CAPITOLO X.

CAPITOLO X.Barnaba era entrato sotto il portone di casa Benda, seguito da quattro carabinieri.— È Lei il signor Giacomo Benda? Domandò al padre di Francesco che gli veniva all'incontro.— Signor sì.— Ella avrà appreso come suo figlio sia stato arrestato.— Vennero or ora due amici di Francesco a darmene la infausta novella. Spero ch'Ella vorrà dirmene la ragione, ch'io non posso a niun modo immaginare.— Io non ho nessuna istruzione di darle informazioni a questo riguardo. Ho invece l'ordine di perquisire minutamente tutta la casa.— Non mi vi opporrò menomamente, sottomesso cittadino qual sono alle autorità, ma farò i miei richiami presso il signor Governatore, presso S. E. il Ministro medesimo, se occorre.— Ella farà poi quel che crede. Intanto la prego, ed ove d'uopo le impongo di volere acconciarsi a quanto sto per dirle.Il signor Giacomo curvò la testa per accennare che era pronto ad obbedire.— I signori che vennero a comunicarle l'arresto di suo figlio sono il dottor Quercia e l'avv. Selva?— Sì.— Essi sono ancora in sua casa?Giacomo esitò un istante; ma poi pensò miglior consiglio rispondere affermativamente. Barnaba notò quell'esitazione.— Dove si trovano? Domandò egli fissando il volto del signor Benda.— Nel salotto con mia moglie: rispose questi.— Bene: riprese il poliziotto; noi comincieremo la perquisizione dal luogo più importante, dalla camera di suo figlio, ed Ella avrà la compiacenza di venir con me. In questo frattempo tutte le persone onde si compongono la sua famiglia e la servitù si raccoglieranno nel salotto in cui già si trovano la signora Benda e quei due signori, e nessuno se ne muoverà che dietro mio ordine.Si volse ai carabinieri, e designandoli gli uni dopo gli altri, soggiunse:— Voi due starete a guardia del salotto; voi due verrete meco.Fu fatto a seconda ch'egli aveva detto; e senza altro ritardo Barnaba, il sig. Giacomo e i due carabinieri a ciò prescelti n'andarono nella camera di Francesco senza passar punto pel salotto.Selva, troppo persuaso che non c'era affatto tempo da indugiarsi, aveva in tutta fretta arraffato e libri e carte pericolosi, dove sapeva che si trovavano, e senza darsi cura di chiudere cassettini e tiratoi erasi partito di corsa. Barnaba, appena entrato, vide i mobili aperti e le carte disordinate sopra il piano della scrivania. Andò vivamente a guardare in que' cassettini, fece scorrere sotto il suo sguardo linceo le carte abbandonate, tutte della più innocente indifferenza, e fu chiaro di tutto.— Ah ah! Diss'egli volgendosi al padre di Francesco. Qualcheduno è venuto a toglier via il corpo del delitto, e probabilmente questo qualcheduno avrà cercato di salvarsi con esso.In quel momento veniva frettoloso a cercar di Barnaba uno dei carabinieri che erano stati incaricati di custodire la famiglia e la servitù del signor Giacomo.— Signore: disse il carabiniere; della famiglia non si trova in casa la signorina.— Diavolo! Uscita a quest'ora, e sola, una ragazza! Esclamò Barnaba, guardando fisamente il signor Benda, che stette impassibile senza nulla rispondere.Il carabiniere continuava:— Di quei due signori che dovevano essere nel salotto non ce n'è che uno: il dottor Quercia.— È naturale: disse Barnaba. L'avvocato Selva è amico intrinseco dell'avvocato Benda. Nissun altro era meglio di lui adatto a questo còmpito. Madamigella Benda potrebbe bene aver guidato l'amico di suo fratello ad uscire per qualche porticina riposta.Il padre di Francesco, maravigliato e sgomentito dalla penetrazione del poliziotto, rispose pur tuttavia freddamente:— Ella può fare tutte le supposizioni che vuole; a me per distruggerle bastano le mie negative.— Ha ragione, ha ragione: disse Barnaba sorridendo. La non è mal giuocata; ma il guadagnare la prima bazza non vuole ancora dire partita vinta.....Si volse ai carabinieri:— Udite voi altri! Disse, e come i tre armigerisi furono serrati intorno a lui, egli diede loro sottovoce alcune brevi istruzioni, parlando specialmente a quello tra di essi cui i galloni alle braccia indicavano per brigadiere.— Ed ora andiamo nel salotto: riprese Barnaba ad alta voce. Signor Benda ci mostri la strada.Quando fu per entrare colà dove sapeva trovarsi il dottor Quercia, l'agente di Polizia si tirò di nuovo il cappello sugli occhi, si avvolse di nuovo nelle pieghe del mantello la faccia, di guisa da nascondere affatto i suoi lineamenti. Del viso non gli si scorgevano che gli occhi sguscianti fra il tabarro e la tesa del cappello.Maria non era ancora ritornata, e la madre non istava senza ansietà aspettandola; Quercia si era seduto comodamente presso al camino e colla maggior agiatezza del mondo giuocherellava colle molle aggiustando di quando in quando la legna sul focolare per farla ardere più vivacemente; i servi erano aggruppati in un angolo e mostravano nelle fisionomie la meraviglia e il turbamento che loro ispiravano quei fatti; però fra quei servi non trovavasi Bastiano il portinaio; il carabiniere stava dritto come una sentinella alla porta. Il signor Giacomo entrò primo, poi i tre carabinieri che col loro compagno si schierarono in fila innanzi all'uscio, ultimo venne Barnaba il quale, camuffato come era, si recò nella strombatura d'una delle finestre volgendo le spalle alla luce.— Ancora l'uomo dal mantello! Disse Quercia fra sè. Gli è evidente che tutto quello studio di nascondere la sua grinta è cagionato dalla mia presenza. Il portamento della persona mi è affatto ignoto... Qui sotto c'è qualche mistero che bisogna ch'io penetri.La madre di Francesco, vedendo entrare quell'uomo coi panni da borghese ed avvisando che esso fosse la persona più autorevole di quella brigata poliziesca, si slanciò verso di lui colle mani giunte e con infinita supplicazione nell'aspetto, nello sguardo, nell'accento della voce.— Oh per carità, mi renda mio figlio..... Mio figlio è innocente..... Egli non è capace di far male nessuno..... No non è capace..... O mi dica almeno qual è la sua colpa.Barnaba rimase impassibile, senza fare un moto nè dare pure una voce di risposta. Il brigadiere dei carabinieri si avanzò.— Parli meco, se le aggrada: diss'egli. Quanto alle cause dell'arresto di suo figlio, possiamo dirle soltanto che gli è per ragione di Stato.— O mio Dio! Esclamò la signora Teresa spaventata.Suo marito, per calmarne lo sgomento, disse allora con ispiccata espressione:— Qualunque sieno le accuse che si vogliano fare a Francesco, questo so di certo, che non potranno avere nessuna prova da convalidarle.— Gli è ciò che vedremo: soggiunse il brigadiere. Intanto, siccome abbiamo fondate presunzioni che queste prove si debbano trovare, prevengo le signorie loro che noi faremo le più minute ricerche in tutti i locali di questa casa ed anche addosso alle loro persone.Luigi Quercia si drizzò di scatto come spinto da una molla.— Per Dio! Esclamò egli con impeto. Questo è ciò che non tollereremo....In quella entrava Maria sollecita. Aveva il petto ansimante, le guancie arrossate, sugli abbondanti suoi capelli, cui non aveva avuto tempo di riparare nemmeno con un velo, ancora alcuni fiocchi di neve cadutile su nell'attraversare il cortile, ma aveva eziandio l'aria soddisfatta di chi ha eseguito con pieno successo una importante commissione. Il dottore fissò su di lei i suoi ardenti occhi neri, che contenevano una interrogazione; ella rispose con una intelligente occhiata, che diceva: — tutto è andato a seconda; rassicurò suo padre con un sorriso e si recò presso la madre, a cui strinse significantemente la mano.Quercia continuava con maggior vigore:— Difenderemo da simile oltraggio queste signore; difenderemo la nostra stessa dignità.— Signore: rispose il brigadiere, a cui le parole di Gian-Luigi e l'aspetto di naturale autorità onde s'avvantaggiava la bella di lui figura imponevano assai. Certo duole anche a noi, ma Ella sa che noi siamo stromenti e dobbiamo obbedire.Ma Barnaba vide in codesto una bella occasione di ottenere quello scopo ch'egli desiderava cotanto: l'arresto del dottore medesimo e una conseguente perquisizione nel quartiere dall'elegante giovane abitato ed in quell'altro che la Polizia sapeva essere segretamente da lui tenuto per ospitarvi i misteri delle sue molte avventure galanti. Egli si accostò quindi al brigadiere e gli insinuò nell'orecchio alcune parole.Il brigadiere chinò la testa in atto affermativo, e mentre Barnaba ritornava al luogo che occupava dapprima presso la finestra, riprese a dire con più risolutezza al giovane che gli stava fieramente dinanzi:— Noi dobbiamo obbedire: ed Ella avrà la pazienza di prestarsi primo a quest'operazione.Gian-Luigi si trasse indietro d'un passo, incrociò le braccia al petto, aggrottò le sopracciglia e i suoi occhi lampeggiarono.— Io?... E se mi vi rifiutassi?— Adopreremmo la forza.Il volto di Quercia arrossì pel sangue che tumultuosamente vi corse: sulla sua fronte si disegnò quella linea fatale che l'attraversava nei momenti di violenta passione del suo animo. Il suo aspetto era davvero terribile ed imponente, come quello di un coraggio impareggiabile accompagnato da una forza degna di esso.— Giuro a Dio! Esclamò Gian-Luigi con uno scoppio tremendo di voce; e si atteggiò in una positura minacciosamente aggressiva, che si sarebbe potuta paragonare a quella del leone che sta per islanciarsi addosso al suo nemico. Il brigadiere indietrò recando la mano all'elsa della sua sciabola, e i carabinieri gli vennero a costa in atto di difesa.Maria, spaventata, per atto irriflessivo, spinta da quel suo cuore sensibilissimo, si slanciò davanti al giovane, quasi a fargli riparo.— Per carità, signori! Esclamò essa pallidissima in volto, ma fatta indicibilmente bella dalla sua emozione.In Gian-Luigi l'uragano era già passato, la violenza era domata. La sua fronte era di nuovo liscia e placida come prima, sulle guancie era tornato il suo colorito naturale, sulle labbra il tranquillo sorriso; nello sguardo soltanto, chi sapesse osservare avrebbe scorto tuttavia qualche cosa di duro, di implacato, quasi direi, di feroce.Prese egli con garbo la piccola mano di Maria e glie la strinse con affetto; poscia, gentilmente traendola in disparte, le disse colle note più soavi di quella sua voce che sapeva mirabilmente temperarsi ad ogni espressione:— Perdoni, madamigella, se il mio troppo impetuoso umore non ha saputo frenare questo subito scoppio. — Si volse al signor Giacomo ed alla signora Teresa e soggiunse: — Perdonino tutti e si rassicurino, chè per causa mia non avverrà nessuno scandalo in casa loro.Fece alcuni passi verso i carabinieri che non avevano ancora smessa l'attitudine bellicosa, e disse con aspetto tutto piacevole:— Con voi non la ho il meno del mondo, brava gente, che siete soltanto esecutori materiali di ordini, di cui non avete la responsabilità....S'accostò a Barnaba che stava sempre rincantucciato nella strombatura della finestra:— Gli è a Lei, signore, che io mi rivolgo: continuò. Ella è certo qualche cosa di più che un cieco stromento d'una volontà altrui; ed Ella deve capire che un uomo mio pari non si sottopone gratuitamente ad uno sfregio come quello di che mi si minaccia.Barnaba rimase immobile.— Non è certo con nessuna materiale resistenza ch'io voglia oppormi a codesto, ma gli è colle buone ragioni. Mi conceda Ella un colloquio di pochi minuti, e sono sicuro di convincerla dell'inopportunità, per non dir peggio, di siffatto provvedimento.Il poliziotto non disserrò menomamente le labbra, non iscoprì punto nè poco il suo volto, ma fece un segno negativo colla testa.Allora Gian-Luigi gli voltò disdegnosamente le spalle e parlò ai carabinieri.— Sarà come si vuole. Ma badate che un simile oltraggio a cittadini onoratissimi come i signori Benda, ad un buon suddito di S. M. come mi vanto d'esser io che mi onoro dell'amicizia di molti fra i più considerevoli personaggi del Regno, è un atto gravissimo; e badate che io di tanto arbitrario eccesso farò tosto e direttamente i richiami al vostro comandante, il generale conte Barranchi che è di quelli appunto i quali mi onorano della loro stima e famigliarità.Queste parole, più d'ogni altra precedente, fecero effetto sui carabinieri, i quali esitarono con manifesta perplessità.Barnaba stava per invigorire la loro decisione con nuovo suo interporsi, quando un altro grave incidente venne ad interrompere quella scena.Un uomo vestito da popolano, ma colla faccia da guardia di polizia si precipitò nella stanza.— Signore, diss'egli a Barnaba; un cotale fuggiva per una porticina che dà sui campi dietro la fabbrica; lo abbiamo inseguito, raggiunto ed arrestato.Barnaba mandò una sommessa esclamazione di soddisfacimento, e di sotto la tesa del cappello fece sgusciare uno sguardo di trionfo verso il sig. Giacomo, quasi per dirgliene: — Ecco la mia rivincita. Il sig. Giacomo, egli, impallidì; la povera signora Teresa si lasciò cader seduta mandando un gemito; Maria si torse convulsivamente le mani; Quercia si morse il labbro inferiore, ma il suo aspetto non perdette nulla affatto della sua sicurezza e della sua aria di imperiosità.— Dov'è? Domandò Barnaba a voce bassa all'agente vestito da borghese.— L'abbiamo qui sotto. Vuol vederlo?Barnaba fece un segno affermativo, e il birro si allontanò di fretta.Un minuto dopo entrava in quel salotto, in mezzo a quattro guardie travestite, Giovanni Selva.Questi e Maria, che lo guidava per mano, avevano attraversato correndo il cortile e s'erano introdotti nell'officina. Là, per la via più corta, attraversando uno dei laboratoi, sempre di corsa, la ragazza aveva condotto il compagno alla porticina che era meta dei loro passi. Ma la serratura dell'uscio era chiusa colla chiave, e questa non era nella toppa. Maria corse nel più vicino dei laboratorii: e gridando quanto più poteva per superare il fracasso dei varii lavori che facevano le lime ed i martelli, domandò agli operai:— La chiave della porticina?... Chi ha la chiave?... Presto per amor di Dio!Gli operai dapprima non compresero le parole della giovanetta; ma videro l'ansietà e l'affanno così vivamente espressi nella fisionomia di lei, che smisero un momento il loro lavorare per poter udire che cosa ella dicesse.Maria ripetè la sua domanda.I più non ne sapevano nulla e si consultavano tra di loro, dicendo dev'esser qua, dev'esser là; intantoil tempo passava con inesprimibile e dolorosa impazienza della ragazza.— Ne chieda al capo-fabbrica: disse uno finalmente, e Maria, che comprese quello essere il migliore dei suggerimenti, corse nello stanzino occupato di solito dal direttore degli opificii.Per fortuna egli vi si trovava; e Maria col respiro affannoso, colle parole tronche, fece la sua richiesta. Quella era per sè così strana e fatta inoltre così stranamente che il capo-fabbrica non potè tenersi dal provocare qualche spiegazione; ma la ragazza con impeto impaziente interruppe:— Presto, presto..... Si tratta di salvar Francesco.... Lo hanno arrestato.... Bisogna far fuggire il suo amico colle carte.... Sono già al portone i carabinieri....Il capo-fabbrica non capì bene che fosse avvenuto, ma vide che si trattava di cosa premurosa. Senz'altra osservazione si alzò e corse ad aprire la porticina.Giovanni lanciò uno sguardo al di fuori, nei campi tutto bianchi di neve non si vedeva il menomo segno di anima viva. Strinse egli la mano a Maria e le disse:— Ora Francesco non correrà più nessun grave pericolo. Si tranquilli, madamigella, e tranquilli anche la mamma.Poi uscì di buon passo, mentre gli altri richiudevano la porticina alle sue spalle.— Che cos'è ciò ch'Ella mi dice? Domandò con sommo interesse il capo-fabbrica a Maria. L'avvocatinoarrestato? I carabinieri che sono al portone!— Sì, sì.... Domandano del papà.... Purchè non vogliano arrestare anche lui!.... A quest'ora saranno già entrati.... Io corro presso la mamma, che è tutta sottosopra.E tornò di volo vicino ai suoi parenti.Il capo-fabbrica, onestissimo e risoluto uomo, devoto oltre ogni dire al suo principale, a cui doveva tutto, rimase perplesso e turbato profondamente.— Hanno arrestato sor Francesco! Diss'egli tentennando il capo. Vogliono arrestare anche il padrone!... Che si abbia anche da veder questa?... Diavolo! Diavolo!Ed entrò colla faccia tutto stravolta nelle officine dove gli operai, fra i quali quella notizia era corsa colla rapidità con cui prende fuoco una striscia di polvere da mina, avevano smesso il lavoro e stavano animatamente discorrendo in crocchi più o meno tumultuosi, in mezzo a cui si distinguevano appunto i capi dei laboratoi.Selva intanto si era avviato di buon passo in linea retta davanti a sè con non altro intendimento che quello di allontanarsi il più presto da quel luogo e di ridursi quindi per un lungo circuito in città, dove avrebbe poi pensato in qual più sicuro nascondiglio andare a riporre i libri e le carte che aveva presi nella scrivania di Francesco.Ciò di che più si rallegrava era di aver sottratto il manoscritto di Mario Tiburzio, e mentre camminava affondando le sue gambe fin sopra al polpaccio nella neve che copriva i campi, egli veniva scorrendo cogli occhi quella pericolosa scrittura che avrebbe bastato a far condannare alla galera qualunque l'avesse posseduta.Ad un tratto gli parve udire dietro sè rumor di gente che si muovesse. Si volse e vide due uomini che con lunghi e solleciti passi, l'uno da destra e l'altro da sinistra venivano verso di lui traverso il campo. Quantunque non avessero divisa, Selva capì tosto che quelli erano birri; e senza aspettar altro prese la corsa con quanta più rattezza gli concedeva l'ostacolo dell'alta neve in cui affondavano i suoi piedi.— Ferma, ferma: gridarono i birri, e giù a correre ancor essi, cercando di venirgli a tagliare diagonalmente la strada.Ma Giovanni, oltre l'altezza della neve, aveva un altro impaccio al correre, ed era quello dei libri di cui teneva parte nelle tasche, e parte sotto il braccio. Non tardò egli ad accorgersi che uno di quegli sgherri, più lesto ed aitante, stava per venirgli a tagliare il passo nella direzione che aveva presa; pensò sfuggirgli con una svolta, e girando a sinistra cambiò direzione con una diagonale. Vide allora che due altri birri travestiti, chiamati dalle grida dei primi, accorrevano sulle sue traccie di modo da serrarlo per quattro lati: e capì che il salvarsene sarebbe stato un miracolo.Barnaba era troppo esperto nel suo mestiere per non aver proceduto nella sua missione con tutte le possibili cautele. Mentre egli con quattro carabinieri si disponeva a presentarsi all'entrata principale della casa e degli opifici del Benda, avuti a sè una mezza dozzina di quelle guardie di polizia che allora il popolo chiamava gliarcieri, ordinava loro che, appostandosi acconciamente sì da poter gli uni venire all'uopo in aiuto degli altri, sorvegliassero con cura tutte le uscite dello stabilimento.Giovanni Selva, mentre i quattroarcierigià già gli erano sopra, vide ancora gli altri due che scantonavano di dietro l'edifizio dell'officina. Si fermò ansante, perduta ogni speranza; e nel capo, in cui il sangue tumultuosamente saliva a turbargli il cervello, si sforzò ad evocare un'idea di quello che fosse da farsi. Glie ne nacque una ad un tratto: distrurre quella carta che teneva ancora in mano. Avesse egli pensato di subito a lacerarla in minutissimi pezzi e gettarla sparsa per la neve del campo! Volle eseguire allora quel proposito; ma non era più a tempo. La mano pesante d'uno degliarcierisi posò sulla sua spalla, e in un attimo Giovanni si vide circondato dai brutti musi di tutti sei quegli sgherri. Egli spiegazzò colle mani i due fogli ond'era composto lo scritto di Mario, e fattane una pallottola, convulsamente la serrò e tenne chiusa nel pugno della mano destra.— Alto là! Gridò quello degliarcieriche aveva afferrato Giovanni ad una spalla. Lei non ci scappa più.E due altri dei birri lo presero al petto del soprabito.— Che modo gli è questo? Disse il giovane divincolandosi per liberarsi dalla presa di quelle manaccie. Chi siete? Che mi volete voi?Quegli che pareva il capo di quella schiera, rispose:— Siamo agenti della Sicurezza Pubblica, e vogliamo arrestarla.— Arrestarmi! Con qual diritto? Per qual ragione?— Qual diritto? Quello che ci dà la nostra qualità e gli ordini che abbiamo ricevuti. La ragione? Eh forse ne saprà qualche cosa più di noi Lei che ci scappava con tanta premura. Orsù; non facciamo ciarle e venga con noi.Nel divincolarsi erano caduti per terra i libri che Giovanni teneva sotto il braccio; uno degliarcierili raccolse. Quelli che avevano afferrato Selva pei panni cominciavano a trascinarlo per farlo camminare.— Dove mi conducete? Domandò il giovane resistendo.— Lo vedrà: rispose villanamente il capo degliarcieri. Avanti, animo,marche!E tenuto così, come un assassino, in mezzo ai sei birri, fu egli tratto alla casa dei Benda, dove, secondo che ho narrato, venne introdotto nel salotto in cui erano gli altri personaggi che sappiamo.Appena entrato, Selva gettò sulla famiglia del suo amico e su Quercia uno sguardo che voleva dire: — Io non ci ho colpa.Il capo dei birri si avvicinò a Barnaba e gli mostrò i libri che avevano preso al fuggitivo. Barnaba fece un segno di approvazione, e parlò a bassa voce coll'arciere.— Domando che non mi si tenga oltre afferrato come un malfattore: disse Giovanni con voce fremente d'indignazione.Il capoarcierea cui Barnaba aveva finito di parlare venne presso all'arrestato, e senza rispondere pure una sillaba alle parole di lui, mentre gli altri lo tenevano più stretto che mai alle braccia ed ai panni, si pose a frugarlo in ogni tasca con una lestezza singolare. Trasse fuori gli altri libri e tutte le carte che Giovanni aveva in tasca; e le faceva passare man mano a Barnaba, il quale gettava uno sguardo sopra ogni cosa e poi la rimetteva ad un arciere.Giovanni sbuffava, ma tenuto strettamente da due uomini robusti non aveva modo di far efficace resistenza.Quando ebbero finito di vuotargli le tasche, uno degliarcieriche lo tenevano disse al suo superiore:— Egli tiene chiusa in pugno una carta.— Ah ah! Bisogna averla. Signore, non faccia la pazzia di resistere e ci dia quella carta di buon accordo.Selva non disse motto, ma serrò più convulsamente il pugno. Gliarcierigli presero il braccio e con tutta la loro forza cercarono di aprirgli la mano, ma inutilmente.Gian-Luigi tornò a sedersi con tutta tranquillità presso il camino, come se quella scena non avesse per lui il menomo interesse; e colle molle che non aveva cessato di tener fra mano, si diede a percuotere sui tizzoni eccitando più vivace la vampa. Giovanni capì quell'indiretto suggerimento. Raccolse tutto il suo vigore in uno sforzo supremo; si spinse innanzi con moto improvviso e inaspettato a quelli che lo tenevano, con una violenta strappata liberò il suo braccio dalla stretta dei due arcieri, lanciò la pallottola di carta verso il focolare. Impacciato com'era, Selva non la potè gettar giusto sul fuoco; la palla cadde presso gli alari; ma Quercia come se non aspettasse altro, con moto più ratto del pensiero, senza scomporsi menomamente, senza volgersi nemmanco, la prese colle molle e la pose rattamente dove più vive erano le fiamme.Giovanni in quello sforzo, in quel moto violento che aveva fatto erasi inciampato nelle gambe degliarcieriche gli stavano addosso ed era caduto sul tappeto del pavimento. Ciò stesso fece ostacolo ai birri per correre presso il camino. Ma Barnaba, che con infinito interessamento porgeva attenzione a questa scena, visto bruciare quella carta, che di sicuro doveva essere importantissima, obliò un istante le cautele usate sino allora per nascondersi.— Sul fuoco! Sul fuoco! Prendetela! Gridò egli colla sua voce naturale: e siccome i birri e i carabinieri, impediti nel passo da Giovanni caduto che si rialzava, non poterono così rattamente slanciarsi al camino com'era necessario, Barnaba stesso si fece innanzi d'un salto per disputare alle fiamme la preziosa preda.Ma in quella, Quercia si drizzò in piedi innanzi al camino colle molle in mano che stringeva come un'arma, si volse colla faccia più innocente del mondo e domandò coll'accento d'uomo che non avesse visto nè udito nulla di quello che era successo:— Che cosa c'è?Barnaba e Gian-Luigi si trovarono a fronte meno che ad un passo di distanza. Al primo, in quel movimento impetuoso che aveva fatto, era caduta la falda del mantello dalla faccia, e Quercia ne potè vedere un istante i lineamenti scoperti, come ne aveva udita senz'alterazione per poche parole la voce. Nè questa, nè quelli Gian-Luigi si prometteva che avrebbe obliato mai più. L'agente di Polizia non rispose nulla al dottore; la carta era consumata;egli si coprì di nuovo il volto col mantello e si ritrasse chetamente nel cantuccio appena abbandonato un istante.— Lo scellerato! Il birbante! Urlavano gliarcieriincolleriti, venendo addosso a Giovanni coi pugni.— Per carità! Esclamarono Maria e Teresa a cui si strinse il cuore alla vista dei mali trattamenti onde era fatto segno l'amico di Francesco.E Gian-Luigi, facendosi innanzi con tutta l'autorevole imponenza d'un marchese del secolo scorso che si preparasse a castigare i suoi lacchè, gridò fieramente:— Olà, mariuoli, volete smetterla, o ch'io, dietro rapporto a chi di dovere, vi faccio gustare un po' di ferri...I birri si volsero inveleniti verso il dottore; ma anche su di loro fece effetto quella sembianza di autorevolezza; borbottavano però qualche insolenza e qualche minaccia, quando frettolosi entrarono nel salotto, non senza turbamento nel volto, i due arcieri che erano rimasti nelle anticamere. Dietro di essi pervenne colà il rumore caratteristico d'una massa di gente che tumultua.— Che cosa c'è? Domandò il capo dei birri ai suoi due subordinati che entravano così precipitosamente.— Tutti gli operai della fabbrica, armati di stanghe, di leve e di martelli, accorrono qua minacciosi.....— Oh oh! Ribellione alla forza pubblica: disse il brigadiere dei carabinieri, aggiustandosi al petto la tracolla che gli sosteneva la sciabola. Badi signor Benda che codesto non vorrà avantaggiare le sue condizioni... Al contrario!...Egli non aveva finito di parlare che sboccavano nel salotto impetuosi gli operai in attitudine tutt'altro che pacifica, e primi innanzi a loro, come duci, Bastiano il portinaio, il direttore della fabbrica ed i capi dei laboratoi.— Signor Benda: cominciò senz'altro il direttore; siamo venuti a vedere che cosa si vuole da Lei, e se mai qualcheduno osa venire in casa a farle delle prepotenze; chè noi codesto, alla croce di Dio, non lo tollereremo mai.— No, non lo tollereremo, urlarono una ventina di voci dietro i capi; e il grido si ripercosse nella camera vicina dove si assiepavano quelli degli operai che non avevano potuto intromettersi nel salotto ancor essi.L'invasione degli operai aveva modificato la positura dei varii gruppi di persone che colà si trovavano. I carabinieri e gli arcieri s'erano raccolti insieme a fare quasi una siepe all'agente di Polizia che li guidava; i servi, rimasti appartati sino allora, s'erano riuniti agli operai che ingombravano la porta; la famiglia Benda s'era aggruppata innanzi al fuoco; Gian-Luigi si trovò in mezzo al salotto, ed al suo fianco Giovanni, cui gli sgherri avevano abbandonato per ritirarsi più in là insieme coi carabinieri.— Tiburzio è compromesso? Bisbigliò rattamente Quercia all'orecchio di Selva, senza che alcuno ci badasse.— Sì: rispose nella guisa uguale Giovanni.— Ah ah! Va bene.Ma come era egli avvenuto che gli operai si presentassero a quel modo in difesa del loro principale, non peritandosi innanzi ad una specie di rivolta contro la forza pubblica?Torniamo indietro di qualche minuto, al momento in cui il direttore degli opifici, dopo aperta la porticina e dopo che Maria, dettogli quelle tronche parole, l'aveva lasciato, entrava nei laboratoi, dove trovava gli operai già tutti sottosopra per le sparsesi novelle. Vedremo fra i lavoratori medesimi manifestarsi certi screzii ed appalesarsi contro i sentimenti del maggior numero una minoranza, e potremo così fin d'ora conoscere alcuni germi che daranno in futuro tristo frutto di dolorosi avvenimenti, di pericoli e di danno per la prosperità finora cotanta, e tanto meritata, della casa Benda.

Barnaba era entrato sotto il portone di casa Benda, seguito da quattro carabinieri.

— È Lei il signor Giacomo Benda? Domandò al padre di Francesco che gli veniva all'incontro.

— Signor sì.

— Ella avrà appreso come suo figlio sia stato arrestato.

— Vennero or ora due amici di Francesco a darmene la infausta novella. Spero ch'Ella vorrà dirmene la ragione, ch'io non posso a niun modo immaginare.

— Io non ho nessuna istruzione di darle informazioni a questo riguardo. Ho invece l'ordine di perquisire minutamente tutta la casa.

— Non mi vi opporrò menomamente, sottomesso cittadino qual sono alle autorità, ma farò i miei richiami presso il signor Governatore, presso S. E. il Ministro medesimo, se occorre.

— Ella farà poi quel che crede. Intanto la prego, ed ove d'uopo le impongo di volere acconciarsi a quanto sto per dirle.

Il signor Giacomo curvò la testa per accennare che era pronto ad obbedire.

— I signori che vennero a comunicarle l'arresto di suo figlio sono il dottor Quercia e l'avv. Selva?

— Sì.

— Essi sono ancora in sua casa?

Giacomo esitò un istante; ma poi pensò miglior consiglio rispondere affermativamente. Barnaba notò quell'esitazione.

— Dove si trovano? Domandò egli fissando il volto del signor Benda.

— Nel salotto con mia moglie: rispose questi.

— Bene: riprese il poliziotto; noi comincieremo la perquisizione dal luogo più importante, dalla camera di suo figlio, ed Ella avrà la compiacenza di venir con me. In questo frattempo tutte le persone onde si compongono la sua famiglia e la servitù si raccoglieranno nel salotto in cui già si trovano la signora Benda e quei due signori, e nessuno se ne muoverà che dietro mio ordine.

Si volse ai carabinieri, e designandoli gli uni dopo gli altri, soggiunse:

— Voi due starete a guardia del salotto; voi due verrete meco.

Fu fatto a seconda ch'egli aveva detto; e senza altro ritardo Barnaba, il sig. Giacomo e i due carabinieri a ciò prescelti n'andarono nella camera di Francesco senza passar punto pel salotto.

Selva, troppo persuaso che non c'era affatto tempo da indugiarsi, aveva in tutta fretta arraffato e libri e carte pericolosi, dove sapeva che si trovavano, e senza darsi cura di chiudere cassettini e tiratoi erasi partito di corsa. Barnaba, appena entrato, vide i mobili aperti e le carte disordinate sopra il piano della scrivania. Andò vivamente a guardare in que' cassettini, fece scorrere sotto il suo sguardo linceo le carte abbandonate, tutte della più innocente indifferenza, e fu chiaro di tutto.

— Ah ah! Diss'egli volgendosi al padre di Francesco. Qualcheduno è venuto a toglier via il corpo del delitto, e probabilmente questo qualcheduno avrà cercato di salvarsi con esso.

In quel momento veniva frettoloso a cercar di Barnaba uno dei carabinieri che erano stati incaricati di custodire la famiglia e la servitù del signor Giacomo.

— Signore: disse il carabiniere; della famiglia non si trova in casa la signorina.

— Diavolo! Uscita a quest'ora, e sola, una ragazza! Esclamò Barnaba, guardando fisamente il signor Benda, che stette impassibile senza nulla rispondere.

Il carabiniere continuava:

— Di quei due signori che dovevano essere nel salotto non ce n'è che uno: il dottor Quercia.

— È naturale: disse Barnaba. L'avvocato Selva è amico intrinseco dell'avvocato Benda. Nissun altro era meglio di lui adatto a questo còmpito. Madamigella Benda potrebbe bene aver guidato l'amico di suo fratello ad uscire per qualche porticina riposta.

Il padre di Francesco, maravigliato e sgomentito dalla penetrazione del poliziotto, rispose pur tuttavia freddamente:

— Ella può fare tutte le supposizioni che vuole; a me per distruggerle bastano le mie negative.

— Ha ragione, ha ragione: disse Barnaba sorridendo. La non è mal giuocata; ma il guadagnare la prima bazza non vuole ancora dire partita vinta.....

Si volse ai carabinieri:

— Udite voi altri! Disse, e come i tre armigerisi furono serrati intorno a lui, egli diede loro sottovoce alcune brevi istruzioni, parlando specialmente a quello tra di essi cui i galloni alle braccia indicavano per brigadiere.

— Ed ora andiamo nel salotto: riprese Barnaba ad alta voce. Signor Benda ci mostri la strada.

Quando fu per entrare colà dove sapeva trovarsi il dottor Quercia, l'agente di Polizia si tirò di nuovo il cappello sugli occhi, si avvolse di nuovo nelle pieghe del mantello la faccia, di guisa da nascondere affatto i suoi lineamenti. Del viso non gli si scorgevano che gli occhi sguscianti fra il tabarro e la tesa del cappello.

Maria non era ancora ritornata, e la madre non istava senza ansietà aspettandola; Quercia si era seduto comodamente presso al camino e colla maggior agiatezza del mondo giuocherellava colle molle aggiustando di quando in quando la legna sul focolare per farla ardere più vivacemente; i servi erano aggruppati in un angolo e mostravano nelle fisionomie la meraviglia e il turbamento che loro ispiravano quei fatti; però fra quei servi non trovavasi Bastiano il portinaio; il carabiniere stava dritto come una sentinella alla porta. Il signor Giacomo entrò primo, poi i tre carabinieri che col loro compagno si schierarono in fila innanzi all'uscio, ultimo venne Barnaba il quale, camuffato come era, si recò nella strombatura d'una delle finestre volgendo le spalle alla luce.

— Ancora l'uomo dal mantello! Disse Quercia fra sè. Gli è evidente che tutto quello studio di nascondere la sua grinta è cagionato dalla mia presenza. Il portamento della persona mi è affatto ignoto... Qui sotto c'è qualche mistero che bisogna ch'io penetri.

La madre di Francesco, vedendo entrare quell'uomo coi panni da borghese ed avvisando che esso fosse la persona più autorevole di quella brigata poliziesca, si slanciò verso di lui colle mani giunte e con infinita supplicazione nell'aspetto, nello sguardo, nell'accento della voce.

— Oh per carità, mi renda mio figlio..... Mio figlio è innocente..... Egli non è capace di far male nessuno..... No non è capace..... O mi dica almeno qual è la sua colpa.

Barnaba rimase impassibile, senza fare un moto nè dare pure una voce di risposta. Il brigadiere dei carabinieri si avanzò.

— Parli meco, se le aggrada: diss'egli. Quanto alle cause dell'arresto di suo figlio, possiamo dirle soltanto che gli è per ragione di Stato.

— O mio Dio! Esclamò la signora Teresa spaventata.

Suo marito, per calmarne lo sgomento, disse allora con ispiccata espressione:

— Qualunque sieno le accuse che si vogliano fare a Francesco, questo so di certo, che non potranno avere nessuna prova da convalidarle.

— Gli è ciò che vedremo: soggiunse il brigadiere. Intanto, siccome abbiamo fondate presunzioni che queste prove si debbano trovare, prevengo le signorie loro che noi faremo le più minute ricerche in tutti i locali di questa casa ed anche addosso alle loro persone.

Luigi Quercia si drizzò di scatto come spinto da una molla.

— Per Dio! Esclamò egli con impeto. Questo è ciò che non tollereremo....

In quella entrava Maria sollecita. Aveva il petto ansimante, le guancie arrossate, sugli abbondanti suoi capelli, cui non aveva avuto tempo di riparare nemmeno con un velo, ancora alcuni fiocchi di neve cadutile su nell'attraversare il cortile, ma aveva eziandio l'aria soddisfatta di chi ha eseguito con pieno successo una importante commissione. Il dottore fissò su di lei i suoi ardenti occhi neri, che contenevano una interrogazione; ella rispose con una intelligente occhiata, che diceva: — tutto è andato a seconda; rassicurò suo padre con un sorriso e si recò presso la madre, a cui strinse significantemente la mano.

Quercia continuava con maggior vigore:

— Difenderemo da simile oltraggio queste signore; difenderemo la nostra stessa dignità.

— Signore: rispose il brigadiere, a cui le parole di Gian-Luigi e l'aspetto di naturale autorità onde s'avvantaggiava la bella di lui figura imponevano assai. Certo duole anche a noi, ma Ella sa che noi siamo stromenti e dobbiamo obbedire.

Ma Barnaba vide in codesto una bella occasione di ottenere quello scopo ch'egli desiderava cotanto: l'arresto del dottore medesimo e una conseguente perquisizione nel quartiere dall'elegante giovane abitato ed in quell'altro che la Polizia sapeva essere segretamente da lui tenuto per ospitarvi i misteri delle sue molte avventure galanti. Egli si accostò quindi al brigadiere e gli insinuò nell'orecchio alcune parole.

Il brigadiere chinò la testa in atto affermativo, e mentre Barnaba ritornava al luogo che occupava dapprima presso la finestra, riprese a dire con più risolutezza al giovane che gli stava fieramente dinanzi:

— Noi dobbiamo obbedire: ed Ella avrà la pazienza di prestarsi primo a quest'operazione.

Gian-Luigi si trasse indietro d'un passo, incrociò le braccia al petto, aggrottò le sopracciglia e i suoi occhi lampeggiarono.

— Io?... E se mi vi rifiutassi?

— Adopreremmo la forza.

Il volto di Quercia arrossì pel sangue che tumultuosamente vi corse: sulla sua fronte si disegnò quella linea fatale che l'attraversava nei momenti di violenta passione del suo animo. Il suo aspetto era davvero terribile ed imponente, come quello di un coraggio impareggiabile accompagnato da una forza degna di esso.

— Giuro a Dio! Esclamò Gian-Luigi con uno scoppio tremendo di voce; e si atteggiò in una positura minacciosamente aggressiva, che si sarebbe potuta paragonare a quella del leone che sta per islanciarsi addosso al suo nemico. Il brigadiere indietrò recando la mano all'elsa della sua sciabola, e i carabinieri gli vennero a costa in atto di difesa.

Maria, spaventata, per atto irriflessivo, spinta da quel suo cuore sensibilissimo, si slanciò davanti al giovane, quasi a fargli riparo.

— Per carità, signori! Esclamò essa pallidissima in volto, ma fatta indicibilmente bella dalla sua emozione.

In Gian-Luigi l'uragano era già passato, la violenza era domata. La sua fronte era di nuovo liscia e placida come prima, sulle guancie era tornato il suo colorito naturale, sulle labbra il tranquillo sorriso; nello sguardo soltanto, chi sapesse osservare avrebbe scorto tuttavia qualche cosa di duro, di implacato, quasi direi, di feroce.

Prese egli con garbo la piccola mano di Maria e glie la strinse con affetto; poscia, gentilmente traendola in disparte, le disse colle note più soavi di quella sua voce che sapeva mirabilmente temperarsi ad ogni espressione:

— Perdoni, madamigella, se il mio troppo impetuoso umore non ha saputo frenare questo subito scoppio. — Si volse al signor Giacomo ed alla signora Teresa e soggiunse: — Perdonino tutti e si rassicurino, chè per causa mia non avverrà nessuno scandalo in casa loro.

Fece alcuni passi verso i carabinieri che non avevano ancora smessa l'attitudine bellicosa, e disse con aspetto tutto piacevole:

— Con voi non la ho il meno del mondo, brava gente, che siete soltanto esecutori materiali di ordini, di cui non avete la responsabilità....

S'accostò a Barnaba che stava sempre rincantucciato nella strombatura della finestra:

— Gli è a Lei, signore, che io mi rivolgo: continuò. Ella è certo qualche cosa di più che un cieco stromento d'una volontà altrui; ed Ella deve capire che un uomo mio pari non si sottopone gratuitamente ad uno sfregio come quello di che mi si minaccia.

Barnaba rimase immobile.

— Non è certo con nessuna materiale resistenza ch'io voglia oppormi a codesto, ma gli è colle buone ragioni. Mi conceda Ella un colloquio di pochi minuti, e sono sicuro di convincerla dell'inopportunità, per non dir peggio, di siffatto provvedimento.

Il poliziotto non disserrò menomamente le labbra, non iscoprì punto nè poco il suo volto, ma fece un segno negativo colla testa.

Allora Gian-Luigi gli voltò disdegnosamente le spalle e parlò ai carabinieri.

— Sarà come si vuole. Ma badate che un simile oltraggio a cittadini onoratissimi come i signori Benda, ad un buon suddito di S. M. come mi vanto d'esser io che mi onoro dell'amicizia di molti fra i più considerevoli personaggi del Regno, è un atto gravissimo; e badate che io di tanto arbitrario eccesso farò tosto e direttamente i richiami al vostro comandante, il generale conte Barranchi che è di quelli appunto i quali mi onorano della loro stima e famigliarità.

Queste parole, più d'ogni altra precedente, fecero effetto sui carabinieri, i quali esitarono con manifesta perplessità.

Barnaba stava per invigorire la loro decisione con nuovo suo interporsi, quando un altro grave incidente venne ad interrompere quella scena.

Un uomo vestito da popolano, ma colla faccia da guardia di polizia si precipitò nella stanza.

— Signore, diss'egli a Barnaba; un cotale fuggiva per una porticina che dà sui campi dietro la fabbrica; lo abbiamo inseguito, raggiunto ed arrestato.

Barnaba mandò una sommessa esclamazione di soddisfacimento, e di sotto la tesa del cappello fece sgusciare uno sguardo di trionfo verso il sig. Giacomo, quasi per dirgliene: — Ecco la mia rivincita. Il sig. Giacomo, egli, impallidì; la povera signora Teresa si lasciò cader seduta mandando un gemito; Maria si torse convulsivamente le mani; Quercia si morse il labbro inferiore, ma il suo aspetto non perdette nulla affatto della sua sicurezza e della sua aria di imperiosità.

— Dov'è? Domandò Barnaba a voce bassa all'agente vestito da borghese.

— L'abbiamo qui sotto. Vuol vederlo?

Barnaba fece un segno affermativo, e il birro si allontanò di fretta.

Un minuto dopo entrava in quel salotto, in mezzo a quattro guardie travestite, Giovanni Selva.

Questi e Maria, che lo guidava per mano, avevano attraversato correndo il cortile e s'erano introdotti nell'officina. Là, per la via più corta, attraversando uno dei laboratoi, sempre di corsa, la ragazza aveva condotto il compagno alla porticina che era meta dei loro passi. Ma la serratura dell'uscio era chiusa colla chiave, e questa non era nella toppa. Maria corse nel più vicino dei laboratorii: e gridando quanto più poteva per superare il fracasso dei varii lavori che facevano le lime ed i martelli, domandò agli operai:

— La chiave della porticina?... Chi ha la chiave?... Presto per amor di Dio!

Gli operai dapprima non compresero le parole della giovanetta; ma videro l'ansietà e l'affanno così vivamente espressi nella fisionomia di lei, che smisero un momento il loro lavorare per poter udire che cosa ella dicesse.

Maria ripetè la sua domanda.

I più non ne sapevano nulla e si consultavano tra di loro, dicendo dev'esser qua, dev'esser là; intantoil tempo passava con inesprimibile e dolorosa impazienza della ragazza.

— Ne chieda al capo-fabbrica: disse uno finalmente, e Maria, che comprese quello essere il migliore dei suggerimenti, corse nello stanzino occupato di solito dal direttore degli opificii.

Per fortuna egli vi si trovava; e Maria col respiro affannoso, colle parole tronche, fece la sua richiesta. Quella era per sè così strana e fatta inoltre così stranamente che il capo-fabbrica non potè tenersi dal provocare qualche spiegazione; ma la ragazza con impeto impaziente interruppe:

— Presto, presto..... Si tratta di salvar Francesco.... Lo hanno arrestato.... Bisogna far fuggire il suo amico colle carte.... Sono già al portone i carabinieri....

Il capo-fabbrica non capì bene che fosse avvenuto, ma vide che si trattava di cosa premurosa. Senz'altra osservazione si alzò e corse ad aprire la porticina.

Giovanni lanciò uno sguardo al di fuori, nei campi tutto bianchi di neve non si vedeva il menomo segno di anima viva. Strinse egli la mano a Maria e le disse:

— Ora Francesco non correrà più nessun grave pericolo. Si tranquilli, madamigella, e tranquilli anche la mamma.

Poi uscì di buon passo, mentre gli altri richiudevano la porticina alle sue spalle.

— Che cos'è ciò ch'Ella mi dice? Domandò con sommo interesse il capo-fabbrica a Maria. L'avvocatinoarrestato? I carabinieri che sono al portone!

— Sì, sì.... Domandano del papà.... Purchè non vogliano arrestare anche lui!.... A quest'ora saranno già entrati.... Io corro presso la mamma, che è tutta sottosopra.

E tornò di volo vicino ai suoi parenti.

Il capo-fabbrica, onestissimo e risoluto uomo, devoto oltre ogni dire al suo principale, a cui doveva tutto, rimase perplesso e turbato profondamente.

— Hanno arrestato sor Francesco! Diss'egli tentennando il capo. Vogliono arrestare anche il padrone!... Che si abbia anche da veder questa?... Diavolo! Diavolo!

Ed entrò colla faccia tutto stravolta nelle officine dove gli operai, fra i quali quella notizia era corsa colla rapidità con cui prende fuoco una striscia di polvere da mina, avevano smesso il lavoro e stavano animatamente discorrendo in crocchi più o meno tumultuosi, in mezzo a cui si distinguevano appunto i capi dei laboratoi.

Selva intanto si era avviato di buon passo in linea retta davanti a sè con non altro intendimento che quello di allontanarsi il più presto da quel luogo e di ridursi quindi per un lungo circuito in città, dove avrebbe poi pensato in qual più sicuro nascondiglio andare a riporre i libri e le carte che aveva presi nella scrivania di Francesco.

Ciò di che più si rallegrava era di aver sottratto il manoscritto di Mario Tiburzio, e mentre camminava affondando le sue gambe fin sopra al polpaccio nella neve che copriva i campi, egli veniva scorrendo cogli occhi quella pericolosa scrittura che avrebbe bastato a far condannare alla galera qualunque l'avesse posseduta.

Ad un tratto gli parve udire dietro sè rumor di gente che si muovesse. Si volse e vide due uomini che con lunghi e solleciti passi, l'uno da destra e l'altro da sinistra venivano verso di lui traverso il campo. Quantunque non avessero divisa, Selva capì tosto che quelli erano birri; e senza aspettar altro prese la corsa con quanta più rattezza gli concedeva l'ostacolo dell'alta neve in cui affondavano i suoi piedi.

— Ferma, ferma: gridarono i birri, e giù a correre ancor essi, cercando di venirgli a tagliare diagonalmente la strada.

Ma Giovanni, oltre l'altezza della neve, aveva un altro impaccio al correre, ed era quello dei libri di cui teneva parte nelle tasche, e parte sotto il braccio. Non tardò egli ad accorgersi che uno di quegli sgherri, più lesto ed aitante, stava per venirgli a tagliare il passo nella direzione che aveva presa; pensò sfuggirgli con una svolta, e girando a sinistra cambiò direzione con una diagonale. Vide allora che due altri birri travestiti, chiamati dalle grida dei primi, accorrevano sulle sue traccie di modo da serrarlo per quattro lati: e capì che il salvarsene sarebbe stato un miracolo.

Barnaba era troppo esperto nel suo mestiere per non aver proceduto nella sua missione con tutte le possibili cautele. Mentre egli con quattro carabinieri si disponeva a presentarsi all'entrata principale della casa e degli opifici del Benda, avuti a sè una mezza dozzina di quelle guardie di polizia che allora il popolo chiamava gliarcieri, ordinava loro che, appostandosi acconciamente sì da poter gli uni venire all'uopo in aiuto degli altri, sorvegliassero con cura tutte le uscite dello stabilimento.

Giovanni Selva, mentre i quattroarcierigià già gli erano sopra, vide ancora gli altri due che scantonavano di dietro l'edifizio dell'officina. Si fermò ansante, perduta ogni speranza; e nel capo, in cui il sangue tumultuosamente saliva a turbargli il cervello, si sforzò ad evocare un'idea di quello che fosse da farsi. Glie ne nacque una ad un tratto: distrurre quella carta che teneva ancora in mano. Avesse egli pensato di subito a lacerarla in minutissimi pezzi e gettarla sparsa per la neve del campo! Volle eseguire allora quel proposito; ma non era più a tempo. La mano pesante d'uno degliarcierisi posò sulla sua spalla, e in un attimo Giovanni si vide circondato dai brutti musi di tutti sei quegli sgherri. Egli spiegazzò colle mani i due fogli ond'era composto lo scritto di Mario, e fattane una pallottola, convulsamente la serrò e tenne chiusa nel pugno della mano destra.

— Alto là! Gridò quello degliarcieriche aveva afferrato Giovanni ad una spalla. Lei non ci scappa più.

E due altri dei birri lo presero al petto del soprabito.

— Che modo gli è questo? Disse il giovane divincolandosi per liberarsi dalla presa di quelle manaccie. Chi siete? Che mi volete voi?

Quegli che pareva il capo di quella schiera, rispose:

— Siamo agenti della Sicurezza Pubblica, e vogliamo arrestarla.

— Arrestarmi! Con qual diritto? Per qual ragione?

— Qual diritto? Quello che ci dà la nostra qualità e gli ordini che abbiamo ricevuti. La ragione? Eh forse ne saprà qualche cosa più di noi Lei che ci scappava con tanta premura. Orsù; non facciamo ciarle e venga con noi.

Nel divincolarsi erano caduti per terra i libri che Giovanni teneva sotto il braccio; uno degliarcierili raccolse. Quelli che avevano afferrato Selva pei panni cominciavano a trascinarlo per farlo camminare.

— Dove mi conducete? Domandò il giovane resistendo.

— Lo vedrà: rispose villanamente il capo degliarcieri. Avanti, animo,marche!

E tenuto così, come un assassino, in mezzo ai sei birri, fu egli tratto alla casa dei Benda, dove, secondo che ho narrato, venne introdotto nel salotto in cui erano gli altri personaggi che sappiamo.

Appena entrato, Selva gettò sulla famiglia del suo amico e su Quercia uno sguardo che voleva dire: — Io non ci ho colpa.

Il capo dei birri si avvicinò a Barnaba e gli mostrò i libri che avevano preso al fuggitivo. Barnaba fece un segno di approvazione, e parlò a bassa voce coll'arciere.

— Domando che non mi si tenga oltre afferrato come un malfattore: disse Giovanni con voce fremente d'indignazione.

Il capoarcierea cui Barnaba aveva finito di parlare venne presso all'arrestato, e senza rispondere pure una sillaba alle parole di lui, mentre gli altri lo tenevano più stretto che mai alle braccia ed ai panni, si pose a frugarlo in ogni tasca con una lestezza singolare. Trasse fuori gli altri libri e tutte le carte che Giovanni aveva in tasca; e le faceva passare man mano a Barnaba, il quale gettava uno sguardo sopra ogni cosa e poi la rimetteva ad un arciere.

Giovanni sbuffava, ma tenuto strettamente da due uomini robusti non aveva modo di far efficace resistenza.

Quando ebbero finito di vuotargli le tasche, uno degliarcieriche lo tenevano disse al suo superiore:

— Egli tiene chiusa in pugno una carta.

— Ah ah! Bisogna averla. Signore, non faccia la pazzia di resistere e ci dia quella carta di buon accordo.

Selva non disse motto, ma serrò più convulsamente il pugno. Gliarcierigli presero il braccio e con tutta la loro forza cercarono di aprirgli la mano, ma inutilmente.

Gian-Luigi tornò a sedersi con tutta tranquillità presso il camino, come se quella scena non avesse per lui il menomo interesse; e colle molle che non aveva cessato di tener fra mano, si diede a percuotere sui tizzoni eccitando più vivace la vampa. Giovanni capì quell'indiretto suggerimento. Raccolse tutto il suo vigore in uno sforzo supremo; si spinse innanzi con moto improvviso e inaspettato a quelli che lo tenevano, con una violenta strappata liberò il suo braccio dalla stretta dei due arcieri, lanciò la pallottola di carta verso il focolare. Impacciato com'era, Selva non la potè gettar giusto sul fuoco; la palla cadde presso gli alari; ma Quercia come se non aspettasse altro, con moto più ratto del pensiero, senza scomporsi menomamente, senza volgersi nemmanco, la prese colle molle e la pose rattamente dove più vive erano le fiamme.

Giovanni in quello sforzo, in quel moto violento che aveva fatto erasi inciampato nelle gambe degliarcieriche gli stavano addosso ed era caduto sul tappeto del pavimento. Ciò stesso fece ostacolo ai birri per correre presso il camino. Ma Barnaba, che con infinito interessamento porgeva attenzione a questa scena, visto bruciare quella carta, che di sicuro doveva essere importantissima, obliò un istante le cautele usate sino allora per nascondersi.

— Sul fuoco! Sul fuoco! Prendetela! Gridò egli colla sua voce naturale: e siccome i birri e i carabinieri, impediti nel passo da Giovanni caduto che si rialzava, non poterono così rattamente slanciarsi al camino com'era necessario, Barnaba stesso si fece innanzi d'un salto per disputare alle fiamme la preziosa preda.

Ma in quella, Quercia si drizzò in piedi innanzi al camino colle molle in mano che stringeva come un'arma, si volse colla faccia più innocente del mondo e domandò coll'accento d'uomo che non avesse visto nè udito nulla di quello che era successo:

— Che cosa c'è?

Barnaba e Gian-Luigi si trovarono a fronte meno che ad un passo di distanza. Al primo, in quel movimento impetuoso che aveva fatto, era caduta la falda del mantello dalla faccia, e Quercia ne potè vedere un istante i lineamenti scoperti, come ne aveva udita senz'alterazione per poche parole la voce. Nè questa, nè quelli Gian-Luigi si prometteva che avrebbe obliato mai più. L'agente di Polizia non rispose nulla al dottore; la carta era consumata;egli si coprì di nuovo il volto col mantello e si ritrasse chetamente nel cantuccio appena abbandonato un istante.

— Lo scellerato! Il birbante! Urlavano gliarcieriincolleriti, venendo addosso a Giovanni coi pugni.

— Per carità! Esclamarono Maria e Teresa a cui si strinse il cuore alla vista dei mali trattamenti onde era fatto segno l'amico di Francesco.

E Gian-Luigi, facendosi innanzi con tutta l'autorevole imponenza d'un marchese del secolo scorso che si preparasse a castigare i suoi lacchè, gridò fieramente:

— Olà, mariuoli, volete smetterla, o ch'io, dietro rapporto a chi di dovere, vi faccio gustare un po' di ferri...

I birri si volsero inveleniti verso il dottore; ma anche su di loro fece effetto quella sembianza di autorevolezza; borbottavano però qualche insolenza e qualche minaccia, quando frettolosi entrarono nel salotto, non senza turbamento nel volto, i due arcieri che erano rimasti nelle anticamere. Dietro di essi pervenne colà il rumore caratteristico d'una massa di gente che tumultua.

— Che cosa c'è? Domandò il capo dei birri ai suoi due subordinati che entravano così precipitosamente.

— Tutti gli operai della fabbrica, armati di stanghe, di leve e di martelli, accorrono qua minacciosi.....

— Oh oh! Ribellione alla forza pubblica: disse il brigadiere dei carabinieri, aggiustandosi al petto la tracolla che gli sosteneva la sciabola. Badi signor Benda che codesto non vorrà avantaggiare le sue condizioni... Al contrario!...

Egli non aveva finito di parlare che sboccavano nel salotto impetuosi gli operai in attitudine tutt'altro che pacifica, e primi innanzi a loro, come duci, Bastiano il portinaio, il direttore della fabbrica ed i capi dei laboratoi.

— Signor Benda: cominciò senz'altro il direttore; siamo venuti a vedere che cosa si vuole da Lei, e se mai qualcheduno osa venire in casa a farle delle prepotenze; chè noi codesto, alla croce di Dio, non lo tollereremo mai.

— No, non lo tollereremo, urlarono una ventina di voci dietro i capi; e il grido si ripercosse nella camera vicina dove si assiepavano quelli degli operai che non avevano potuto intromettersi nel salotto ancor essi.

L'invasione degli operai aveva modificato la positura dei varii gruppi di persone che colà si trovavano. I carabinieri e gli arcieri s'erano raccolti insieme a fare quasi una siepe all'agente di Polizia che li guidava; i servi, rimasti appartati sino allora, s'erano riuniti agli operai che ingombravano la porta; la famiglia Benda s'era aggruppata innanzi al fuoco; Gian-Luigi si trovò in mezzo al salotto, ed al suo fianco Giovanni, cui gli sgherri avevano abbandonato per ritirarsi più in là insieme coi carabinieri.

— Tiburzio è compromesso? Bisbigliò rattamente Quercia all'orecchio di Selva, senza che alcuno ci badasse.

— Sì: rispose nella guisa uguale Giovanni.

— Ah ah! Va bene.

Ma come era egli avvenuto che gli operai si presentassero a quel modo in difesa del loro principale, non peritandosi innanzi ad una specie di rivolta contro la forza pubblica?

Torniamo indietro di qualche minuto, al momento in cui il direttore degli opifici, dopo aperta la porticina e dopo che Maria, dettogli quelle tronche parole, l'aveva lasciato, entrava nei laboratoi, dove trovava gli operai già tutti sottosopra per le sparsesi novelle. Vedremo fra i lavoratori medesimi manifestarsi certi screzii ed appalesarsi contro i sentimenti del maggior numero una minoranza, e potremo così fin d'ora conoscere alcuni germi che daranno in futuro tristo frutto di dolorosi avvenimenti, di pericoli e di danno per la prosperità finora cotanta, e tanto meritata, della casa Benda.


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