LA CAMPANA DEL DE PROFUNDIS

LA CAMPANA DEL DE PROFUNDIS

A GINO CAPPONI.

Addormentata tace la campagna,E il villan del lavoro si riposaSeduto al fianco della sua compagna.E mentre con melode lamentosaNel pargolo giacente che si duoleAlletta il sonno la madre amorosa;Intorno al fuoco con antiche foleRicurva ed abbronzata vecchiarellaTrattien del figlio la più adulta prole.Sovente il suon di supplice favellaE i latrati del vigile mastinoInterrompon la flebile novella;E dal digiuno vinto e dal camminoDi fuor sommessamente un vecchio esclama:— Date asilo allo stanco pellegrino. —Ti consola, o buon vecchio, ogni tua bramaSarà contenta nell'umile ostelloDove in ruvide spoglie è un cuor che ama.Ma nelle vie più quete del castello,Da lampada notturna rischiarate,Invan cerca un albergo il poverello. —E con note dal pianto accompagnateOh quante volte un fanciulletto ansanteAffretta il passo ad implorar pietate,Mentre la vedovella lacrimanteRistà più lunge, e quel prego secondaCon interrotta voce tremolante.Ora che popoliDi stelle il cielo,E della tenebraDistendi il veloSulle città,Tu sei propiziaAl masnadieroChe dietro al cespitePresso al sentieroS'appiatterà.E per te providoSonno le ambasceQueta, e di roseiSogni si pasceGiovin beltà;Ma il genio indomitoDell'inspiratoVeglia, e per l'ampioCampo stellatoVolando và.Allor che il cigolar delle quadrighePiù non s'udrà, nè calpestio d'umani,Ma sol del gufo il gemito interrottoE l'abbajar dei veltri, e il gorgoglíoDelle fontane, e lo stormir dei ramiTurberanno la queta aura notturnaRapito anch'io viaggierò nel cielo.Or lo squillo lento lentoChe per l'aere si diffondeDegli estinti par l'accento,E c'inviti a lacrimar.O cadente genitore,Che sostegno più non hai,I misteri del doloreVien fra le urne a celebrar.Come spica verdeggianteIl diletto tuo crescea,E il tuo crine biancheggianteParea nato a carezzar;E a fruir de' tuoi sudori,E a donarti il bacio estremo,E di lacrime e di fioriLa tua polve a consolar.Veni, o donna sconsolata,Nello squallido ricintoDove un'aura innamorataMestamente carezzòLa viola scolorita,Che sul cener del tuo fidoDi tue lacrime nutritaSoavissima spuntò.Sotto un salice piangente,Tra un cipresso ed una croceDella vergine dolenteÈ sepolto l'avvenir;E quel nome che nel pettoTi scolpia la man d'amore.Che del padre nel cospettoNon osavi proferir;Che dipinse il tuo sembianteMille volte di vermiglioQuando il core palpitanteDall'altrui labbro lo udì:Ah quel nome! a questo e a quelloOr domanda una preghiera,E la morte, d'un avelloSulla pietra lo scolpì.O voi tutti, da crudeleFato umano combattutiChe quai navi senza veleViaggiate in questo mar,Sulla tomba in cui riposaUn diletto a voi rapitoIn quest'ora tenebrosaDeh venite a lacrimar.E tu perchè sì presto, o Madre mia,Abbandonasti sulla terra un figlioChe dolorosamente ti desia?Involontaria lacrima sul ciglioMi spunta, e il cor mi palpita nel pettoSe a ragionar di te mi riconsiglio.O rimembranze del sereno aspetto,E delle voci dall'amor dettate,E degli amplessi del materno affetto;Voi nell'anima mia vi riposate,Come nel sen di giovinetto ardenteVerginali sembianze innamorate.E quando favellar soavementeOdo una madre coll'amata prole,Che nel medesmo palpito consente;E il suon delle dolcissime paroleIn quell'età beata mi trasportaChe con rammarco rimembrar si suole,Una voce repente mi sconfortaE mi dice — colei che le tue voglieAllor quetava, ah troppo presto è morta! —Ma più non ci attristi l'orror della fossa.Vedete quegli astri? — qui polvere ed ossa....I nostri diletti saliron lassù.E già de' futuri già sanno il destino,Proteggon le genti che sono in cammino,Compreser gli arcani del tempo che fu.Il gemito, o Padre, che t'esce dal senoFra gl'inni che allegran l'eterno serenoDel figlio beato s'accoglie nel cor,E mentre lo credi qui dentro sepoltoEi dice all'Eterno con supplice volto— Consola il martiro del mio genitor. —Non muore disperso sull'aura notturnaChe lene sussurra tra i salci dell'urna,O Donna, il sospiro del petto fedel;E al par dei sospiri che al tempo giocondoSfogavan la piena del sen verecondoÈ caro al tuo fido che t'ama dal ciel.E suona oltre il regno dei mondi lucentiO madre, la voce degl'inni gementiOnd'io disacerbo l'immenso martir:Mi vedi se assorto m'ispiro al creato,Mi vedi se ai mesti favello inspirato,Mi vedi se fervo di santo desir.......E quando varcate le nubi e le stelleNon cupo rimbombo d'umane favelle,Ma l'eco dei cieli per noi suonerà:Udremo la voce de' nostri diletti. —O spirti, diranno, tra gli angeli elettiVenite alla gioia che fine non ha —Siccome il torrente precipita al piano,E il fiume va in traccia del vasto oceano,E un porto sospira la nave nel mar,Sospinte nostr'alme da vago disioSospiran la pace ch'è in grembo di Dio.Ah quando i diletti potremo abbracciar?

Addormentata tace la campagna,E il villan del lavoro si riposaSeduto al fianco della sua compagna.E mentre con melode lamentosaNel pargolo giacente che si duoleAlletta il sonno la madre amorosa;Intorno al fuoco con antiche foleRicurva ed abbronzata vecchiarellaTrattien del figlio la più adulta prole.Sovente il suon di supplice favellaE i latrati del vigile mastinoInterrompon la flebile novella;E dal digiuno vinto e dal camminoDi fuor sommessamente un vecchio esclama:— Date asilo allo stanco pellegrino. —Ti consola, o buon vecchio, ogni tua bramaSarà contenta nell'umile ostelloDove in ruvide spoglie è un cuor che ama.Ma nelle vie più quete del castello,Da lampada notturna rischiarate,Invan cerca un albergo il poverello. —E con note dal pianto accompagnateOh quante volte un fanciulletto ansanteAffretta il passo ad implorar pietate,Mentre la vedovella lacrimanteRistà più lunge, e quel prego secondaCon interrotta voce tremolante.

Addormentata tace la campagna,

E il villan del lavoro si riposa

Seduto al fianco della sua compagna.

E mentre con melode lamentosa

Nel pargolo giacente che si duole

Alletta il sonno la madre amorosa;

Intorno al fuoco con antiche fole

Ricurva ed abbronzata vecchiarella

Trattien del figlio la più adulta prole.

Sovente il suon di supplice favella

E i latrati del vigile mastino

Interrompon la flebile novella;

E dal digiuno vinto e dal cammino

Di fuor sommessamente un vecchio esclama:

— Date asilo allo stanco pellegrino. —

Ti consola, o buon vecchio, ogni tua brama

Sarà contenta nell'umile ostello

Dove in ruvide spoglie è un cuor che ama.

Ma nelle vie più quete del castello,

Da lampada notturna rischiarate,

Invan cerca un albergo il poverello. —

E con note dal pianto accompagnate

Oh quante volte un fanciulletto ansante

Affretta il passo ad implorar pietate,

Mentre la vedovella lacrimante

Ristà più lunge, e quel prego seconda

Con interrotta voce tremolante.

Ora che popoliDi stelle il cielo,E della tenebraDistendi il veloSulle città,Tu sei propiziaAl masnadieroChe dietro al cespitePresso al sentieroS'appiatterà.E per te providoSonno le ambasceQueta, e di roseiSogni si pasceGiovin beltà;Ma il genio indomitoDell'inspiratoVeglia, e per l'ampioCampo stellatoVolando và.

Ora che popoli

Di stelle il cielo,

E della tenebra

Distendi il velo

Sulle città,

Tu sei propizia

Al masnadiero

Che dietro al cespite

Presso al sentiero

S'appiatterà.

E per te provido

Sonno le ambasce

Queta, e di rosei

Sogni si pasce

Giovin beltà;

Ma il genio indomito

Dell'inspirato

Veglia, e per l'ampio

Campo stellato

Volando và.

Allor che il cigolar delle quadrighePiù non s'udrà, nè calpestio d'umani,Ma sol del gufo il gemito interrottoE l'abbajar dei veltri, e il gorgoglíoDelle fontane, e lo stormir dei ramiTurberanno la queta aura notturnaRapito anch'io viaggierò nel cielo.

Allor che il cigolar delle quadrighe

Più non s'udrà, nè calpestio d'umani,

Ma sol del gufo il gemito interrotto

E l'abbajar dei veltri, e il gorgoglío

Delle fontane, e lo stormir dei rami

Turberanno la queta aura notturna

Rapito anch'io viaggierò nel cielo.

Or lo squillo lento lentoChe per l'aere si diffondeDegli estinti par l'accento,E c'inviti a lacrimar.O cadente genitore,Che sostegno più non hai,I misteri del doloreVien fra le urne a celebrar.Come spica verdeggianteIl diletto tuo crescea,E il tuo crine biancheggianteParea nato a carezzar;E a fruir de' tuoi sudori,E a donarti il bacio estremo,E di lacrime e di fioriLa tua polve a consolar.Veni, o donna sconsolata,Nello squallido ricintoDove un'aura innamorataMestamente carezzòLa viola scolorita,Che sul cener del tuo fidoDi tue lacrime nutritaSoavissima spuntò.Sotto un salice piangente,Tra un cipresso ed una croceDella vergine dolenteÈ sepolto l'avvenir;E quel nome che nel pettoTi scolpia la man d'amore.Che del padre nel cospettoNon osavi proferir;Che dipinse il tuo sembianteMille volte di vermiglioQuando il core palpitanteDall'altrui labbro lo udì:Ah quel nome! a questo e a quelloOr domanda una preghiera,E la morte, d'un avelloSulla pietra lo scolpì.O voi tutti, da crudeleFato umano combattutiChe quai navi senza veleViaggiate in questo mar,Sulla tomba in cui riposaUn diletto a voi rapitoIn quest'ora tenebrosaDeh venite a lacrimar.

Or lo squillo lento lento

Che per l'aere si diffonde

Degli estinti par l'accento,

E c'inviti a lacrimar.

O cadente genitore,

Che sostegno più non hai,

I misteri del dolore

Vien fra le urne a celebrar.

Come spica verdeggiante

Il diletto tuo crescea,

E il tuo crine biancheggiante

Parea nato a carezzar;

E a fruir de' tuoi sudori,

E a donarti il bacio estremo,

E di lacrime e di fiori

La tua polve a consolar.

Veni, o donna sconsolata,

Nello squallido ricinto

Dove un'aura innamorata

Mestamente carezzò

La viola scolorita,

Che sul cener del tuo fido

Di tue lacrime nutrita

Soavissima spuntò.

Sotto un salice piangente,

Tra un cipresso ed una croce

Della vergine dolente

È sepolto l'avvenir;

E quel nome che nel petto

Ti scolpia la man d'amore.

Che del padre nel cospetto

Non osavi proferir;

Che dipinse il tuo sembiante

Mille volte di vermiglio

Quando il core palpitante

Dall'altrui labbro lo udì:

Ah quel nome! a questo e a quello

Or domanda una preghiera,

E la morte, d'un avello

Sulla pietra lo scolpì.

O voi tutti, da crudele

Fato umano combattuti

Che quai navi senza vele

Viaggiate in questo mar,

Sulla tomba in cui riposa

Un diletto a voi rapito

In quest'ora tenebrosa

Deh venite a lacrimar.

E tu perchè sì presto, o Madre mia,Abbandonasti sulla terra un figlioChe dolorosamente ti desia?Involontaria lacrima sul ciglioMi spunta, e il cor mi palpita nel pettoSe a ragionar di te mi riconsiglio.O rimembranze del sereno aspetto,E delle voci dall'amor dettate,E degli amplessi del materno affetto;Voi nell'anima mia vi riposate,Come nel sen di giovinetto ardenteVerginali sembianze innamorate.E quando favellar soavementeOdo una madre coll'amata prole,Che nel medesmo palpito consente;E il suon delle dolcissime paroleIn quell'età beata mi trasportaChe con rammarco rimembrar si suole,Una voce repente mi sconfortaE mi dice — colei che le tue voglieAllor quetava, ah troppo presto è morta! —

E tu perchè sì presto, o Madre mia,

Abbandonasti sulla terra un figlio

Che dolorosamente ti desia?

Involontaria lacrima sul ciglio

Mi spunta, e il cor mi palpita nel petto

Se a ragionar di te mi riconsiglio.

O rimembranze del sereno aspetto,

E delle voci dall'amor dettate,

E degli amplessi del materno affetto;

Voi nell'anima mia vi riposate,

Come nel sen di giovinetto ardente

Verginali sembianze innamorate.

E quando favellar soavemente

Odo una madre coll'amata prole,

Che nel medesmo palpito consente;

E il suon delle dolcissime parole

In quell'età beata mi trasporta

Che con rammarco rimembrar si suole,

Una voce repente mi sconforta

E mi dice — colei che le tue voglie

Allor quetava, ah troppo presto è morta! —

Ma più non ci attristi l'orror della fossa.Vedete quegli astri? — qui polvere ed ossa....I nostri diletti saliron lassù.E già de' futuri già sanno il destino,Proteggon le genti che sono in cammino,Compreser gli arcani del tempo che fu.Il gemito, o Padre, che t'esce dal senoFra gl'inni che allegran l'eterno serenoDel figlio beato s'accoglie nel cor,E mentre lo credi qui dentro sepoltoEi dice all'Eterno con supplice volto— Consola il martiro del mio genitor. —Non muore disperso sull'aura notturnaChe lene sussurra tra i salci dell'urna,O Donna, il sospiro del petto fedel;E al par dei sospiri che al tempo giocondoSfogavan la piena del sen verecondoÈ caro al tuo fido che t'ama dal ciel.E suona oltre il regno dei mondi lucentiO madre, la voce degl'inni gementiOnd'io disacerbo l'immenso martir:Mi vedi se assorto m'ispiro al creato,Mi vedi se ai mesti favello inspirato,Mi vedi se fervo di santo desir.......E quando varcate le nubi e le stelleNon cupo rimbombo d'umane favelle,Ma l'eco dei cieli per noi suonerà:Udremo la voce de' nostri diletti. —O spirti, diranno, tra gli angeli elettiVenite alla gioia che fine non ha —Siccome il torrente precipita al piano,E il fiume va in traccia del vasto oceano,E un porto sospira la nave nel mar,Sospinte nostr'alme da vago disioSospiran la pace ch'è in grembo di Dio.Ah quando i diletti potremo abbracciar?

Ma più non ci attristi l'orror della fossa.

Vedete quegli astri? — qui polvere ed ossa....

I nostri diletti saliron lassù.

E già de' futuri già sanno il destino,

Proteggon le genti che sono in cammino,

Compreser gli arcani del tempo che fu.

Il gemito, o Padre, che t'esce dal seno

Fra gl'inni che allegran l'eterno sereno

Del figlio beato s'accoglie nel cor,

E mentre lo credi qui dentro sepolto

Ei dice all'Eterno con supplice volto

— Consola il martiro del mio genitor. —

Non muore disperso sull'aura notturna

Che lene sussurra tra i salci dell'urna,

O Donna, il sospiro del petto fedel;

E al par dei sospiri che al tempo giocondo

Sfogavan la piena del sen verecondo

È caro al tuo fido che t'ama dal ciel.

E suona oltre il regno dei mondi lucenti

O madre, la voce degl'inni gementi

Ond'io disacerbo l'immenso martir:

Mi vedi se assorto m'ispiro al creato,

Mi vedi se ai mesti favello inspirato,

Mi vedi se fervo di santo desir.......

E quando varcate le nubi e le stelle

Non cupo rimbombo d'umane favelle,

Ma l'eco dei cieli per noi suonerà:

Udremo la voce de' nostri diletti. —

O spirti, diranno, tra gli angeli eletti

Venite alla gioia che fine non ha —

Siccome il torrente precipita al piano,

E il fiume va in traccia del vasto oceano,

E un porto sospira la nave nel mar,

Sospinte nostr'alme da vago disio

Sospiran la pace ch'è in grembo di Dio.

Ah quando i diletti potremo abbracciar?


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