legge con gli occhi soltanto, poi guarda con aria di sdegnosa commiserazione Leonardo che scrive.
legge con gli occhi soltanto, poi guarda con aria di sdegnosa commiserazione Leonardo che scrive.
Me ne vado subito.
Leonardo.
T’ho pregata, scongiurata di non venire a trovarmi qua.
Elena.
Ma dove allora? Io non lo so più! Se da una settimana non ti fai vedere?
Leonardo.
Hai letto?
Elena.
Ma ho da parlarti anch’io!
Leonardo
cercando di farla tacere:
cercando di farla tacere:
So, so....
Elena
seguitando:
seguitando:
Non son venuta per il piacere di vederti.
Leonardo.
Ti prego.... Sto per terminare.
Elena
dopo aver di nuovo scorso con gli occhi il biglietto di Livia, dice, venendo a posarlo su la scrivania:
dopo aver di nuovo scorso con gli occhi il biglietto di Livia, dice, venendo a posarlo su la scrivania:
Dunque il vecchio comincia a sospettare; e lei,
sillabando:
sillabando:
generosamente, te ne previene.... Cerca, poverina, di risparmiarti noje e dispiaceri. Io invece....
Leonardo
seccamente:
seccamente:
Tu non la conosci.
Elena.
Ammirevole! Dico che è ammirevole!
Leonardo.
Non lo fa nè per me, nè per te.
Elena.
Per suo padre? Ammirevole lo stesso!
Leonardo
raccogliendo le bozze e le altre carte di su la scrivania:
raccogliendo le bozze e le altre carte di su la scrivania:
Ecco fatto.
Si alza. Preme il campanello alla parete.
Si alza. Preme il campanello alla parete.
Sarei venuto, sai?, a qualunque costo in giornata.
Si mette a leggere in fretta quel che ha scritto.
Si mette a leggere in fretta quel che ha scritto.
Elena.
Non stare a credere, ti dico, che mi prema che tu venga, se a te non preme. Vorrei solo....
Leonardo le fa cenno con la mano d’aspettare un po’ in silenzio, e seguita a leggere. Si sente picchiare all’uscio.
Leonardo le fa cenno con la mano d’aspettare un po’ in silenzio, e seguita a leggere. Si sente picchiare all’uscio.
Leonardo.
Avanti.
L’uscere entra. Porgendogli le carte:
L’uscere entra. Porgendogli le carte:
Ecco, al tipografo.
L’uscere via.
L’uscere via.
Oh, dunque.... Non mi è stato proprio possibile. Già te l’ho scritto.
Elena.
Si tratterrà ancora molto?
Leonardo.
Il padre? E chi lo sa? È venuto non so per che affare. Forse è una scusa. Sospetto che qualcuno....
Elena.
Ma lei stessa!
Leonardo.
No, no. Ma che! Scusa, se è venuta qua, a prevenirmi....
Elena.
Politica. Come sei ingenuo!
Leonardo.
Se avesse voluto rivolgersi al padre, lo avrebbe fatto da un pezzo, apertamente. Chi avrebbe potuto impedirglielo? E poi, perchè fingere con me?
Elena.
Ma che impegno, io non capisco.... che interesse può avere a star zitta così, che il padre non sappia, non s’accorga di nulla...?
Leonardo.
Che interesse? Prima di tutto, l’orgoglio!
Elena.
Anche di fronte al padre, l’orgoglio?
Leonardo.
Il certo è questo: che il giorno dopo l’arrivo di lui, ella che da più d’un anno non m’aveva rivolto la parola....
Elena.
Ah! T’ha parlato? S’è rotto il ghiaccio? Di’.... di’....
Leonardo.
È entrata nel mio studio per dirmi solamente che avessi saputo fingere almeno pei pochi giorni che suo padre si sarebbe trattenuto in casa nostra.
Elena.
Facilissimo!
Leonardo.
Che cosa?
Elena.
Per te, fingere. Adesso capisco! E non t’ha detto altro?
Leonardo.
Nient’altro.
Elena.
Fredda, è vero?, impassibile, sublime!
Scoppia a ridere
Scoppia a ridere
Leonardo.
Non mi pare che ci sia da deriderla, per questo.
Elena.
No, che! Ti pare? Me ne guarderei bene. Dico che è sublime!
Leonardo.
Ne ho poche, secondo te, noje, amarezze? Dovrei io stesso procurarmene altre?
Elena.
Eh no, eh no....
Leonardo.
Almeno di questo, mi sembra, dovremmo esserle grati, per qualunque ragione lo faccia.
Elena.
Ah, ah, ah.... Suole avvenire, caro.... suole avvenire!
Leonardo.
Che cosa?
Elena.
Niente. Lo so io! Bada, non me n’importa.... Vorrei soltanto che tu avessi la franchezza di dirmelo. Tutto, tutto, tranne la finzione, lo sai. Fingere, no! Non posso soffrirlo.
Leonardo.
Ma che c’entra? Che dovrei dirti?
Elena.
Oramai! Che vuoi più?... Vecchia!... E poi....
Pausa tenuta.
Pausa tenuta.
Leonardo
seguitando ad alta voce il proprio pensiero:
seguitando ad alta voce il proprio pensiero:
Proprio in questo momento! Ho fatto di tutto.... Ma possibile? Per quanti sforzi si facciano, nella condizione in cui mi trovo.... Senza dubbio, però, qualcuno, ripeto, ha dovuto scrivergli laggiù.... Sono oppresso dalla sua sorveglianza.... non ne posso più! Credo che mi faccia finanche spiare, capisci? Non sono venuto per questo.
Elena.
E m’hai fatto un piacere. Sai perchè sono venuta io? Ieri è tornato quello della casa.
Leonardo.
Daccapo?
Elena.
E ritornerà oggi. Volevo dargli un acconto dalla mia pensioncina. Niente! “Tutto, subito, o via!„ Senza cerimonie.
Leonardo.
Va bene, va bene; aspetta che gli parli io, a questo signore.
Elena.
Oh, inutile, sai! Me l’ha detto chiaro. Non vuole più aspettare.
Leonardo.
Aspetterà, perdio! Gli hai detto che io debbo?
Elena.
Il romanzo? Già.... per farlo ridere....
Leonardo.
No. Lo so, senza che tu me lo dica... Ma non c’era bisogno che gli parlassi del romanzo o d’altro: sono 400 lire che mi saranno pagate fra otto giorni.... alla consegna del manoscritto. Se potrò consegnarlo.... sta a vedere! Non trovo più nè modo nè tempo di scrivere....
Elena.
E dunque?
Leonardo.
Ma un po’ di pace! Un momento di requie! Qua, lo sai, per questo mese non posso più chiedere nulla. Che consegnerò fra otto giorni? E non so come fare. Questo è il peggio.... dove batter la testa.... Non resisto più!
Elena.
Da un pezzo, eh! Cominci a comprenderlo soltanto ora, tu?
Sorgendo in piedi con un profondo sospiro:
Sorgendo in piedi con un profondo sospiro:
Ma quando non se ne può più, sai, basta, si dice. Neanch’io resisto più a vederti così.
Leonardo
freddamente:
freddamente:
Neanche tu.... E poi?
Elena.
Ma ti pare possibile seguitare così? Scusa, ti pare possibile?
Leonardo.
Il male è appunto questo, cara: chedev’esserepossibile. Ti pare che ci vorrebbe tanto a svoltare tu di qua, io di là? Sarebbe comodo; ma non possiamo!
Elena.
Perchè, scusa? Se io ti lascio libero....
Leonardo.
Libero? Come mi lasci libero?
Elena.
Ma di tornartene in pace con tua moglie!
Leonardo
con forza:
con forza:
Tu non la conosci!
Elena.
Ma se già t’ha parlato.... se è venuta qua, finanche, a cercarti....
Leonardo
dopo averla guardata con sdegno:
dopo averla guardata con sdegno:
Fingi tu, adesso, di non capire.
Elena.
Che cosa? Che tua moglie vuole che noi stiamo uniti? Debbo capir questo?
Leonardo.
Questo, questo, sì appunto, e tu lo sai bene! Qua, qua, alla catena, dobbiamo stare! E non giova disperarsi. Lo dico anche a me, sai? Se occorre, anzi, bisogna ridere.... ma sì! come rido io, tante volte. Non m’hai sentito ridere? Vuoi veder come rido? Ma so fare anche il buffone! Tant’altre volte, pazienza! Bisogna pure che mi lagni.... Stretto, oppresso, soffocato così, punto da tutte le parti, vuoi che non dica neppureahi? Basta, no; basta, no; sai bene che non posso dirlobasta.
Elena.
Ma io lo dico per te, dopo tutto. Non per me.
Leonardo.
Grazie, cara. Non ci pensare. Lo direi anch’io per te; ma non lo possiamo nè io nè tu. Dunque, è inutile parlarne. Sei stanca? Ti compiango sinceramente. Perchè io, per mia disgrazia, ho occhi anche per gli altri.... vedo la vita che fai.... purtroppo....
Elena.
Meno male!
Leonardo.
Ah, io sì. E capisco che non si può avere compatimentoper gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi. Se mi lagno è perchè non riesco a strappare questa rete di difficoltà che m’avviluppa da tutte le parti e mi toglie il respiro! Eppure vedi, a me, fra tutto questo inferno, non è mai venuto in mente di potermene uscire.... Sono disposto, anzi, se quel vecchio imbecille ha la cattiva ispirazione di darmi in questo momento altre noje....
Si ode in questo momento la voce del Ducci gridar forte dall’interno.
Si ode in questo momento la voce del Ducci gridar forte dall’interno.
Ducci.
Sì, sì.... Viva Ruvo! Tra poco!
Apre di furia l’uscio e, d’improvviso, s’arresta.
Apre di furia l’uscio e, d’improvviso, s’arresta.
Oh, scusa.... Sta’, sta’.... prego.... vado di là.... Solo, con permesso....
Prende dalla scrivania alcune carte.
Prende dalla scrivania alcune carte.
Ecco....
Avviandosi, piano a Leonardo:
Avviandosi, piano a Leonardo:
C’è in salotto....
Leonardo.
Grazie, lo so....
Ducci s’inchina a Elena, e via, rinchiudendo l’uscio.
Ducci s’inchina a Elena, e via, rinchiudendo l’uscio.
Elena.
Me ne vado.
Leonardo.
Sì, sarà meglio. È già qui. Non dubitare, verrò prima di sera, immancabilmente.
Elena.
T’aspetto, dunque. Credi che è necessario. Non vuol più aspettare.
Leonardo.
Verrò, verrò, non dubitare. Addio.
Elena via. Leonardo rimane un po’ su la soglia dell’uscio. Gli s’avvicina dal corridojo interno l’uscere.
Elena via. Leonardo rimane un po’ su la soglia dell’uscio. Gli s’avvicina dal corridojo interno l’uscere.
L’Uscere.
Faccio entrare?
Leonardo.
Sì.
Attende un po’ sulla soglia, poi, all’appressarsi di Guglielmo Groa e del D’Albis, che conversavano fra loro, viene ad appoggiarsi alla scrivania.
Attende un po’ sulla soglia, poi, all’appressarsi di Guglielmo Groa e del D’Albis, che conversavano fra loro, viene ad appoggiarsi alla scrivania.
Guglielmo.
Io, caro signore, povero provinciale, sono allocchito, ecco, proprio allocchito! Cose grandi a Roma, cose grandi! E anche lui,NittoRuvo, è diventato grande.... Ma, per me, se vuol essere chiamato, si chiama sempreNitto....
Salutando Leonardo.
Salutando Leonardo.
Caro genero!
D’Albis
sorridendo:
sorridendo:
Come? come? Nitto?
Guglielmo.
Sissignore. Benedetto, Nitto: noi diciamoNitto. Compagni di scuola, si figuri. Ma a un certo punto, io, impastato di creta, m’accorsi che se volevo restare uomo giudizioso, dovevo chiudere i libri. Li chiusi. Scrivo, come dice mio genero, privilegio con dueg, è vero, ma, la testa, signor mio, un orologio! Nitto Ruvo invece continuò a studiare, e, povero infelice, ecco qua che lo stanno facendo ministro.
D’Albis
scoppia a ridere.
scoppia a ridere.
Oh bella! bella! Per lei è un povero infelice?
Guglielmo.
Lo stanno facendo ministro.... Muore male, glielo dico io. Ma amico, sa! amico mio! amicone.... Non ne dico male!
D’Albis.
Eh, lo so che è amico suo. Il Ruvo mi ha parlato tanto bene di lei.
Guglielmo.
Ah, lui parla bene, lo so! Parola facile, elegante.... A sentirlo, pare che, come niente, il mondo tra le sue mani, che è, che non è, lo vuole tondo? tondo!; lo vuole lungo? lungo!Però, signore mio, io ho i peli bianchi. Gira gira, il perno è uno! E con ciò, badi, non dico che non auguro a Nitto Ruvo di diventare ministro. Per me, anche re. Sembra proprio che sia, come dicono loro, alla soglia del potere....
D’Albis.
Già dentro, senza dubbio! Abbiamo lottato senza tregua.... E la lotta s’è disegnata fin da principio così.... netta, precisa.... e l’abbiamo condotta con tal rigore di logica, con tale semplicità di mosse, che è proprio una soddisfazione per noi l’averla combattuta.
Guglielmo.
Gesù, Gesù.... che cose! Ma piacere, sa, piacerone.... Perchè io, non ne ho l’aspetto, ma, nel collegio, sono, come suol dirsi, una colonna del Ruvo.
D’Albis.
Eh, lo so bene!
Guglielmo.
Ma re, ministro, il Ruvo, non ci facciamo illusioni, caro signore, gira gira....
D’Albis.
Il perno è uno?
Guglielmo.
Uno!
D’Albis.
Però....
Guglielmo.
No, niente, scusi: lasciamo andare. Quando si parla di politica, io sono come un turco alla predica.
D’Albis.
Quanto a questo, il vero turco, guardi, eccolo qua!
Indica Leonardo.
Indica Leonardo.
Scommetto che non sa neppure contro chi abbiamo combattuto. Ed è vissuto qua, in mezzo a noi, nel fervore della lotta. Se ne sta lì a scrivere il romanzo e, quando può, me ne caccia qualche cartellina fra gli articoli.
Leonardo.
Ho già rimediato, sai?
D’Albis.
Sì, caro. Ma io vorrei trovarmi presente per la votazione. Lei viene dalla Camera? A che punto ha lasciato la discussione?
Guglielmo.
Non ci ho capito nulla!
D’Albis.
Ma chi parlava almeno?
Guglielmo.
Ah, sissignore.... Lui, Nitto Ruvo.
D’Albis.
Successone, eh? Sappiamo già che cosa risponderàil Governo. Battuto, battuto, in precedenza! Vado ad assistere al crollo finale. Con permesso.
Guglielmo.
Padrone mio, caro signore.
D’Albis.
Addio, Arciani.
Leonardo.
Addio.
D’Albis via.
D’Albis via.
Guglielmo.
Sì, sì, lo lasci arrivare, il suo grand’uomo, e poi me ne saprà dire qualche cosa. Per curiosità: li dà lui, è vero, Nitto Ruvo, i....
Strofina il pollice e l’indice, per significare i quattrini.
Strofina il pollice e l’indice, per significare i quattrini.
a questo giornale?
Leonardo
distratto:
distratto:
Non so.
Guglielmo.
Certo: se ne dicono bene.... Molla! Molla! E balla, comare, che fortuna suona! Ma tu, levami un dubbio, non ti sei rivolto a lui, al Ruvo, è vero?, per entrare a.... come si dice?, a.... a scrivere insomma in questo giornale?
Leonardo.
Io? No, perchè?
Guglielmo.
Perchè non vorrei, io che so di che pelame è quell’animale, non vorrei che si credesse disobbligato con me per averti fatto entrare in un giornale stipendiato da lui.
Leonardo.
Ma niente affatto. Io non lo conosco neppure. Presto qua, come altrove, il mio lavoro, e non credo d’aver bisogno del Ruvo o d’altri per scrivere in un giornale come questo.
Guglielmo.
E ci provi gusto?
Leonardo.
Ah no, davvero....
Guglielmo.
E allora perchè lo fai? L’uomo, capisco, oggi è così,
mostra il palmo della mano, poi il dorso.
mostra il palmo della mano, poi il dorso.
domani così. Ma una volta mi dicesti che era un.... dicevi una parolaccia curiosa: facchinaggio, ecco, facchinaggio....
Leonardo
accendendo un’altra sigaretta.
accendendo un’altra sigaretta.
Sì, mi pare.
Guglielmo
alzandosi:
alzandosi:
Figlio mio, permetti?
Gli leva la sigaretta, e la butta.
Gli leva la sigaretta, e la butta.
Hai finito or ora di fumare! è una porcheria! Ti rovini....
Leonardo
sorridendo, cavando un’altra sigaretta e accendendola:
sorridendo, cavando un’altra sigaretta e accendendola:
Ma mi lasci rovinare!
Guglielmo
prendendogli una sigaretta e accendendo al fiammifero di lui:
prendendogli una sigaretta e accendendo al fiammifero di lui:
Aspetta, mi rovino anch’io, allora.
Torna a sedere.
Torna a sedere.
Facchinaggio, dicevi, già! Che si poteva sopportare soltanto per passione o per vanità, o per bisogno. È vero, sì o no?
Leonardo.
Sarà.... non ricordo. Io, intanto....
Guglielmo.
Passione, no, l’hai detto. E allora, per vanità? Bisogno, non ne hai.
Leonardo.
Ah! non ne ho? E che ne sa lei?
Guglielmo.
Tu hai bisogno? Tu scrivi qua per bisogno? Come.... scusa.... e perchè non me l’hai mai detto, figlio mio?
Leonardo.
No no no. Ah, basta, basta, ormai da parte sua. D’ora in poi, a me, provvedo io.
Guglielmo.
Benissimo.... Come diceva quello? Nobili sensi invero.... Ma scusami sai....
Leonardo
interrompendo:
interrompendo:
Senta, mi lasci fare, la prego. Lei non può capire. Mi fa male, creda, entrare con lei in codesti discorsi. Dovrebbe intendere che di fronte a Livia, io....
Guglielmo.
Livia? No, scusa: che c’entra Livia adesso?
Leonardo.
Ma sì, che c’entra, perchè dopo la rovina della mia casa e la morte di mio padre....
Guglielmo.
Mia figlia t’ha fatto pesare?
Leonardo.
No, no: lei, no! lei, mai! Ma io, io, per me stesso...
Guglielmo.
Va’ va’ va’! Mi vorresti far sorbire come un decottino a digiuno, adesso, che tu per conservare la tua.... come debbo dire? in-di-pen-den-za di fronte a tua moglie, ti rassegni, ti sobbarchi qua a questa schiavitù sotto altri?
Leonardo.
Ma nessuna schiavitù! Chi le dice ch’io sia schiavo? Questo poi no! Schiavo di nessuno....
Guglielmo.
Ma di te stesso, scusa, schiavo del tuo stesso bisogno, se non d’altri! Quando.... Ah caro mio, ho buona memoria io, sai? T’affannavi tanto un tempo a sostenere che lo.... lo scrivere.... l’arte, insomma, è anche essa un lavoro, un gran lavoro, che ha bisogno d’indipendenza.... dicevi così? e ti sdegnavi contro quelli che sostenevano che fosse invece un divertimento, uno spasso: sì.... Lasciamo andare! L’indipendenza, l’hai avuta. Io e tuo padre, d’accordo, te l’abbiamo data. Poi, tuo padre, poverino, non per colpa sua, è venuto meno agl’impegni.... ma tu, a casa tua, grazie a Dio, con la dote dì tua moglie.... Chi ti dice nulla? Puoi lavorare come ti pare e piace, o non far niente, che sarebbe meglio, a giudizio d’un povero ignorante.
Leonardo.
Questo, scusi, perchè le secca ch’io scriva in un giornale stipendiato, come lei dice, dal Ruvo?
Guglielmo.
No. Non per questo soltanto, figlio mio.
Leonardo.
E allora per che altro?
Guglielmo.
Ora te lo dico. Perchè tu, riducendoti così, a vivere angustiato, afflitto....
Leonardo.
Ma nient’affatto!
Guglielmo
seguitando;
seguitando;
col misero frutto, sissignore, col misero frutto che puoi cavare da questo facchinaggio che t’avvilisce....
Leonardo.
Ma nient’affatto!
Guglielmo.
Vorrei uno specchio per mettertelo sotto il naso! Mi pare.... non so.... mi pare che ti sia tutto immiserito.... Non ti riconosco più! Eh sì, scusami.... se puoi credere sul serio che il non dovere più nulla, materialmente, a tua moglie.... Già, vai a pensare a codeste miserie!
Leonardo.
Ma non è il denaro! non è soltanto il denaro, creda!
Guglielmo.
Sta’ zitto! So che è, perciò ti parlo così. Non facciamo storie! Sta di fatto, caro mio, che tu credi sul serio che codesto lavoro che fai, possa lasciarti libero d’ogni riguardo....
Leonardo.
Chi glielo dice?
Guglielmo.
Te lo dico io che me ne sono accorto. D’ogniriguardo, d’ogni rimorso, e abilitarti quasi a recare a tua moglie qualunque altro male....
Leonardo.
Ma io non so perchè lei mi parli così. Livia si lamenta? S’è forse lamentata con lei?
Guglielmo.
No. Ma è questo appunto il guajo! Che non si lamenta, nè con me, nè con te, nè con nessuno! Ma del suo silenzio tu non dovresti approfittare....
Leonardo.
Oh, insomma.... Lei sa tutto? Mi dica che cosa vuole da me. È inutile tenermi qua alla tortura. Non mi costringa a mentire ancora. Non ne posso più!
Guglielmo.
Io, a mentire? Non sia mai! Al contrario! Peccato, figlio mio, mentire.... Io voglio anzi conoscere la verità, veder la ragione....
Leonardo.
Vuol vedere la ragione? E poi?
Guglielmo.
Come, e poi?
Leonardo.
La ragione? Le dico subito che per me non ce n’è nessuna. Le basta?
Guglielmo.
Ah! Dunque.... dunque t’accusi, così senz’altro?
Leonardo.
Ma accusarmi o scusarmi, al punto in cui mi trovo, è proprio inutile, creda!
Guglielmo.
Inutile? Ma abbi pazienza....
Leonardo.
Non posso averne più, di pazienza. Non si tratta più, creda, di vedere la ragione, chi n’abbia più, chi n’abbia meno, nè d’accusare, nè di scusare.... Riconosco non solo la mia colpa; ma giacchè ne sono stato punito, riconosco che la punizione è stata giusta e non mi lagno.
Guglielmo
stupito:
stupito:
Tu?
Leonardo
con fredda tristezza, convinto, rassegnato:
con fredda tristezza, convinto, rassegnato:
Non mi lagno.
Guglielmo.
E, vedo, che....
Fa un gesto con la mano, per significare: vedo che accenni d’ammattire.
Fa un gesto con la mano, per significare: vedo che accenni d’ammattire.
Leonardo.
No.... purtroppo, no! Fossi pazzo davvero!
Guglielmo.
Scusa. Per giunta, vorresti lagnarti, tu, riconoscendo....
Leonardo.
Ma se Le dico che non mi lagno!
Guglielmo.
Grazie tante di questa concessione!
Leonardo.
Riconosco pure, che vuole che le dica?, riconosco che Livia più di tutti ha diritto di ribellarsi....
Guglielmo.
Ma aver torto, aver ragione, dunque è tutt’uno per te? E chi ha torto, non deve...?
Leonardo.
Ma se io sono punito! Creda: sono già stato punito....
Guglielmo.
Come sei stato punito? Da chi?
Leonardo.
Parli piano, la prego....
Guglielmo.
C’è qualcuno che si rompe di là? Parliamo piano. Da chi sei stato punito? Come? Mi pare.... mi pare molto comodo darsi da sè la pena, assoggettandosi a un po’ di fatica per uno scrupolosciocco! Sì, sciocco, perchè quando a una donna hai tolto tutto: l’amore, la pace.... può parere anche ridicolo, scusa, farsi scrupolo....
Leonardo.
Ora lei mi offende....
Guglielmo.
Io? No, figlio caro!
Leonardo.
Ma che vuole allora da me? Mi lasci stare.... Vuol ragionare? Io non posso.
Guglielmo.
E fare? Lasciamo di ragionare, adesso. Fare! fare! Che intendi fare? Fra te e tua moglie la vita, capirai, a questo modo non è più possibile. Bisogna assolutamente venire a una soluzione, qualsiasi. Mi sono provato a muoverne il discorso a quella santa figliuola: è inutile: con lei non si può parlare. Io la conosco però. Soffre in silenzio, sai, la povera figlia mia! E tu mostri di non accorgertene, perchè così ti conviene.
Leonardo.
Se le dicessi che lei, Livia stessa, è venuta qui, poco fa, a prevenirmi che lei già sospettava, consigliandomi a mentire perchè lei non sapesse nulla?
Guglielmo.
Ah! Come? Lei? è venuta qua?
Leonardo.
Proprio lei, mezz’ora fa.
Guglielmo.
Per costringerti a mentire?
Leonardo.
Legga.
Gli porge il biglietto di Livia.
Gli porge il biglietto di Livia.
Guglielmo
dopo aver letto:
dopo aver letto:
Un sacrificio di questo genere, per me? Volesse Dio, che fosse per questo! E allora, allora subito me la riporto via con me, la figlia mia! Ma che, no! Vedi che non sai comprenderla? lei spera ancora.... aspetta che tu.... No?
Leonardo.
No. Livia sa che non è più in mio potere portarci rimedio. E non ne cerca, sa? Nè vuole che altri lo cerchi. Ha visto?
Guglielmo.
Ohè, dico, siete impazziti tutti e due? Tu, qua, fai un po’ il tiranno, un po’ la vittima; dici che sei punito; lei ti prega di non tradirti, per non farmi comprender nulla.... A che gioco giochiamo? Io sono vecchio, Leonardo, so il mondo; so che hai errato; tu stesso hai la franchezza di confessarlo. Cose senza rimedio non ce n’è: la morte sola! Vediamo insieme, studiamo insiemequel che s’ha da fare. Siamo uomini! Conta su me. Tutto il mio ajuto....
Leonardo.
Ma che ajuto può darmi lei? Di denaro? Perchè vede affannarmi così?
Guglielmo.
Ma anche d’esperienza.... di tutto.... Io posso....
Leonardo.
Nulla! Nulla! Lei non può nulla! È tutto inutile, creda!
Guglielmo.
Ma che c’è sotto? Perdio, di che si tratta, insomma! Un rimedio ci sarà, se tu vuoi.... Lo troveremo.
Leonardo.
Non c’è rimedio... Non c’è rimedio....
Guglielmo.
Lasciami almeno tentare!... No? Ma perdio c’è di mezzo mia figlia! Ho sì o no il diritto di sapere? Posso lasciarvi così? Tu confessi la tua colpa e vi ti ostini, e vuoi che io, padre, possa permettere che mia figlia continui a soffrire in silenzio, rassegnata, ostinata anche lei a tacere? Volete farmi impazzire? Se tu hai perduto ogni sentimento di rispetto, di lealtà.... se ti rifiuti finanche di ragionare, perdio!
Leonardo