CAPITOLO XVI.Il dottor Quercia era aspettato dalla contessa di Staffarda e i domestici senza indugio gli aprirono le porte che conducevano nel riposto gabinetto di lei.Candida lo accolse con un freddo saluto, fece affrettarsi la cameriera che finiva la delicata ed importante opera della pettinatura e la congedò sollecitamente.— Voi avete ricevuto il mio biglietto, contessa? Domandò il giovane appena fu solo con lei.— Sì: rispose la donna con asciutto contegno; ma il laconismo di esso mi ha spiegato poco e mi ha fatto pensar molto. Spero che voi ora mi chiarirete di tutto.— Certo! Son persuaso che voi tuttavia avrete fatto ciò di cui vi pregavo.— Esattamente. Ho parlato a mio marito ed ho scritto a mio padre.— Che cosa disse il conte?— Che si sarebbe recato subito dal generale Barranchi.— Bravo conte! E il barone La Cappa?— Mi rispose questo bigliettino.Prese sopra la tavoletta una cartolina ripiegata e la porse a Luigi.Questi lesse le parole seguenti:«Qual interessamento prendi tu per quei due giovani scapati? Io li conosco di nome e so che appartengono a quella impertinente razza di liberali che non è male corregger di quando in quando con qualche buona strigliatina. Lascia un poco che la Polizia tenga per alcuni giorni a temperare all'ombra il cervello esaltato di questi giovinotti, e non vi sarà male nessuno. Prima di recarmi a disturbare S. E. il Governatore, aspetto che tu insista, se lo crederai opportuno, nella tua domanda.»Un amaro sogghigno si dipingeva sul volto di Luigi mentr'egli veniva leggendo la letterina del padre di Candida.Questa intanto con uno sguardo fisso che avreste detto corrucciato, quasi ostile, esaminava la fisionomia del giovane. La pallidezza delle guancie, la livida riga che ne disegnava le occhiaie, l'espressione di abbattimento doloroso che aveva il suo volto, dinotavano come non fossero state ore di riposo per lei quelle che avevano tramezzato fra il ballo della notte e quell'abboccamento.— Cospetto! Disse Luigi con ironia, quando ebbe finito di leggere. Il signor barone, vostro padre, è più realista del Re e più poliziesco della Polizia.....— Signor Dottore: interruppe seccamente la contessa: vi prego di non dimenticare che parlate a me, di mio padre.Luigi alzò vivamente il capo a guardare in viso la donna, come stupito e dell'osservazione e dell'accento con cui era fatta. Vide quella certa ostilità a suo riguardo, che ho detto, negli occhi di lei, e ne cercò fra sè la possibil cagione. Le pupille dei due giovani stettero un istante fisse le une nelle altre; poi, come sempre le avveniva, come avveniva a tutti, la donna dovette abbassare le sue innanzi al bagliore di quelle di lui. Egli intanto aveva trovato la ragione del segreto corruccio di Candida; s'era ricordato del dialogo che aveva avuto con essa la notte, in quel salotto dell'Accademia Filarmonica, dove la marchesa di Baldissero aveva poi superbamente e indirettamente ripigliata e sermoneggiata la contessa Langosco. Sorrise: studiò un momento qual mezzo avesse da prendere per vincere siffatta ostilità, e decise attenersi alla dolcezza, perchè, rifacendosi a parlare, scelse nella sua voce le note più soavi e simpatiche onde tanta efficacia egli poteva avere sul cuore altrui.— Ah! io sono ben lontano dal voler dir cosa che possa offendere tuo padre, e dispiacere a te: diss'egli prendendo alla contessa una mano e baciandogliela con amoroso ardore.Quella voce, alla povera donna innamorata, fu come una tenera carezza in sull'anima; a quel bacio sulla destra un brivido di sensazione dolcissima le corse tutti i nervi. Pure levò via la sua mano di mezzo a quelle e di sotto le labbra di Luigi.— Che cosa credete dunque che io debba fare? Domandò la contessa.— Insistere, per Dio! Rispose vivamente Quercia. Insistere in quel modo che tu sai, al quale non v'è resistenza possibile.Candida sorrise con dolorosa amarezza.— Risparmiatemi queste assurde adulazioni. Troppo vi siete adoperalo voi stesso a provarmene la falsità col fatto vostro. Ho insistito una volta sola presso di voi — questa notte — e il mio successo fu tale da non insuperbirmi.Luigi non seguitò la donna su questo nuovo campo ch'ella apriva al discorso. Egli si fece più presso ancora alla contessa, tornò a prenderle quella mano ch'ella gli aveva tolta, e coll'accento più persuasivo e più insinuante ond'egli fosse capace, soggiunse:— E non è più per lettera che tu insisteraipresso tuo padre. Quattro pagine di scritto non hanno l'efficacia di due parole di viva voce dette da quelle labbra di corallo. Tu darai ordine di attelare i cavalli, passerai tu stessa dal barone e non lo lascierai più finchè non esca teco; lo condurrai colla tua carrozza medesima alla porta del Governatore; ed ecco fatto tutto.La contessa guardava con una specie di meraviglia quell'uomo che con tanta sicurezza disponeva di lei.— Sapete che voi siete un uomo sorprendente davvero!— Io! Perchè?— Voi credete di potere in ogni modo e sempre far di me quel che vi piace.— Io credo poter fare a fidanza colla vostra generosa bontà.Candida cedendo all'impeto dei sentimenti che la dominavano, proruppe con accalorato accento:— Ieri sera io vi ho implorato in nome del nostro amore, quasi colle lagrime, coll'oblio certamente della mia stessa dignità...— Ah! non dite così, contessa.— Voi foste irremovibile. Voi vedeste il mio dolore e la mia umiliazione, e nulla potè ispirarvi nemmanco una parola di promessa. Voi sapeste che mi lasciavate ad una notte di angoscia, ma il vostro egoismo non se ne diede per inteso...— Permettete, contessa...— Questa mattina ricevo un vostro biglietto..... Ho avuta l'ingenuità d'illudermi un istante. Egli mi scrive, pensai, per temperare con parole d'affetto la sua cruda ripulsa di ieri sera; forse per promettere al mio amore quel lieve sacrificio che gli domandò la mia gelosia. Aprii palpitando quella carta... Ah! non parlava in essa menomamente l'amore.— Parlava l'amicizia che ho per quei due giovani, i quali hanno bisogno del nostro intervento. Quando io amo — uomini o donne — amo con ardore; e quelli per cui vi scrissi mi sono molto cari.All'udire fatto cenno da Luigi della sua ardenza nell'amare, Candida atteggiò le sue labbra alla tacita protesta d'un amaro sogghigno. Ora ella volle parlare, ma il giovane non glie ne lasciò tempo, e prendendole anche l'altra mano per istringerla insieme con quella che già teneva fra le sue, continuò egli a parlare sempre più insinuante, più affettuoso, più seduttivo:— Ascoltami, Candida, per l'amor del cielo, che io t'ami, e come, hai tu bisogno ancora d'udirmele a dire ed a giurartelo sull'anima mia? Non vedi che tutti gli atti della mia vita ad altro non sono intesi fuorchè a questo unico scopo: vederti, esserti presso, vivere in quell'ambiente in cui tu vivi, seguirti in quelle splendide sfere che tu, astro brillante e benigno percorri? L'udire da te manifestato pure un sospetto sulla intensità e sulla fedeltà dell'amor mio, è per me un oltraggio che mi offende, e innanzi a cui s'inalbera e riagisce — troppo forse anco — l'orgoglio della mia natura, la coscienza di non meritarlo. Ecco perchè ieri sera alla tua domanda opposi forse troppo aspro il diniego...Serrò con una sola delle sue le piccole mani di Candida, e si passò la destra sulla fronte e sugli occhi, mandando un profondo sospiro, come uomo assalito da una delle più penose sensazioni.— Ieri sera, inoltre, io mi trovava, come mi trovo tuttora, sotto la più trista impressione d'una delle maggiori disdette che mi sieno toccate.La contessa vide la bella faccia di Luigi, così abile ad esprimere ogni fatta sentimenti, dipingersi di tanto cordoglio ed abbattimento che ne sentì tosto e profondo tocca la sua anima pietosa di donna innamorata.— Che cosa t'avvenne? Domandò essa vivamente chinandosi verso di lui.— Nulla, nulla. Non parliamo di ciò...— Parliamone invece. Tutto ciò che riguarda te, non tocca me pure?... Dimmi la verità, Luigi.— Perchè amareggiarti inutilmente?... Volevo che tu nulla riuscissi nemmanco a sospettare, e ier sera nascosi tanto bene la mia passione, che tu hai piuttosto accusato l'amor mio che indovinata la mia sciagura. La necessità di combattere i tuoi sospetti, che troppo sono dolorosi al mio cuore, mi fece ora sfuggire dalle labbra quelle parole. Ti bastino per ispiegare il mio contegno, e non voler sapere di più.— Sì, voglio, e ci ho diritto..... Perchè sarebbe inutilmente ch'io apprenderei questa tua nuova traversìa? Chi sa ch'io non possa venirti in aiuto!...— No: prorruppe con impeto Luigi: questo poi no. Troppo già mi adonto di quello che hai fatto per lo addietro a mio vantaggio. Non voglio più nulla da te.Candida così era chiara di che si trattava. Guardò un istante Luigi che teneva gli occhi volti alla terra e poi disse:— Tu hai bisogno di denaro.Quercia chinò la testa.— Di molto?— Moltissimo: rispos'egli a voce bassa.— Quanto?— Cinquanta mila lire.Tacquero un istante tuttedue.— Oh! come procurarsele? Disse poi la contessa.Luigi scosse la sua testa leggiadra.— A questo penserò io; tu intanto, dolce amor mio, non crucciartene. Ho ancora nel mondo abbastanza amici che, pregati, si faranno premura di sovvenirmi... Ah! gli è codesto che ripugna al mio orgoglio: pregare altrui!... Al postutto questa somma non ho bisogno di torla ad imprestito che per pochi giorni. La settimana ventura io sarò in condizioni tali da poterla rimborsar tosto... C'è bensìuna persona alla quale non avrei che da dire una parola, perchè mettesse a mia disposizione tutti gli ori e le gemme che possiede...Candida impallidì, e i suoi occhi lampeggiarono.— Ah! Esclamò essa. So a chi volete alludere.— Ma questa parola, soggiunse affrettatamente Luigi, non la dirò a niun conto.Successe un silenzio. Candida pareva riflettere profondamente.— No: proruppe ella ad un tratto; tu non avrai da ricorrere ad altri... Hai detto che di questa somma hai bisogno per pochi giorni?— Pochissimi.— Ti do i miei diamanti... Essi valgono il doppio... Impegnali e serviti dei denari...Luigi si gittò ginocchioni a' piedi della contessa e ne abbracciò il corpo con braccia che si sarebbero potute dire frementi di passione.— Oh Candida! Esclamò con espressione indicibile di riconoscenza e d'amore.— Ma io questi diamanti, ripigliava la contessa, bisogna assolutamente che li riabbia lunedì. Quella sera c'è ballo a Corte; io non ci posso mancare, e non voglio comparirci senza i miei diamanti.— Ed io solennemente ti prometto, sull'onor mio, che lunedì mattina, senza fallo, li riavrai.La contessa, senza aggiunger parola si alzò, aprì il suo stipo e mise in mano di Luigi le buste dei suoi diamanti.Quercia la ricompensò con parole e carezze di tanta ardenza che la misera donna ne fu tutta beata.— Luigi! Disse poi con languido abbandono la contessa, posato il capo sul petto di lui. Non c'è sacrifizio ch'io lieta non facessi per te. E tu, a tua volta, non vorresti soddisfare al mio desiderio in quella sì poca cosa che ti domando?Gli occhi e la fronte di Quercia si oscurarono, per così dire, in un'espressione di fastidio e di contrarietà, mentre le labbra continuavano tuttavia a sorridere con amorosa dolcezza.— Diletta mia, rispose egli, non voler ora parlar di codesto. Già ti ho detto più volte come certe mie ragioni particolari mi obbligassero ad andare in quella casa. Ti giuro che io per quella donna non ho il menomo sentimento che ti possa dar ombra, che non si scambia fra noi la menoma parola che possa dirsi d'amore. Ciò non ti basta?Candida scosse il capo con leggiadra ostinazione, ma il suo amante le chiuse le labbra che stavano per parlare con un bacio.— Taci, amor mio dolce, e lascia ch'io ti rammenti i miei due amici arrestati. Si tratta d'un'opera di carità. Se tu avessi visto la desolazione dei poveri genitori di Benda, ne avresti avuta commossa oltre ogni dire la tua bell'anima.Le raccontò tutto quanto era occorso nella mattinata, e poi soggiunse:— Bisogna che tu faccia comprendere a tuo padre, perchè lo ripeta al suo amico il Governatore, che con questi eccessi il Governo altro non ottiene che di far nascere a suo danno, e di far crescere nelle classi colte un odio il quale potrà riuscire a dilungo a indebolirlo ed a preparargli serii impacci. Aggiungi che questi atti meno lodevoli e giustificabili, sono sempre il fatto di agenti subalterni che vanno al di là delle intenzioni dei superiori, sui quali poi tuttavia ricasca la responsabilità e l'odiosità degli atti medesimi; puoi sopratutto citare quello stesso agente che procedette all'arresto de' miei amici ed alla perquisizione in casa Benda, un certo Barnaba... E ti prego anzi d'insistere su questo punto, perchè se non viene dall'alto un cenno a mettere le pastoie allo zelo di questo poliziotto, siamo noi pure che corriamo un rischio, per evitare il quale farei non so che cosa.— Oh come? Domandò la contessa. Che rischio possiamo correr noi?— L'esser io amico di quei due giovani, il mio carattere indipendente e la franchezza della mia parola hanno di certo già tratta l'attenzione della Polizia su di me. Se si lascia procedere per la strada intrapresa, quel cotal Barnaba è capace di venire a perquisire anche il mio domicilio, e la riposta casetta, così tranquillo asilo all'amor nostro. Ora io ho una cosa sola cui ci tengo a nascondere all'occhio di qualunque — le tue lettere; e prima di lasciarle cadere in mano di chicchesiasi, mi farei uccidere.....— Hai ragione: disse la contessa spaventata all'idea che le sue lettere d'amore potessero venire in possesso d'altri che colui al quale erano scritte, spaventata ancora di più al pensiero del pericolo a cui si sarebbe esposto il suo amante nel volerla difendere. Hai ragione, e bisogna assolutamente che ciò non avvenga.— E questo può ottenere tuo padre per mezzo del Governatore, e tu devi fare in modo che l'ottenga.— Lo farò.— Una buona lezione a quel Barnaba metterà un freno allo zelo e di lui e degli altri.— Egli avrà questa lezione... Barnaba è il suo nome?— Sì: lo ricorderai?— Sta tranquillo. Vado subito da mio padre.Dieci minuti dopo la carrozza era pronta, e la contessa di Staffarda, vestitasi in tutta fretta, si faceva condurre al palazzo del barone La Cappa.Gian-Luigi intanto, colle buste dei diamanti avuti da Candida, dirigevasi verso l'alloggio di messer Nariccia.L'illustrissimo signor barone Anatolio La Cappa aveva comperato lo stupendo palazzo monumentale dell'antica famiglia — ora estinta — dei conti De Meyrat, e l'aveva fatto ristaurare a nuovo, e rindorare, come si suol dire, su tutte le costure. Nelfrontone del palazzo, in luogo di quello della stirpe savoina che prima lo aveva posseduto, si pavoneggiava, alto di due metri, lo stemma inventato da qualche araldista nel 1814 per l'illustre prosapia dei La Cappa, sormontato dalla corona baronale; nella traversa su cui si rabbattevano le due larghe imposte del portone da via, di legno riccamente scolpito, brillava nella sua fresca indoratura il blasone dei La Cappa con sopravi la sua brava corona da barone; le colonne di pietra del Malanaggio che sostenevano la vôlta dell'atrio, erano ornate a metà dall'inevitabile corona baronale, sotto cui pendeva lo stemma; nei pilastrini della balaustra di marmo che accompagnava la scala, facevano bella mostra di sè altrettanti blasoncini colla corona baronale ancor essi; questa eterna corona e questo eterno blasone la sfoggiavano sulle livree gallonate dei domestici, sulle cassapanche dell'anticamera, sulle spalliere scolpite delle seggiole nella camera da pranzo, su quelle indorate delle poltroncine nella sala di ricevimento, sulle cornici dei quadri nella famosa galleria degli antenati comperati dal rigattiere, sulle tappezzerie delle muraglie, sulle biancherie da tavola, sulle argenterie d'ogni fatta e sul collare del can griffone, delizia ed oramai unica compagnia in quel vasto palazzo del signor barone.In mezzo a tutti questi stemmi il padre della contessa di Staffarda, ricco di denari e di superbia, s'annoiava tremendamente col titolo, il grado e la pensione di riposo d'intendente generale — che oggi direbbesi prefetto. A fare un po' di variazione alla noia arrivavano di quando in quando i dolori della gotta, cui un tempo così efficacemente giovava ad allenire la presenza della figliuola. Le chiacchere serali al caffè Fiorio, le visite al suo eccellentissimo amico il Governatore, la partita awhistnelclubdei nobili, la lettura della Gazzetta Ufficiale occupavano alcune ore della giornata del signor barone; il resto lo possedeva padrone assoluto — meno nel tempo de' pasti — lo sbadiglio.Mai non vi fu uomo che più felicemente giungesse al compimento de' suoi desiderii, e che dopo ciò fosse più profondamente stufo ed annoiato. La sua ambizione era giunta ad uno dei primi gradi nelle dignità amministrative: la sua vanità era soddisfatta di un grandissimo numero di croci che gli decoravano il petto: il suo amore della ricchezza aveva visto raddoppiarsi il vistoso patrimonio lasciatogli dal padre; la sua smania di aristocrazia andava soddisfatta per vedere imbrancata alla nobilissima e storica famiglia dei Langosco di Staffarda la sua unica figliuola.Eppure s'annoiava — tremendamente, profondamente, irrimediabilmente. Finchè Candida era rimasta con lui, molte delle ore della sua giornata avevano una sicura piacevolezza nella compagnia che gli faceva la figliuola; la presenza di quest'essa bastava da sola a spandere un non so che di aggradevole nei vasti ambienti del vasto palazzo; la vita del padre pareva avere in lei incarnato dinanzi lo scopo e la occupazione che le spettavano. Sparita la giovane, quel palazzo divenne silenzioso come un convento di trappisti e deserto come una rovina. Il vecchio barone s'aggirava per le sontuosità di quelle sale come un'anima in pena condannata al domicilio coatto in un luogo abbandonato. Da principio Candida ci tornava di frequente a fare splendere, in mezzo alle dorature del palazzo paterno, la sua fresca bellezza: e avreste detto che quello sfarzo pesante ne rimanesse per un poco rallegrato, come avveniva all'animo del padrone; ma la contessa di Staffarda non recò a gran pezza colà il primitivo suo buonumore di ragazza. La noia che attingeva essa stessa nel palazzo e nella convivenza maritale, la portava seco, tradotta in taciturnità dì parole, in pallidezza di guancie, in espressione di malavoglia nella fisionomia. Il padre si stancava a domandare alla figliuola: «Che cos'hai?» ed ella s'impazientava a rispondere sempre, invariabilmente: «Non ho nulla.» Poscia venne il periodo in cui Candida s'abbandonò pazzamente alla agitazione febbrile della vita mondana, faticosa per incessanti divertimenti, per vertiginoso avvicendare ditoilettese di feste. Colle giornate prese dalla sarta, dalla crestaia, dal negoziante di mode, dalla pettinatrice, fra il riposo della tarda mattina, e il ricevimento del salotto nel pomeriggio, e il teatro la sera, e poscia i balli la notte, la contessa non ebbe più tempo da recarsi da suo padre; e a non molto andare la non ci pensò più nemmanco; le sue visite al palazzo La Cappa non ebbero più altra ricorrenza che quella delle occasioni solenni.Più tardi sopravvenne ancora la sua fatale passione, che a Candida fece obliare poco meno che il resto dell'universo. Il barone Anatolio fu più trascurato che mai. Egli non osava lamentarsene, e nemmeno dar torto fra sè alla figliuola: una contessa Langosco era al di là dell'arrivo d'ogni rimprovero; ma sentiva ogni giorno più uggiosa la solitudine in cui veniva abbandonato. Le graziosità e il dimenar della coda del suo prediletto cagnuolo non lo consolavano che mediocremente; nemmeno l'umiltà impertinente del servitorame e le corone baronali de' suoi stemmi con tanta larghezza profusi non pervenivano più a temperargli il fastidio accarezzandone la boria. Il peggio era quando quella sfacciata d'una gotta aveva la temerità di assalire le nobili giunture delle sue gambe baronali. Come allora si faceva avvertire la mancanza della mano carezzevole, della voce confortatrice, delle cure sollecite, amorose ed intelligenti della figliuola! Alle sue scampanellate colleriche, il barone non vedeva accorrere che le faccie impassibili dei domestici, i quali nel rispettoso loro contegno di servi di nobil casa mandavano il padrone ai cento mila diavoli; ai suoi lamenti e ai gridi di dolore, egli non udivarispondere che il silenzio indifferente di chi se ne impipa.Quel giorno adunque che la contessa aderendo alle brame di Gian-Luigi, recossi in casa del padre, fu per costui la più inaspettata e più gradevol sorpresa del mondo. Non avendo ricevuto controrisposta al suo bigliettino, egli aveva creduto che la figliuola avesse di piano rinunziato alla raccomandazione che gli aveva mandata quella mattina per lettera, e mai più non avrebbe sognato che essa medesima sarebbe venuta da lui in persona.Quando si venne ad annunziare al barone che la carrozza della contessa era entrata nel cortile e che la contessa medesima saliva le scale, egli che sbadigliava innanzi al fuoco, studiosamente avvolto nella sua veste da camera di seta e di velluto, fece un sobbalzo sopra la sua poltrona. Si fece ripetere l'annunzio, quasi temesse di non aver ben capito; non pensò il meno del mondo ch'ella venisse per quei due borghesucci di cui gli aveva scritto alcune ore innanzi, e di cui egli non si ricordava più nemmanco; ma pensando che di questa straordinaria venuta doveva esserci uno straordinario motivo, s'affrettò a muovere incontro alla figliuola che già calpestava il ricco tappeto della sala vicina.— Che? Sei tu per davvero, mia cara contessa! Esclamò il barone, tendendo verso sua figlia le maniche di seta lucicchianti della sua veste da camera, nelle quali si agitavano le sue braccia. Che buon vento ti mena così di mattina da me? Hai tu forse bisogno di qualche cosa?Candida, che sapeva il facil modo onde avere a sua discrezione l'anima del padre, gli gittò le braccia al collo e gli fece due baci sonori sulle guancie accuratamente rase di fresco.— Sì, papà: rispos'ella. Ho precisamente bisogno di te, e son venuta a parlarti.Il barone la prese per mano e disse con tutta sollecitudine:— Vieni, vieni nel mio gabinetto. Ehi! Comandò al domestico che aveva introdotta la contessa e che stava ancora dritto impalato sul passo della porta: chiunque venga a cercarmi, gli direte che non ricevo.... Sono tutto tutto per mia figlia.— To', una bella idea! Soggiunse il barone. Tu starai qui a farmi compagnia aldéjeuner. Manderemo ad avvertire il conte ch'e' non t'aspetti.... E se vuol venire ancor egli a far da terzo alla nostra tavola,ma foi!ci sarà il benvenuto.Il barone aveva creduto bene di prendere ancor egli il vezzo aristocratico di frammischiare nel suo linguaggio parole e locuzioni francesi.— Grazie, papà: rispose Candida. Accetto il tuo invito...Il volto del padre raggiò di gioia.— Oh brava!...— Ma ad un patto, soggiunse vivamente la contessa... anzi due.— Sentiamo questi due patti... I quali sono già consentiti d'avance.— Il primo che non disturberemo per nulla il conte a farlo venir qui terzo incomodo fra di noi...— Va bene: non disturberemo il signor conte.— L'altro patto è che tu mi prometta di fare, e subito subito ciò di cui sto per pregarti.—Corbleu!Gli è dunque un affare che ti sta a cuore?— Assai.— Eh eh! Sarebbe un compromettersi l'impegnarsi così alla cieca ad accontentare un desiderio non ancora conosciuto d'una giovine donna, mabah!con te, figliuola mia, mi posso avventurare... Accordato anche questo! Farò quel che tu vuoi.Si volse al lacchè, il quale attendeva sempre gli ordini nella postura del soldato senz'armi innanzi al suo superiore:— Rinviate la carrozza della contessa, dite allo staffiere annunzi al conte di Staffarda che la contessa non rientrerà per ildéjeunere prevenite il maggiordomo che la contessa farà ildéjeunercon me.Poscia, accompagnandola con tutta galanteria, egli introdusse sua figlia nel camerino in cui stava annoiandosi dapprima, e dispose per lei egli stesso una poltroncina vicino al fuoco, dirimpetto a quella cui tornò ad occupare colla sua importante persona.Candida, colle aggraziate movenze che le erano proprie, si levò cappello e mantiglia, gettò questa e quello sopra un sofà, e venne a sedersi in faccia a suo padre che ne seguitava ogni movimento con uno sguardo che si sarebbe potuto paragonare a quello d'un ghiottone che comincia a divorare cogli occhi la leccornia che si appresta a divorar colla bocca.Quando la figliuola gli si fu seduta dinanzi, l'illustre barone si rassettò di meglio tra le braccia soffici della poltrona, e mandò un sorriso di beatitudine che significava: — Oh bene! Ora ce l'ho, e per un poco la non mi scappa più.— Dunque a noi! Diss'egli incrociando le mani sulle lucide falde della guarnacca, che gli coprivano l'addome.Exposez votre requête, madame la comtesse, ed io sto qui pronto a non altro che a dir sì..... Già m'immagino che non sia nulla di grave. Non è con quel visino sorridente lì che si viene a parlare di cose gravi..... A proposito, sai che ti trovo buonissimo aspetto! L'espressione animata, l'occhio brillante..... Sei un po' pallida è vero; ma ci scommetto che gli è la fatica dei balli. Quasi ogni giorno una festa; e sono persuaso che la notte scorsa, all'Accademia, avrai ballato fin presso al mattino. Io me ne sono ritirato poco dopo la venuta della Corte. Appena S. M. mi ebbe fatto l'onore di rivolgermi la parola e di ricevere il mio ossequio, quatto quatto io me ne sono partito. Eh! la mia età e la mia gotta non si accomodano più di questenuits blanches.Il bravo barone si affrettava a spacciar subito subito un poco di quell'arretrato di ciance, cui la solitudine della sua vita non gli lasciava più smaltire periodicamente. La figliuola lo ascoltava con un sorriso compiacente a fior di labbro, ma senza prestargli attenzione, e la sua mente era lontana, era nell'elegante casina di Luigi, dove poteva avvenire da un momento all'altro che una mano profana si impadronisse delle sue lettere d'amore.Ella interruppe adunque suo padre.— Ciò che son venuta a domandarti, lo sai già; te l'ho scritto poc'anzi in una lettera.— Che? che? Si tratterebbe di quei due giovani avvocatuzzi che tu mi hai appreso essere arrestati?Candida fece un segno affermativo colla testa.— Tu insisti adunque, perchè io mi adoperi in loro vantaggio presso il Governatore?La contessa ripetè più vivamente i suoi segni di affermazione.— E sei venuta qui da me a bella posta?— Precisamente.— Ma che interesse pigli tu in codesto? Che attinenze hai tu con siffatta gente?— So che non meritano la brutta misura onde furono fatti segno. M'interesso per una buona e brava famiglia, la quale è nella desolazione.La faccia del barone mostrò che la commissione datagli dalla figliuola non gli andava troppo a genio.— Uhm! Diss'egli di mala voglia; poichè tu insisti, poichè tu la prendi sì calda.....— E tu hai promesso di accontentarmi.....— Poichè te l'ho promesso, farò a tuo senno. Scriverò, dunque un bigliettino a S. E.Candida si ricordò delle parole che aveva dette a lei medesima Gian-Luigi.— Ah no, un bigliettino. Hanno più efficacia quattro frasi dette a viva voce che non quattro pagine di scritto per quanto eloquentissime.—Corbleu!Vuoi dunque che mi rechi io stesso dal Governatore, in persona?La contessa regalò a suo padre uno de' più seducenti sorrisi onde fosse capace la sua bellezza.— Sì, papà. Perchè si tratta non solamente di rimediare ad un mal fatto....— Mal fatto! mal fatto.... Io trovo che si fece benissimo ad arrestarli.— Arrestare degl'innocenti è sempre male, e non serve ad altro che a creare nemici al Governo, che commette di questi falli.Il barone inarcò le sopracciglia e arrotondò la bocca in una esclamazione di stupore.— Cospetto! Tu mi fai della politica.Candida fece vezzosamente un cenno affermativo, continuando nella malìa di quel suo sorriso.— Stavo appunto per soggiungere che si tratta inoltre di dare un savio consiglio al governatore; consiglio cui nessuno può suggerire con tanta autorità al pari di te, che hai tenuto sì alte cariche nell'amministrazione e con sì buon successo.La Cappa si rimpettì e sorrise con compiacenza.— Certo che nella mia carriera ho mostrato di valerne bene un altro; e se in tante cose mi avessero dato retta,ma foi!.... Ma sentiamo un poco questo consiglio che tu vorresti suggerito.— Gli è di rendere la polizia meno vessatoria, perchè non infastidisca e non perseguiti cotanto i tranquilli cittadini.Il padre di Candida fece un leggero sobbalzo per meraviglia.— Sei tu, contessa, che mi parlide cette façon?Ed ella, come se non avesse avuto luogo l'interruzione, con crescente calore continuava:— Il torto di questi eccessi non è da accagionarsi ai capi, ma agli agenti subalterni. Sono essi che, non frenati, abusano di quell'arbitrio cui loro dànno le proprie funzioni. L'arresto, per esempio, di questi due giovani e la perquisizione sono dovuti ad uno di tali impiegati secondarii, un certo Barnaba, il quale mi si dice essere appunto di quelli che si piacciono nell'insolentire contro i cittadini quanto più sono onesti e pacifici.— Ma dove hai tu appreso tutto questo?A Candida soccorse il rimedio d'una bugia e non si arretrò innanzi ad esso.— Da mio marito: rispos'ella. Il conte s'interessa molto ancor egli per quei due giovani.....— Ah sì?— Ed anzi recossi egli stesso dal conte Barranchi.— Oh allora quasi non occorre più ch'io mi muova.— Da parte di mio marito medesimo ti prego eziandio di far questo passo presso il Governatore. Il fatto di questa mattina ha gettato necessariamente un allarme in tutta la popolazione colta della città. Se un giovane il quale non si occupa che di far l'elegante, come l'avvocato Benda, può essere arrestato e subire una perquisizione in casa, chi è più sicuro?..... Una perquisizione domiciliare può mettere in luce, o quanto meno alla discrezione di gente che non è fior di roba, tanti segreti famigliari che non riguardano in nessun modo il Governo e la cui divolgazione può essere fatalissima... Tutti gli amici e conoscenti degli arrestati a questa ora sono in pena per la propria sorte... Mio marito, per esempio ha molto timore.....— Egli! Interruppe il barone con incredula vivacità. Il conte di Staffarda non ha da avere nessuna di queste paure....— Non per sè: soggiunse la contessa; ma per un suo amico.Esitò un momentino, e poi, volgendo un po' in là il viso mentre un lievissimo rossore le correva alle guancie, pronunziò il nome:— Il dottor Quercia.— Ho udito parlare di questo signorino. Un giovaneche non pensa ad altro che a darsi buon tempo. Non so come si possa avere alcuna inquietudine a questo riguardo.— Per causa dell'amicizia che esso ha col Benda.— Bene, bene; di' pure al conte chej'en toucherai deux motscol Governatore: e che il suo amico non avrà più ragione alcuna d'inquietudine.Candida, in un èmpito di contentezza, prese la mano del padre e la serrò forte colle sue.— Oh grazie! diss'ella con vivacità.Il barone la guardò stupito.— Anche tu prendi interesse a questo signor dottore?— Sì: rispose Candida volgendo di nuovo la testa in là, poi si affrettò a soggiungere: or dunque, papà, da bravo non perder più tempo, va subito dal Governatore; raccomandagli la liberazione degli avvocati Benda e Selva, raccomandagli non s'inquieti in niuna maniera il dottore Quercia, e che si ponga freno alla prepotenza di quel Barnaba.— Farò tutto quello che vuoi.— Suono perchè venga il cameriere a vestirti!— Suona pure.— Io ti attenderò qui colla risposta.— E sarò sollecito a venire. Facendodéjeunerti ripeterò il colloquio che avrò avuto col Governatore.Il Governatore accolse il barone La Cappa con tutta la urbanità d'un gentiluomo per un altro; ma quando il padre di Candida ebbe finito di esporre le ragioni della sua venuta, S. E. rispose tentennando il capo:— Duolmi, caro barone, non potervi accontentare; ma vi sono delle circostanze, da voi probabilmente ignorate, le quali me lo impediscono.Prese sopra la scrivania un foglio di carta e lo porse al barone.— Ecco qui un rapporto su questo proposito di quell'agente medesimo di cui voi mi denunziaste lo zelo come eccessivo. Datevi la pena di scorrerlo cogli occhi un momento, e vedrete come stieno diversamente le cose da quello che voi credete.Mentre il barone stava esaminando il rapporto di Barnaba, il Governatore veniva via esprimendone per sommi capi le risultanze e le conclusioni.— Voi vedete! Quel cotal Benda ha osato venirne a vie di fatto contro il figliuolo del marchese di Baldissero nel palazzo dell'Accademia Filarmonica, mentre era onorato dalla presenza di S. M. È un crimenlese che da solo richiede l'arresto, il processo e la condanna. Non basta! Quell'avvocatuzzo sfida a duello il marchese di Baldissero figlio, e questa mattina s'incontrano presso il camposanto affine di battersi. S. M. si è degnata di pubblicare un codice penale dove c'è un articolo — non so quale — che parla chiaro a questo riguardo. Reato positivo previsto dalla legge. Nella perquisizione che ha luogo in casa dei Benda, che cosa succede? Quell'altro, che è evidentemente un complice, l'avvocato Selva, cerca scappare portando seco i libri i più sovversivi e rivoluzionari che sieno al mondo posseduti dal Benda, ed un manoscritto che riesce a distrurre, ma cui perciò questo fatto medesimo denunzia come criminoso all'estremo. Così stando le cose, era un assoluto dovere il procedere all'arresto anche del Selva. Io avrei approvato che si fosse fatto il medesimo eziandio per quel signore cui mi venite a raccomandare, il dottor Quercia. Il suo contegno in quelle circostanze fu tale da fortemente indiziarlo per partecipe alle mene di quegli altri malintenzionati; e secondo il rapporto di Barnaba, egli sarebbe concorso efficacemente a render possibile a Selva la distruzione di quella carta, il cui possesso ci avrebbe forse svelato il segreto di quei cospiratori....— Cospiratori! Esclamò il barone La Cappa sussultando. Che? Voi credete che quei giovani...— Cospirano contro il legittimo governo di S. M., ne sono persuaso.—Corbleu!Se io avessi mai sospettato una cosa simile, vi prego bene di credere, Eccellenza, che non avrei voluto dire nè anco una mezza parola in favor loro.— Ne sono persuaso; ma perchè siate chiaro di tutto, vi dirò che quel Barnaba medesimo, uno dei più accorti ed intelligenti impiegati di Polizia che abbiamo, denunzia certe segrete conventicole solite a tenersi in casa del Selva, nelle quali avrebbe parte un agente mazziniano venuto qui di celato sotto sembianze d'un artista di canto.—Je tombe des nues.— L'audacia di quei rivoluzionarii è incredibile.Mostrò al barone sconcertato un grosso manoscritto, che era lo zibaldone in cui il povero Maurilio soleva effondere gli affetti della sua anima e far concreti i pensieri più riposti dal suo intelletto.— Questo scartafaccio, soggiunse, fu sequestrato nella perquisizione che si fece in casa del nominato Selva. È l'opera d'un da nulla, un giovinastro senza famiglia e senza nome che lì dentro inneggia alla libertà de' popoli....— Oh! Esclamò Anatolio La Cappa, levando indignato le mani al cielo.— E si arroga niente meno che di scombiccherare un progetto di riforma della società..... Fra parentesi vi dirò che vuole abolito ogni diritto di privilegio nelle classi superiori; e da questo giudicate dello spirito che ne informa lo scritto!....— È un demagogo! Gridò ancor più indignato il bravo barone.— E non è tutto! Il medesimo progetto riforma, rinnovella, o per dir meglio rivoluziona anche il Governo.— Ah!c'est trop fort!— Vi dico che se leggeste codesta roba, inorridireste....— Inorridisco anche senza leggerla.— Comprenderete quindi anche voi che, malgrado la vostra raccomandazione di cui tengo il massimo conto, non posso promettervi.....— Comprendo, comprendo: s'affrettò a sclamare il barone, il quale fra sè intanto borbottava:dans quel guêpiermi ha mandato ame fourrerquella matta di mia figlia!— E circa il signor Benda, continuava il Governatore, ho inoltre verso il marchese di Baldissero mio buon amico qualche debito di riguardo che mi impone di esaminare con assai ponderazione il suo caso. Quell'avvocatuzzo ha insultato, minacciato, sfidato a duello il figliuolo del marchese, di uno dei più alti personaggi dello Stato. Che cosa non avrebbe ragione di dire Baldissero, che cosa non direbbe S. M. medesima, se io così tosto mettessi in libertà chi si è fatto reo di tale eccesso, ancorchè non ci fosse altra ragione nessuna da tenerlo custodito in cittadella?— È giusto, è giusto: disse il barone approvando col capo e colla mano.— Quindi non posso nè anche accogliere le vostre osservazioni intorno ai diportamenti della nostra polizia. Essa è affidata ad un uomo fedelissimo ed intelligente del suo mestiere, senza del quale io non so come il conte Barranchi ed io stesso potremmo bastare all'ufficio. Voi capite ch'io intendo parlare del commissario Tofi. Esso ha tutta la mia fiducia e quella del Generale dei carabinieri; e finchè io avrò l'alto onore di godere la fiducia di S. M. e di coprire questa carica, nè quell'uomo, nè il sistema di polizia attualmente in vigore non saranno punto cambiati.Il padre di Candida tornò ad inchinarsi tra mortificato e confuso.— Quanto a quell'agente subalterno, di cui mi avete parlato, a quel Barnaba, io sono d'avviso che egli si è regolato affatto bene, e invece che censura merita lodi e ricompensa.— Voi avete ragione... Ero mal informato.... Vi prego a non dare al passo che ho fatto presso di voi altra importanza che quella di amichevoli chiacchere in aria.Il Governatore fece un sorriso protettore d'annuenza.— Se mi permettete, continuava il barone, vi farò soltanto ancora un'interrogazione.— Fate, fate pure, caro La Cappa.— In codeste mene rivoluzionarie voi credete compromesso quel tal dottor Quercia?— Come vi ho detto, il suo contegno nella circostanza della perquisizione in casa Benda me ne fa sospettar forte..... Ma non voglio precipitare il giudizio, lo faremo sorvegliare.— Vi spiego la cagione dell'interessamento che prendo per lui. Quel giovinotto ha molta attinenza con mio genero, il conte di Staffarda.— Lo so: disse il Governatore con un certo sorriso di cui il barone non notò la malizia.— Capite che un uomo onorato della intimità del conte Langosco non è presumibile sia un rivoluzionario.— Certamente io ho la maggior stima pel conte di Staffarda.....— Ed è a nome appunto del conte che vi prego di avere alcun riguardo per quell'individuo, e di non farlo segno di nessuna misura di polizia, prima che sia accertata la sua colpa.— Terrò conto della vostra raccomandazione, caro Intendente..... in quanto sarà compatibile coll'esigenza de' miei doveri.Il padre di Candida capì che non avrebbe ottenuto altro miglior risultamento; e stava per torre commiato, quando si annunziò nel gabinetto del Governatore S. E. il marchese di Baldissero, ministro di Stato.— Avanti, avanti: disse con premura il Governatore, alzandosi da sedere.— Sono certo, soggiunse parlando al barone, che il marchese viene appunto per questo affare medesimo.E fece quello che non aveva fatto all'ingresso del barone; andò sino alla soglia dell'uscio del gabinetto a ricevere colla mano tesa il signor di Baldissero che vi compariva colla sua grave ed imponente fisionomia da vero gentiluomo.
Il dottor Quercia era aspettato dalla contessa di Staffarda e i domestici senza indugio gli aprirono le porte che conducevano nel riposto gabinetto di lei.
Candida lo accolse con un freddo saluto, fece affrettarsi la cameriera che finiva la delicata ed importante opera della pettinatura e la congedò sollecitamente.
— Voi avete ricevuto il mio biglietto, contessa? Domandò il giovane appena fu solo con lei.
— Sì: rispose la donna con asciutto contegno; ma il laconismo di esso mi ha spiegato poco e mi ha fatto pensar molto. Spero che voi ora mi chiarirete di tutto.
— Certo! Son persuaso che voi tuttavia avrete fatto ciò di cui vi pregavo.
— Esattamente. Ho parlato a mio marito ed ho scritto a mio padre.
— Che cosa disse il conte?
— Che si sarebbe recato subito dal generale Barranchi.
— Bravo conte! E il barone La Cappa?
— Mi rispose questo bigliettino.
Prese sopra la tavoletta una cartolina ripiegata e la porse a Luigi.
Questi lesse le parole seguenti:
«Qual interessamento prendi tu per quei due giovani scapati? Io li conosco di nome e so che appartengono a quella impertinente razza di liberali che non è male corregger di quando in quando con qualche buona strigliatina. Lascia un poco che la Polizia tenga per alcuni giorni a temperare all'ombra il cervello esaltato di questi giovinotti, e non vi sarà male nessuno. Prima di recarmi a disturbare S. E. il Governatore, aspetto che tu insista, se lo crederai opportuno, nella tua domanda.»
Un amaro sogghigno si dipingeva sul volto di Luigi mentr'egli veniva leggendo la letterina del padre di Candida.
Questa intanto con uno sguardo fisso che avreste detto corrucciato, quasi ostile, esaminava la fisionomia del giovane. La pallidezza delle guancie, la livida riga che ne disegnava le occhiaie, l'espressione di abbattimento doloroso che aveva il suo volto, dinotavano come non fossero state ore di riposo per lei quelle che avevano tramezzato fra il ballo della notte e quell'abboccamento.
— Cospetto! Disse Luigi con ironia, quando ebbe finito di leggere. Il signor barone, vostro padre, è più realista del Re e più poliziesco della Polizia.....
— Signor Dottore: interruppe seccamente la contessa: vi prego di non dimenticare che parlate a me, di mio padre.
Luigi alzò vivamente il capo a guardare in viso la donna, come stupito e dell'osservazione e dell'accento con cui era fatta. Vide quella certa ostilità a suo riguardo, che ho detto, negli occhi di lei, e ne cercò fra sè la possibil cagione. Le pupille dei due giovani stettero un istante fisse le une nelle altre; poi, come sempre le avveniva, come avveniva a tutti, la donna dovette abbassare le sue innanzi al bagliore di quelle di lui. Egli intanto aveva trovato la ragione del segreto corruccio di Candida; s'era ricordato del dialogo che aveva avuto con essa la notte, in quel salotto dell'Accademia Filarmonica, dove la marchesa di Baldissero aveva poi superbamente e indirettamente ripigliata e sermoneggiata la contessa Langosco. Sorrise: studiò un momento qual mezzo avesse da prendere per vincere siffatta ostilità, e decise attenersi alla dolcezza, perchè, rifacendosi a parlare, scelse nella sua voce le note più soavi e simpatiche onde tanta efficacia egli poteva avere sul cuore altrui.
— Ah! io sono ben lontano dal voler dir cosa che possa offendere tuo padre, e dispiacere a te: diss'egli prendendo alla contessa una mano e baciandogliela con amoroso ardore.
Quella voce, alla povera donna innamorata, fu come una tenera carezza in sull'anima; a quel bacio sulla destra un brivido di sensazione dolcissima le corse tutti i nervi. Pure levò via la sua mano di mezzo a quelle e di sotto le labbra di Luigi.
— Che cosa credete dunque che io debba fare? Domandò la contessa.
— Insistere, per Dio! Rispose vivamente Quercia. Insistere in quel modo che tu sai, al quale non v'è resistenza possibile.
Candida sorrise con dolorosa amarezza.
— Risparmiatemi queste assurde adulazioni. Troppo vi siete adoperalo voi stesso a provarmene la falsità col fatto vostro. Ho insistito una volta sola presso di voi — questa notte — e il mio successo fu tale da non insuperbirmi.
Luigi non seguitò la donna su questo nuovo campo ch'ella apriva al discorso. Egli si fece più presso ancora alla contessa, tornò a prenderle quella mano ch'ella gli aveva tolta, e coll'accento più persuasivo e più insinuante ond'egli fosse capace, soggiunse:
— E non è più per lettera che tu insisteraipresso tuo padre. Quattro pagine di scritto non hanno l'efficacia di due parole di viva voce dette da quelle labbra di corallo. Tu darai ordine di attelare i cavalli, passerai tu stessa dal barone e non lo lascierai più finchè non esca teco; lo condurrai colla tua carrozza medesima alla porta del Governatore; ed ecco fatto tutto.
La contessa guardava con una specie di meraviglia quell'uomo che con tanta sicurezza disponeva di lei.
— Sapete che voi siete un uomo sorprendente davvero!
— Io! Perchè?
— Voi credete di potere in ogni modo e sempre far di me quel che vi piace.
— Io credo poter fare a fidanza colla vostra generosa bontà.
Candida cedendo all'impeto dei sentimenti che la dominavano, proruppe con accalorato accento:
— Ieri sera io vi ho implorato in nome del nostro amore, quasi colle lagrime, coll'oblio certamente della mia stessa dignità...
— Ah! non dite così, contessa.
— Voi foste irremovibile. Voi vedeste il mio dolore e la mia umiliazione, e nulla potè ispirarvi nemmanco una parola di promessa. Voi sapeste che mi lasciavate ad una notte di angoscia, ma il vostro egoismo non se ne diede per inteso...
— Permettete, contessa...
— Questa mattina ricevo un vostro biglietto..... Ho avuta l'ingenuità d'illudermi un istante. Egli mi scrive, pensai, per temperare con parole d'affetto la sua cruda ripulsa di ieri sera; forse per promettere al mio amore quel lieve sacrificio che gli domandò la mia gelosia. Aprii palpitando quella carta... Ah! non parlava in essa menomamente l'amore.
— Parlava l'amicizia che ho per quei due giovani, i quali hanno bisogno del nostro intervento. Quando io amo — uomini o donne — amo con ardore; e quelli per cui vi scrissi mi sono molto cari.
All'udire fatto cenno da Luigi della sua ardenza nell'amare, Candida atteggiò le sue labbra alla tacita protesta d'un amaro sogghigno. Ora ella volle parlare, ma il giovane non glie ne lasciò tempo, e prendendole anche l'altra mano per istringerla insieme con quella che già teneva fra le sue, continuò egli a parlare sempre più insinuante, più affettuoso, più seduttivo:
— Ascoltami, Candida, per l'amor del cielo, che io t'ami, e come, hai tu bisogno ancora d'udirmele a dire ed a giurartelo sull'anima mia? Non vedi che tutti gli atti della mia vita ad altro non sono intesi fuorchè a questo unico scopo: vederti, esserti presso, vivere in quell'ambiente in cui tu vivi, seguirti in quelle splendide sfere che tu, astro brillante e benigno percorri? L'udire da te manifestato pure un sospetto sulla intensità e sulla fedeltà dell'amor mio, è per me un oltraggio che mi offende, e innanzi a cui s'inalbera e riagisce — troppo forse anco — l'orgoglio della mia natura, la coscienza di non meritarlo. Ecco perchè ieri sera alla tua domanda opposi forse troppo aspro il diniego...
Serrò con una sola delle sue le piccole mani di Candida, e si passò la destra sulla fronte e sugli occhi, mandando un profondo sospiro, come uomo assalito da una delle più penose sensazioni.
— Ieri sera, inoltre, io mi trovava, come mi trovo tuttora, sotto la più trista impressione d'una delle maggiori disdette che mi sieno toccate.
La contessa vide la bella faccia di Luigi, così abile ad esprimere ogni fatta sentimenti, dipingersi di tanto cordoglio ed abbattimento che ne sentì tosto e profondo tocca la sua anima pietosa di donna innamorata.
— Che cosa t'avvenne? Domandò essa vivamente chinandosi verso di lui.
— Nulla, nulla. Non parliamo di ciò...
— Parliamone invece. Tutto ciò che riguarda te, non tocca me pure?... Dimmi la verità, Luigi.
— Perchè amareggiarti inutilmente?... Volevo che tu nulla riuscissi nemmanco a sospettare, e ier sera nascosi tanto bene la mia passione, che tu hai piuttosto accusato l'amor mio che indovinata la mia sciagura. La necessità di combattere i tuoi sospetti, che troppo sono dolorosi al mio cuore, mi fece ora sfuggire dalle labbra quelle parole. Ti bastino per ispiegare il mio contegno, e non voler sapere di più.
— Sì, voglio, e ci ho diritto..... Perchè sarebbe inutilmente ch'io apprenderei questa tua nuova traversìa? Chi sa ch'io non possa venirti in aiuto!...
— No: prorruppe con impeto Luigi: questo poi no. Troppo già mi adonto di quello che hai fatto per lo addietro a mio vantaggio. Non voglio più nulla da te.
Candida così era chiara di che si trattava. Guardò un istante Luigi che teneva gli occhi volti alla terra e poi disse:
— Tu hai bisogno di denaro.
Quercia chinò la testa.
— Di molto?
— Moltissimo: rispos'egli a voce bassa.
— Quanto?
— Cinquanta mila lire.
Tacquero un istante tuttedue.
— Oh! come procurarsele? Disse poi la contessa.
Luigi scosse la sua testa leggiadra.
— A questo penserò io; tu intanto, dolce amor mio, non crucciartene. Ho ancora nel mondo abbastanza amici che, pregati, si faranno premura di sovvenirmi... Ah! gli è codesto che ripugna al mio orgoglio: pregare altrui!... Al postutto questa somma non ho bisogno di torla ad imprestito che per pochi giorni. La settimana ventura io sarò in condizioni tali da poterla rimborsar tosto... C'è bensìuna persona alla quale non avrei che da dire una parola, perchè mettesse a mia disposizione tutti gli ori e le gemme che possiede...
Candida impallidì, e i suoi occhi lampeggiarono.
— Ah! Esclamò essa. So a chi volete alludere.
— Ma questa parola, soggiunse affrettatamente Luigi, non la dirò a niun conto.
Successe un silenzio. Candida pareva riflettere profondamente.
— No: proruppe ella ad un tratto; tu non avrai da ricorrere ad altri... Hai detto che di questa somma hai bisogno per pochi giorni?
— Pochissimi.
— Ti do i miei diamanti... Essi valgono il doppio... Impegnali e serviti dei denari...
Luigi si gittò ginocchioni a' piedi della contessa e ne abbracciò il corpo con braccia che si sarebbero potute dire frementi di passione.
— Oh Candida! Esclamò con espressione indicibile di riconoscenza e d'amore.
— Ma io questi diamanti, ripigliava la contessa, bisogna assolutamente che li riabbia lunedì. Quella sera c'è ballo a Corte; io non ci posso mancare, e non voglio comparirci senza i miei diamanti.
— Ed io solennemente ti prometto, sull'onor mio, che lunedì mattina, senza fallo, li riavrai.
La contessa, senza aggiunger parola si alzò, aprì il suo stipo e mise in mano di Luigi le buste dei suoi diamanti.
Quercia la ricompensò con parole e carezze di tanta ardenza che la misera donna ne fu tutta beata.
— Luigi! Disse poi con languido abbandono la contessa, posato il capo sul petto di lui. Non c'è sacrifizio ch'io lieta non facessi per te. E tu, a tua volta, non vorresti soddisfare al mio desiderio in quella sì poca cosa che ti domando?
Gli occhi e la fronte di Quercia si oscurarono, per così dire, in un'espressione di fastidio e di contrarietà, mentre le labbra continuavano tuttavia a sorridere con amorosa dolcezza.
— Diletta mia, rispose egli, non voler ora parlar di codesto. Già ti ho detto più volte come certe mie ragioni particolari mi obbligassero ad andare in quella casa. Ti giuro che io per quella donna non ho il menomo sentimento che ti possa dar ombra, che non si scambia fra noi la menoma parola che possa dirsi d'amore. Ciò non ti basta?
Candida scosse il capo con leggiadra ostinazione, ma il suo amante le chiuse le labbra che stavano per parlare con un bacio.
— Taci, amor mio dolce, e lascia ch'io ti rammenti i miei due amici arrestati. Si tratta d'un'opera di carità. Se tu avessi visto la desolazione dei poveri genitori di Benda, ne avresti avuta commossa oltre ogni dire la tua bell'anima.
Le raccontò tutto quanto era occorso nella mattinata, e poi soggiunse:
— Bisogna che tu faccia comprendere a tuo padre, perchè lo ripeta al suo amico il Governatore, che con questi eccessi il Governo altro non ottiene che di far nascere a suo danno, e di far crescere nelle classi colte un odio il quale potrà riuscire a dilungo a indebolirlo ed a preparargli serii impacci. Aggiungi che questi atti meno lodevoli e giustificabili, sono sempre il fatto di agenti subalterni che vanno al di là delle intenzioni dei superiori, sui quali poi tuttavia ricasca la responsabilità e l'odiosità degli atti medesimi; puoi sopratutto citare quello stesso agente che procedette all'arresto de' miei amici ed alla perquisizione in casa Benda, un certo Barnaba... E ti prego anzi d'insistere su questo punto, perchè se non viene dall'alto un cenno a mettere le pastoie allo zelo di questo poliziotto, siamo noi pure che corriamo un rischio, per evitare il quale farei non so che cosa.
— Oh come? Domandò la contessa. Che rischio possiamo correr noi?
— L'esser io amico di quei due giovani, il mio carattere indipendente e la franchezza della mia parola hanno di certo già tratta l'attenzione della Polizia su di me. Se si lascia procedere per la strada intrapresa, quel cotal Barnaba è capace di venire a perquisire anche il mio domicilio, e la riposta casetta, così tranquillo asilo all'amor nostro. Ora io ho una cosa sola cui ci tengo a nascondere all'occhio di qualunque — le tue lettere; e prima di lasciarle cadere in mano di chicchesiasi, mi farei uccidere.....
— Hai ragione: disse la contessa spaventata all'idea che le sue lettere d'amore potessero venire in possesso d'altri che colui al quale erano scritte, spaventata ancora di più al pensiero del pericolo a cui si sarebbe esposto il suo amante nel volerla difendere. Hai ragione, e bisogna assolutamente che ciò non avvenga.
— E questo può ottenere tuo padre per mezzo del Governatore, e tu devi fare in modo che l'ottenga.
— Lo farò.
— Una buona lezione a quel Barnaba metterà un freno allo zelo e di lui e degli altri.
— Egli avrà questa lezione... Barnaba è il suo nome?
— Sì: lo ricorderai?
— Sta tranquillo. Vado subito da mio padre.
Dieci minuti dopo la carrozza era pronta, e la contessa di Staffarda, vestitasi in tutta fretta, si faceva condurre al palazzo del barone La Cappa.
Gian-Luigi intanto, colle buste dei diamanti avuti da Candida, dirigevasi verso l'alloggio di messer Nariccia.
L'illustrissimo signor barone Anatolio La Cappa aveva comperato lo stupendo palazzo monumentale dell'antica famiglia — ora estinta — dei conti De Meyrat, e l'aveva fatto ristaurare a nuovo, e rindorare, come si suol dire, su tutte le costure. Nelfrontone del palazzo, in luogo di quello della stirpe savoina che prima lo aveva posseduto, si pavoneggiava, alto di due metri, lo stemma inventato da qualche araldista nel 1814 per l'illustre prosapia dei La Cappa, sormontato dalla corona baronale; nella traversa su cui si rabbattevano le due larghe imposte del portone da via, di legno riccamente scolpito, brillava nella sua fresca indoratura il blasone dei La Cappa con sopravi la sua brava corona da barone; le colonne di pietra del Malanaggio che sostenevano la vôlta dell'atrio, erano ornate a metà dall'inevitabile corona baronale, sotto cui pendeva lo stemma; nei pilastrini della balaustra di marmo che accompagnava la scala, facevano bella mostra di sè altrettanti blasoncini colla corona baronale ancor essi; questa eterna corona e questo eterno blasone la sfoggiavano sulle livree gallonate dei domestici, sulle cassapanche dell'anticamera, sulle spalliere scolpite delle seggiole nella camera da pranzo, su quelle indorate delle poltroncine nella sala di ricevimento, sulle cornici dei quadri nella famosa galleria degli antenati comperati dal rigattiere, sulle tappezzerie delle muraglie, sulle biancherie da tavola, sulle argenterie d'ogni fatta e sul collare del can griffone, delizia ed oramai unica compagnia in quel vasto palazzo del signor barone.
In mezzo a tutti questi stemmi il padre della contessa di Staffarda, ricco di denari e di superbia, s'annoiava tremendamente col titolo, il grado e la pensione di riposo d'intendente generale — che oggi direbbesi prefetto. A fare un po' di variazione alla noia arrivavano di quando in quando i dolori della gotta, cui un tempo così efficacemente giovava ad allenire la presenza della figliuola. Le chiacchere serali al caffè Fiorio, le visite al suo eccellentissimo amico il Governatore, la partita awhistnelclubdei nobili, la lettura della Gazzetta Ufficiale occupavano alcune ore della giornata del signor barone; il resto lo possedeva padrone assoluto — meno nel tempo de' pasti — lo sbadiglio.
Mai non vi fu uomo che più felicemente giungesse al compimento de' suoi desiderii, e che dopo ciò fosse più profondamente stufo ed annoiato. La sua ambizione era giunta ad uno dei primi gradi nelle dignità amministrative: la sua vanità era soddisfatta di un grandissimo numero di croci che gli decoravano il petto: il suo amore della ricchezza aveva visto raddoppiarsi il vistoso patrimonio lasciatogli dal padre; la sua smania di aristocrazia andava soddisfatta per vedere imbrancata alla nobilissima e storica famiglia dei Langosco di Staffarda la sua unica figliuola.
Eppure s'annoiava — tremendamente, profondamente, irrimediabilmente. Finchè Candida era rimasta con lui, molte delle ore della sua giornata avevano una sicura piacevolezza nella compagnia che gli faceva la figliuola; la presenza di quest'essa bastava da sola a spandere un non so che di aggradevole nei vasti ambienti del vasto palazzo; la vita del padre pareva avere in lei incarnato dinanzi lo scopo e la occupazione che le spettavano. Sparita la giovane, quel palazzo divenne silenzioso come un convento di trappisti e deserto come una rovina. Il vecchio barone s'aggirava per le sontuosità di quelle sale come un'anima in pena condannata al domicilio coatto in un luogo abbandonato. Da principio Candida ci tornava di frequente a fare splendere, in mezzo alle dorature del palazzo paterno, la sua fresca bellezza: e avreste detto che quello sfarzo pesante ne rimanesse per un poco rallegrato, come avveniva all'animo del padrone; ma la contessa di Staffarda non recò a gran pezza colà il primitivo suo buonumore di ragazza. La noia che attingeva essa stessa nel palazzo e nella convivenza maritale, la portava seco, tradotta in taciturnità dì parole, in pallidezza di guancie, in espressione di malavoglia nella fisionomia. Il padre si stancava a domandare alla figliuola: «Che cos'hai?» ed ella s'impazientava a rispondere sempre, invariabilmente: «Non ho nulla.» Poscia venne il periodo in cui Candida s'abbandonò pazzamente alla agitazione febbrile della vita mondana, faticosa per incessanti divertimenti, per vertiginoso avvicendare ditoilettese di feste. Colle giornate prese dalla sarta, dalla crestaia, dal negoziante di mode, dalla pettinatrice, fra il riposo della tarda mattina, e il ricevimento del salotto nel pomeriggio, e il teatro la sera, e poscia i balli la notte, la contessa non ebbe più tempo da recarsi da suo padre; e a non molto andare la non ci pensò più nemmanco; le sue visite al palazzo La Cappa non ebbero più altra ricorrenza che quella delle occasioni solenni.
Più tardi sopravvenne ancora la sua fatale passione, che a Candida fece obliare poco meno che il resto dell'universo. Il barone Anatolio fu più trascurato che mai. Egli non osava lamentarsene, e nemmeno dar torto fra sè alla figliuola: una contessa Langosco era al di là dell'arrivo d'ogni rimprovero; ma sentiva ogni giorno più uggiosa la solitudine in cui veniva abbandonato. Le graziosità e il dimenar della coda del suo prediletto cagnuolo non lo consolavano che mediocremente; nemmeno l'umiltà impertinente del servitorame e le corone baronali de' suoi stemmi con tanta larghezza profusi non pervenivano più a temperargli il fastidio accarezzandone la boria. Il peggio era quando quella sfacciata d'una gotta aveva la temerità di assalire le nobili giunture delle sue gambe baronali. Come allora si faceva avvertire la mancanza della mano carezzevole, della voce confortatrice, delle cure sollecite, amorose ed intelligenti della figliuola! Alle sue scampanellate colleriche, il barone non vedeva accorrere che le faccie impassibili dei domestici, i quali nel rispettoso loro contegno di servi di nobil casa mandavano il padrone ai cento mila diavoli; ai suoi lamenti e ai gridi di dolore, egli non udivarispondere che il silenzio indifferente di chi se ne impipa.
Quel giorno adunque che la contessa aderendo alle brame di Gian-Luigi, recossi in casa del padre, fu per costui la più inaspettata e più gradevol sorpresa del mondo. Non avendo ricevuto controrisposta al suo bigliettino, egli aveva creduto che la figliuola avesse di piano rinunziato alla raccomandazione che gli aveva mandata quella mattina per lettera, e mai più non avrebbe sognato che essa medesima sarebbe venuta da lui in persona.
Quando si venne ad annunziare al barone che la carrozza della contessa era entrata nel cortile e che la contessa medesima saliva le scale, egli che sbadigliava innanzi al fuoco, studiosamente avvolto nella sua veste da camera di seta e di velluto, fece un sobbalzo sopra la sua poltrona. Si fece ripetere l'annunzio, quasi temesse di non aver ben capito; non pensò il meno del mondo ch'ella venisse per quei due borghesucci di cui gli aveva scritto alcune ore innanzi, e di cui egli non si ricordava più nemmanco; ma pensando che di questa straordinaria venuta doveva esserci uno straordinario motivo, s'affrettò a muovere incontro alla figliuola che già calpestava il ricco tappeto della sala vicina.
— Che? Sei tu per davvero, mia cara contessa! Esclamò il barone, tendendo verso sua figlia le maniche di seta lucicchianti della sua veste da camera, nelle quali si agitavano le sue braccia. Che buon vento ti mena così di mattina da me? Hai tu forse bisogno di qualche cosa?
Candida, che sapeva il facil modo onde avere a sua discrezione l'anima del padre, gli gittò le braccia al collo e gli fece due baci sonori sulle guancie accuratamente rase di fresco.
— Sì, papà: rispos'ella. Ho precisamente bisogno di te, e son venuta a parlarti.
Il barone la prese per mano e disse con tutta sollecitudine:
— Vieni, vieni nel mio gabinetto. Ehi! Comandò al domestico che aveva introdotta la contessa e che stava ancora dritto impalato sul passo della porta: chiunque venga a cercarmi, gli direte che non ricevo.... Sono tutto tutto per mia figlia.
— To', una bella idea! Soggiunse il barone. Tu starai qui a farmi compagnia aldéjeuner. Manderemo ad avvertire il conte ch'e' non t'aspetti.... E se vuol venire ancor egli a far da terzo alla nostra tavola,ma foi!ci sarà il benvenuto.
Il barone aveva creduto bene di prendere ancor egli il vezzo aristocratico di frammischiare nel suo linguaggio parole e locuzioni francesi.
— Grazie, papà: rispose Candida. Accetto il tuo invito...
Il volto del padre raggiò di gioia.
— Oh brava!...
— Ma ad un patto, soggiunse vivamente la contessa... anzi due.
— Sentiamo questi due patti... I quali sono già consentiti d'avance.
— Il primo che non disturberemo per nulla il conte a farlo venir qui terzo incomodo fra di noi...
— Va bene: non disturberemo il signor conte.
— L'altro patto è che tu mi prometta di fare, e subito subito ciò di cui sto per pregarti.
—Corbleu!Gli è dunque un affare che ti sta a cuore?
— Assai.
— Eh eh! Sarebbe un compromettersi l'impegnarsi così alla cieca ad accontentare un desiderio non ancora conosciuto d'una giovine donna, mabah!con te, figliuola mia, mi posso avventurare... Accordato anche questo! Farò quel che tu vuoi.
Si volse al lacchè, il quale attendeva sempre gli ordini nella postura del soldato senz'armi innanzi al suo superiore:
— Rinviate la carrozza della contessa, dite allo staffiere annunzi al conte di Staffarda che la contessa non rientrerà per ildéjeunere prevenite il maggiordomo che la contessa farà ildéjeunercon me.
Poscia, accompagnandola con tutta galanteria, egli introdusse sua figlia nel camerino in cui stava annoiandosi dapprima, e dispose per lei egli stesso una poltroncina vicino al fuoco, dirimpetto a quella cui tornò ad occupare colla sua importante persona.
Candida, colle aggraziate movenze che le erano proprie, si levò cappello e mantiglia, gettò questa e quello sopra un sofà, e venne a sedersi in faccia a suo padre che ne seguitava ogni movimento con uno sguardo che si sarebbe potuto paragonare a quello d'un ghiottone che comincia a divorare cogli occhi la leccornia che si appresta a divorar colla bocca.
Quando la figliuola gli si fu seduta dinanzi, l'illustre barone si rassettò di meglio tra le braccia soffici della poltrona, e mandò un sorriso di beatitudine che significava: — Oh bene! Ora ce l'ho, e per un poco la non mi scappa più.
— Dunque a noi! Diss'egli incrociando le mani sulle lucide falde della guarnacca, che gli coprivano l'addome.Exposez votre requête, madame la comtesse, ed io sto qui pronto a non altro che a dir sì..... Già m'immagino che non sia nulla di grave. Non è con quel visino sorridente lì che si viene a parlare di cose gravi..... A proposito, sai che ti trovo buonissimo aspetto! L'espressione animata, l'occhio brillante..... Sei un po' pallida è vero; ma ci scommetto che gli è la fatica dei balli. Quasi ogni giorno una festa; e sono persuaso che la notte scorsa, all'Accademia, avrai ballato fin presso al mattino. Io me ne sono ritirato poco dopo la venuta della Corte. Appena S. M. mi ebbe fatto l'onore di rivolgermi la parola e di ricevere il mio ossequio, quatto quatto io me ne sono partito. Eh! la mia età e la mia gotta non si accomodano più di questenuits blanches.
Il bravo barone si affrettava a spacciar subito subito un poco di quell'arretrato di ciance, cui la solitudine della sua vita non gli lasciava più smaltire periodicamente. La figliuola lo ascoltava con un sorriso compiacente a fior di labbro, ma senza prestargli attenzione, e la sua mente era lontana, era nell'elegante casina di Luigi, dove poteva avvenire da un momento all'altro che una mano profana si impadronisse delle sue lettere d'amore.
Ella interruppe adunque suo padre.
— Ciò che son venuta a domandarti, lo sai già; te l'ho scritto poc'anzi in una lettera.
— Che? che? Si tratterebbe di quei due giovani avvocatuzzi che tu mi hai appreso essere arrestati?
Candida fece un segno affermativo colla testa.
— Tu insisti adunque, perchè io mi adoperi in loro vantaggio presso il Governatore?
La contessa ripetè più vivamente i suoi segni di affermazione.
— E sei venuta qui da me a bella posta?
— Precisamente.
— Ma che interesse pigli tu in codesto? Che attinenze hai tu con siffatta gente?
— So che non meritano la brutta misura onde furono fatti segno. M'interesso per una buona e brava famiglia, la quale è nella desolazione.
La faccia del barone mostrò che la commissione datagli dalla figliuola non gli andava troppo a genio.
— Uhm! Diss'egli di mala voglia; poichè tu insisti, poichè tu la prendi sì calda.....
— E tu hai promesso di accontentarmi.....
— Poichè te l'ho promesso, farò a tuo senno. Scriverò, dunque un bigliettino a S. E.
Candida si ricordò delle parole che aveva dette a lei medesima Gian-Luigi.
— Ah no, un bigliettino. Hanno più efficacia quattro frasi dette a viva voce che non quattro pagine di scritto per quanto eloquentissime.
—Corbleu!Vuoi dunque che mi rechi io stesso dal Governatore, in persona?
La contessa regalò a suo padre uno de' più seducenti sorrisi onde fosse capace la sua bellezza.
— Sì, papà. Perchè si tratta non solamente di rimediare ad un mal fatto....
— Mal fatto! mal fatto.... Io trovo che si fece benissimo ad arrestarli.
— Arrestare degl'innocenti è sempre male, e non serve ad altro che a creare nemici al Governo, che commette di questi falli.
Il barone inarcò le sopracciglia e arrotondò la bocca in una esclamazione di stupore.
— Cospetto! Tu mi fai della politica.
Candida fece vezzosamente un cenno affermativo, continuando nella malìa di quel suo sorriso.
— Stavo appunto per soggiungere che si tratta inoltre di dare un savio consiglio al governatore; consiglio cui nessuno può suggerire con tanta autorità al pari di te, che hai tenuto sì alte cariche nell'amministrazione e con sì buon successo.
La Cappa si rimpettì e sorrise con compiacenza.
— Certo che nella mia carriera ho mostrato di valerne bene un altro; e se in tante cose mi avessero dato retta,ma foi!.... Ma sentiamo un poco questo consiglio che tu vorresti suggerito.
— Gli è di rendere la polizia meno vessatoria, perchè non infastidisca e non perseguiti cotanto i tranquilli cittadini.
Il padre di Candida fece un leggero sobbalzo per meraviglia.
— Sei tu, contessa, che mi parlide cette façon?
Ed ella, come se non avesse avuto luogo l'interruzione, con crescente calore continuava:
— Il torto di questi eccessi non è da accagionarsi ai capi, ma agli agenti subalterni. Sono essi che, non frenati, abusano di quell'arbitrio cui loro dànno le proprie funzioni. L'arresto, per esempio, di questi due giovani e la perquisizione sono dovuti ad uno di tali impiegati secondarii, un certo Barnaba, il quale mi si dice essere appunto di quelli che si piacciono nell'insolentire contro i cittadini quanto più sono onesti e pacifici.
— Ma dove hai tu appreso tutto questo?
A Candida soccorse il rimedio d'una bugia e non si arretrò innanzi ad esso.
— Da mio marito: rispos'ella. Il conte s'interessa molto ancor egli per quei due giovani.....
— Ah sì?
— Ed anzi recossi egli stesso dal conte Barranchi.
— Oh allora quasi non occorre più ch'io mi muova.
— Da parte di mio marito medesimo ti prego eziandio di far questo passo presso il Governatore. Il fatto di questa mattina ha gettato necessariamente un allarme in tutta la popolazione colta della città. Se un giovane il quale non si occupa che di far l'elegante, come l'avvocato Benda, può essere arrestato e subire una perquisizione in casa, chi è più sicuro?..... Una perquisizione domiciliare può mettere in luce, o quanto meno alla discrezione di gente che non è fior di roba, tanti segreti famigliari che non riguardano in nessun modo il Governo e la cui divolgazione può essere fatalissima... Tutti gli amici e conoscenti degli arrestati a questa ora sono in pena per la propria sorte... Mio marito, per esempio ha molto timore.....
— Egli! Interruppe il barone con incredula vivacità. Il conte di Staffarda non ha da avere nessuna di queste paure....
— Non per sè: soggiunse la contessa; ma per un suo amico.
Esitò un momentino, e poi, volgendo un po' in là il viso mentre un lievissimo rossore le correva alle guancie, pronunziò il nome:
— Il dottor Quercia.
— Ho udito parlare di questo signorino. Un giovaneche non pensa ad altro che a darsi buon tempo. Non so come si possa avere alcuna inquietudine a questo riguardo.
— Per causa dell'amicizia che esso ha col Benda.
— Bene, bene; di' pure al conte chej'en toucherai deux motscol Governatore: e che il suo amico non avrà più ragione alcuna d'inquietudine.
Candida, in un èmpito di contentezza, prese la mano del padre e la serrò forte colle sue.
— Oh grazie! diss'ella con vivacità.
Il barone la guardò stupito.
— Anche tu prendi interesse a questo signor dottore?
— Sì: rispose Candida volgendo di nuovo la testa in là, poi si affrettò a soggiungere: or dunque, papà, da bravo non perder più tempo, va subito dal Governatore; raccomandagli la liberazione degli avvocati Benda e Selva, raccomandagli non s'inquieti in niuna maniera il dottore Quercia, e che si ponga freno alla prepotenza di quel Barnaba.
— Farò tutto quello che vuoi.
— Suono perchè venga il cameriere a vestirti!
— Suona pure.
— Io ti attenderò qui colla risposta.
— E sarò sollecito a venire. Facendodéjeunerti ripeterò il colloquio che avrò avuto col Governatore.
Il Governatore accolse il barone La Cappa con tutta la urbanità d'un gentiluomo per un altro; ma quando il padre di Candida ebbe finito di esporre le ragioni della sua venuta, S. E. rispose tentennando il capo:
— Duolmi, caro barone, non potervi accontentare; ma vi sono delle circostanze, da voi probabilmente ignorate, le quali me lo impediscono.
Prese sopra la scrivania un foglio di carta e lo porse al barone.
— Ecco qui un rapporto su questo proposito di quell'agente medesimo di cui voi mi denunziaste lo zelo come eccessivo. Datevi la pena di scorrerlo cogli occhi un momento, e vedrete come stieno diversamente le cose da quello che voi credete.
Mentre il barone stava esaminando il rapporto di Barnaba, il Governatore veniva via esprimendone per sommi capi le risultanze e le conclusioni.
— Voi vedete! Quel cotal Benda ha osato venirne a vie di fatto contro il figliuolo del marchese di Baldissero nel palazzo dell'Accademia Filarmonica, mentre era onorato dalla presenza di S. M. È un crimenlese che da solo richiede l'arresto, il processo e la condanna. Non basta! Quell'avvocatuzzo sfida a duello il marchese di Baldissero figlio, e questa mattina s'incontrano presso il camposanto affine di battersi. S. M. si è degnata di pubblicare un codice penale dove c'è un articolo — non so quale — che parla chiaro a questo riguardo. Reato positivo previsto dalla legge. Nella perquisizione che ha luogo in casa dei Benda, che cosa succede? Quell'altro, che è evidentemente un complice, l'avvocato Selva, cerca scappare portando seco i libri i più sovversivi e rivoluzionari che sieno al mondo posseduti dal Benda, ed un manoscritto che riesce a distrurre, ma cui perciò questo fatto medesimo denunzia come criminoso all'estremo. Così stando le cose, era un assoluto dovere il procedere all'arresto anche del Selva. Io avrei approvato che si fosse fatto il medesimo eziandio per quel signore cui mi venite a raccomandare, il dottor Quercia. Il suo contegno in quelle circostanze fu tale da fortemente indiziarlo per partecipe alle mene di quegli altri malintenzionati; e secondo il rapporto di Barnaba, egli sarebbe concorso efficacemente a render possibile a Selva la distruzione di quella carta, il cui possesso ci avrebbe forse svelato il segreto di quei cospiratori....
— Cospiratori! Esclamò il barone La Cappa sussultando. Che? Voi credete che quei giovani...
— Cospirano contro il legittimo governo di S. M., ne sono persuaso.
—Corbleu!Se io avessi mai sospettato una cosa simile, vi prego bene di credere, Eccellenza, che non avrei voluto dire nè anco una mezza parola in favor loro.
— Ne sono persuaso; ma perchè siate chiaro di tutto, vi dirò che quel Barnaba medesimo, uno dei più accorti ed intelligenti impiegati di Polizia che abbiamo, denunzia certe segrete conventicole solite a tenersi in casa del Selva, nelle quali avrebbe parte un agente mazziniano venuto qui di celato sotto sembianze d'un artista di canto.
—Je tombe des nues.
— L'audacia di quei rivoluzionarii è incredibile.
Mostrò al barone sconcertato un grosso manoscritto, che era lo zibaldone in cui il povero Maurilio soleva effondere gli affetti della sua anima e far concreti i pensieri più riposti dal suo intelletto.
— Questo scartafaccio, soggiunse, fu sequestrato nella perquisizione che si fece in casa del nominato Selva. È l'opera d'un da nulla, un giovinastro senza famiglia e senza nome che lì dentro inneggia alla libertà de' popoli....
— Oh! Esclamò Anatolio La Cappa, levando indignato le mani al cielo.
— E si arroga niente meno che di scombiccherare un progetto di riforma della società..... Fra parentesi vi dirò che vuole abolito ogni diritto di privilegio nelle classi superiori; e da questo giudicate dello spirito che ne informa lo scritto!....
— È un demagogo! Gridò ancor più indignato il bravo barone.
— E non è tutto! Il medesimo progetto riforma, rinnovella, o per dir meglio rivoluziona anche il Governo.
— Ah!c'est trop fort!
— Vi dico che se leggeste codesta roba, inorridireste....
— Inorridisco anche senza leggerla.
— Comprenderete quindi anche voi che, malgrado la vostra raccomandazione di cui tengo il massimo conto, non posso promettervi.....
— Comprendo, comprendo: s'affrettò a sclamare il barone, il quale fra sè intanto borbottava:dans quel guêpiermi ha mandato ame fourrerquella matta di mia figlia!
— E circa il signor Benda, continuava il Governatore, ho inoltre verso il marchese di Baldissero mio buon amico qualche debito di riguardo che mi impone di esaminare con assai ponderazione il suo caso. Quell'avvocatuzzo ha insultato, minacciato, sfidato a duello il figliuolo del marchese, di uno dei più alti personaggi dello Stato. Che cosa non avrebbe ragione di dire Baldissero, che cosa non direbbe S. M. medesima, se io così tosto mettessi in libertà chi si è fatto reo di tale eccesso, ancorchè non ci fosse altra ragione nessuna da tenerlo custodito in cittadella?
— È giusto, è giusto: disse il barone approvando col capo e colla mano.
— Quindi non posso nè anche accogliere le vostre osservazioni intorno ai diportamenti della nostra polizia. Essa è affidata ad un uomo fedelissimo ed intelligente del suo mestiere, senza del quale io non so come il conte Barranchi ed io stesso potremmo bastare all'ufficio. Voi capite ch'io intendo parlare del commissario Tofi. Esso ha tutta la mia fiducia e quella del Generale dei carabinieri; e finchè io avrò l'alto onore di godere la fiducia di S. M. e di coprire questa carica, nè quell'uomo, nè il sistema di polizia attualmente in vigore non saranno punto cambiati.
Il padre di Candida tornò ad inchinarsi tra mortificato e confuso.
— Quanto a quell'agente subalterno, di cui mi avete parlato, a quel Barnaba, io sono d'avviso che egli si è regolato affatto bene, e invece che censura merita lodi e ricompensa.
— Voi avete ragione... Ero mal informato.... Vi prego a non dare al passo che ho fatto presso di voi altra importanza che quella di amichevoli chiacchere in aria.
Il Governatore fece un sorriso protettore d'annuenza.
— Se mi permettete, continuava il barone, vi farò soltanto ancora un'interrogazione.
— Fate, fate pure, caro La Cappa.
— In codeste mene rivoluzionarie voi credete compromesso quel tal dottor Quercia?
— Come vi ho detto, il suo contegno nella circostanza della perquisizione in casa Benda me ne fa sospettar forte..... Ma non voglio precipitare il giudizio, lo faremo sorvegliare.
— Vi spiego la cagione dell'interessamento che prendo per lui. Quel giovinotto ha molta attinenza con mio genero, il conte di Staffarda.
— Lo so: disse il Governatore con un certo sorriso di cui il barone non notò la malizia.
— Capite che un uomo onorato della intimità del conte Langosco non è presumibile sia un rivoluzionario.
— Certamente io ho la maggior stima pel conte di Staffarda.....
— Ed è a nome appunto del conte che vi prego di avere alcun riguardo per quell'individuo, e di non farlo segno di nessuna misura di polizia, prima che sia accertata la sua colpa.
— Terrò conto della vostra raccomandazione, caro Intendente..... in quanto sarà compatibile coll'esigenza de' miei doveri.
Il padre di Candida capì che non avrebbe ottenuto altro miglior risultamento; e stava per torre commiato, quando si annunziò nel gabinetto del Governatore S. E. il marchese di Baldissero, ministro di Stato.
— Avanti, avanti: disse con premura il Governatore, alzandosi da sedere.
— Sono certo, soggiunse parlando al barone, che il marchese viene appunto per questo affare medesimo.
E fece quello che non aveva fatto all'ingresso del barone; andò sino alla soglia dell'uscio del gabinetto a ricevere colla mano tesa il signor di Baldissero che vi compariva colla sua grave ed imponente fisionomia da vero gentiluomo.