diario, I, 98.

210.Capecelatro;l. c.Della casa del Genoino a S. Agnello dei Grassi parla della Porta.

210.Capecelatro;l. c.Della casa del Genoino a S. Agnello dei Grassi parla della Porta.

211.Piacente,Storia del 1647p. 69;De Santis, p. 128,Capecelatro, p. 136, 137,Raccontoai 13 agosto.

211.Piacente,Storia del 1647p. 69;De Santis, p. 128,Capecelatro, p. 136, 137,Raccontoai 13 agosto.

212.LaPlateadi S. Severino, che io ho consultato e che un tempo conservavasi nel monastero, fu fatta tra il 1779 ed il 1790 sopra registri più antichi. Le notizie sulla regione diCapo di Piazzain essa notate sono le seguenti: “A' 5 febbraio dell'ind. 14, regnando Errico imp. Pietro di Moneta donò al Monastero una casa con orto sita dentro Napoli; dentro di un portico comunale in capo della strada dettaCapo di Piazza, pertinenza di Portanova non lontana dalla porta dettadelli Monaci, giusta li beni di Elia Ganga, di Giuda ebreo, ed altri confini, come dalLibro dell'inventarion. 1977; ed a 6 decembre 1198, in tempo di Federico II, il monastero diede a censo di un sestaro di olio ad Adam Scatola e suoi figli mascoli tantum, una porzione di detta casa che allora era rinnovata, vicino alla chiesa dei SS. Cosmo e Damiano, la corte comune ed altri beni del Monastero, la via pubblica ed altri confini come dall'Inventarion. 1898; e nell'anno 1263 il Monastero dà a censo di due sestara di olio a Tommaso Saperta un'altra porzione di detta casa, sita ut supra, giusta la strada che va a Sant'Arcangelo, lo muro pubblico e la Torre vecchia della città con altri confini, come dall'Inventarion. 28; e finalmente nel 1267 il Monastero diede a censo di tarì 7 e mezzo l'anno a Giovanni Scossidato parte di dette case site ut supra, giusta la chiavica che scorre per li Ferri Vecchi, come dall'Inventarion. 74.„In un inventario fatto nel 1454 si fa menzione che il Monastero possedeva “una casa grande isolata dalle vie che la circondavano con molti membri, posta nelle pertinenze di Portanova, dove si diceCapo di Piazza, dalla parte dov'è il principale ingresso, giusta la via pubblica che viene dalla Sellaria e va al Seggio di Portanova, dall'altra parte giusta la via per la quale si va al vicolo delli Coppola, e dall'altra parte giusta il vicariello posto tra le dette case ed il fondaco della chiesa dell'Incoronata, per la quale passa la via, che scende da Pistase, dall'altra parte giusta la corte, per la quale si passa alla Rua delli Spadari o Armieri, come dall'Inventarion. 260„.Plateacit. f. 126.

212.LaPlateadi S. Severino, che io ho consultato e che un tempo conservavasi nel monastero, fu fatta tra il 1779 ed il 1790 sopra registri più antichi. Le notizie sulla regione diCapo di Piazzain essa notate sono le seguenti: “A' 5 febbraio dell'ind. 14, regnando Errico imp. Pietro di Moneta donò al Monastero una casa con orto sita dentro Napoli; dentro di un portico comunale in capo della strada dettaCapo di Piazza, pertinenza di Portanova non lontana dalla porta dettadelli Monaci, giusta li beni di Elia Ganga, di Giuda ebreo, ed altri confini, come dalLibro dell'inventarion. 1977; ed a 6 decembre 1198, in tempo di Federico II, il monastero diede a censo di un sestaro di olio ad Adam Scatola e suoi figli mascoli tantum, una porzione di detta casa che allora era rinnovata, vicino alla chiesa dei SS. Cosmo e Damiano, la corte comune ed altri beni del Monastero, la via pubblica ed altri confini come dall'Inventarion. 1898; e nell'anno 1263 il Monastero dà a censo di due sestara di olio a Tommaso Saperta un'altra porzione di detta casa, sita ut supra, giusta la strada che va a Sant'Arcangelo, lo muro pubblico e la Torre vecchia della città con altri confini, come dall'Inventarion. 28; e finalmente nel 1267 il Monastero diede a censo di tarì 7 e mezzo l'anno a Giovanni Scossidato parte di dette case site ut supra, giusta la chiavica che scorre per li Ferri Vecchi, come dall'Inventarion. 74.„

In un inventario fatto nel 1454 si fa menzione che il Monastero possedeva “una casa grande isolata dalle vie che la circondavano con molti membri, posta nelle pertinenze di Portanova, dove si diceCapo di Piazza, dalla parte dov'è il principale ingresso, giusta la via pubblica che viene dalla Sellaria e va al Seggio di Portanova, dall'altra parte giusta la via per la quale si va al vicolo delli Coppola, e dall'altra parte giusta il vicariello posto tra le dette case ed il fondaco della chiesa dell'Incoronata, per la quale passa la via, che scende da Pistase, dall'altra parte giusta la corte, per la quale si passa alla Rua delli Spadari o Armieri, come dall'Inventarion. 260„.Plateacit. f. 126.

213.Il Vicodeposolum qui et armentariorumtrovasi in un doc. del 966 v.Reg. Neap.nn. 156, 374, 445. Del fondaco di S. Martinointer plateam armentariorum et Judecamsi ha memoria negliActa visit. Cathedr. ab arch. Ann. de Capua; a. 1580 f.

213.Il Vicodeposolum qui et armentariorumtrovasi in un doc. del 966 v.Reg. Neap.nn. 156, 374, 445. Del fondaco di S. Martinointer plateam armentariorum et Judecamsi ha memoria negliActa visit. Cathedr. ab arch. Ann. de Capua; a. 1580 f.

214.Plateacit. f. 805.

214.Plateacit. f. 805.

215.Generalmente costui anche dagli scrittori contemporanei è chiamato Gio. Vincenzo Starace, ma egli nei registri dell'archiv. munic. si firma sempre Storace. — Del terribile fatto parlano largamente ilSummonte. (O. c.IV, p. 446 e ss.) che con esso pone termine alla sua storia, ed il Costo nelle addizioni alCollenuccio, III, p. 399 e ss. Una narrazione speciale di esso fu pubblicata nell'Archivio stor. per le prov. Napolitane, a. I, pag. 131, ed un'altra intitolata:Dell'infelice morte di Giov. Vincenzo Staracetrovasi al f. 838 del Ms. della bibl. Nazionale segnato V, C, 51.

215.Generalmente costui anche dagli scrittori contemporanei è chiamato Gio. Vincenzo Starace, ma egli nei registri dell'archiv. munic. si firma sempre Storace. — Del terribile fatto parlano largamente ilSummonte. (O. c.IV, p. 446 e ss.) che con esso pone termine alla sua storia, ed il Costo nelle addizioni alCollenuccio, III, p. 399 e ss. Una narrazione speciale di esso fu pubblicata nell'Archivio stor. per le prov. Napolitane, a. I, pag. 131, ed un'altra intitolata:Dell'infelice morte di Giov. Vincenzo Staracetrovasi al f. 838 del Ms. della bibl. Nazionale segnato V, C, 51.

216.Il disegno di questo monumento infame può vedersi nel Mutinelli,Relazione degli ambasciatori venetiecc. II, p. 166, ed ora dal medesimo è stato riprodotto nella recente pubblicazione deiDiurnalidi Scipione Guerra: l'iscrizione è riportata dal Parrino, I, p. 374.

216.Il disegno di questo monumento infame può vedersi nel Mutinelli,Relazione degli ambasciatori venetiecc. II, p. 166, ed ora dal medesimo è stato riprodotto nella recente pubblicazione deiDiurnalidi Scipione Guerra: l'iscrizione è riportata dal Parrino, I, p. 374.

217.Relazione dei 20 giugno 1586 presso il lodato Mutinelli, II, 158.

217.Relazione dei 20 giugno 1586 presso il lodato Mutinelli, II, 158.

218.V. la mia scritturasulla casa di Pietro della Vigna in Napoli nel Rendiconto dell'Accad. Pontan.a. 1858. NelGiornale storicoda me sopra citato alla nota (74) sotto il mese di aprile 1649, si narra la modificazione fatta dal Vicerè al fondaco della Zecca de' Panni nel seguente modo: “L'eccellenza del signor Vicerè di Napoli, Conte di Gnatta (sic) avendo visto e riconosciuto il luogo della Zecca de' Panni di Napoli, ed essendo stato di persona a vedere detto luogo ch'era rinchiuso a modo di Sinagoga, che chi non ci avea che fare non potea in detta Zecca entrare, per essere un Benevento piccolo[219], dove di continuo si commettevano diversi peccati, ordinò che come stava rinchiuso s'aprisse, e che si potesse passare dall'una parte all'altra, cioè dalla parte della Selleria si buttarono quattro botteghe con tre appartamenti, uno sopra l'altro, e si fè una larga strada di palmi 60, con buttare anco molte altre case dentro di detta Zecca, e si fè un largo grande come ho detto, tanto dalla parte di S. Palma dalla strada delli Ferri Vecchi... e per grazia di Dio benedetto si è levato quel nido di tante male genti, che in Napoli quando si dicea, Dio ti guardi degli uomini della Zecca, Dio te ne liberi, che questi uomini della Zecca de' Panni, sono uomini senza coscienza, nè hanno timor di Dio. Ms. elt. f. 57„.

218.V. la mia scritturasulla casa di Pietro della Vigna in Napoli nel Rendiconto dell'Accad. Pontan.a. 1858. NelGiornale storicoda me sopra citato alla nota (74) sotto il mese di aprile 1649, si narra la modificazione fatta dal Vicerè al fondaco della Zecca de' Panni nel seguente modo: “L'eccellenza del signor Vicerè di Napoli, Conte di Gnatta (sic) avendo visto e riconosciuto il luogo della Zecca de' Panni di Napoli, ed essendo stato di persona a vedere detto luogo ch'era rinchiuso a modo di Sinagoga, che chi non ci avea che fare non potea in detta Zecca entrare, per essere un Benevento piccolo[219], dove di continuo si commettevano diversi peccati, ordinò che come stava rinchiuso s'aprisse, e che si potesse passare dall'una parte all'altra, cioè dalla parte della Selleria si buttarono quattro botteghe con tre appartamenti, uno sopra l'altro, e si fè una larga strada di palmi 60, con buttare anco molte altre case dentro di detta Zecca, e si fè un largo grande come ho detto, tanto dalla parte di S. Palma dalla strada delli Ferri Vecchi... e per grazia di Dio benedetto si è levato quel nido di tante male genti, che in Napoli quando si dicea, Dio ti guardi degli uomini della Zecca, Dio te ne liberi, che questi uomini della Zecca de' Panni, sono uomini senza coscienza, nè hanno timor di Dio. Ms. elt. f. 57„.

219.Benevento, appartenendo allora alla Chiesa, era l'asilo di tutti coloro, che potevano temere la giustizia del governo di Napoli.

219.Benevento, appartenendo allora alla Chiesa, era l'asilo di tutti coloro, che potevano temere la giustizia del governo di Napoli.

220.A dichiarazione e documento di quanto ho riferito nel racconto, raccolgo in questa nota le poche memorie, che ci rimangono intorno al sedile diCapo di Piazza, le quali si collegano alle vicende deiSedilidi Napoli, argomento importantissimo per la storia di questa Città e non ancora trattato, come dovrebbe esserlo, dai nostri scrittori. Una larga discussione, comunque fosse necessaria, sarebbe qui certamente, affatto inopportuna.Or tralasciando i tempi più antichi, da sicuri documenti è dimostrato che verso la fine del secolo XIII ed i principii del XIV, la nostra Città per la tassa delle collette e per le altre contribuzioni, o servizi fiscali era divisa in tante regioni o piazze, il numero ed il nome delle quali variano talvolta secondo l'aggregazione e la separazione di talune delle vie che le componevano, e secondo il predominio che davasi piuttosto all'una che all'altra di esse. Nel 1301 queste piazze erano quindici per i nobili, e 33 per i popolani[221]; con quest'avvertenza però che alcune di esse, per la contemporanea esistenza di ambo i ceti, si veggono ripetute nell'una e nell'altra categoria. Non è certamente inverisimile che tutte questepiazze, com'è indubitato per la maggior parte, avessero un proprio luogo, ove i nobili che i popolari, ivi abitanti, potessero radunarsi per discutere la distribuzione delle tasse fra i contribuenti, la nomina dei giudici annuali, l'amministrazione delle estaurite proprie, ed altri pubblici negozi della piazza, o anche semplicemente per oziare in private conversazioni. Questi luoghi che si chiamavanotocchi,sedili, oteatri, esistevano da tempo antichissimo nella vecchia città, e non erano, come generalmente si è creduto, un ritrovo esclusivo de'maggiorentie dellanobiltà. Nel 1806, imposta la gabella delbuon danaro, destinata principalmente al pagamento delle collette, ed aboliti o tramutati in altre prestazioni i servizi reali e personali, non si trova più documento alcuno, che ci ripeta la circoscrizione delle piazze del 1301 e la distribuzione delle tasse. Anche verso quel tempo, secondochè a me pare, iSediliebbero una prima riforma. Conseguenza di questo ordine di cose fu l'abolizione di molti Sedili, o forse anche la riduzione di tutti a 29, secondochè (comunque senza appoggiarsi a sicuro documento) i nostri scrittori affermano.Il seggio diCapo di Piazza, che dal Tutini per errore fu confuso con quello diSomma Piazza(Origine dei seggip. 46) era e restò dei popolari. Di esso trovo la prima memoria in un istrumento dei 29 novembre del 1265, ind. X, in cui interviene un tal Costantino Primesede illu Toccu publico de capu de Placza regione Portanobensis(Notam. Istrum. S. Marcellini, lit. K p. 151). In altro documento del 1304 nell'Archivio di Stato in Napoli si ha pure memoria che gli uomini diCapo Piazza, avendo acquistato da' Frati Predicatori del convento di S. Pietro Martire un suolo in quella contrada, che ad essi Frati era stato donato dal Re,construxerunt in terra hujusmodi vacua novum opus quod ad usum Sedile, seu segium deputarunt. E siccome ciò erasi fatto in pregiudizio dei dritti di Gualtiero Melia, al quale apparteneva il detto suolo, posto vicino alla sua casa, e ad un andito di essa; così il Re ordina al Capitano di Napoli, che esaminata la cosa, provveda alla giustizia (Reg. n. 135 (1304, C.) f. 179). — Poco dopo in un diploma del 1313 si fa parola di certa rissa accaduta insegio Platee capitis Platee(Camera,Annali, II, 211). Finalmente nel fascicolo 93 il 1.º a p. 562, in carta del 1349, questo sedile è chiamatoTeatro, e così pure in un istrumento del 1392 ricordato dal Tutini ne' suoiNotamentimss. nella biblioteca Brancacciana (II, E. 31) f. 96, ove dicesi posto inplatea Sellarie.Dopo quest'opera, come ho detto nel racconto, non trovo più menzione di esso nei documenti, e nelle memorie del tempo; il che mi ha fatto sospettare che, verso la fine del secolo XIV o i principii del secolo XV, si fosse trasformato in quello dellaSellaria, donde una ottina della Città prendeva pure allora la sua denominazione (V. la nota delle piazze popolari della città nel 1442 in Passaro,Giornalip. 14).Pel sito poi del seggio della Sellaria si vegga ilTutiniO. c.p. 170, il Celano ed altri. Secondo ilSummonte(I, 209), esso sarebbe stato nell'angolo del convento di S. Agostino; ma io credo che il benemerito scrittore fosse indotto a credere così dall'erronea applicazione, che egli faceva a quel sedile, della iscrizione antica, ov'egli malamente leggeva:In Curia basilicae augustinianae.

220.A dichiarazione e documento di quanto ho riferito nel racconto, raccolgo in questa nota le poche memorie, che ci rimangono intorno al sedile diCapo di Piazza, le quali si collegano alle vicende deiSedilidi Napoli, argomento importantissimo per la storia di questa Città e non ancora trattato, come dovrebbe esserlo, dai nostri scrittori. Una larga discussione, comunque fosse necessaria, sarebbe qui certamente, affatto inopportuna.

Or tralasciando i tempi più antichi, da sicuri documenti è dimostrato che verso la fine del secolo XIII ed i principii del XIV, la nostra Città per la tassa delle collette e per le altre contribuzioni, o servizi fiscali era divisa in tante regioni o piazze, il numero ed il nome delle quali variano talvolta secondo l'aggregazione e la separazione di talune delle vie che le componevano, e secondo il predominio che davasi piuttosto all'una che all'altra di esse. Nel 1301 queste piazze erano quindici per i nobili, e 33 per i popolani[221]; con quest'avvertenza però che alcune di esse, per la contemporanea esistenza di ambo i ceti, si veggono ripetute nell'una e nell'altra categoria. Non è certamente inverisimile che tutte questepiazze, com'è indubitato per la maggior parte, avessero un proprio luogo, ove i nobili che i popolari, ivi abitanti, potessero radunarsi per discutere la distribuzione delle tasse fra i contribuenti, la nomina dei giudici annuali, l'amministrazione delle estaurite proprie, ed altri pubblici negozi della piazza, o anche semplicemente per oziare in private conversazioni. Questi luoghi che si chiamavanotocchi,sedili, oteatri, esistevano da tempo antichissimo nella vecchia città, e non erano, come generalmente si è creduto, un ritrovo esclusivo de'maggiorentie dellanobiltà. Nel 1806, imposta la gabella delbuon danaro, destinata principalmente al pagamento delle collette, ed aboliti o tramutati in altre prestazioni i servizi reali e personali, non si trova più documento alcuno, che ci ripeta la circoscrizione delle piazze del 1301 e la distribuzione delle tasse. Anche verso quel tempo, secondochè a me pare, iSediliebbero una prima riforma. Conseguenza di questo ordine di cose fu l'abolizione di molti Sedili, o forse anche la riduzione di tutti a 29, secondochè (comunque senza appoggiarsi a sicuro documento) i nostri scrittori affermano.

Il seggio diCapo di Piazza, che dal Tutini per errore fu confuso con quello diSomma Piazza(Origine dei seggip. 46) era e restò dei popolari. Di esso trovo la prima memoria in un istrumento dei 29 novembre del 1265, ind. X, in cui interviene un tal Costantino Primesede illu Toccu publico de capu de Placza regione Portanobensis(Notam. Istrum. S. Marcellini, lit. K p. 151). In altro documento del 1304 nell'Archivio di Stato in Napoli si ha pure memoria che gli uomini diCapo Piazza, avendo acquistato da' Frati Predicatori del convento di S. Pietro Martire un suolo in quella contrada, che ad essi Frati era stato donato dal Re,construxerunt in terra hujusmodi vacua novum opus quod ad usum Sedile, seu segium deputarunt. E siccome ciò erasi fatto in pregiudizio dei dritti di Gualtiero Melia, al quale apparteneva il detto suolo, posto vicino alla sua casa, e ad un andito di essa; così il Re ordina al Capitano di Napoli, che esaminata la cosa, provveda alla giustizia (Reg. n. 135 (1304, C.) f. 179). — Poco dopo in un diploma del 1313 si fa parola di certa rissa accaduta insegio Platee capitis Platee(Camera,Annali, II, 211). Finalmente nel fascicolo 93 il 1.º a p. 562, in carta del 1349, questo sedile è chiamatoTeatro, e così pure in un istrumento del 1392 ricordato dal Tutini ne' suoiNotamentimss. nella biblioteca Brancacciana (II, E. 31) f. 96, ove dicesi posto inplatea Sellarie.

Dopo quest'opera, come ho detto nel racconto, non trovo più menzione di esso nei documenti, e nelle memorie del tempo; il che mi ha fatto sospettare che, verso la fine del secolo XIV o i principii del secolo XV, si fosse trasformato in quello dellaSellaria, donde una ottina della Città prendeva pure allora la sua denominazione (V. la nota delle piazze popolari della città nel 1442 in Passaro,Giornalip. 14).

Pel sito poi del seggio della Sellaria si vegga ilTutiniO. c.p. 170, il Celano ed altri. Secondo ilSummonte(I, 209), esso sarebbe stato nell'angolo del convento di S. Agostino; ma io credo che il benemerito scrittore fosse indotto a credere così dall'erronea applicazione, che egli faceva a quel sedile, della iscrizione antica, ov'egli malamente leggeva:In Curia basilicae augustinianae.

221.Fasc. 9, f. 3 ap.Alitto,Vetusta r. Neap. monum.f. È allegato e compendiato dalSummonte, II, 365 e dalTutinip. 63. — IlBolvitonel vol. IV,Variarum rerum, Ms. conservato una volta nell'archivio dei santi Apostoli, ed ora nella biblioteca di S. Martino della nostra città al f. 18 riportando questo documento, nota:Subsequens collectarium extat scriptum in quodam augusti 1585 in fasciculo 9, f. 9. Nam extat colligatus in praedicto fasciculo insimul cum certis aliis consimilibus libellis, et propterea archivarius faciens fidem dicit copias fuisse extractas a praedictis fasciculis, sed in rei veritate extant scriptae in supradictis libellis, quorum aliqui sunt etiam de pergameno.

221.Fasc. 9, f. 3 ap.Alitto,Vetusta r. Neap. monum.f. È allegato e compendiato dalSummonte, II, 365 e dalTutinip. 63. — IlBolvitonel vol. IV,Variarum rerum, Ms. conservato una volta nell'archivio dei santi Apostoli, ed ora nella biblioteca di S. Martino della nostra città al f. 18 riportando questo documento, nota:Subsequens collectarium extat scriptum in quodam augusti 1585 in fasciculo 9, f. 9. Nam extat colligatus in praedicto fasciculo insimul cum certis aliis consimilibus libellis, et propterea archivarius faciens fidem dicit copias fuisse extractas a praedictis fasciculis, sed in rei veritate extant scriptae in supradictis libellis, quorum aliqui sunt etiam de pergameno.

222.DellaSellariorom ruga, ubi decurrit acqua de fonte Fistulaetrovasi menzione nel Registro n. 111 (1301 F.) f. 113, nel grande Archivio di Stato in Napoli.

222.DellaSellariorom ruga, ubi decurrit acqua de fonte Fistulaetrovasi menzione nel Registro n. 111 (1301 F.) f. 113, nel grande Archivio di Stato in Napoli.

223.“Nell'anno 1334 a 13 Giugno II indizione in Napoli. Teodora del Gaudio, vedova del q. Bartolomeo Caracciolo Bisquitio, tutrice testamentaria di Cubello e Bartolomeo Caraccioli Bisquitij, fratelli, suoi nipoti, figli ed eredi del q. Filippo Caracciolo detto Bullone, in nome di detti pupilli; ed Alogara Piscicella, vedova del q. Matteo Caracciolo Bisquitio, milite, tutrice testamentaria di Nicolello, Alogarella e Mariella Caracciolo Bisquitie sue nipoti, figlie ed eredi del q. Filippo Caracciolo Bisquitio suo figlio, in nome similmente di detti pupilli, assegnarono a Belardisca Caracciolo Bisquitia moglie di Riccardo Filomarino milite, a Bianca, moglie di Tomaso Dentice, e Filippa, moglie di Tommasello Tomacello, sorelle figlie del q. Ligorio Caracciolo Bisquitio, milite, la lor porzione, cioè la terza parte lor toccata nella divisione fra di esse in detti nomi fatta di certe case vecchie ed orto, seu terra vacua, site dentro Napoli, giusta la via pubblica dettaPullaria, nella regione di Portanova....„ Come dall'istrumento fasc. 6, n. 65 nellaPlatea, oReassunto degli antichi strumenti che si conservano nell'Archivio del monastero di Santa Patrizia, già presso il Cuomo, ed ora nella biblioteca Municipale.

223.“Nell'anno 1334 a 13 Giugno II indizione in Napoli. Teodora del Gaudio, vedova del q. Bartolomeo Caracciolo Bisquitio, tutrice testamentaria di Cubello e Bartolomeo Caraccioli Bisquitij, fratelli, suoi nipoti, figli ed eredi del q. Filippo Caracciolo detto Bullone, in nome di detti pupilli; ed Alogara Piscicella, vedova del q. Matteo Caracciolo Bisquitio, milite, tutrice testamentaria di Nicolello, Alogarella e Mariella Caracciolo Bisquitie sue nipoti, figlie ed eredi del q. Filippo Caracciolo Bisquitio suo figlio, in nome similmente di detti pupilli, assegnarono a Belardisca Caracciolo Bisquitia moglie di Riccardo Filomarino milite, a Bianca, moglie di Tomaso Dentice, e Filippa, moglie di Tommasello Tomacello, sorelle figlie del q. Ligorio Caracciolo Bisquitio, milite, la lor porzione, cioè la terza parte lor toccata nella divisione fra di esse in detti nomi fatta di certe case vecchie ed orto, seu terra vacua, site dentro Napoli, giusta la via pubblica dettaPullaria, nella regione di Portanova....„ Come dall'istrumento fasc. 6, n. 65 nellaPlatea, oReassunto degli antichi strumenti che si conservano nell'Archivio del monastero di Santa Patrizia, già presso il Cuomo, ed ora nella biblioteca Municipale.

224.Tutini,Op. cit.p. 171.

224.Tutini,Op. cit.p. 171.

225.Intorno all'abbattimento delsedile popolare, e successiva esclusione del popolo dal governo del Comune, momento importantissimo della storia di Napoli, grande confusione ed oscurità regna ne' nostri scrittori, e nelle scarse memorie, che ci rimangono di quell'epoca. Le cronache generalmente con poche parole e anche con qualche errore cronologico, accennano ad un tal fatto senza avvertirne la gravità. Così ilPassaro, ai 7 Dicembre, dice: “S'ei abbattuto lo siegio della Sellaria,„ col quale è concorde notar Ambrosio Casanova, nel suoProtocollo. V.Pelliccia, I, 152.Notar Giacomo, per l'opposto segna un tal fatto al 2 Dicembre 1465 con evidente trasposizione di cifre. Lo stessoPassaropoi nota a' 31 marzo 1457: “Se sono levate le silice della insilicata della Sellaria„ mentre notar Giacomo segna questo avvenimento a' 31 Maggio 1456. Finalmente un diploma citato dalSicola(Vita di S. Aspreno, II, 430) di Re Alfonso I, col quale a' 26 Marzo 1444, si ordina al Vescovo di Valenza che si togliesse il detto sedile, commettendone l'esecuzione a quattro gentiluomini del Seggio di Portanova, farebbe rimontare ad un'epoca più antica la disposizione, se non l'esecuzione di un tal abbattimento.Se non che qualche più precisa particolarità si può ricavare da una cronaca o piuttostoRaccolta di Cronachefatta verso la metà del secolo XVI, copia della quale Ms. si conservava dal lodato sig. Cuomo, ed ora trovasi nella biblioteca Municipale. NellaHist. Dipl. r. Sic. ab. a. 1250 ad annum 1266a p. (51) io ho fatto menzione di essa; ed in altra mia scrittura ne parlerò anche più diffusamente. Per ora mi basterà notare qui semplicemente come la medesima fosse nota al Tutini, il quale ne compendiò le parole a pagina 246 della sua opera sui seggi. Nella cronaca dunque si legge: “Alli 1456, alli 7 Dicembre, s'abbattè uno Seggio che stava alla Sellaria di Napoli, quale seggio l'havevano fatto li nobili cittadini popolani — Alli 1457, alli 31 di Maggio, fu un gran rumore nel Popolo contro li gentiluomini, ed ebbe ad essere grande scandalo per lo seggio abbattuto del popolo. Cavalcò lo re Alfonso e si fermò alla piazza della Sellaria, parlando a Giovanni Miroballi ed alli altri cittadini, (dicendo) che quello non era stato fatto a mala fine, ma perchè volea annobilire la città; che la strada della Sellaria era bella, (e che) se levava quello Seggio et una casa che stava al mezzo, per posser fare la processione et altre feste e giostre. E quello dì fece abbattere la casa, che stava allo costato dello Seggio, e dette fama che lo prossimo maggio si voleva fare una bella giostra alla tornata delle galere, cioè per tutto maggio ma per lo primo Sabato si faria la processione delli preti giorlannati con la testa e lo sangue di San Gennaro, e che Sua Maestà volea venire a stare a vedere alla Sellaria, e molte altre belle parole. Così per quello, come per la sua cavalcata e per sua presenza, in parte furo placati, e fè incontinenti incominciare a levare la silicata della piazza della Sellaria, e spianare lo terreno, come se ci volesse far la giostra, e la strata restò longa e dritta et eguale dal Capo de lo Pendino fino a lo pede della via di Pistaso. E lo dì seguente fè lo bando come al nuovo Seggio di Portanova, volea Sua Maestà aggregare li cittadini de lo Popolo grasso e furo fatti gentiluomini li Catanei, li Coppoli, li Miroballi per leggieri favori.„ Ms. p. 536 Cf.SummonteOp. cit.t. I, p. 209.

225.Intorno all'abbattimento delsedile popolare, e successiva esclusione del popolo dal governo del Comune, momento importantissimo della storia di Napoli, grande confusione ed oscurità regna ne' nostri scrittori, e nelle scarse memorie, che ci rimangono di quell'epoca. Le cronache generalmente con poche parole e anche con qualche errore cronologico, accennano ad un tal fatto senza avvertirne la gravità. Così ilPassaro, ai 7 Dicembre, dice: “S'ei abbattuto lo siegio della Sellaria,„ col quale è concorde notar Ambrosio Casanova, nel suoProtocollo. V.Pelliccia, I, 152.Notar Giacomo, per l'opposto segna un tal fatto al 2 Dicembre 1465 con evidente trasposizione di cifre. Lo stessoPassaropoi nota a' 31 marzo 1457: “Se sono levate le silice della insilicata della Sellaria„ mentre notar Giacomo segna questo avvenimento a' 31 Maggio 1456. Finalmente un diploma citato dalSicola(Vita di S. Aspreno, II, 430) di Re Alfonso I, col quale a' 26 Marzo 1444, si ordina al Vescovo di Valenza che si togliesse il detto sedile, commettendone l'esecuzione a quattro gentiluomini del Seggio di Portanova, farebbe rimontare ad un'epoca più antica la disposizione, se non l'esecuzione di un tal abbattimento.

Se non che qualche più precisa particolarità si può ricavare da una cronaca o piuttostoRaccolta di Cronachefatta verso la metà del secolo XVI, copia della quale Ms. si conservava dal lodato sig. Cuomo, ed ora trovasi nella biblioteca Municipale. NellaHist. Dipl. r. Sic. ab. a. 1250 ad annum 1266a p. (51) io ho fatto menzione di essa; ed in altra mia scrittura ne parlerò anche più diffusamente. Per ora mi basterà notare qui semplicemente come la medesima fosse nota al Tutini, il quale ne compendiò le parole a pagina 246 della sua opera sui seggi. Nella cronaca dunque si legge: “Alli 1456, alli 7 Dicembre, s'abbattè uno Seggio che stava alla Sellaria di Napoli, quale seggio l'havevano fatto li nobili cittadini popolani — Alli 1457, alli 31 di Maggio, fu un gran rumore nel Popolo contro li gentiluomini, ed ebbe ad essere grande scandalo per lo seggio abbattuto del popolo. Cavalcò lo re Alfonso e si fermò alla piazza della Sellaria, parlando a Giovanni Miroballi ed alli altri cittadini, (dicendo) che quello non era stato fatto a mala fine, ma perchè volea annobilire la città; che la strada della Sellaria era bella, (e che) se levava quello Seggio et una casa che stava al mezzo, per posser fare la processione et altre feste e giostre. E quello dì fece abbattere la casa, che stava allo costato dello Seggio, e dette fama che lo prossimo maggio si voleva fare una bella giostra alla tornata delle galere, cioè per tutto maggio ma per lo primo Sabato si faria la processione delli preti giorlannati con la testa e lo sangue di San Gennaro, e che Sua Maestà volea venire a stare a vedere alla Sellaria, e molte altre belle parole. Così per quello, come per la sua cavalcata e per sua presenza, in parte furo placati, e fè incontinenti incominciare a levare la silicata della piazza della Sellaria, e spianare lo terreno, come se ci volesse far la giostra, e la strata restò longa e dritta et eguale dal Capo de lo Pendino fino a lo pede della via di Pistaso. E lo dì seguente fè lo bando come al nuovo Seggio di Portanova, volea Sua Maestà aggregare li cittadini de lo Popolo grasso e furo fatti gentiluomini li Catanei, li Coppoli, li Miroballi per leggieri favori.„ Ms. p. 536 Cf.SummonteOp. cit.t. I, p. 209.

226.Notar Giacomo,Cronica di Nap.p. 190, ePassaro,Giornalep. 73. — I principali patti delle capitolazioni conchiuse tra i nobili ed i popolani si trovano compendiati neiDiurnalidel Gallo ai 17 giugno 1495 p. 12; una copia poi dell'istrumento stipulato in quell'occasione, sebbene alquanto scorretta, leggesi nellaRaccolta di Cronache, di cui sopra ho parlato, a p. 869 con la data dei 12 giugno. Oltre a ciò, secondochè narrasi ivi a p. 856, prima che Carlo VIII fosse partito da Napoli (20 Maggio 1495) i popolani per mezzo di quattro cittadini, i quali furono Messer Parise Scotio, Messer Giovanni Folliero, Messer Antonio Sasso, e Messer Franco Fiorentino presentarono memoriale al re della città “che li facesse graziain scriptische potessero eleggere un loco della città dove si potessero adunare liberamente, e trattare le cose occorressero per loro seggio. Il re concesse le grazie, e fece chiamare gli Eletti gentiluomini dicendoli che volessero essere boni fratelli coli popoli (popolani), e che, come anticamente erano stati, in uno governo unitamente trattassero in S. Lorenzo le cose occorrenti per la città, e che essi erano cinque piazze e lo popolo una, che saria lo suo Eletto, e saria la sesta voce e saria lo suo reggimento popolare in la sala de lo inclaustro di S. Agostino, e fu chiamato lo primo Eletto del popolo, che fu Giovan Carlo Tramontano.„ Il fatto è riferito anche dal Summonte, il quale nel t. I, p. 145 compendia le parole di questa cronaca.Ma con queste capitolazioni non furono interamente acchetate le differenze tra i nobili ed il popolo. Restavan sempre materie di controversia, alcune delle quali furono definite da re Federico II d'Aragona nel 1488, ed altre dal re Cattolico nel 1506. Chi di esse vuole più ampie nozioni vegga il Summonte nell. c.e gli altri scrittori patrii.

226.Notar Giacomo,Cronica di Nap.p. 190, ePassaro,Giornalep. 73. — I principali patti delle capitolazioni conchiuse tra i nobili ed i popolani si trovano compendiati neiDiurnalidel Gallo ai 17 giugno 1495 p. 12; una copia poi dell'istrumento stipulato in quell'occasione, sebbene alquanto scorretta, leggesi nellaRaccolta di Cronache, di cui sopra ho parlato, a p. 869 con la data dei 12 giugno. Oltre a ciò, secondochè narrasi ivi a p. 856, prima che Carlo VIII fosse partito da Napoli (20 Maggio 1495) i popolani per mezzo di quattro cittadini, i quali furono Messer Parise Scotio, Messer Giovanni Folliero, Messer Antonio Sasso, e Messer Franco Fiorentino presentarono memoriale al re della città “che li facesse graziain scriptische potessero eleggere un loco della città dove si potessero adunare liberamente, e trattare le cose occorressero per loro seggio. Il re concesse le grazie, e fece chiamare gli Eletti gentiluomini dicendoli che volessero essere boni fratelli coli popoli (popolani), e che, come anticamente erano stati, in uno governo unitamente trattassero in S. Lorenzo le cose occorrenti per la città, e che essi erano cinque piazze e lo popolo una, che saria lo suo Eletto, e saria la sesta voce e saria lo suo reggimento popolare in la sala de lo inclaustro di S. Agostino, e fu chiamato lo primo Eletto del popolo, che fu Giovan Carlo Tramontano.„ Il fatto è riferito anche dal Summonte, il quale nel t. I, p. 145 compendia le parole di questa cronaca.

Ma con queste capitolazioni non furono interamente acchetate le differenze tra i nobili ed il popolo. Restavan sempre materie di controversia, alcune delle quali furono definite da re Federico II d'Aragona nel 1488, ed altre dal re Cattolico nel 1506. Chi di esse vuole più ampie nozioni vegga il Summonte nell. c.e gli altri scrittori patrii.

227.Ilcatafalconella piazza della Sellaria per la processione antichissima di San Gennaro cominciò a farsi nel 1528.SummonteI, 338. — Per la festa di S. Giovanni ai 24 giugno si veggano le descrizioni fattane dal Capaccio nel 1626 e 1627, dal Giuliani nel 1621, e dall'Origlia col libro:Il Zodiacoec. nel 1630 Cf.Monografia di S. Giovanni a MareperMichele Radognap. 74.

227.Ilcatafalconella piazza della Sellaria per la processione antichissima di San Gennaro cominciò a farsi nel 1528.SummonteI, 338. — Per la festa di S. Giovanni ai 24 giugno si veggano le descrizioni fattane dal Capaccio nel 1626 e 1627, dal Giuliani nel 1621, e dall'Origlia col libro:Il Zodiacoec. nel 1630 Cf.Monografia di S. Giovanni a MareperMichele Radognap. 74.

228.Acta Visit. Paroch. maj.a. 1580, nella parrocchia di San Giorgio maggiore.

228.Acta Visit. Paroch. maj.a. 1580, nella parrocchia di San Giorgio maggiore.

229.Del Pendino di S. Agostino, la cui denominazione tirava anche per la via dei Calderai, si fa cenno nellaPlat.cit. di San Severino fol. 79. — Intorno alla nascita di Urbano VI parla ilSummonte, II, 453, ilTutini,Op. cit.p. 192, eCelano,Op. cit.IV, 185. Taluni però contraddicono ad una tale tradizione.

229.Del Pendino di S. Agostino, la cui denominazione tirava anche per la via dei Calderai, si fa cenno nellaPlat.cit. di San Severino fol. 79. — Intorno alla nascita di Urbano VI parla ilSummonte, II, 453, ilTutini,Op. cit.p. 192, eCelano,Op. cit.IV, 185. Taluni però contraddicono ad una tale tradizione.

230.Erano così chiamate allora le persone civili, e specialmente quell appartenenti al foro, dall'abito nero che portavano. V.Bandodi Gennaro Annese inCapecelatro,DiarioII,Ann.p. 68.

230.Erano così chiamate allora le persone civili, e specialmente quell appartenenti al foro, dall'abito nero che portavano. V.Bandodi Gennaro Annese inCapecelatro,DiarioII,Ann.p. 68.

231.Capecelatro, nelDiarioI, p. 109, e 116 dà le accennate particolarità intorno al Genoino.

231.Capecelatro, nelDiarioI, p. 109, e 116 dà le accennate particolarità intorno al Genoino.

232.Che il clero napoletano in quel tempo fosse di sentimenti piuttosto francesi ed amico del popolo si rileva dalCampanile,Diario, f. 27, dalDella Monica, f. 129 v. e da altri. — IlBassopubblicò:Il trionfo della bellezza nelle nozze di Placido, ed Isabella de Sangro; Nap. 1640 in 12;Il Pomo di Venere, dramma per musica nelle feste delle nozze suddette. Nap. in 4, e lePoesie, Napoli 1645 in 4.

232.Che il clero napoletano in quel tempo fosse di sentimenti piuttosto francesi ed amico del popolo si rileva dalCampanile,Diario, f. 27, dalDella Monica, f. 129 v. e da altri. — IlBassopubblicò:Il trionfo della bellezza nelle nozze di Placido, ed Isabella de Sangro; Nap. 1640 in 12;Il Pomo di Venere, dramma per musica nelle feste delle nozze suddette. Nap. in 4, e lePoesie, Napoli 1645 in 4.

233.Giannizzeri, parola tolta dalla lingua turchesca, con la quale gli spagnuoli chiamano quei del loro sangue, che sono nati da padre o madre forestieri nelle altre regioni d'Europa.Nicolai, p. 154.Interessatichiamavansi coloro, che avevano posto i loro capitali negli arrendamenti.

233.Giannizzeri, parola tolta dalla lingua turchesca, con la quale gli spagnuoli chiamano quei del loro sangue, che sono nati da padre o madre forestieri nelle altre regioni d'Europa.Nicolai, p. 154.Interessatichiamavansi coloro, che avevano posto i loro capitali negli arrendamenti.

234.V. Lettera del Card. Filomarino.Arch. Stor. It.IX, p. 390; e tutti gli scrittori della rivoluzione. IlDella Monica, Ms. cit. al f. 93 narra della madre di Masaniello.

234.V. Lettera del Card. Filomarino.Arch. Stor. It.IX, p. 390; e tutti gli scrittori della rivoluzione. IlDella Monica, Ms. cit. al f. 93 narra della madre di Masaniello.

235.De Turri,Op. cit.p. 137.

235.De Turri,Op. cit.p. 137.

236.Di questa seconda sollevazione parlano più specificatamente ilRacccontoMs., ilRicca,IstoriaMs. cit., ilDiario, ed altri.

236.Di questa seconda sollevazione parlano più specificatamente ilRacccontoMs., ilRicca,IstoriaMs. cit., ilDiario, ed altri.

237.NelDiario Anonimofol. 95, circa il 21 agosto si narra come il San Vincenzo, nipote del Genoino, si trovasse nel castello. “Ritrovandosi, leggesi ivi, una grossa moltitudine di Popolo avanti la casa di Giovanni Zavaglio, (Zevallos, poscia del principe di Stigliano), in strata di Toleto, di guardia, per non fare passare avanti li Spagnuoli, passò per detta strada GiuseppealiasPeppe Sanvincenzo, quale in detto tempo era giudice criminale, lo pigliarono con molti strapazzi e li levarono la toga da sopra e lo buttarono in terra, con dirli molte ingiurie e farli molti maltrattamenti, per la qual cosa fu forzato ritirarsi in Castello nuovo, dove stava salvato D. Giulio Genoino, suo zio„ — In seguito col c. 2 delleGrazie, concessioniecc. stipulate il 7 settembre fu stabilito che il Genoino ed i suoi nipoti fossero privati di tutti i carichi ed onori che avevano, e che fossero essi e loro discendenti in linea mascolinainfinitum disterratidal regno, per aver macchinato falsamente contro il fedelissimo popolo. Il Fuidoro, o Vincenzo d'Onofrio, in una postilla alDiariodel Campanile f. 25, tratta della fine di D. Giulio Genoino, e narra, che imbarcato coi suoi nipoti sopra il vascello di capitan Giaime Canales di Majorca andò in Sardegna, ove giunto, diede le lettere del Duca d'Arcos a quel vicerè, e fu trattato amorevolmente con alloggiare in palazzo per spazio di tre mesi e mezzo. Poscia, avendo deliberato di portarsi in Corte a Madrid, si partì di là, ed ammalatosi per via, sbarcò a Porto Maone, ove morì, e fu sepolto nella chiesa maggiore di Majorca.

237.NelDiario Anonimofol. 95, circa il 21 agosto si narra come il San Vincenzo, nipote del Genoino, si trovasse nel castello. “Ritrovandosi, leggesi ivi, una grossa moltitudine di Popolo avanti la casa di Giovanni Zavaglio, (Zevallos, poscia del principe di Stigliano), in strata di Toleto, di guardia, per non fare passare avanti li Spagnuoli, passò per detta strada GiuseppealiasPeppe Sanvincenzo, quale in detto tempo era giudice criminale, lo pigliarono con molti strapazzi e li levarono la toga da sopra e lo buttarono in terra, con dirli molte ingiurie e farli molti maltrattamenti, per la qual cosa fu forzato ritirarsi in Castello nuovo, dove stava salvato D. Giulio Genoino, suo zio„ — In seguito col c. 2 delleGrazie, concessioniecc. stipulate il 7 settembre fu stabilito che il Genoino ed i suoi nipoti fossero privati di tutti i carichi ed onori che avevano, e che fossero essi e loro discendenti in linea mascolinainfinitum disterratidal regno, per aver macchinato falsamente contro il fedelissimo popolo. Il Fuidoro, o Vincenzo d'Onofrio, in una postilla alDiariodel Campanile f. 25, tratta della fine di D. Giulio Genoino, e narra, che imbarcato coi suoi nipoti sopra il vascello di capitan Giaime Canales di Majorca andò in Sardegna, ove giunto, diede le lettere del Duca d'Arcos a quel vicerè, e fu trattato amorevolmente con alloggiare in palazzo per spazio di tre mesi e mezzo. Poscia, avendo deliberato di portarsi in Corte a Madrid, si partì di là, ed ammalatosi per via, sbarcò a Porto Maone, ove morì, e fu sepolto nella chiesa maggiore di Majorca.

238.Queste parenti di Masaniello dopo qualche tempo furono ivi fatte morire.Capecelatro,Diario, II, 360. IlBrusoniStor. d'It.lib. XV f, p. 499 parla pure della sorella e del cognato di Masaniello, ed anche di un loro figliuoletto di anni tre.

238.Queste parenti di Masaniello dopo qualche tempo furono ivi fatte morire.Capecelatro,Diario, II, 360. IlBrusoniStor. d'It.lib. XV f, p. 499 parla pure della sorella e del cognato di Masaniello, ed anche di un loro figliuoletto di anni tre.

239.Capecelatro,Diario, II, 7;Campanile,Diario, f. 13.

239.Capecelatro,Diario, II, 7;Campanile,Diario, f. 13.

240.Del figlio di Masaniello, maschio o femina che fusse, non ho trovato memoria nei registri parrocchiali di S. Caterina inforo magno. Bisogna supporre che o la Bernardina dopo questo tempo avesse dovuto sconciarsi o che avesse partorito nel distretto di altra parrocchia.

240.Del figlio di Masaniello, maschio o femina che fusse, non ho trovato memoria nei registri parrocchiali di S. Caterina inforo magno. Bisogna supporre che o la Bernardina dopo questo tempo avesse dovuto sconciarsi o che avesse partorito nel distretto di altra parrocchia.

241.Turge-Loredan,Ètat de la repubblique de Naplesp. 71. Il libro è scritto sulle note dello stesso P. Capece, confessore del Duca di Guisa. Ivi si dice che il fatto avvenne nelle feste di Natale. Il Duca di Guisa però si vanta di aver egli mandato a chiamare la Bernardina per soccorrerla, a fin di gratificarsi il popolo.Memorie del Duca di Guisa, t. I p. 277.

241.Turge-Loredan,Ètat de la repubblique de Naplesp. 71. Il libro è scritto sulle note dello stesso P. Capece, confessore del Duca di Guisa. Ivi si dice che il fatto avvenne nelle feste di Natale. Il Duca di Guisa però si vanta di aver egli mandato a chiamare la Bernardina per soccorrerla, a fin di gratificarsi il popolo.Memorie del Duca di Guisa, t. I p. 277.

242.Lo stato triste e miserable, in cui si trovò la plebe in Napoli nell'inverno del 1648-1649 nei seguenti termini è esposto in una scrittura contemporanea: “Furono così grandi et inauditi i disordini cagionati dai popolari tumulti.... che, quelli per divina misericordia quietati, nell'anno seguente 1648 restò nulla di meno così nella città di Napoli come in tutto il Regno tanta estrema miseria, così gran penuria di tutte le cose, che il prezzo dei grani ascese al valore di duc. sei e più il tomolo, e di tutte le altre cose commestibili era la valuta esorbitantissima. Perlochè i poveri e particolarmente i figliuoli (che allora erano in gran copia) orfani derelitti, per aver la maggior parte perduti i loro padri o ammazzati o morti di disagio, si trovavano in estrema necessità.... a segno tale che estenuati dalla fame, dal freddo e da' cotidiani patimenti andavano mendicando il vitto. E quel che era peggio non essendo chi lor desse qualche limosina (per ritrovarsi in quel tempo ognuno secondo il suo stato in qualche bisogno) miseramente si morivano nelle pubbliche strade. E molti che nè anche avevano luogo da ricettarsi dormivano la notte sotto qualche supportico, tenna o baracca, o in altro luogo simile, dove oppressi dall'eccessivo freddo che fu in quell'anno, et estenuati dalla fame si ritrovavano la mattina morti, restando insepolti ed alle volte anche mangiati dai cani. Taccio le miserie delle povere filiuole di qualche età, che correvano grandissimo pericolo nell'onore e nell'offesa di Dio„.Del Conservatorio delle orfane di S. NicolaNotizia aggiunta alCampanile,Diariofol. 103, forse scrittura dello stesso. — Che Bernardina fosse poi divenuta pubblica meretrice nel borgo di S. Antonio Abbate lo affermano ilCapecelatroII, 360, ed il Pollio, la cui testimonianza più innanzi riporterò.

242.Lo stato triste e miserable, in cui si trovò la plebe in Napoli nell'inverno del 1648-1649 nei seguenti termini è esposto in una scrittura contemporanea: “Furono così grandi et inauditi i disordini cagionati dai popolari tumulti.... che, quelli per divina misericordia quietati, nell'anno seguente 1648 restò nulla di meno così nella città di Napoli come in tutto il Regno tanta estrema miseria, così gran penuria di tutte le cose, che il prezzo dei grani ascese al valore di duc. sei e più il tomolo, e di tutte le altre cose commestibili era la valuta esorbitantissima. Perlochè i poveri e particolarmente i figliuoli (che allora erano in gran copia) orfani derelitti, per aver la maggior parte perduti i loro padri o ammazzati o morti di disagio, si trovavano in estrema necessità.... a segno tale che estenuati dalla fame, dal freddo e da' cotidiani patimenti andavano mendicando il vitto. E quel che era peggio non essendo chi lor desse qualche limosina (per ritrovarsi in quel tempo ognuno secondo il suo stato in qualche bisogno) miseramente si morivano nelle pubbliche strade. E molti che nè anche avevano luogo da ricettarsi dormivano la notte sotto qualche supportico, tenna o baracca, o in altro luogo simile, dove oppressi dall'eccessivo freddo che fu in quell'anno, et estenuati dalla fame si ritrovavano la mattina morti, restando insepolti ed alle volte anche mangiati dai cani. Taccio le miserie delle povere filiuole di qualche età, che correvano grandissimo pericolo nell'onore e nell'offesa di Dio„.Del Conservatorio delle orfane di S. NicolaNotizia aggiunta alCampanile,Diariofol. 103, forse scrittura dello stesso. — Che Bernardina fosse poi divenuta pubblica meretrice nel borgo di S. Antonio Abbate lo affermano ilCapecelatroII, 360, ed il Pollio, la cui testimonianza più innanzi riporterò.


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