L'AVE MARIA DELLA MATTINA

L'AVE MARIA DELLA MATTINA

A G. P. VIEUSSEUX.

Il povero alla luce apre le cigliaSotto la chioma d'una querce annosa,E lentamente colla sua famigliaVassene alla città che ancor riposa. —Supplicando il signore a cui somigliaPerchè si stenda a lui mano amorosaUnico omaggio gli consacra — il pianto,E i grami figli che gli stanno accanto. —Presso alle strade ond'ei passa si destaIntanto la famiglia dei cultori;Qual con ampio cappello sulla testaRicomincia nel campo i suoi lavori;Ed altri va con più pulita vestaAlla città recando e frutta e fiori:Lieta come armonia di primaveraDel popolo campestre è la preghiera.Ma si risveglia sul diserto mareMalinconicamente il navigante,Cui tristezza maggior punge se appareNuvola minacciosa al sole innante;Che teme più non riveder le careSembianze di colei che mesta, ansanteAl nuovo giorno va sul lido, e guataSe ancor biancheggi la vela invocata.Oh quanto ad ambidue tarda il momentoChe una medesma squilla li risvegli!Ella alzando le braccia al firmamentoSola davanti all'Oceano, ed egliSua voce unendo al supplice concentoD'altri raminghi giovanetti e vegli,Muovon preci, che giunte oltre le stelleSi dan l'amplesso come due sorelle. —E ben di lor più misero è il giacenteSu nudo legno prigionier che scuoteLa grave testa, allor che fiocamenteD'alto cadendo un raggio lo percuote.Mentre d'intorno a lui l'astro nascenteÈ festeggiato da giulive note,Giunte le palme, l'inno della speneEgli accorda al fragor delle catene.Oh, te beata, che in solinga cellaDi nero saio le tue membra ammanti,Appena dal dì vinta è la facella,Che per te veglia a sacra effigie innantiCome astro cui non vela la procella,Queta in mezzo a città romoreggiantiInvochi il giorno che il tuo bianco veloAl serto ceda che s'intreccia in cielo.E or lassù di cherubi eletto stuoloAlla Madre di Dio s'aggira intorno;Qual le reca la lacrima del duolo,Quale una rosa che spuntò col giorno;Altri sciogliendo roteante voloDi canti allegran l'immortal soggiorno:Ma più d'ogni altro don cara a MariaDe' matutini preghi è l'armonìa.

Il povero alla luce apre le cigliaSotto la chioma d'una querce annosa,E lentamente colla sua famigliaVassene alla città che ancor riposa. —Supplicando il signore a cui somigliaPerchè si stenda a lui mano amorosaUnico omaggio gli consacra — il pianto,E i grami figli che gli stanno accanto. —Presso alle strade ond'ei passa si destaIntanto la famiglia dei cultori;Qual con ampio cappello sulla testaRicomincia nel campo i suoi lavori;Ed altri va con più pulita vestaAlla città recando e frutta e fiori:Lieta come armonia di primaveraDel popolo campestre è la preghiera.Ma si risveglia sul diserto mareMalinconicamente il navigante,Cui tristezza maggior punge se appareNuvola minacciosa al sole innante;Che teme più non riveder le careSembianze di colei che mesta, ansanteAl nuovo giorno va sul lido, e guataSe ancor biancheggi la vela invocata.Oh quanto ad ambidue tarda il momentoChe una medesma squilla li risvegli!Ella alzando le braccia al firmamentoSola davanti all'Oceano, ed egliSua voce unendo al supplice concentoD'altri raminghi giovanetti e vegli,Muovon preci, che giunte oltre le stelleSi dan l'amplesso come due sorelle. —E ben di lor più misero è il giacenteSu nudo legno prigionier che scuoteLa grave testa, allor che fiocamenteD'alto cadendo un raggio lo percuote.Mentre d'intorno a lui l'astro nascenteÈ festeggiato da giulive note,Giunte le palme, l'inno della speneEgli accorda al fragor delle catene.Oh, te beata, che in solinga cellaDi nero saio le tue membra ammanti,Appena dal dì vinta è la facella,Che per te veglia a sacra effigie innantiCome astro cui non vela la procella,Queta in mezzo a città romoreggiantiInvochi il giorno che il tuo bianco veloAl serto ceda che s'intreccia in cielo.E or lassù di cherubi eletto stuoloAlla Madre di Dio s'aggira intorno;Qual le reca la lacrima del duolo,Quale una rosa che spuntò col giorno;Altri sciogliendo roteante voloDi canti allegran l'immortal soggiorno:Ma più d'ogni altro don cara a MariaDe' matutini preghi è l'armonìa.

Il povero alla luce apre le ciglia

Sotto la chioma d'una querce annosa,

E lentamente colla sua famiglia

Vassene alla città che ancor riposa. —

Supplicando il signore a cui somiglia

Perchè si stenda a lui mano amorosa

Unico omaggio gli consacra — il pianto,

E i grami figli che gli stanno accanto. —

Presso alle strade ond'ei passa si desta

Intanto la famiglia dei cultori;

Qual con ampio cappello sulla testa

Ricomincia nel campo i suoi lavori;

Ed altri va con più pulita vesta

Alla città recando e frutta e fiori:

Lieta come armonia di primavera

Del popolo campestre è la preghiera.

Ma si risveglia sul diserto mare

Malinconicamente il navigante,

Cui tristezza maggior punge se appare

Nuvola minacciosa al sole innante;

Che teme più non riveder le care

Sembianze di colei che mesta, ansante

Al nuovo giorno va sul lido, e guata

Se ancor biancheggi la vela invocata.

Oh quanto ad ambidue tarda il momento

Che una medesma squilla li risvegli!

Ella alzando le braccia al firmamento

Sola davanti all'Oceano, ed egli

Sua voce unendo al supplice concento

D'altri raminghi giovanetti e vegli,

Muovon preci, che giunte oltre le stelle

Si dan l'amplesso come due sorelle. —

E ben di lor più misero è il giacente

Su nudo legno prigionier che scuote

La grave testa, allor che fiocamente

D'alto cadendo un raggio lo percuote.

Mentre d'intorno a lui l'astro nascente

È festeggiato da giulive note,

Giunte le palme, l'inno della spene

Egli accorda al fragor delle catene.

Oh, te beata, che in solinga cella

Di nero saio le tue membra ammanti,

Appena dal dì vinta è la facella,

Che per te veglia a sacra effigie innanti

Come astro cui non vela la procella,

Queta in mezzo a città romoreggianti

Invochi il giorno che il tuo bianco velo

Al serto ceda che s'intreccia in cielo.

E or lassù di cherubi eletto stuolo

Alla Madre di Dio s'aggira intorno;

Qual le reca la lacrima del duolo,

Quale una rosa che spuntò col giorno;

Altri sciogliendo roteante volo

Di canti allegran l'immortal soggiorno:

Ma più d'ogni altro don cara a Maria

De' matutini preghi è l'armonìa.


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