Così giulivi si menavano i giorni dell'autunno fra le feste della campestre innocenza. Ognuno si studiava di rendere men nojoso il tempo che si mettea in mezzo a queste nozze con qualche nuovo diporto. Rendeasi la gentile brigata sui vicini monti, e qualunque fosse il luogo a cui si indirizzassero, riusciva sempre aggradevole alla Marcellina perchè nuovo, mentre essa non avea mai veduto che il natìo suo nido. Era l'ottobre, e siccome correva la festa di Montalto, Girani propose di andarvi con piacevoli amici.
Sorge Montalto in mezzo ai colli di Casteggio lungo il corso della Copia, e come pino fra le minori piante, si innalza maestoso sovra di essi. La natura tutto profuse, perchè quell'eminenza essere dovesse la più deliziosa delle ville oltrepadane.
Se da qualche altura ti prende vaghezza di contemplare il vario succedersi delle colline, la tua mente errando sopra uno spazio sì esteso e diverso, si avvisa che le si stenda dinanzi un ampio burrascoso mare: ivi mille vertici ora fregiati di grazioso palagio, ora velati di candida nuvoletta, accrescono la tua illusione, sembrandoti o le onde rialzate, o i vascelli affidati allo spirare de' venti; mentre le pianure e le valli ora ti offrono un placido tratto di acque, ora uno schiuso abisso. Fra questa immaginazione che più ti riesce gradita e meglio ti acquista opinione d'esser vera, quanto è più vasto lo spazio che cingi collo sguardo, Montalto fa pompa di nuovi incanti: fra il silenzio delle vallee e l'ondeggiar di tante cime, ti pare di ravvisare l'isola fortunata, ove approdano i tuoi pensieri e riposano gli stanchi tuoi occhi.
Che se in vece meglio ti diletta da quella sede discorrere co' lumi all'intorno, vai orgoglioso di dominare i sottoposti poggi, e ti pare essere il re di quelle balze. Nè più vario, nè più piacevole unqua si offriva alimento alla tua curiosità , esca al tuo immaginare. Da un lato t'incanta la pianura di Lombardia fiorente per popolose città , e i suoi confini sì estesi che vincono la tua vista e si confondono in un azzurro infinito, e come immense acque si colorano al variare delle ore del giorno: Dall'altro ferma l'acume del tuo vedere la canuta cima delle Alpi che nasconde le spalle fra le nubi e pare sposarsi al cielo. Che se l'aere puro veste quelle vette di luce, miri ripercosso un doppio sole dalle eterne nevi, e scopri dietro monti succedersi monti, e ghiacci e monti ancora, sicchè lunge ti si desta il pensiero di straniere terre e di lontane genti.
Commosso fra sì opposti remoti obbietti, quasi dolente di non potere stringere tanta mole di cose col solo girar dell'occhio, su te il richiami e il volgi su quanto si posa al tuo piede, e mentre ne avvisavi esausta la sorgente, ecco scaturire nuove bellezze.
Qui trovi l'opera dell'uomo e le necessità della vita seminare l'eminenze di case, di castelli e di paesi: vedi l'industria rompere il seno al pendìo, ed ei grato alimentare la messe; crescere le piante che dai piegati rami ti sporgono i frutti; la vallata altrice di densi castagneti e di pascoli graditi all'armento. Or ti piacciono i varj errori delle convalli, ora il biondeggiar delle biade che allo spirare del vento s'increspano in onda, e la quiete del maggese, e il sacro orror del bosco; ora par che inviti i tuoi pensieri al riposo l'ordine con cui dal chino procedono all'erta i filari della vigna, gravi di grappoli pendenti che parte s'innostrano, parte s'indorano ai rai del sole e ministrano alla tua mensa squisito liquore. Fra tanta varietà di poggi, piacciono fra le opposte pendici i tortuosi meandri della Copia: scorre limpida fra sasso e sasso, e piega i ramoscelli che le escono sopra, e muove tacita pe' vicini prati ad innaffiare le zolle ed è cortese all'aure delle valli di grata frescura.
Allora seguendo i voli della agitata mente, ti senti rapito alla diletta Tempe, e ossequi il loco sacro alle deitadi agresti, odi i canti di Bacco, i suoni e le danze delle invase seguaci del nume, e già ti pare di vivere in più lontane età . Se non che più caro ti riesce all'animo richiamato dalle fantasie, ravvisare quivi il cultore inteso o allo studio dell'aratro, o a racconciare alle piante la chioma; altrove le mandre dilettarsi di brucare le erbette, mentre i fanciulli che le governano intrecciano allegri balli al suono di rozzi pifferi e rusticali carmi.
Invaghito dell'opera dell'uomo, e della vita, che lo spirito suo diffonde dove porta la mano, se ti volgi ove più scarso approda il sole verso la settentrionale regione, rinvieni il riposo, anzi lo squallor di natura. Sporge il tufo vestito di scarse glebe, vedi formarsi la roccia primitiva, e succederle il dirupo, e spogliarsi d'ogni verde onore, fuggire ogni pianta, e innalzarsi lo scoglio, e comparire la montagna. Qui nello stesso mezzo trovi il bello della coltivazione e quello della natura: l'uno ti cerca con piacere, l'altro ti solleva la mente, l'uno ti schiude i tesori del bello, l'altro aprendoti i misteri dell'infinito t'innalza al sublime.
L'industria dell'uomo poi volle rendere Montalto il più dilettoso fra i colli. Il paese è situato sur un piano vicino alla sommità , ma sulla roccia che vi sovrasta, ardì la dovizia erigere magnifico palagio, ed ove era maggiore l'impero della natura profuse il più eletto dell'arte. Allo scuotere della magica verga di questa allettatrice degli umani consorzj, apparvero sulla inaccessibile rupe e altere mura, e torri, e portici, e tempj, e dilettose pianure. Scomparve l'ispido della roccia e si ornò di variopinti tappeti: si appianò il dirupo, scosse il selvaggio del bosco e aprì il seno al sorriso de' fiori: si compartì il pendìo in vari piani, che dolcemente l'uno all'altro succedendo, trasformati in altrettanti gardini, vagamente mettono dal piede della collina alla vetta: ti avvisi di vedere una egizia piramide sopra cui s'aderga alto palagio; ti pare, contemplandola da lunge, di rinvenire fra i monti le delizie dell'Isola Bella che siede reina dell'ameno Verbano.
Se vago sei di scorrere questi poggi, ora ti diporti sotto un viale tutto coperto di frondosi pergolati e che pare protendersi innanzi al piacevole errar de' tuoi passi; ora vai lungo un altro rallegrato da cedri e d'aranci che fanno dolce forza al clima, e crescono ove era loro inospite il terreno: ivi vengono ad educarli i venticelli tiepidi del mezzodì, ivi le lascive aurette amano soffermare le ali scherzose, e imbalsamate le piume sul margine che d'ogni intorno olezza, volano a scuotere i più eletti odori nelle propinque valli, ed a solleticare i sensi di que' rustici abitatori, non ancora ottusi per le orientali essenze alle care fragranze della natura.
Se malinconico più ti diletta il selvaggio, varj tortuosi sentieri ti mettono fra foschi boschetti, in cui l'arte talora non osò turbare la natia selvatichezza, e nei quali per la densità delle frondi nulla ponno i raggi del sole: dolce ivi t'alletta la solitudine, e una soave quiete t'invita al riposo. Se più che restare, ti è in grado muovere l'incerto piede fra i frondosi labirinti, ora ti si addensa dinanzi la macchia, or bella ti si apre alla vista la lontana pianura, or ti avventuri in una verde capannetta che non invidia l'asilo alle ninfe, ora riesci in un seno ove è ordinato leggiadro teatro in cui e il palco, e la loggia, e i sedili sono di sempre verde mirto, sicchè il reputi il tempio consacrato alla Dea d'amore.
Fra questi piacevoli errori, fra queste selvette amene, scegliendo fior da fiore muovea la Marcellina il piede sull'erba onde era pinta la via. Facea col sorriso dolce invito agli amici e allo sposo, a partecipare nella gajezza che in lei destavano le bellezze nuove, e a quel sorriso parea si rallegrasse il poggio e nuova si diffondesse in que' luoghi aura di vita, pareano le piante dai commossi rami scuoterle sul grembo mille fragranze elette, e avvisavi ivi intenti a rallegrarla tutti alternare i lor canti i pennuti abitatori del bosco.
Ma già il doppio giro di agili scale ecco mena la bella peregrina alla sede de' botanici fiori, che concede l'aria del monte. Qui l'accoglie o lungo portico in cui in varia foggia distribuì il maestro pennello i più pregiati dipinti, o fresca grotta non già quale si apre nella foresta alle belve, ma artifiziosa, incantevole e dove il ciottolo minuto, involati i colori all'iride, ne fregiò a mosaico le vôlte e le pareti. In fine ritrova, ciò che più piace sull'alto della roccia, il zampillo della fontana e la marina conchiglia, inviolato asilo d'argentei pesci.
Qui l'arte ebbe più innanzi: celò in mezzo all'arena e dietro i marmorei sedili, che invitano al riposo, graziose insidie, sicchè a voglia ne spiccia una fonte improvvisa. Cadde a Girani in pensiero di farne una piacevole sorpresa alla Marcellina, e mentre ella adescata dagli inviti sedeva, ecco si vide innanzi spruzzare mille zampilletti, acqua le parti, acqua il seggio insidioso ove posava: s'alza e dallo spruzzato umore le è contrastato il passo, onde molle la succinta gonna, fra gli evviva della brigata ed un modesto rossore s'invola e si nasconde.
Il veggente amante però avea già provveduto a porre riparo alla lieve sciagura, sicchè nella casa di una prossima contadina, era parato con che rasciugare la tradita curiosità della semplice fanciulla. Sdegnosetta ella sen richiama allo sposo, e pare col torvo sguardo presagirgli lunghi sdegni; ma ei sì piacevolmente le usa intorno accarezzamenti, si mostra sì dolente di esserle stato molesto, che in fine l'ira nella forosetta si volge in un dolce riso, e sfavilla di nuovo la gioja sul volto dell'audace amatore.
Alla sera il Signore del loco schiuse il palagio alla danza. Ivi convennero gli abitatori de' vicini villaggi, atteggiati anzichè di voluttà , di un ingenuo pudore che rapiva: non vi mancarono le belle di città , molte delle quali per gustare le piacevolezze dell'agreste innocenza, rapirono gli abiti alle contadine e folleggiarono con esse. Vi andarono anche que' di Nebiolo, e la Marcellina colle proprie attrattive destò meraviglia in chi la considerava: parea che le grazie movessero l'agile suo piede, e le componessero di rose e di ligustri il viso, e avvisavi ch'ella sola accogliesse quanto era di leggiadro. Non mancò chi ardisse avvicinarsele e ferire la sua modestia colla lode, nè si tenne l'invidia di guatar bieco il garzone che ognuno segnava diletto alla fanciulla, cui ella spesso co' bei rai ammiccando invitava alla gioja, e al quale per vezzi e per premure, rispondea la bella col sorriso d'amore.
In sì fatto modo si andava sognando una prossima felicità per quella coppia innocente, se non che l'inimica fortuna le veniva temprando i suoi veleni: si adunavano su quelle colline nubi di tempesta che doveano rapire loro per sempre la cara luce del sole.
Aveano in quel mezzo le truppe francesi innondate per la prima volta le contrade d'Italia, e vezzeggiando le sue bellezze le imponevano nuove catene: un grido di guerra non più, come ai tempi d'Anselmo, chiamava all'armi i figli della gloria; ma si stringeva ognuno che aggiungesse il quarto lustro a seguire gli stendardi de' vincitori.
Era Girani a questa età : l'avversa sorte il volle fra i primi che dovessero accostare le labbra onde assaggiare quel nuovo calice amaro. Si turbarono gli sposi al duro annunzio, che colle lagrime represse sul ciglio dava a quegli atterriti montanari il pastore dall'altare.
La legge interdice le nozze a coloro che sono nel numero de' chiamati, sicchè è forza differir pure quelle degli amanti di Nebiolo. Una segreta amarezza ricerca i loro cuori, ma la speranza non gli abbandona, chè la novità dell'ordinanza ancora non ne appalesa tutto il rigore, sicchè nella temenza in cui stanno, pur travedono sempre qualche raggio di fortuna. Attendevano con impazienza e con tremore il momento della scelta, e si confortavano gli animi contrastati con qualche dolce chimera, allettando tuttavia nuovi affetti che la paura sollecitava e rendeva più teneri.
Venne il Natale, tempo temuto e segnato alla scelta fatale. Il sacro bronzo chiama i signori e i contadini al tempio: vi accorrono gli amici e le trepidanti madri, vi accorrono con Girani i suoi parenti e Marcellina. Il silenzio di tutti annunzia il terrore che siede nei loro petti, la trepidazione scuote tutti gli animi, e ognuno teme per sè o pei suoi. Si agita la fatal urna: Girani trae il numero, ed era il due: alla Torrazza si richiedeano sei coscritti: Girani è fatto soldato. La povera Marcellina sentì venirsi meno alla fatal novella; lo sposo restò immobile guardandola cogli occhi gonfi di pianto, ma la loro ambascia andò inosservata e confusa fra l'afflizione di altre madri e spose.
Era irremovibile il destino de' segnati: furono vani e preci e lamenti: si davano solo due dì al compianto delle vedovate famiglie, poi doveano i novelli soldati seguire l'armata ad Alessandria.
Chi potrà ricordare se fosse maggiore il dolore in Girani, o nella povera fanciulla in questi infausti momenti? Ella non sapeva trovare nè tregua nè riposo: contrastata fra l'amore e il martiro di ogni perduta speranza, parea smarrirsi della ragione. Appena spuntava l'alba, Girani era a Nebiolo e le sue confondea colle lagrime della Marcellina.—Ah Girani, mio sposo, forse per sempre a me rapito… Ahi dura legge, a che ne costringi?… ma io, io ti seguirò, sarò tua compagna fra i disagi e le sventure: dividerò teco il peso delle tue armi, le tue fatiche. Io tergerò il sudore della tua fronte dopo i disagi del cammino, ti concilierò il sonno nella stanchezza, e ti temprerò l'amarezza per l'esilio dai luoghi ove sei nato. A mia madre pur resta il marito, e a te, che dura necessità spinge ramingo in lontane contrade, io sarò confortatrice compagna. Ch'io ti segua, ch'io teco divida il tuo destino, e non temerò i perigli, care mi saranno le fatiche, dolce mi sarà teco anche la morte.—
Ma era vano il voto, era vietato l'imeneo, nè il rigor dell'armi compativa le dolcezze d'amore.—Ahi dunque tu solo… lunge, ed io misera, abbandonata in questa solitudine… io gemerò e verserò inutile pianto, mentre tu presso a nuovi oggetti forse scorderai la povera Marcellina…—Girani cui questi lamenti erano mortali saette, palpitante stringea per la mano la dolorosa, e le prometteva coi cenni, col pianto e con interrotti sospiri eterno amore e fede.—No, amor mio, il mio cuore non può essere che tuo, io non posso vivere che per te… Se irreparabile destino or sì ne acerba e divide,… forse non sarà per sempre, forse dopo sì dira procella non fia ne debba fallire più lieto porto: soli quattro anni ne richiedono all'armi, e sebbene lenti, si dilegueranno finalmente innanzi al nostro desìo: allora volerò a questi lidi, volerò al tuo seno unica mia Marcellina, e ricordando la nostra costanza e i sostenuti travagli, più dolce suonerà l'ora della nostra unione… Ma e tu pure non voler poi che m'abbia a fuggire tanto sospirato bene: tu… giurami di non esser che mia,… di non porre in altri i tuoi invidiati affetti, giurami di attendere il mio ritorno, nè che mai oserà alcuno vagheggiare il fiore di questo colle… Che se poi la fortuna affatto nemica spento mi vuole fra l'armi, lontano da te…. Marcellina! se sciolta d'ogni promessa, d'ogni giuramento, un altro più avventurato possedesse… deh per queste lagrime, per quegli affetti onde l'animo nudrivi nella tua felicità , non dimenticarti del misero che ti pose tanto amore quanto esser ne può capace un mortale, che col solo pensiero di te alimentò la vita raminga, e fra i tumulti della milizia non visse che per te sola… Scorrendo questi poggi, vedendo quella pianta, ricordati che ai primi spesso appresi a ripetere il tuo nome, e sotto quelle verdi fronde ho sovente sparse lagrime amorose… Consacra, Marcellina, qualche segreto sospiro alla mia memoria e vivi felice.—
Piangeva la commossa fanciulla per duolo e per tenerezza, e con soffocati singhiozzi il pregava perchè più non albergasse sì tristi presentimenti, nè volesse di tanto amaro pure esacerbare il suo affanno. Marcellina soffolti gli occhi al cielo annebbiati di pianto, pari all'astro antelucano fra la notturna rugiada, e indi movendoli sull'amico con tanta soavità che davano conforto e vita, gli sporgeva le mani tremanti, gli giurava eterna fede e amore—io sarò tua o di nessuno.—
Tali erano i melanconici ragionamenti fra' quali volavano a que' miseri le poche ore che loro acconsentiva la sorte che li premea. Già eran trascorsi que' giorni luttuosi, già pendeva l'istante segnato alla partenza, e Girani preso il dolente commiato da' suoi, venne a dare l'ultimo addio a Marcellina.
Ella volea pur essergli compagna fino a Casteggio, ma non le reggeva il piede, e fra sì lungo dolore mal potea sostenere l'animo affaticato. Mille volte iterarono gli amplessi ed i saluti, e ritornarono ai giuramenti, alle lagrime.—Ah forse io non ti vedrò più: estrania terra lungi da' miei, lungi da te mi raccorrà semivivo, coperto di ferite e di sangue. Allora mi sarà di qualche consolazione il tuo nome, ma in uno mi sarà di amarezza, chè invano ti dimanderò e sperderà l'aria i miei gemiti, invano desidererò che almeno la tua mano pietosa mi chiuda gli occhi nel riposo.—
Il tempo premea, i compagni già si dilungavano, ed era necessità partire. Marcellina cadde semiviva fra le braccia della madre, e Girani si precipitava dal colle miseramente gemendo e rivolgendo gli occhi dolenti all'amoroso loco. Chiamava la sposa e rinnovava i lagni, e seguiva gli altri a caso, quasi cacciato giovenco che corre e si precipita sul cammino, senza sapere ove lo tragga l'incerto piede e la fortuna.
Il novello guerriero fu inviato ad Alessandria, ed ivi coperto della militare assisa ed adestrato all'armi. Sapeva appena scrivere, ma amore tutto affina e insegna: ei mandava sovente sue novelle alla Marcellina, e tracciava sulla fida carta interprete del suo cuore parole e pianto.
La semplice fanciulla che pur sentìa dolce ricreamento nel ricevere quelle lettere amorose, pativa sovente dura molestia per non sapere da sè interpretare quanto le scriveva l'amico: guardava con impazienza la lettera quasi volesse dire: ei qui mi parla ed io non posso sentirlo; la baciava, e la trasportava al seno e gemea finchè le venisse di avventurarsi in chi le svolgesse le cifre arcane. Per quanto la sua modestia le fesse dolce forza, pur non sapea imporre silenzio al suo tripudiare sentendo gli amorosi sensi di Girani, e per quanto fosse destro chi per lei affidava al foglio la risposta, non pareale però mai che tutti esprimesse gli affetti che ella sentiva.
Marcellina che sino allora non si occupò che delle sue agnelle e del suo casale, era desiderosa ad ogni novella che venisse di lontana terra, non parlava che d'armi e di soldati. Traeva nei luoghi più alti e meno ingombri di piante, per vedere nella lontana pianura il frequente alternare delle truppe che passavano il Po e andavano o redivano di Lombardia, e fra quell'ondeggiare d'uomini e di cavalli, fra il lampeggiar di quell'armi e il suono degli strumenti guerreschi non vedea che Girani, non udìa che la sua voce, e tutto le parlava di lui, e da questo inganno ritraea sovente sollievo, più spesso nuovo argomento al suo dolore.
Accade che taluno de' vicini si rendesse ad Alessandria a visitare qualche congiunto pur soldato: la Marcellina gli fu intorno e gli proferì mille ricordi, mille cose che dovesse usare e dire al suo sposo. Il premea ognora di nuovo perchè nulla dimenticasse, e quasi dovesse solo occuparsi di loro, il pregava perchè mentre dimorava colà fosse sempre con Girani e gli parlasse de' suoi affetti, e spiasse se in lui era ancor viva la fiamma del prisco amore e lo invitasse a venirla a ritrovare. Nè diversa era quando il messo facea ritorno: lo affaticava con mille richieste, e ricevendo per qualche ricordo che avea mandato a Girani, talun lieve dono, fatta sicura della fede del suo amante, non è piacere che soverchi quello ond'era cercato il suo cuore, che ognora si apriva a nuove speranze, come il fiore d'estate che a temprare l'arsura, socchiude il calice all'aura della sera perchè lo imbalsami la notturna rugiada.
Avea già la luna compiuto cinque volte il suo viaggio intorno alla terra, e altrettante riflessale ora scarsa, ora intera quella luce che beve dal sole, per rendere a noi meno tristi le tenebre della notte, dacchè il giovine di Mancapane seguiva le marziali bandiere. Già destro nelle militari manovre e primo fra gli eguali, si affidava in compenso ottenere per pochi giorni di rivedere i patrii campi, e già di questa sua speme alimentava l'amica e confortava sè stesso; inutile fiducia che disperse il fatal ordine per cui il reggimento di Girani prendeva la via di Francia.
Fu improvvisa e rapida la partenza, nè l'amante ebbe modo di mandarne novelle a Nebiolo, e ne fu oltremodo dolente. Movendo sui monti che Italia dividono dall'estranee regioni, più viva si destava alla vista di que' dirupi nell'animo suo melanconico la ricordanza de' suoi colli, sentiva la potenza d'amore e il desìo della sua Marcellina, e questo era lo strale più acerbo che gli saettava in petto l'arco del nuovo esilio.
Appena ebbe sosta per qualche dì il viaggio e fu sulla cima delle Alpi, ei scrisse all'amica e diede un saluto alla patria. Fra i sospiri onde spargea le carte, egli usciva in questi lamenti:
—Ahi innocente colomba destinata a dividere meco il nido, invano tu empierai di pianto la deserta campagna, invano confiderai che accorra il tuo fido a porti sollievo! qual aura amica potrà impennare l'ali a tanto volo e recarmi i tuoi lagni in sì lontane contrade? qual pietosa valle farà eco alla tua voce e dividerà in mia vece il suono della tua mestizia!—
—Ahi deserti campi, ameni boschi ove menai vita innocente e solitaria, io più non verrò a respirare in grembo alla vostra quiete il balsamo dell'esistenza! Io sperava bearvi di lei che me facea beato, mentre mi riscaldava a' suoi rai d'amore, ma ogni speranza fuggì: sarà fosco il bel sereno de' suoi lumi e lontano l'amico delle vostre solitudini.—
—Mia Marcellina, ricevi con questo addio la fede del tuo sposo. Chi sa quando mi sarà dato ancora farti pervenire, testimonii d'amore, questi fogli impressi de' miei sensi e delle lagrime de' miei occhi? ma ti sarà sempre fido il tuo Girani, nè mai per volger di fortuna, gli cesserà un istante il pensiero della sola amica, dell'anima sua. E tu pure bella de' patrii nostri lidi, speranza de' miei dì, serbami, deh serbami l'amor tuo, finchè il cielo ne sorrida e ricongiunga due cuori, che siccome due foglie dello stesso stelo crebbero per riposare vicini a bere lo stesso alimento di vita.—
Pervenuto Girani sulla Senna fu del numero dei scelti per l'impresa d'Egitto. Innanzi partire inviò qualche lettera in Italia, e abbandonata l'Europa, pur sempre si procacciava di trovare occasione per mandare sue novelle: ma in breve cangiò il destino dell'armi e i gallici stendardi diedero volta ai lidi d'Esperia. Per che non solo fu tolta ogni corrispondenza che potea seguire fra i due amanti, ma fu impossibile alla Marcellina avere notizia delle bandiere sotto cui combatteva lo sposo e della fortuna che esse correano in sì lontane regioni.
Prode Girani intanto e coraggioso conseguiva in Egitto i primi gradi di minore uffiziale. Scorreva quelle contrade già celebri per antica grandezza, e sentiva pieni la mente e il petto di alte cose. Vide Alessandria non più orgogliosa per orientale commercio, poichè l'audace navigatore superò il capo delle tempeste; vide volgersi al mare con incostante passo il Nilo, e quaranta secoli parlare dalle piramidi di Menfi.
Innanzi alle meraviglie della natura, fra lo splendore degli antichi popoli, che in mezzo al bujo delle età fuggitive, pallido ancor si riflettea su quelle rovine, dolce era a Girani l'idea della lontana sua sposa. Ei sovente scoprendo fra gli immensi deserti di sabbia, quasi isole in mare, breve seno di verdeggianti glebe, si avvisava che ivi fosse il sorriso del divino sguardo di Marcellina. Talora nel bujo ancor della notte destandolo raggio d'intempestiva aurora, gli parea di vederla venire a lui dall'Oriente vestita di colore dell'acceso cielo: spesso informò l'aura delle di lei sembianze, e immaginava che movesse a rallegrarlo fra gl'incanti del miragio o in seno a qualche candida nube.
Questi soli erano i pensieri onde ei nudriva la calda fantasia, e rapito nell'ideale di un oggetto celeste, nulla poteano su lui le cure terrene, cui non desse alimento l'altissimo suo sentire. Vide le belle Mussulmane e fu insensibile alla loro avvenenza, chè lieve cosa le parvero innanzi alla cara immagine che serbava in petto: ei fu insensibile alle lusinghe de' piaceri che allettavano i suoi compagni sulle sponde del Nilo. Mentre gli altri prendeano sollievo alle fatiche co' sollazzi, ei raccoltosi in solitaria parte trascorrea dolcemente le ore coll'idea di Marcellina, e talor l'alma in sì dolce quiete fatta pellegrina dai sensi, trasmutate in sogno quelle dilette immagini, gli parea ch'ella venisse a parlargli della sua fede e del suo duolo. Fra i tumulti e le turbolenze militari, ei sempre non intese che amore: ogni dì salutava il sole—e tu la vedrai, diceva, tu vedrai quell'angelo d'innocenza, ed io?… Ah chi sa se ancor mi sarà dato contemplare da lunge il colle che si rallegra al girare de' suoi lumi!—
La militare baldanza e il dritto di rappresaglia devastavano i campi e ne turbavano gli abitatori. Girani andava coi suoi soldati per viveri fra quelle desolate campagne, ma mite non inchinava che alla necessità . Mentre stretto dal dovere operava la forza, impediva a' suoi ogni violenza, li richiamava dalle crudeltà , nè mai lasciava di spirare ne' loro petti sentimenti di commiserazione. Racconsolava lo sciagurato cui coglieva il disastro di guerra e a cui la digiuna fatica de' soldati invadea le case e ne dividea gli averi, e gli raddolcia la fortuna col diminuirne i danni: si studiava ognor che il potea, perchè il turbine dell'armi mentre fremea negli alti palagi, mite passasse sul povero tugurio. Girani non venìa meno nè al suo debito nè alle necessità di guerra, ma ad un tempo non venìa meno al suo cuore, e bella era la pietà da lui richiamata ove spesso tace ogni generoso sentimento.
Penetrò il suo drappello un'abitazione ove era sola e abbandonata una fanciulla: piangeva la misera tremante e presaga di un triste avvenire, nè osava alzare gli occhi, nè osava raccomandarsi. Già il soldato la sogguardava con malizioso sogghigno, e indurato fra le sventure, anzichè compassionare alla sfortunata, pareva insultarne il pianto.
Fu tratta al campo colle spoglie della sua casa. Girani osservando la mesta prigioniera si sovvenne di Marcellina, e gli cadde in pensiero, che fra il destino dell'armi potrebbe anch'essa venire colta dalla stessa sciagura. Lo ferì quell'immagine, e mentre si divideva la preda, ei rinunziò alla propria parte a patto che non si molestasse la bella fanciulla e la si ponesse in sua mano. L'ottenne, e fatto il Colonnello partecipe di quanto l'animo gli capìa, guidò la prigioniera al vicino villaggio e la restituì palpitante e timorosa ai parenti che omai nè disperavano della salute. A tanta cortesìa furono vivamente commossi e la figlia e i genitori, sicchè quegli proposero al generoso guerriero di restarsi colà e dividere colla bella le loro dovizie.
Ricusò l'eroe l'offerta accennando come l'onore e le sue affezioni gli togliessero di abbandonare le proprie insegne, e di disporre del suo cuore già occupato. Allora gli si proffersero donativi e tesori, e tutti li rifiutò, e solo alle iterate preghiere, prese un vezzo di perle onde farne presente alla sua sposa: si restituì quindi al campo godendogli l'animo non già perchè altri gli andasse in qualche modo obbligato, ma per avere operata una bella azione che al certo confidava riuscire dovesse gradita alla sua Marcellina.
Nè meno foschi giorni si volgevano intorno alla figlia derelitta. Più non fioria sulla sua guancia il fior di giovinezza, più non le lampeggiava sul volto il sorriso già apportatore d'allegrezza, nè più s'udìa la sua voce dolce come il canto di capinera solitaria! Allorchè era sola più affannata la stringeva la melanconia: volgea nell'animo la fuggita felicità e la condizion presente, e vestìa di nuova tristezza il suo duolo: ogni piaggia ed ogni macchia ricordavale il suo Girani ed ogni speco e ogni valle faceva eco a' suoi lamenti. Stringeva al seno i colombi e l'agnelletta, e pareano quegli innocenti partecipare nelle sue pene; l'una con querulo belato le lambiva la mano, gli altri le svolazzavano sul petto e raccoglieano dalla sua bocca i baci. Mentre con essi confondea queste ingenue affezioni, le sembrava temperare alquanto le proprie amarezze, e ritrovare alcun refrigerio all'immenso fuoco che la ardeva.
Andava spesso sul colle della pianta ove Girani avea sparsi tanti sospiri ed ivi versava essa pure i suoi: ivi stava a lungo fisa nella via che doveva ricondurle l'amor suo. Sovente sporgendo le mani al cielo gli chiedeva il ritorno dello sposo: teneva sì in quello ferme le devote pupille, e pregava con sì dolorosi lamenti che parea ne sentissero pietà consci gli augelli della valle, e flebilmente alternassero a lei d'intorno i loro canti.
Allorchè era nel bosco e svolgea le sue querele il solitario usignuolo, quasi venisse l'augello pietoso compagno alla sua mestizia, stava Marcellina ad udirlo con placida quiete, come cara si ascolta la voce dell'amicizia. Spesso fra questo silenzio sentiva fischiare fra le fronde l'aura leggiera, e avvisandosi in pria che fosse l'orma del reduce amante, tendeva fiammeggiando l'orecchio, ma gli morìa tosto sul volto l'improvvisa gioja e la speranza, fatta accorta del suo errore. Talora si richiamava a quell'aura ingannatrice, talora se era più dolce la tristizia che la governava, cantando in voce lamentevole, rivolgevale nel proprio accento l'inno che soleano cantare le abitatrici del monte.
Aura soave e quetaChe intorno a me t'aggiriE i flebili sospiriAscolti del mio cor;
Amica deh! li recaIn sen del caro bene,Narragli le mie pene,Narragli il mio dolor.
E se pietà gli destaLa lagrima amorosa,Nel seno mio pietosaDeh vienila a versar;
E un cesto ogni mattinaAvrai d'eletti fiori,Ove sui primi alboriLe penne riposar.
Così a lungo giacea la sconsolata e sola, e spesso ivi dimentica delle sue cure usate, dimorò molte ore fra le preci ed il pianto, finchè non la richiamava al mesto focolare, o la voce de' reduci genitori, o il cadente raggio del giorno.
Restava a Marcellina il sollazzio della tenera madre, ma il cielo pur di questa la volle rendere dolente. Pochi mesi dopo che Girani partì dall'Italia, la pia fu presa da malore sì fiero che in breve la trasse al sepolcro. La Marcellina non si rimovea mai dal mesto letto, nè dimenticava la più lieve cura; e se queste valevano, certo Rosa avrebbe racquistata la salute. Ma i guai della disgraziata fanciulla spuntavano allora, ed era segnato dovesse assai combattere fra dire procelle, nè mai raggiungere il sospirato lito.
Rosa era presso a morire, e doleasi non già di dipartirsi da questa vita, ma di lasciare sola e vedova d'ogni conforto la figlia già per sì crescenti affanni ridotta a tanto stremo.—Marcellina, ecco omai a sè mi chiama il cielo: è forza dividerci, ma pur mi duole il lasciarti, e il lasciarli, o figlia, fra tanto squallore. Se almeno ti sapessi felice col tuo sposo, unica meta cui solo miravano i miei pensieri, io morirei tranquilla,… ma così povera orfanella, smarrita, ti abbandono fra i travagli della vita, e lontana, ahi troppo! è la speranza di migliore sorte. Tuo padre ti ama, ma ei non può averti quelle sollecitudini ch'io usava teco, e abbisognevole di chi gli faccia consolazione, mal potrà sovvenire all'ammalato tuo spirito. Però il duolo mai non ti tragga a disperare, nè chiudere l'animo alla speranza. Non traviare giammai dal sentiero su cui per buona ventura ti mettesti, paventa le vie tortuose in cui si celano i serpi con mille insidie, ed abbi sempre in mente che ti ho cresciuta nella povertà e nella innocenza.—
La pia donna ben conosceva quanto tenero per la figlia fosse il marito, pure gliela accomandò con ogni istanza, e volle che le facesse promessa di non adoprare mai violenza nella volontà di lei.—Se torna Girani, arrida il cielo alla vostra unione, se più non torna…. sia libero al tuo cuore scegliere la vita che più ti è in grado. Però guardati dalle attrattive e dalla fallacia delle nostre passioni, consigliati con tuo padre come avevi costume adoperare con me, ed ei sia scorta all'incerto tuo piede: una figlia sola è come una viola che metta all'impeto di tutti i venti. Non ti adeschino le lusinghe di coloro che di dolcezza ti vestiranno la frode; sono come la brina di primavera che scende per innaffiare i malaccorti fiori e li disecca. Sii cauta e schietta, nè mai la sete dell'oro o il desiderio di fortuna migliore ti seducano, o trascinino lungi dalla tua semplicità . In questa, tua madre gustò i piaceri più cari della vita, ti crebbe delizia di un marito amoroso, e passa senza che niuna trista ricordanza venga a funestare l'ore sue estreme. Possano a te pure questi monti ove sortisti la culla schiudere l'asilo innocente del riposo, possa il tuo cuore, come crebbe, serbarsi puro e virtuoso, sicchè come ritornerai all'amplesso che ora ultimo ti porgo, io pur ti ritrovi quale ti lascio,… Ah sì, Marcellina, quel tuo sguardo affettuoso mi acqueta, quel tuo pianto mi affida… Vieni al mio seno e ricevi dalla madre che sì divide da te, il pegno più dolce d'amore.—
Dopo simili ricordi abbracciò teneramente il marito e la figlia, e invocò sul capo di questa la benedizione del Signore. Indi si pose in calma e diede tregua ai vaghi pensieri, quasi li rivolgesse sopra sè stessa e ne fosse contenta: accoglieva sul viso tanta quiete che parea vi si diffondesse un raggio della pace celeste. Di nuovo dopo alquanto, riscossa girò più volte i tremoli lumi su que' mesti intesi a soccorrerla, e quasi salisse al cielo, passò fra le loro braccia, e parve chiudesse gli occhi nel sonno, chè dolce è la morte del giusto e fra i vizj della società , e nella semplicità dei campi.
Marcellina non si dilungò mai dal letto ove Rosa giaceva. Lontana dal seguire il costume de' cittadini, e fuggire come stranieri coloro che or dianzi ne fur cari perchè più non gli alimenta l'animatrice favilla, essa col superstite parente ebbe le più sollecite cure dell'emunta spoglia della madre che vestì colle stole del sepolcro, e la adagiò nel feretro. Come giunse il cruccioso momento che dovea per sempre rapire la cara estinta alla magione dell'incolpato viver suo, la sconsolata figlia in negra veste la seguì alla chiesa, ed ivi prostrata sul suolo presso alla funerea bara, con gemiti repressi per angoscia e per religioso terrore, pregava la pace all'anima benedetta.
Indi la accompagnò al cimitero e abbenchè sentisse soffocarsi dall'affanno, mai di là non si rimosse finchè l'invide zolle la rapirono a' suoi occhi. Innalzò di sua mano su quel terreno la croce, e poichè il gelo che le si era ristretto intorno al cuore, sciogliendosi, le permise libera uscita al suo dolore, la bagnò di lagrime, e accese l'aura di sì dirotti sospiri, che uscirono in mesti gemiti i dolorosi amici che le feano corona.
Dopo tanta sventura Marcellina non portò più nè serena la fronte, nè vivaci i lumi, ove fosca nebbia di pianto non gli appannasse. Ogni volta che il padre ritornava al vedovo casolare, ella vedendolo solo se gli stringeva al petto, e il guardava fiso quasi volesse chiedergli ove era la sua compagna. Il mesto veglio abbracciava amorosamente la figlia e muti confondeano i loro omei, e condivano d'amare ricordanze il desco e il silenzio del riposo.
Invano Giovanni pur temendo forte alla figlia per tale mestizia, consigliato dagli amici, si provò più volte di trarla lungi dalla natìa capanna, e addurla ne' vicini paesi a passare meno mesti alcuni giorni. Invano le conoscenti di lei si studiavano inescarla con vezzi a ripigliare l'animo dimesso: le era di peso la loro serenità , trovava unicamente sollievo nella propria melanconìa, e solo in questa amava rivolgere tutti i suoi pensieri.
Mentre i vicini ne' dì festivi correano a diporto le valli, ella solitaria penetrava nel cimitero ed ivi carica di dolore il volto, dimessa e velata di nero zendado, atterrava la fronte, e sulle zolle che ricoprivano la madre spargeva preghiere e lamenti. Sovente intrecciava su quella croce una corona d'erbe sempre verdi, evocava la pia estinta perchè la sovvenisse nelle proprie sciagure, le chiedeva che almeno le rendesse lo sposo per averlo a compagno nel distribuire devoti fiori su quella fossa.
Siccome però quel sacro recinto non era schiuso alla pietà de' fedeli che nei dì festivi, e sovente il pastore dava qualche dolce rampogna alla Marcellina, perchè di troppo ivi si struggesse in doglianze, ella negli altri giorni in ora che non potesse spiarla importuno sguardo, si trascinava sul poggio dei sospiri, da cui guardava nel cimitero. Ivi appoggiato il travagliato fianco alla pianta amica, or chiamava la madre, ora Girani, indirizzava al cielo preci e voti, e spargeva di lamenti la collina e il bosco.
Queste erano le sole cure che le occupassero la mente e il cuore, e se stretta non l'avesse amore del vecchio padre, ella giammai non si sarebbe prestata a preparare le vivande, a richiamare l'ora di quiete, chè interamente avea perduti e il cibo e il riposo. Erravano sparse le sue pecore nel bosco, lorda dal limo e dagli sterpi l'intonsa lana, e invano coll'umile belato pareano pregarla perchè ne prendesse maggior pensiero: erano derelitti i suoi colombi, muta la sua casa, e tutto a lei d'intorno sembrava vestirsi del suo squallore.
Si avvisarono alcuni che volesse procedere a mal fine questo dolore della Marcellina, sicchè persuasero al padre che per avventura converrebbe trovar modo a procurarle nuovo partito di nozze. Ognuno compiangeva la figlia di Nebiolo: omai le sue belle virtù eran note, correvano le sue sventure su la bocca di tutti, ed ognuno ne sentiva pietà : Marcellina era il compianto delle figlie, l'amore dei padri, era il secreto sospiro di tutti i giovani del colle.
Fu quindi agevole trovare chi desiderasse alle nozze di lei, e il padre sempre di nuovo sollecitato, dolcemente un dì accarezzandola, cercava d'insinuarle nell'animo il nuovo consiglio.—Mia cara, tu vedi che già io m'incurvo sotto il peso degli anni e delle fatiche, sì che solo oggimai non basto a queste poche terre. Tu prostrata dalla tristezza e non avvezza agli stenti, male ti adoperi ond'essermi di ajuto, e sovente mi si spezza il cuore vedendoti indurar fra lavori che tua madre ti impediva. Omai volge il terzo anno da che Girani è in istrane contrade e non ne manda sue nuove: forse mentre tu gemi, ei dimentica… Deh, Marcellina cedi alla necessità , unisci la tua destra a qualche altro che accolga animo eguale, che te compensi della perduta madre, a me sia di sollievo, a entrambi di secura speranza. Vuoi che io pianga ogni dì sull'incertezza del tuo destino? ch'io cada col dolore di lasciarti orfana e sola su questa rupe? vuoi?… no, Marcellina, sii più mite e vinci te stessa, un giovane di Codevilla….
La sconsolata fanciulla a maniera che suo padre favellava, dolcemente il cingeva colle braccia e gli scaldava di baci le lanose gote; ma come sentì la fatale proposta quasi le fuggissero le forze, si abbandonò sul di lui petto, e in vece di risposta le veniano sulle labbra i singhiozzi, sugli occhi le lagrime. Nebiolo ne era intenerito, volea inanimarla, la accarezzava, la invitava a rispondergli e ad annuire al suo consiglio.
Come potè appena Marcellina riprendere lena e ardire, perchè la tenerezza del padre le dava animo ad aprirgli i propri pensieri, atteggiata di dolore e di innocenza, a lui volgea tai detti:—Ah padre! padre mio! perchè avete fermo di perdermi, perchè spingermi alla disperazione? io mi adoprerò per alleviare le vostre fatiche, il cielo pietoso raddoppierà le mie forze, se mia madre non si dimentica di me… Io vi sarò sempre vicina finchè mi sia dato dividere con voi la vita: lasciate alla fortuna la cura del resto. Ma non parlatemi di nuove nozze, è una spina che m'infiggete in petto; sarebbe un lento veleno che pria di condurmi all'altare, mi trascinerebbe all'invidiato riposo della perduta vostra compagna… Io non credo che Girani siasi dimenticato di me, ei nol può, e in lontane contrade forse inutilmente desidera di mandarne sue nuove. Che se pure in guerra… se ei più non fosse,… nessun altro, no mai… io vivrò finchè l'amor vostro abbisogna delle mie cure, poi lo seguiterò in cielo… Per pietà , padre mio, se vi fui cara, se affatto non mi ha dimenticata l'amor vostro, per questa mia mestizia, non mi parlate giammai d'altro… Ve ne prego per lo stesso dolor mio,… per questo pianto,… per la promessa che ne deste alla mia povera madre innanzi che si dividesse da noi…—
Il buon vecchio fatto assai pietoso della Marcellina, piangeva al pianto di lei: un bacio, un eloquente amplesso, la rassicurarono e tutto le promisero.
Dopo quell'istante ei più non parlò a lei di nozze, neppure la interrogava del suo dolore, ma cercava cogli accarezzamenti e colle sollecitudini sempre nuove, di toglierla per qualche istante alla melanconia: la figlia anche essa poneva ogni opera perchè alleviasse le fatiche del padre; allorchè ei ritornava, componeva come meglio le riusciva a serenità il volto, e si procurava sempre più colle cure e cogli affetti di rendersegli cara e di piacergli.
Erano solo volte dodici lune da che aveasi innalzato l'ulivo di pace, e l'incendio di guerra destava di nuovo il terrore negli italici petti. Già i gallici stendardi risalivano le alpi, e Girani reduce dall'Egitto, conseguito pel suo coraggio il grado d'uffiziale, era fra i primi che moveano verso l'Italia.
Gli godeva l'animo nell'idea di rivedere la vergine di Nebiolo dopo il volgere di sì lunghi giorni, e sì diversa fortuna. Nè le fatiche di lungo viaggio, nè i sudori sparsi in una via che ancora intentata schiudevasi fra le nevi, le balze e gli scoscendimenti del S. Bernardo all'ardito passaggio del guerriero; nè le veglie, nè il gelo, nè il digiuno poterono domare l'animo suo speranzoso, che vedea acquistandosi merito presso il generale, più agevole gli sarebbe ottenere lo sposare Marcellina. Era primo a destare i suoi compagni all'opra, primo ad arrampicarsi fra le rocce per iscerre la men difficile strada, primo a scomporre carri, a calar cannoni dagli scogli, a ridurre i dispersi commilitoni sotto le bandiere. Era caro ai soldati, agli eguali ed a' suoi superiori, che gli promettevano in Italia larga messe di premj. Ma nulla ei curava di questi, era un solo il pensiero che il movea, e dalla cima dell'Alpi salutava la terra natale della sua amica, alternava canzoni di guerra e d'amore.
Calate le Alpi corsero l'armi galliche con diversa fortuna l'insubriche contrade, e Girani in molti eventi potè col suo coraggioso adoperare, fare palese di qual valore armasse l'animo intraprendente. Un'ala dell'esercito era indiretta verso il Po, e in questa era il reggimento di Girani. Perchè siccome l'assetato che cerca una fonte amica, egli ardeva di baciare pel primo la natìa sua terra, bramò ed ottenne di appartenere al picchetto che precedeva la divisione la quale inviavasi a Casteggio.
Precedeva festivo in mezzo a' suoi sentendo l'aura nativa, e scoprendo da lunge i dolci colli, salutò l'Iria e i paesi che il videro povero contadino e da cui passava valente soldato, e inoltrando verso Casteggio, dilungandosi sulla romana strada, in breve gli occhi suoi desiderosi, poterono riposarsi scoprendo la pianta dei sospiri e dietro questa l'amoroso Nebiolo. Accennava palpitando agli amici l'invidiato poggio, e quasi la vedesse, inviava saluti alla sua Marcellina, e ad ogni istante avvisava ch'ella volare dovesse ad incontrarlo, quasi ogni suono di tromba potesse annunziarle il suo ritorno. L'inimico era a Casteggio, quindi fu pigliato il partito di porre il campo nella pianura di Montebello. L'antiguardia ivi prese i suoi quartieri, si inviarono messi al reggimento, si disposero le scolte, e si mandò a spiare il paese.
Girani attendeva sollecito a quanto gli richiedeva il dover suo, ma il pungeva impaziente brama di vedere Marcellina.—Le sono sì di poco lungi, diceva fra sè, vedo il suo casale, annovero le piante che s'infiorano al di lei sorriso, e forse or mi piange lontano! forse ora geme, ed io non volo a consolarla? forse in questo momento disperando del mio ritorno, cede all'importunità che la preme e dà la mano ad un altro…. Ed io avrò invano sì a lungo amato e formati tanti desiderj?… e così si sperderanno le mie speranze, mentre un momento solo può recarmi alla sospirata felicità ? e starò più a lungo inerte e pensoso?…—Tai cose volgeva nella mente il contrastato guerriero, e ognor più s'accendeva in lui il desiderio di Marcellina. Restava ancora a un'ancella del mattino il menare la danza della terra intorno al sole, perchè questa toccasse a metà del suo viaggio, e le truppe non raggiungeano il drappello spiatore che verso sera; e in due ore Girani aveva agio volare a Nebiolo, vedere la bella ed essere di ritorno. Adescato da idea cotanto seducente, più non vede ostacoli, affida il suo picchetto al minor uffiziale, e sotto colore di riconoscere il colle e ritornare in breve, si mette precipitoso in cammino.
A misura ch'ei percorrea que' poggi mille care rimembranze se gli ridestavano nell'animo, e sentìa crescere la fiamma dell'antico affetto: alcuni montanari accorrevano tirati dalla curiosità a vedere quel soldato, e forse lo avrebbero ravvisato, s'ei in nulla ponendo mente al loro meravigliare, con ogni pensiero inteso al vedere l'amante, non si fosse involato ai loro sguardi colla rapidità del lampo. Era Nebiolo cui cercavano i suoi occhi, era la bella solitaria cui intendevano i suoi voti: già col desìo precorreva l'evento e favellava con lei, già per nuove affezioni era tolto il pensiero d'ogni passata amarezza, e come raggio di sole dopo lunghe tenebre, più bella gli rinasceva nell'animo la speranza.
La vergine di Nebiolo, cui la vaga fama avea annunziato il rumore della novella guerra e il ritorno delle galliche insegne, sempre pronta come suole l'amante a prestare facile credenza a quanto brama, già accogliea fidanza di rivedere in breve lo sposo. Traeva sovente sul colle dei sospiri, per iscoccare di là più lungi lo sguardo, e spiare se sulla romulea strada o lungo il Po vedevasi commovimento d'armi e d'armati, e spesso siccome la consigliava l'amorosa vaghezza, avea fra strane illusioni attinto nuovo ricreamento, onde più amara poi sentire l'acerbità del proprio inganno.
Quella stessa mattina l'avevano ivi pure attirata il romore de' tamburi e il clangore delle trombe, e fra un continuo aggirarsi di carri e di soldati, un luccicare d'armi e un fragore confuso di suoni e di voci, era sovente trascorsa dalla trepidazione della paura al tripudio della speme. Volgeasi indi al cimitero, ed alla madre addimandava per pietà il ritorno dello sposo, e come nave all'onde cui rapisce ora propizio, ora contrario vento, occupata da diversi affetti or disserrava le palpebre al pianto, ora accogliea la gioja. Reduce al suo colle raccontava ansiosa al padre quanto erale occorso alla vista, e spesso usciva dall'abituro, onde per poco che da Nebiolo raggiungere potesse coll'occhio, pur cercare qualche nuovo allettamento alla sua immaginazione.
Dimorava appunto in questi pensieri incerta intendendo alle domestiche cure, allorchè con lena affannata la raggiunse Girani. Marcellina si scosse al calpestìo de' suoi passi, si videro, e da loro fu detto appena:—oh mia Marcellina! oh mio Girani!—e l'una si confuse nel seno dell'altro.
Solo dopo alcuni istanti ricuperarono gli smarriti sentimenti, rinnovellarono quelle prime eloquenti parole, stettero a riguardarsi quasi ammutoliti, e quindi l'una premendo la mano dell'altro, si dimandavano s'erano pur dessi, quasi sospettando non li prendesse qualche illusione. Indi più securi e lieti, a vicenda si chiesero della loro fede, si narrarono le proprie sventure, i perigli, i timori, e vagheggiarono l'idea della presente fortuna.—Oh mia Marcellina! pur ti trovo dopo tanti guai ed affanni, e sei pur bella come il primo dì che ti vidi e ne fui preso, e quale ne serbo l'immagine nel cuore, sola compagna ch'io m'avessi nel vario cammino della varia sorte. Avvicinandomi all'Italia, il sorriso di questo cielo sempre sereno, parea che mi annunziasse che qui risplende la virtù de' tuoi occhi: parea che le Alpi monti aggiungessero a monti per allungare il mio cammino: oh! ma che son mai quelle rocce eterne innanzi all'immenso amor mio? fuggivano sotto l'instancabile mio piede, e parea che col rumore i torrenti mi chiamassero in tua voce e dicessero, affretta; parea che al mio passaggio vedendo i miei tormenti si sciogliessero i ghiacci, e vola mi ripetessero, vola in seno ad amore: le stesse campane della sera che spargevano un queto suono di vetta in vetta, sembravano dirmi in loro flebile metro: noi siamo figlie della pace e a te l'annunziamo. Ah sì, Marcellina! breve omai sia il sospirar nostro: la tua mano fu il premio che io desiderava alle mie fatiche: omai il mio grado mi consente di menarti per isposa, e il sarai, e noi vivremo felici. Dimmi, e tu anima dell'anima mia, lo desiderasti questo istante che sempre fuggiva innanzi alla tormentosa mia brama? avevi ogni giorno presente il tuo Girani, come tu Marcellina eri a me, tu solo pensiero di gioja? mi ami tu sempre del pari, m'ami, Marcellina; e sarai tu felice di ristorarti alfin da tanti travagli in questo seno amoroso?…
Mentre l'acceso amante le favellava, or le stringeva, ora le baciava le mani, or cogli occhi accesi di amoroso fuoco pareva invitarla a rispondere alle proprie richieste. Stava la Marcellina intanto confusa fra il piacere ed un misto di vergogna e di pudore che destavano in lei il marziale aspetto di Girani, e quelle innocenti virtù che sebbene travagliate, eransi sempre serbate pure nel suo cuore. Mal sapea la semplice corrispondere ai modi ingentiliti ed animati dello sposo, e solo accarezzandolo e accennando col capo e colla mano, gli rispondevano i suoi occhi col linguaggio più eloquente della natura, e a chi bene intende amore, caro e certo pegno degli affetti ascosi.
Intanto in ogni casa era corso il nome di Girani, e quasi ad ognuno succedesse favorevole avventura, erano tutti festanti per gioja, di tanto andavano dolenti nella mestizia di Marcellina.
La curiosità movea giovani e vecchi, donne e fanciulli: traevano dalle loro soglie e si affollavano intorno al soldato; chi gli sporgea le braccia, chi lo premeva al petto e applaudiagli il ritorno e la prossima felicità , chi stava muto a guardarlo intimidito dalla guerresca presenza. Questi gli dimandava della salute, quegli de' viaggi e delle guerre, l'uno il tirava per la mano, l'altro lo scuoteva per l'abito, tutti chiedevano e voleano soli risposta: una domanda succedeva all'altra, e a queste ne seguivano mille, quasi onde che vengono a sferzare il lido e si succedono senza posa, sì che egli confuso, angustiato li riguardava tutti e non sapea rispondere ad alcuno. Il cieco intanto compiaceasi di richiamare alla Marcellina come ei sempre l'avesse incorata a buona speranza, e sì di ciò ne andava giojoso, quasi l'evento fosse stato costretto dai suoi presagi.
In questo mezzo le donne che meno audaci non ardiano porsi fra la calca che premea Girani, e i fanciulli, che o si sovvenivano appena d'averlo veduto, o aveanlo sentito nominare, come sogliono ad ogni nuova cosa rallegrarsi, gli facevano con gridi festevole allegrìa. Le une più curiose minutamente spiavano gli abiti onde ad esse compariva sì dovizioso, ed amavano coll'ardita mano trattare la morbidezza de' panni; gli altri andavano leggiermente a toccargli la spada, indi ritraevano la mano quasi da un ferro rovente, e ritornavano scherzosi allo stesso giuoco. Questi intendeva maravigliato all'auree insegne che gli ornavano le spalle, quegli pigliava il cappello di lui, e compiacevasi o di scuotere o di solleticarsi al mento le variopinte piume. Ognuno diversamente cercava di soddisfare al natural talento, e chi non potea parlargli o interrogarlo, si metteva nel ragionare di lui col vicino, e in tutti era eguale il tripudio.
Tratto dalle grida e da confuse voci che il richiamavano, giungeva in quella dai campi il vecchio Nebiolo, ed accertatosi dell'arrivo del giovane, anelante, bagnati per consolazione gli occhi, mosso da nuovo entusiasmo, prima abbracciò Marcellina, indi Girani. Poichè la gioja gli permise gli accenti, e in lui fu spenta la bramosìa di accarezzare que' diletti, prorompeva—Oh mio Girani! caro figlio, solo pensiero della mia Marcellina, tu rasciughi il mio pianto, tu porti la salute a mia figlia, la pace ai nostri cuori, tu sarai il bastone della mia vecchiezza, formerai la nostra felicità .—
Scendevano care queste parole in seno a Marcellina: riconoscente, compunta, non sapendo trovare accenti alla sua letizia, si stringeva fra il padre e l'amante e versava lagrime di gioja. Così si alternavano le dolcezze dell'amore e dell'amicizia, ed era piacevole anche la ricordanza delle passate sciagure, chè suole con piacere il marinajo ricordare in porto la burrasca. Furono sacri alcuni sospiri alla memoria dell'estinta madre; fu dato merito alla serbata fede, e si cosparse di dolce obblìo ogni sinistro di nemica fortuna fra le più care affezioni che ministrano al cuore l'energia di vita.
Per tal modo trascorrevano rapide le ore, e Girani, intento a disbramare la dolce sete che sì da lungo il travagliava, spente in lui tutte le altre cure, dimenticava imprudente i suoi doveri: adescato dall'idea di un'apparente felicità , non sentiva quai fiere procelle già gli ruggissero sul capo.
Il Comandante della Divisione seppe la vicinanza dell'inimico, e temendo non fosse in periglio la guardia avanzata, le tenne tosto dietro; sicchè giunse nelle pianure di Montebello, poche ore dopo che vi aveano preso campo i compagni di Girani. Pose i quartieri, e mentre scorreva i luoghi, visitava le sentinelle, gli venne annunziata la mancanza di un uffiziale.
Non fu ira cui eguagliasse quella di lui al pensiero, che un soldato innanzi all'inimico abbandonasse il suo posto, e disertasse dalle bandiere. Tutti meravigliavano come a ciò si fosse condotto Girani, esso da tutti tenuto valoroso ed onorato; ma alcuni montanari che asserivano aver veduto un soldato fuggire a suo potere verso il colle, diedero maggiori argomenti al dubitare, sicchè il Generale ordinò che ad ogni modo venisse inseguÃto. Si mandò una mano di cacciatori sulle tracce del fuggitivo, e siccome era stato da tutti osservato, fu facile scoprire il suo cammino e raggiungerlo fino a Nebiolo.
Stavano nel ragionare ancora intorno al reduce parenti ed amici, quando scoprirono che alcuni soldati salivano il colle. Girani fatto di ciò accorto, e avvisando fossero nemici che si attentassero di farlo prigione, sguainata la spada, giurò di non perderla che estinto, e inanimava i circostanti a difendere l'onor suo. Ma fra sì generosa gara qual meraviglia fu la tua, giovane imprudente e sfortunato, allorchè in essi ravvisasti i compagni, e ti ferì rampogna di traditore e vile, ed annunziato l'arrivo del Generale fremente per gli abbandonati posti, ti venne ordinato di deporre la spada? Mille diversi affetti si succederono sul tuo volto, ed un tristo presagio ti occupò quasi tetra nube il cuore. Incitato alla partenza ti dividevi con represso dolore dalla Marcellina, prendesti mesto commiato dagli amici, e pieno di tristi pensieri ricalcasti con orma incerta quella strada su cui ti condussero l'amore e la speranza.
…So come è incostante e vaga,Timida, ardita vita degli amanti;Ch'un poco dolce molto amaro appaga:E so i costumi, e i lor sospiri, e i canti,E 'l parlar rotto, e 'l subito silenzio,E 'l brevissimo riso, e i lunghi pianti;E qual è 'l mel temprato con l'assenzio.PETRARCA
Addotto in campo innanzi allo sdegnoso Capitano, si vide Girani fatto segno all'ira ed a' rimbrotti di lui, nè sapeva ove sperare salute, chè la sua difesa era peggiore della colpa per cui era querelato. Lannes non volle decidere del castigo dell'uffiziale e ne ripose ogni pensiero nel consiglio di guerra, che ordinò si unisse coll'alba novella.
Crucciosa si volse la notte allo sconsolato giovane fra le custodie siccome un fuggitivo, nè mai chiuse placida quiete le sue palpebre, chè troppo funesta potea su i suoi pensieri l'idea non del suo destino, ma dei delitti che gli si apponeano. Gemea non già per sè, ma per la sua Marcellina, chè vedea mal reggerebbe la povera fanciulla al nuovo infortunio, presago della prossima sua sorte.
Si potè trovare un contadino che si recasse quella stessa notte a Nebiolo: e per esso il prigioniero riuscì a mandare all'amica novelle del proprio stato, dirle qual giudizio lo attendesse al prossimo giorno e come temesse assai; desiderare almeno di vederla, per che volesse al nuovo dì venire al campo col padre, e affinchè non la molestasse la licenza de' soldati le inviò uno scritto in cui diceva:—Abbiate rispetto a questa povera fanciulla: essa appartiene allo sventurato Girani.—
Tremò Marcellina al duro annunzio, e più ai sinistri presagi che il messo avea udito spargersi pel campo. Si tolse col padre dall'umile tetto, appena l'alba vermiglia pinse l'oriente del lontano fiammeggiare del giorno. Come fu alla Torrazza, s'avvenne in bande di soldati che siccome li traeva la ferità di guerra calpestavano le speranze dei fertili campi, invadevano le case degli spaventati terrazzani, e a man salva involavano quanto loro veniva innanzi, indi disperdeano ciò che seco non poteva trasportare la loro rapacità . Si udivano intorno il compianto, il lamento de' padri e delle mogli, e quali si vedeano prendere sbigottiti la fuga, quali gemere innanzi alle spogliate case, quali imprecare contro ai crudi che aveano portato il terrore su quelle innocenti colline.
Procedeva la coppia timida e silenziosa in mezzo a questa licenza, e parea che ognuno rispettasse il loro dolore, parea che innanzi al soave viso della mesta giovane, dipinta da temenza e da verginale verecondia, si spontasse ogni audace desìo, e che la canizie del padre addolorato inducesse compassione e rispetto. Che se taluno ardiva avvicinarli, sporgeva senza far motto il veglio la tessera dolente, ed ognuno commiserando a Girani, ossequioso sgombrava loro il passo e accennava la via che menava al campo.
Avea l'oste franca posti gli accampamenti nelle pianure su cui domina Montebello, ed ivi sapendo vicino il nemico, teneasi ognora presta alla difesa. Marcellina passò fra le varie scolte che erano appostate sul colle e nel paese, e calò al piano.
Vide d'ogni parte quasi brulicame di api intorno agli alveari, o presso una fiorita riva, un commovimento continuo di soldati, udì un misto di grida, di suoni e di stranieri accenti: or la ferivano i manipoli di rilucenti fucili, or l'atterriva lunga fila di apparate bocche di spavento e di morte. Ove ardono fuochi, fervono i lavori, ove si distribuiscono viveri, e foraggi: chi accorre con notizie, chi sostiene il passaggiero, chi cambia le sentinelle, scrive su tamburi ed alterna le parole e le ordinanze. La baldanza dei soldati scorre tutti i luoghi, invade tutte le case: la legge di guerra siede ove impera il bisogno: il timore cede alla licenza, tace l'avarizia innanzi alla minaccia, freme ne' petti quasi onda intorno a scoglio l'inutile coraggio innanzi alla forza soverchiante, il terrore batte ad ogni cuore e si palesa dai torvi sguardi. In tanto scorre a vicenda intorno la pietà e la fierezza, la discordia e l'ordine, a maniera che stringe la necessità o il dovere, od è più o men lontana la mano che muove tanta mole.
Giunti i solitarii del colle in mezzo ai figli di guerra, chiesero di Girani, e sentirono che era tratto innanzi al consiglio destinato a dar sentenza del di lui fallo. Tremò Marcellina a quell'annunzio, e dimandando che ne potesse seguire, gliene fu presagito assai male. Le fu accennata una tenda cinta da soldati, e le si disse che ivi sedeva l'irrevocabile tribunale presieduto dal maggior-comandante che giudicava del disertore.
Stringendosi timidamente al padre, e abbassando gli umidi rai innanzi ai soldati curiosi e procaci, attendeva quella diserta il fine di quel giudizio, mentre le correano all'animo diversi pensieri formati or dal timore or dalla speranza. Ma ecco un suon di tamburi accenna che il consiglio è disciolto: un mormorio si sparge di bocca in bocca, un compianto scorre per tutto il campo e s'annunzia la condanna di Girani; è morte. Le sue difese erano riuscite vane: egli avea abbandonato il suo posto a fronte dell'inimico, le leggi e la necessità di guerra richiedeano un terribile esempio: svanirono tutte le ricordanze della virtù del prode innanzi all'appostogli delitto: più che la colpa il perde la sua avversa fortuna.
Ruppe in dolorosi lamenti Marcellina come la trafisse la fiera novella, e semplice addimandò se non poteasi rivocare l'ingiusta sentenza.—Chi, chi fu sì inumano per punire tanto crudelmente un uffizio pietoso? Ei volea consolare la derelitta sua sposa, annunziarle il suo ritorno: ei recava altrui la vita e si avrà procacciata la morte? E quelli che scagliarono sì barbaro colpo, non hanno essi intelletto di pietà e d'amore? E sono uomini?… Ma ch'io li vegga… Me, me sentano e il mio dolore… Chi potrà resistere al mio pianto, alla mia disperazione?… Che se hanno pur sete di sangue, se bramano una vittima, non egli innocente, io ne morrò, chè tutta mia ne è la colpa: bene più giusto fia il castigo e di lor meno indegno: chè non perdono il prode, e tolgono a me misera una vita cui da gran tempo è di peso per le tante sventure…—
Invano s'ingegnavano quelli che le erano intorno per dar consolazione alla dolente: fu condotta al Colonnello di Girani, e il ritrovò gemente sul disastro del suo bravo uffiziale ed amico. Se gli precipitò alle ginocchia, chiedendogli pietà e compassione.—Ah rendetelo, rendetelo a me, egli è innocente:… ei non volea abbandonare le bandiere, volò per annunziarmi il suo arrivo e ritornava in campo… Oh se lo aveste veduto quando udì la mortale rampogna,… se aveste veduto che generoso sdegno!… Ahi pietà del povero Girani, egli è innocente.—
Stringeano quei lamenti a compassione il pio, e come conobbe costei essere la Marcellina di cui aveagli sì sovente discorso Girani, ne sentì maggior doglia, sollevò la misera e ne raccolse fra le braccia il vecchio padre. Scoprendo l'acerba angoscia che soffocava la fanciulla le dava miti accenti e consigliavale di ristorarsi, ma ella nulla udìa, e solo con largo pianto il richiamava a pietà e gli dimandava lo sposo.
Mal reggea l'animo al cauto guerriero di accrescere l'affanno alla misera, ma a lungo provocato, omai sembrandogli il silenzio crudeltà , uscì in queste doglianze.—Mia fanciulla, non esacerbate di più il dolor mio col vostro lamento: nulla è in mia mano, non ci resta che il pianto: Girani è irreparabilmente perduto, e noi, noi lo abbiamo perduto, io col concederlo nell'antiguardia, voi pel cui amore fu trascinato al doloroso passo. Cercai di difenderlo invano: è certo che disertò il suo dovere, la circostanza lo condanna, le infrante leggi di guerra richiedono una vittima. Girani abbandonò i suoi compagni innanzi all'inimico, e se non s'avesse irremovibile rigore, ogni soldato ne seguirebbe l'esempio. In altro evento le azioni di valore per lui operate avrebbero cancellato ogni errore, ma ora le antiche virtù rendono più colpevole il nuovo delitto… Ognuno lo commisera della sua sciagura, tutti sentono che viltà nol mosse, ma il suo destino lo condanna: ognuno ne geme, io ne piango nè so darmene pace…—
Erano mortali ferite a Marcellina quelle parole e la disperavano: al fuggire d'ogni fidanza, più cadea l'infelice nel dolore.—Ah voi non sapete ch'io tutto perdo, lui perdendo, e sola mi resterà la mia desolazione… Morì mia madre e doveva Girani essere il sostegno di questo vecchio cadente, il mio compagno, la nostra speranza… Ah ch'io non potrò sostenere quest'ultima sventura!… Sento che Girani… ma e chi potrà negarlo al mio pianto, chi se non è chiuso ogni petto alla pietà ? chi vorrà trafiggere sì crudelmente una misera che prega e si strugge in affanno?… chi gittarla nel precipizio mentr'ella si avviticchia alle sue ginocchia?… Ahi misera me! ahi compassione per l'innocente, perdono!…—Datti calma, mia buona fanciulla, sei misera forse tu sola? ed io non perdo in lui il più diletto amico? il mio braccio destro nel comando dell'armi, colui che meco sì a lungo divise il destino della guerra? Non vedi intorno dipinti di dolore tutti i suoi compagni? e chi di loro per serbarlo non porrebbe e preci e istanze, se valessero a rimuovere dal suo capo il disastro che lo preme? Almeno fra tanto infortunio ti sia di qualche sollievo il vedere come ognuno ne vada dolente, e sia l'amico tuo l'amore di tutti.—
Allora senza però dar a vedere che tai parole la persuadessero, chiese almeno di parlargli, e le fu risposto come ciò potea conseguire, giacchè dovea Girani da lì a non molto condursi nella prossima chiesa per offrire gli ultimi suoi voti al cielo.—Dunque fia breve?..—Tre ore sole, e poi il tuo amico…—Marcellina impallidì, venne meno: il Colonnello la sorreggea, e commiserando alla disgraziata, con mille argomenti e cure procurava di richiamarle le forze e inanimarla.