PER UN NUOVO PONTE SULL'ARNO

PER UN NUOVO PONTE SULL'ARNO

(Concepito da Pietro Martini di Fucecchio, giovine architetto di alte speranze, morto sul fiore dell'età, ed eseguito con proprio disegno da Ridolfo Castinelli di Pisa. Durante l'esecuzione, a questo ultimo mancarono due cari figli, onde rimase sconsolatissimo senza prole. Il ponte è collocato in luogo da cui si vede Vinci, patria di Leonardo, i poggi di Cerreto, villa Medicea celebre per la morte d'Isabella, ec., ec., Empoli ove Farinata si oppose al ghibellino disegno di spianare Firenze).

Ed io lo vidi nell'estremo istante!Io lo udii delirante!E mentre i cari amiciFacean corona al doloroso letto,E il Dio degli infeliciGli posava sul petto,Ei la turba vedea degli operantiNel lavoro sudanti,Ed or con rauca voceQuella turba animava,Or con le scarne bracciaLe contrapposte forze equilibrava. —La gente allor dicea— Con lui morrà la generosa idea. —Ma tu, Ridolfo mio,Tu di morte all'artiglio la rapistiPoichè in grembo di DioL'ali raccolse il giovine compianto;E con nuovo artificioLa grand'opra compistiOnde ti vien da mille labbri il vanto.Oh qual strale tremendo,Mentre vegliavi sulla cara moleCome una madre sull'infante prole,Nel più vivo dell'alma ti trafisse!Sì t'intendo, t'intendo.........Ma lascia, o Padre orbato,Lascia allo stuolo degli amici il piantoE dell'Arte nel senoSfoga gli affetti onde il tuo core è pieno.Queste colline apricheOv'è sì dolce l'agonia del giorno,Queste castella anticheTra la verdura torreggianti intorno,Allegreranno i raiD'estranio viatoreChe arresterà sul nuovo Ponte i passi.A questo aere serenoDi Leonardo il senoS'apria qual rosa al matutino albore;E su quella pendiceStrangolata peria dal suo tirannoUna sposa infelice;E là seduto a cittadino scrannoFarinata salvavaDall'incendio delle ire ghibellineLe gigantesche moli fiorentine.Allor che il verno infurierà più crudo,E scalzo contadino,E industre mercatore,E stanco pellegrino,Non più da questi litiSu lenta nave il fiume varcherannoTremanti irrigiditi,Il nome tuo fra gl'inni dell'affettoSuonerà benedetto.Ah perchè lo stranieroChe dall'alpe discendeA meditar sull'italo mistero;Sorger non vede a milleLe moli delle antiche emulatici?E spreca i suoi tesoriLa tralignata genteIn lascivie di mimi e di cantori?Quando nella più cupa ora tacenteA quei delubri avitiChe immoti al par del soleAspetteranno i secoli, m'inspiro,In lor della giganteEtà che li creò l'ombra rimiro.Ma che dirà dinanteAlla fragil beltà di nostre muraChe mai dirà la poesia futura?

Ed io lo vidi nell'estremo istante!Io lo udii delirante!E mentre i cari amiciFacean corona al doloroso letto,E il Dio degli infeliciGli posava sul petto,Ei la turba vedea degli operantiNel lavoro sudanti,Ed or con rauca voceQuella turba animava,Or con le scarne bracciaLe contrapposte forze equilibrava. —La gente allor dicea— Con lui morrà la generosa idea. —Ma tu, Ridolfo mio,Tu di morte all'artiglio la rapistiPoichè in grembo di DioL'ali raccolse il giovine compianto;E con nuovo artificioLa grand'opra compistiOnde ti vien da mille labbri il vanto.Oh qual strale tremendo,Mentre vegliavi sulla cara moleCome una madre sull'infante prole,Nel più vivo dell'alma ti trafisse!Sì t'intendo, t'intendo.........Ma lascia, o Padre orbato,Lascia allo stuolo degli amici il piantoE dell'Arte nel senoSfoga gli affetti onde il tuo core è pieno.Queste colline apricheOv'è sì dolce l'agonia del giorno,Queste castella anticheTra la verdura torreggianti intorno,Allegreranno i raiD'estranio viatoreChe arresterà sul nuovo Ponte i passi.A questo aere serenoDi Leonardo il senoS'apria qual rosa al matutino albore;E su quella pendiceStrangolata peria dal suo tirannoUna sposa infelice;E là seduto a cittadino scrannoFarinata salvavaDall'incendio delle ire ghibellineLe gigantesche moli fiorentine.Allor che il verno infurierà più crudo,E scalzo contadino,E industre mercatore,E stanco pellegrino,Non più da questi litiSu lenta nave il fiume varcherannoTremanti irrigiditi,Il nome tuo fra gl'inni dell'affettoSuonerà benedetto.Ah perchè lo stranieroChe dall'alpe discendeA meditar sull'italo mistero;Sorger non vede a milleLe moli delle antiche emulatici?E spreca i suoi tesoriLa tralignata genteIn lascivie di mimi e di cantori?Quando nella più cupa ora tacenteA quei delubri avitiChe immoti al par del soleAspetteranno i secoli, m'inspiro,In lor della giganteEtà che li creò l'ombra rimiro.Ma che dirà dinanteAlla fragil beltà di nostre muraChe mai dirà la poesia futura?

Ed io lo vidi nell'estremo istante!

Io lo udii delirante!

E mentre i cari amici

Facean corona al doloroso letto,

E il Dio degli infelici

Gli posava sul petto,

Ei la turba vedea degli operanti

Nel lavoro sudanti,

Ed or con rauca voce

Quella turba animava,

Or con le scarne braccia

Le contrapposte forze equilibrava. —

La gente allor dicea

— Con lui morrà la generosa idea. —

Ma tu, Ridolfo mio,

Tu di morte all'artiglio la rapisti

Poichè in grembo di Dio

L'ali raccolse il giovine compianto;

E con nuovo artificio

La grand'opra compisti

Onde ti vien da mille labbri il vanto.

Oh qual strale tremendo,

Mentre vegliavi sulla cara mole

Come una madre sull'infante prole,

Nel più vivo dell'alma ti trafisse!

Sì t'intendo, t'intendo.........

Ma lascia, o Padre orbato,

Lascia allo stuolo degli amici il pianto

E dell'Arte nel seno

Sfoga gli affetti onde il tuo core è pieno.

Queste colline apriche

Ov'è sì dolce l'agonia del giorno,

Queste castella antiche

Tra la verdura torreggianti intorno,

Allegreranno i rai

D'estranio viatore

Che arresterà sul nuovo Ponte i passi.

A questo aere sereno

Di Leonardo il seno

S'apria qual rosa al matutino albore;

E su quella pendice

Strangolata peria dal suo tiranno

Una sposa infelice;

E là seduto a cittadino scranno

Farinata salvava

Dall'incendio delle ire ghibelline

Le gigantesche moli fiorentine.

Allor che il verno infurierà più crudo,

E scalzo contadino,

E industre mercatore,

E stanco pellegrino,

Non più da questi liti

Su lenta nave il fiume varcheranno

Tremanti irrigiditi,

Il nome tuo fra gl'inni dell'affetto

Suonerà benedetto.

Ah perchè lo straniero

Che dall'alpe discende

A meditar sull'italo mistero;

Sorger non vede a mille

Le moli delle antiche emulatici?

E spreca i suoi tesori

La tralignata gente

In lascivie di mimi e di cantori?

Quando nella più cupa ora tacente

A quei delubri aviti

Che immoti al par del sole

Aspetteranno i secoli, m'inspiro,

In lor della gigante

Età che li creò l'ombra rimiro.

Ma che dirà dinante

Alla fragil beltà di nostre mura

Che mai dirà la poesia futura?


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